ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 9 giugno 2017

Un pezzo alla volta

Cattolici senza dottrina, né peccato, né giudizio, inferno e paradiso; ora anche senza Maria..



Ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi è un processo di liquidazione sistematica della dottrina cattolica, e, parallelamente, di trasformazione della Chiesa cattolica in una neochiesa o contro-chiesa “ecumenica”, in realtà gnostica, massonica e sincretista: un guscio vuoto, un semplice involucro per preparare la fase successiva, ossia l’instaurazione di una pseudo Nuova Religione Mondiale, la quale, sotto gli auspici delle poche famiglie finanziarie che hanno il controllo planetario, dovrà in effetti celebrare l’Uomo, cioè loro stesse.
I cattolici, oggi, stanno perdendo, un pezzo alla volta, la loro dottrina: e una fede religiosa senza dottrina non è nulla di preciso, nulla di stabile, è solo sentimento, anzi, sentimentalismo, buono per tutte le stagioni, ma, in pratica, del tutto aleatorio e inefficace, come un coltello senza lama. La dottrina è essenziale: essa definisce i contenuti della religione, li separa da ciò che non le appartiene, fa chiarezza rispetto a ciò in cui si deve credere, i dogmi; ciò in cui si può credere, certe manifestazioni del soprannaturale; e ciò in cui non si deve credere: le imposture e le credenze delle altre religioni. Nessuna religione può permettersi di fare a meno della dottrina: chi lo afferma, è certamente in mala fede, perché non esiste alcun esempio storico di una religione che sia stata capace di diffondersi e di sopravvivere senza una serie di dogmi, di indicazioni liturgiche, di tradizioni sacre, che sono, per lei, ciò che l’aria, la luce e l’acqua sono per la pianta: il nutrimento vitale che le consente di prosperare.


