ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 26 luglio 2017

La posta in gioco

MARIA E LA MODERNITA'


Perché Maria è inconciliabile con la modernità. La Madonna rappresenta, nel più alto grado, tutte le qualità che la cultura femminista odia, detesta e aborrisce: rappresenta la donna che si sacrifica totalmente
di Francesco Lamendola





Abbiamo sostenuto, nei precedenti articoli, che esiste un’incompatibilità di fondo tra la Vergine Maria, la sua figura, la sua funzione, il suo culto, e la cultura moderna, comprese le componenti del cattolicesimo che si ispirano, direttamente o indirettamente, a quella cultura (cfr. specialmente gli articoli E ora nel mirino della neochiesa c’è Maria Vergine, e «Figli, non bevete del veleno che il mondo vi offre», pubblicati, rispettivamente, su Il Corriere delle Regioni il 28/06/2017, e su Nuova Italia. Accademia Adriatica di Filosofia, il 25/07/2017). E abbiamo indicato due delle cause fondamentali di tale incompatibilità: il fatto che Maria è d’intralcio, se così possiamo esprimerci, al tanto strombazzato “dialogo” con le chiese scismatiche protestanti, in nome di un principio astratto e letteralmente inventato dal Concilio Vaticano II, ossia che non è ammissibile il perdurare della separazione fra le diverse confessioni cristiane e che qualunque prezzo deve essere pagato pur di ricomporle a unità; e il fatto che la funzione essenziale di Maria è la mediazione fra l’umanità peccatrice e il suo divino Figlio, cosa che pone l’accento sul peccato e che non piace, di per sé, ai cattolici progressisti, i quali non amano considerare l’uomo nella sua fragilità e nel suo limite creaturale, ma preferiscono guardarlo nella sua eccellenza e nella sua perfezione, così da porlo di fronte a Dio quasi in un rapporto di pari dignità ontologica. Vogliamo ora parlare di una terza causa di quella inconciliabilità, ancor più profonda e che si colloca veramente alla sua radice: il fatto che il modello femminile rappresentato da Maria Vergine è agli antipodi del modello femminile alla cui costruzione lavora senza posa, da almeno tre secoli, la cultura moderna. In pochissime parole, Maria è inconciliabile con il femminismo. E il fatto che, nella teologia contemporanea, siano fiorite delle correnti di sedicente teologia femminista, indica quanto a fondo sia penetrato il male e quanto difficile sia la battaglia per estirpare il veleno e restituire non solo il culto mariano, ma la concezione teologica mariana, alla sua purezza e trasparenza originarie.