Pertanto, se qualcuno si impegna per indebolire la dottrina, costui sta lavorando per la demolizione di quella fede religiosa: a quale fonte si nutriranno le future generazioni, e a quale sorgente si disseteranno i fedeli, se non ci sarà più la dottrina a indicare loro ciò in cui credere, e separarlo da ciò che non viene dal Vangelo di Gesù Cristo, ma dal mondo? Eppure, nella omelia del 19 maggio 2017, il papa Francesco ha accusato di essere dei “fanatici” coloro i quali si tengono saldi nella dottrina cattolica, sostenendo che, se la dottrina crea divisioni, allora deve essere certamente una cosa brutta, una cosa che lui chiama, con sommo disprezzo, “ideologia”. Affermazione gravissima, non cattolica, anzi, esplicitamente eretica: come si può tacciare di fanatismo quanti credono fermamente alla dottrina? Con fastidio, con impazienza, con un palese atteggiamento d’insofferenza, se l’è presa con quei cattolici che dicono: ma la dottrina qui, ma la dottrina là, come per evidenziare che essi alzano dei muri, dicono dei “no”; e pareva che volesse dire: Che noia, questi fanatici, che tirano fuori la dottrina ad ogni passo! Come sono fastidiosi, come sono pedanti, come sono ottusi, bigotti, reazionari, questi cattolici che parlano sempre della dottrina! Incredibile: e di che cosa dovrebbe parlare, di grazia, un cattolico? Dell’amore, certo; ma “l’amore” è un concetto generico: quel che è il vero amore, lo insegna la dottrina cristiana, e non altro.
Facciamo un esempio. Il giorno 6 giugno, la stampa ha dato notizia che il parroco di un paese in provincia di Gorizia ha auspicato, nel bollettino parrocchiale, che il capo del gruppo scout locale, un certo Marco di Just, lasci le sue funzioni. Il motivo? Costui si è appena “sposato” con un altro uomo. Il vescovo, prudente (anche troppo!), tace; i parrocchiani, pare (ma sarebbe tutto da verificare: mai fidarsi della stampa, in questi casi!), tifano per il baldo giovanotto; il sindaco che ha unito in matrimonio, se così vogliamo chiamarlo, i due novelli sposi, non si lascia scappar la ghiotta occasione per proclamare che è una vittoria dell’amore. Già, l’amore: e quello sarebbe l’amore cristiano? Come si vede, non si può prendere per buono qualsiasi tipo di amore, per qualificare l’amore specificamente cristiano; che, nel caso del matrimonio, è l’amore fra l’uomo e la donna, uniti nel Sacramento davanti a Dio; non certo l‘amore fra due uomini o fra due donne, che si sono uniti (finché ne avranno voglia: perché la formula giuridica delle nozze gay riprende, pari pari, quella del matrimonio civile fra uomo e donna, ma con l’esclusione, guarda caso, dell’impegno alla fedeltà reciproca) davanti a un ufficiale di stato civile. No, decisamente non è la stessa cosa.
Ebbene, i muri servono per definire la casa e per proteggere chi ci abita: qualcuno ha mai visto una casa senza muri, fosse pure una capanna poverissima di pastori? Quanto ai “no”: non è stato Gesù Cristo in persona a dire: Sia il vostro parlare sì, sì, e no, no, perché tutto il resto vene dal diavolo? E dunque: quando mai un credente dovrà inibire a se stesso la capacità, anzi, il dovere di dire, alto e forte, tutta una serie di “no”, di fronte a ciò che contraddice, offende, distorce la parola di Dio? Un fedele che sa dire solo dei sì, e mai dei no, non è un fedele; certamente, non è un fedele cattolico. È, semmai, un qualunquista e un relativista, al quale non importa nulla della Verità, ma che ci tiene esclusivamente ad andare d’accordo con tutti, a essere apprezzato e complimentato da tutti, a essere considerato un buon amico da tutti, anche dai nemici della sua fede, anche dai malvagi che disprezzano Dio e il prossimo (pur se, a parole, si dicono i più sinceri difensori dei diritti degli uomini).
Parliamoci chiaro: ciò che il papa ha detto, in quella occasione, oltrepassa, per gravità, tutte le altre cose eretiche e blasfeme che ha detto e fatto sino ad ora, compresa la pseudo messa coi luterani, l’invito a messa agli islamici, l’amicizia ostentata e l’elogio dei radicali e dei massoni, le parole irrispettose, ingiuriose nei confronti di Gesù e della Santissima Trinità. Il compito principale che ricade sulle spalle del papa è quello di custodire, difendere, conservare integra la dottrina: tutto il resto è in più. Se il papa è un santo, benissimo, avremo un papa che è anche santo; se il papa è un fine teologo, benissimo: avremo un papa che è anche un fine teologo; se il papa piace ai giovani e alle masse, benissimo, avremo un papa che sa anche piacere ai giovani e alle masse; se il papa è assetato di giustizia sociale, bene anche questo, avremo un papa che è anche uno strenuo assertore della giustizia sociale. Nessuna di queste cose, però, è essenziale alla sua funzione di papa, di vescovo di Roma e di capo supremo della Chiesa cattolica. L’unica cosa essenziale, ripetiamo, è che egli custodisca, protegga e conservi la dottrina: per questo è stato eletto; per questo e non per altro, fino al punto di dare la vita, se necessario, per difendere la dottrina. Ma se non lo fa; se non se ne cura; se giunge al punto di proclamare apertamente che una difesa a oltranza della dottrina è una cosa negativa, è una forma di fanatismo, è una ideologia che non ha più niente a che vedere con la vera fede in Gesù Cristo, allora siamo in presenza di un problema gravissimo, inaudito: il problema di un papa che non vuol saperne di fare il papa, di svolgere la vera funzione per cui è stato eletto; e che non vuol saperne neanche di essere cattolico: tanto, sono parole, sue, Dio non è cattolico. Non solo: di un papa “rivoluzionario” che dichiara, apertis verbis, di voler cambiare la Chiesa, e di voler sgretolare la dottrina e trasformarla in qualcosa di fluido, d’informe, che si possa aggiustare e modificare secondo le circostanze del momento.