La cultura moderna fa perno sull’idea di progresso, che ne è l’anima, il motore, la ragione profonda; le culture che non hanno assolutizzato il progresso, sono le culture pre-moderne: e ciò vale per tutte le culture non occidentali prima della seconda metà del XIX secolo, e per la stessa cultura occidentale anteriormente alla triplice rivoluzione che si snoda a cavallo fra il XVII e il XIX secolo: scientifica, politica e industriale. Senza la centralità dell’idea di Progresso, non c’è modernità: e dove c’è la modernità, il Progresso diventa la nuova religione, tanto esigente quanto infallibile, alla quale ci si affida per ogni speranza di bene, presente e futuro. Tipico esempio, la speranza di poter debellare, un domani, le patologie tumorali, grazie ai progressi della medicina occidentale moderna, basata sulle terapie invasive della chimica e della chirurgia; oppure la vaccinazione obbligatoria, imposta per legge a tutti i bambini, in funzione profilattica verso determinate malattie e senza troppo sottilizzare sui possibili effetti iatrogeni, ossia non voluti e dannosi per l’organismo umano, dei vaccini stessi, ridotti a semplici effetti collaterali, statisticamente irrilevanti (cosa, quest’ultima, non precisamente vera). Ora, se il progresso è la molla della modernità e la sua ragione essenziale, è evidente che tutto, anche i rapporto sociali, devono obbedire alla legge del progresso, la quale, lo si dà per scontato e come parte del paradigma fondante (che si regge, come tutti i paradigmi, essenzialmente su un atto di fede), vuole che si passi dalla socialità all’individualismo, dall’obbedienza alla libertà, dalla sottomissione all’emancipazione, dalla sobrietà all’ostentazione, dalla modestia all’affermazione di sé, dal sacrificio e dalla rinuncia all’edonismo e all’inseguimento sfrenato e sistematico di tutto quel che può produrre il proprio piacere.
In questo paradigma, non c’è posto per le mezze misure: una donna che sacrifichi le proprie opportunità di carriera, o le proprie voglie sensuali, o qualunque altro aspetto dei propri desideri e dei propri istinti (senza alcuna gerarchia di valore fra gli uni e gli altri, e fra entrambi e l’idea del bene e del giusto in senso oggettivo) non può che apparire come una perdente, una repressa, una infelice e una vittima della cultura maschilista, anche nel caso che si tratti di scelte assolutamente libere, ponderate e responsabili. Anzi, dal punto di vista della cultura moderna, che, quanto alla condizione femminile, è tutt’uno con il femminismo, in questo caso si tratterà di un esempio da manuale di auto-repressione e di auto-castrazione psicologica, riconducibile, comunque, a qualche deleteria figura maschile o, in ogni caso, alla nefasta azione complessiva esercitata sulle nature più sensibili e scrupolose dalla società, a sua volta dominata dal maschilismo. Cosa, anche questa, tutta da dimostrare, ma le femministe non si prendono il disturbo di provarci, perché, se lo facessero, dovrebbero scendere, e sia pure per un istante, dal piedistallo sul quale si son messe da sé, e ammettere, anche solo in via d’ipotesi, che il loro paradigma potrebbe fare acqua, scricchiolare da qualche parte, ossia che potrebbe contemplare qualche eccezione, cosa impossibile perché il paradigma della modernità, essendo – come tutti i paradigmi - una verità di fede, non si discute nemmeno. O lo si accetta, e allora si va nella direzione giusta, o lo si rifiuta, e allora si precipita nell’immondezzaio della storia, per usare la gentile espressione di uno che, di quel paradigma, se ne intendeva: Lev Trotzkij, massimo artefice, insieme a Lenin, del colpo di Stato che portò i comunisti al potere in Russia, e che si è poi auto-legittimato col nome di Rivoluzione d’Ottobre.
Ora, la Vergine Maria rappresenta, nel più alto grado, tutte le qualità che la cultura femminista odia, detesta e aborrisce: rappresenta la donna che si sacrifica totalmente, che si annulla per l’uomo da lei amato (in questo caso, il Figlio), che vive non per se stessa, ma per lui; che si reprime come donna, sessualmente a affettivamente, e che si annulla come persona; insomma, la donna che fa offerta gratuita di sé e che, quanto a se stessa, non chiede nulla, non vuole niente, non spera niente, se non di poter essere utile, con la sua offerta totale, a tutti gli altri. Le signore teologhe femministe stanno facendo del loro meglio per togliere questa fastidiosissima spina dalla loro sensibile coscienza di militanti della grande battaglia per Liberazione della Donna, ossia per dimostrare l’indimostrabile e per stravolgere completamente il senso della vita e della personalità di Maria, facendone, non si sa come, la campionessa di una femminilità liberata e libertaria, quasi un’antesignana delle femministe moderne, ossia loro stesse: ma vanno fatalmente a cozzare contro lo scoglio della sua Maternità sublime, che, per loro, è motivo di scandalo, anche se cercano di non darlo troppo a vedere. Il vero femminismo è, sia chiaro una volta per tutte, ferocemente abortista: il suo ideale di donna è rappresentato da una Emma Bonino, che, giovanissima, insegnava alle sue coetanee ad abortire con mezzi fai da te, quando la legge che liberalizzava l’aborto volontario non esisteva ancora nel nostro Paese. La stessa signora, notiamo per inciso, che i bravi “cattolici” di una certa comunità parrocchiale hanno invitato a parlare, in chiesa, dall’alto della sua sapienza e saggezza di superdonna, non di aborto, per carità, ma di un altro caposaldo della cultura progressista: il dovere della solidarietà e dell’accoglienza nei confronti qualunque massa di stranieri. Pertanto, una cattolica femminista è una contraddizione in termini, e una teologa femminista è una mostruosità concettuale: laddove già il fatto di insistere sulla condizione di teologa, cioè di teologo di sesso femminile, denuncia una totale incomprensione, o un totale rifiuto, del vero egualitarismo cristiano (che non è affatto quello dei progressisti), perché esalta l’io e lo mette al di sopra di tutto, laddove il vero cristiano ha compreso il segreto del farsi piccoli come fanciulli, ed esalta il Tu, perché, davanti a Dio, gli esseri umani, maschi e femmine, sono tutti straordinariamente piccoli, peccatori e bisognosi di redenzione.
E qui torniamo alla considerazione precedente. Ai progressisti non piace che qualcuno ricordi loro l’umana piccolezza e fragilità; non piace che qualcuno ricordi loro l’essenzialità e l’unicità della Redenzione portata da Gesù Cristo; e non piace che qualcuno, o qualcosa, rammenti loro il valore salvifico e irrinunciabile della Croce. La Croce, per loro - adoperando la celebre espressione paolina - è scandalo, come lo fu per i Giudei, e follia, come lo fu per i Greci: e i progressisti, anche se verniciati esteriormente di cattolicesimo (ma un cattolico progressista è un altro ossimoro, un’altra contraddizione in termini), ci tengono moltissimo ad essere, e ancor più ad apparire, sapienti e intelligenti. La Vergine Maria che piange suo Figlio ai piedi della Croce, è, per loro, qualche cosa d’incomprensibile: e lo è per la buona ragione che la croce, loro, la considerano un male da evitare, ogni volta che sia possibile, e, magari, anche quando in realtà non lo sarebbe. Logico anche questo: se l’edonismo è uno dei punti qualificanti del “programma” progressista, la Croce di Cristo, e anche la croce del singolo cristiano, non è strumento di salvezza, ma una vera e propria maledizione, nonché un residuo d’una mentalità arcaica, radicalmente pessimista, e – per fortuna, secondo loro – ormai decisamente superata. E non è solo lo spirito di abnegazione e di sacrificio di Maria Vergine nei confronti del suo divino Figlio, a scandalizzare i progressisti, i modernisti e le femministe; è anche tutto l’insieme delle sue qualità femminili: il pudore, la modestia, la dolcezza, la pietà, che sono in radicale e irrimediabile contrasto con la lussuria, il narcisismo, la durezza e il cinismo, i quali, nella donna moderna, stanno a testimoniare il salto di qualità, secondo loro, rispetto al precedente ruolo femminile, debole e sottomesso all’egoismo maschile. Nella letteratura, nel cinema, alla televisione, ne lla pubblicità, il tipo femminile moderno che viene diffuso sempre più largamente,e che centinaia di milioni di donne si sforzano d’imitare, almeno esteriormente, nella realtà concreta della loro vita – senza minimamente riflettere che si tratta di un modello fittizio e, perfino sul piano fisico, del tutto fasullo, basato su accorgimenti tecnici o interventi massicci della cosiddetta chirurgia estetica – è, appunto, un tipo lussurioso, narcisista, duro e cinico, ovviamente presentando tali caratteristiche in senso positivo.
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Perché Maria è inconciliabile con la modernità

di Francesco Lamendola

 http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/teologia-per-un-nuovo-umanesimo/131-maria-e-la-modernita

IL VELENO DEL MONDO

 
 Messaggi mariani: il sogno inquietante del 20 marzo 1985 di Renato Baron. La musica che non piace, agli orecchi dei cattolici progressisti e degli eretici modernisti che si spacciano, da più d’un secolo, per cattolici 
di Francesco Lamendola  





Può darsi che il nome di Renato Baron non dica niente a molti italiani; nella parte d’Italia dove noi viviamo, è, invece, assai noto, come destinatario di una serie di rivelazioni private della Madonna e come fondatore di un movimento religioso dedicato alla Regina dell’Amore. Non entreremo nei particolari; chi volesse approfondire la vicenda, troverà in rete una discreta quantità di materiale, anche video; ci limiteremo perciò a pochi rapidissimi cenni. Nato a  Schio (Vicenza) il 7 dicembre 1932, e spentosi nella sua città, in seguito a una lunga e dolorosa malattia, il 2 settembre 2004, una vita tranquilla e una partecipazione all’amministrazione comunale della sua città, Baron fece un sogno inquietante il 20 marzo 1985, in cui gli pareva di essere soffocato dal diavolo, in una vecchia casa fatiscente, ma poi invocava la Madonna e questa gli appariva, liberandolo miracolosamente. Pochi giorni dopo, spinto da un altro sogno, si recò nella chiesetta di San Martino a recitare il Rosario, e lì ebbe la visione della Vergine, che gli preannunciò l’inizio di un cammino di fede.
 A partire dal 3 aprile seguente, Ella cominciò a trasmettergli una lunga serie di messaggi, che sarebbero terminati solo con la morte di Baron, che questi trascrisse fedelmente e che rese noti, a mezzo stampa e a mezzo radio, fondando poi il Movimento Regina dell’Amore, il quale ebbe e ha un seguito abbastanza consistente, con decine di gruppi di preghiera e opere di carità diffusi, oltre che in Italia e in Europa, anche negli altri continenti. Da parte sua, la Chiesa locale fu molto cauta, per non dire diffidente: il vescovo Arnoldo Onisto istituì una commissione d’inchiesta, che fu portata avanti dal suo successore Pietro Nonis, ma che si concluse con esito negativo, ossia negando la soprannaturalità degli eventi, nel 1998, e che portò alla proibizione formale di pellegrinaggi a Schio o altre forme di devozione pubblica. Tuttavia, vista l’imponenza e la sincerità degli aderenti al movimento, si giunse a un compromesso: venne designato un sacerdote quale assistente spirituale del gruppo. La “pace” venne fatta definitivamente con il ritorno del santissimo Sacramento nella chiesa di San Martino. Parallelamente, ebbe luogo una inchiesta dell’autorità giudiziaria, che vide il Baron e ben trentasei dei suoi collaboratori nell’Opera dell’Amore, accusati di truffa, appropriazione indebita e sfruttamento della credulità popolare, e rinviati a processo. Processo che, pur essendo stato sbandierato dalla stampa laicista con molta enfasi e compiacimento (vedi l’articolo Il business della Madonna sul numero dell’8 settembre 1989 del quotidiano La Repubblica, a firma di Giorgio Cecchetti), si risolse in un nulla di fatto e con il proscioglimento dalle accuse di tutte le persone coinvolte.
Ciascuno è, ovviamente, libero di dare il valore che crede alle rivelazioni private, specie se esse non hanno ricevuto, o non hanno ancora ricevuto, il riconoscimento e l’approvazione ufficiale della Chiesa; e questo discorso vale anche per le più famose di tutte, quelle di Medjugorje, le quali sarebbero tuttora in corso. Nel caso della Madonna di Schio, è innegabile che i messaggi mariani sono perfettamente in linea con l’ortodossia cattolica, poiché esortano alla conversione delle anime; e che Renato Baron, se non ebbe realmente la visone della Madonna, era comunque un uomo pio e in buona fede, e che doveva essere dotato di molta lungimiranza. Il 28 dicembre 1998, ad esempio, davanti a una numerosa folla raccolta per ascoltarlo (si può visionare l’evento su Youtube), egli riferì, fra le altre cose, che la Madonna gli aveva detto, in uno dei precedenti messaggi: Piange con me Gesù, per la grande indifferenza delle anime… La mia voce non basta a richiamare questa umanità arida… Oh, piangerà, sì, piangerà, questa generazione... E poi, riportando un messaggio del 1986 (si badi, più di vent’anni fa: quando la situazione era ben diversa dall’attuale): Figli miei, quante belle case avete, quanta ricchezza, quante belle automobili…  cosa ne fate, figli miei; cosa ne fate, se uccidete i vostri figli? Io vi dico: fra non molto tempo, vedrete nella vostra patria, nella vostra Europa,  entrare tanti extra comunitari… tanti… tanti... e ne vediamo ogni giorno entrare… e prenderanno il posto dei vostri figli che avete ucciso; poi la Madonna se ne va piangendo.