Ora, la dottrina è qualcosa che va insegnata: non per nulla esiste il Catechismo della Chiesa cattolica: per insegnare ai credenti, e specialmente ai più giovani, quel che è cattolico, e quel che non lo è. Ribadiamo il concetto: la dottrina è essenziale alla fede ben diretta, altrimenti si potrebbe aver fede in qualsiasi cosa, anche nella stregoneria, nella magia e nello spiritismo; e il mezzo deputato all’insegnamento della dottrina è il catechismo. Di norma, non si fa dottrina nelle omelie domenicali, che devono essere dedicate, invece, alla lode e al ringraziamento del Signore, nella prospettiva del Sacrificio Eucaristico; anche i passi delle Scritture che vengono letti e commentati, rientrano in questa prospettiva: la celebrazione della Cena del Signore. L’omelia del sacerdote non è un corso concentrato di catechismo e non deve mettere in ombra la cosa essenziale: l’ascolto della Parola del Signore. L’omelia non è, né deve essere, la parola dell’uomo: né quella del sacerdote, e neppure del papa; deve essere l’illustrazione della Parola del Signore. Perciò, trasformare la Messa quotidiana in una quotidiana tribuna per tenere delle lezioni concentrate, non della dottrina cattolica, ma della “nuova” dottrina finalizzata al cambiamento della Chiesa, è, per prima cosa, irriguardoso verso la parola di Dio e del sacrificio Eucaristico, e sbagliato nei confronti dei fedeli, che sono chiamati, al contrario, al silenzio, al raccoglimento e alla contemplazione.
Viceversa, un modo di demolire la dottrina è quello di non insegnarla, di non parlarne, o, peggio ancora, di parlarne con quell’aria di fastidio e quasi di disprezzo. Dal silenzio sui dogmi, si deduce se un sacerdote è nel solco della vera dottrina, oppure no; e ciò vale, ovviamente, anche e soprattutto per il papa. Un papa che non parla mai del peccato e della grazia; che non parla mai del peccato del castigo; che non parla mai della morte e del giudizio; che non parla mai del paradiso e del’inferno; che non parla mai del destino eterno dell’anima, già per questo solo fatto, cioè per i suoi silenzi, è fuori della vera dottrina, Se, poi, lascia che esponenti di primo piano della gerarchia parlino apertamente contro i capisaldi della dottrina cattolica, e offendano, sia direttamente che indirettamente, le verità della fede cattolica, allora non solo egli è fuori della vera dottrina, ma è contro la vera dottrina: e ciascuno è libero di trarre da ciò le conclusioni che ritiene più giuste. Ma questi sono i fatti, e coi fatti non si sta a litigare.
È un fatto che monsignor Galantino ha affermato che Dio risparmiò Sodoma e i suoi peccaminosi abitanti. È un fatto che monsignor Paglia ha affermato che Marco Pannella è stato un uomo di altissima spiritualità, che tutti dovrebbero prendere come un modello di vita. È un fatto che padre Sosa Abascal ha affermato che non si cosa disse veramente Gesù; e che, in una seconda occasione, ha detto che il diavolo è solo un’immagine simbolica del male. È un fatto che padre Martin ha scritto che la Chiesa dovrebbe “aprirsi” ai matrimoni omosessuali e che dovrebbe mettere nel calendario anche dei santi omosessuali. È un fatto che il papa stesso ha detto che le Persone della Santissima Trinità stanno sempre a litigare fra di loro; e che Gesù, sulla croce, si è “fatto diavolo”. È pure un fatto che egli ha perseguitato, commissariandoli, i Francescani dell’Immacolata, e che ora sta volgendo la sua malevola attenzione verso un altro gruppo cattolico a lui sgradito, gli Araldi del Vangelo, probabilmente perché hanno la “colpa” di essere troppo tradizionalisti, infatti si ispirano, in parte, agli insegnamento di Plinio Correa de Oliveira. Questi ultimi fatti non riguardano “solo” la disciplina ecclesiastica, ma anche la dottrina, perché i Francescani dell’Immacolata, come gli Araldi del Vangelo, sono strenui difensori della vera dottrina cattolica, specie in quegli aspetti che dispiacciono ai modernisti, per esempio la centralità del culto mariano, o la difesa della Tradizione contro ogni tendenza protestante e semi-protestante. Riguarda la dottrina anche il fatto che, a Fatima, il papa ha parlato in maniera del tutto insoddisfacente della Madonna e dei suoi messaggi, passando sotto silenzio la cosa essenziale: il richiamo alla conversione e alla penitenza, e, in caso contrario, l’inevitabilità dei castighi. Sì, anche questo silenzio riguarda la dottrina: perché fa credere ai fedeli il contrario di ciò che è vero; fa credere loro che la Madonna, come del resto Gesù, sia un inesauribile bancomat di “misericordia”, senza bisogno di un cambiamento di vita da parte del peccatore. Dell’esortazione Amoris laetitia, poi, meglio non parlare: per la prima volta nella storia, il magistero (ammesso che quel documento sia realmente magisteriale, cosa in verità controversa) si è posto in contraddizione con se stesso; ciò che, dal punto di vista della vera dottrina cattolica, è, evidentemente, impossibile. E, del resto, da circa nove mesi i quattro cardinali che hanno chiesto chiarimenti sui punti più controversi, attendono ancora, e sempre invano, una risposta. Anche questa, a suo modo, è dottrina: più esattamente, è una contro-dottrina. Gesù rispondeva alle richieste di chiarimento, perfino quando esse erano formulate chiaramente in mala fede, come nel famoso episodio della moneta con l’iscrizione di Cesare: l’eventuale malizia dei suoi interlocutori non lo faceva sentire dispensato dal rispondere. Senza dubbio, Egli pensava, e giustamente, che, in ogni caso, potevano esservi delle anime sinceramente desiderose di conoscere la verità a proposito della dottrina, nei punti che non erano chiari a prima vista. Ma il papa Francesco, no: lui non risponde, e dà ordine di non rispondere. La sua claque, nella perdona di monsignor Pinto, invoca addirittura delle severissime sanzioni canoniche contro i “ribelli”. Dei dubbi di fede, e dei conseguenti pericoli in cui si trovano tante anime, evidentemente, a nessuno di loro importa qualcosa.
Riassumendo. La Chiesa, in questi ultimi anni, sta rinunciando alla dottrina, al peccato, al giudizio, all’inferno, al paradiso, al diavolo, a Maria quale mediatrice e corredentrice (quest’ultima novità viene spacciata sotto l’astuta definizione di mariologia ecumenica); e ha un papa che non vuol fare il papa, ma che si spreca in elogi e complimenti coi nemici della Chiesa; e un vescovo, come quello di Santiago, che ordina sacerdoti due omosessuali notori e conviventi. È ancora la Sposa di Cristo?

di Francesco Lamendola del 09-06-2017

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