Certo, quest’ultimo messaggio non potrà piacere a monsignor Nunzio Galantino, e neanche al papa Francesco, così decisi nel sostenere il dovere dell’accoglienza dei migranti; né al presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Gualtiero Bassetti, il quale ha profetizzato, come se fosse la cosa più bella del mondo, il meticciato quale destino della società italiana. I messaggi di cui è stato latore Renato Baron, peraltro, sono tutti rigorosamente ortodossi dal punto di vista dottrinale e morale: oltre a scagliarsi, ripetutamente, contro la pratica dell’aborto volontario, presentata come la quintessenza della malattia morale dei popoli occidentali, anche di quelli teoricamente cristiani, la Madonna ha esortato gli uomini a ritornare a Dio, ad accostarsi alla santa Eucarestia, ad amare il prossimo, a pregare e fare digiuni, a consacrarsi al suo culto e invocare la sua protezione.
Ci piace riportare qui alcuni dei messaggi di Schio, senza un ordine cronologico, riferiti da Renato Baron, comprese le sue imprecisioni lessicali e sintattiche, su un tema che ci sembra di decisiva importanza: il tipo di relazione che il credente deve stabilire nei confronti del mondo, da un lato, e con la croce di Gesù Cristo, dall’altro (da: Maria chiama. Messaggi della Madonna Regina dell’Amore, 1985-2004; San Martino di Schio, Vicenza, edizione fuori commercio, pp. 4, 12).
Il 28 dicembre 1988 la Madonna dice: Figli miei, toglietevi subito da ogni compromesso con il mondo, vi chiedo di affidarvi totalmente a me affinché assieme riusciamo a restaurare la legge di Dio nel mondo.
Il 13 settembre 1989: Non beve del veleno che il mondo vi offre, frutto del bene mancato! Guardate fiduciosi a me, assecondate il io disegno di amore: grande e operante sarà attraverso le anime in grazia.
Il 25 gennaio 1989: Affidate a me le vostre anime, spogliatele sempre più delle vostre cose e conoscerete le ricchezze di Dio. Sarete sordi e ciechi al mondo e potrete udire sempre più chiara la mia voce che vi sollecita  ad essere vice che porta equilibrio morale, purezza, dove la matrice delle passioni  ha seminatoi smarrimenti e incertezze.
Il 7 dicembre 1988: Scoprite i tesori della Redenzione perché siamo ancora nel tempo della misericordia. Fate che Gesù si serva del piccolo vostro tutto.
Il 1° febbraio 1989: Ogni giorno migliori la vostra vita. Desidero che possediate Gesù nel cuore: sia Lui il vostro tutto. Siate sempre consapevolmente presenti: ogni momento sia santo per farvi santi.
Il 27 settembre 1989: Possederete Dio vivendo di Gesù Gloriatevi nella speranza, quindi, pur nel peso delle tribolazioni. Sappiate da queste arricchirvi di pazienza che produce speranza.
Il 24 marzo 1986: Fate vostri i patimenti di Gesù. Abbracciate la Croce. Innalzate la Croce solo attraverso la Croce la vostra salvezza. Gesù vi ama, aspetta da voi il vostro amore.
L’8 marzo 1989: Vivrete sempre uniti nel mio cuore se accoglierete il dono di rimanere abbracciati alla Croce.
Il 9 aprile 1986: Insegnate a tutti che on si torva Gesù nei piacimenti [sic] del mondo. Gesù vi attende e Lo potrete incontrare solo attraverso la Croce e la preghiera, nella povertà e nell’umiltà del vostro cuore. Lui vuole donarvi la sua pace e la sua grazia. Amatelo! Lui già vi ama tanto.
L’8 dicembre 1988: Andate! Figli miei, andate in ogni luogo, portate a tutti i miei figli e vostri fratelli il mio grande dono di amore. Fate che Gesù sia in ogni uomo.
Il 1° gennaio 1989: Vi farò missionari come Gesù vi vuole.
Il 17 gennaio 19897: Mentre camminate con Maria vi sembrerà di aver perduto tutte le cose del mondo. Io vi dico, figli miei, voi avete trovato tutto!  Avete trovato Gesù!

Come si vede, il mondo va preso per quello che è: un grande seduttore, dal cui veleno bisogna guardarsi, per non cadere in tentazione; e la Croce non è il simbolo di un evento lontano, la Passione di Cristo, ma lo strumento necessario per la santificazione attuale di ciascun’anima. Vien fatto di domandarsi come mai questi movimenti mariani, spontanei, fervorosi, ottimamente intenzionati, ricevano così poca attenzione e comprensione, così poco sostegno e incoraggiamento, per usare degli eufemismi, da parte della Chiesa odierna. Forse che a qualcuno danno fastidio? E il Movimento Sacerdotale Mariano di don Stefano Gobbi (1930-2011), che abbraccia più di 350 cardinali, vescovi e arcivescovi, 150.000 sacerdoti del clero secolare e molti milioni di fedeli in tutto il mondo, il cui punto qualificante è la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, come mai riceve così poca attenzione, come mai se ne parla così poco? Come mai il papa ritiene di dover magnificare la figura di don Lorenzo Milani, ribelle ai suoi superiori e, a giudizio di alcuni, cattivo maestro della gioventù, ma non spende mai una parola per incoraggiare i devoti della Vergine Maria, anzi, colpisce con estrema durezza, e per ragioni che non sono mai state spiegate, i suoi fedelissimi, ossia i francescani e le francescane dell’Immacolata? Non si tratta di circostanze un po’ strane, se appena ci si sofferma a riflettervi, e non ci si lascia contagiare dall’ondata di entusiasmo emotivo e quasi isterico che esalta questo papa come una figura santa e infallibile? La vera santità non consiste forse nel piegare il ginocchio davanti a Gesù Cristo e a Maria Vergine, sua Madre? Ma papa Francesco, chi mai lo ha visto inginocchiarsi davanti al Santissimo; e chi lo ha sentito parlare della Vergine Maria, se non in termini banali e generici, omettendo diligentemente, perfino nella commemorazione del centenario delle apparizioni di Fatima, la cosa più importante di tutte: ossia l’accorato appello alla conversione, alla penitenza, alla preghiera e al digiuno, fatta dalla Vergine Maria per la salvezza delle anime che versano in pericolo mortale?
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«Figli, non bevete del veleno che il mondo vi offre»

di Francesco Lamendola

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