ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 25 agosto 2017

Nel dubbio tiè pij’t la cittadinanza


Non è un Papa Re, ma solo un PapOnu




Leggo un articolo di Sallusti, direttore de Il Giornale dal titolo sensazionalista "Il Golpe del Papa RE".  E' un titolo che fa effetto e che intriga subito il lettore, ma non è veritiero. Non siamo più  da un bel pezzo nello Stato Pontificio e c'è pure stata la Breccia di Porta Pia con la presa di Roma il XX Settembre 1870, data  che ha sancito la perdita del potere temporale da parte del Papato. Nel corso del tempo il Vaticano è diventato sempre più una succursale del Palazzo di Vetro, sede dell'ONU, di concerto con l'Unione delle Chiese Mondiali con qui si riunisce per stabilire la "religione unica, col Dio unico".

Caro parà Sallusti,
hai preso male la tua mira. Bergoglio entra a "gamba tesa" nella politica italiana, non come Papa addetto alle cose spirituali, ma come portavoce ONU e in ossequio alla sua "religio civilis", quella dei diritti cosiddetti "umani", troppo umani. E solo in questo modo che può intimidire un galoppino delle consorterie Ue come Gentiloni: facendogli il promemoria delle scadenze in corso, non già contenute nel calendario gregoriano come sarebbe ovvio, ma sull'almanacco delle "giornate mondiali"  già stabilite dall'ONU. Ce le ricordano anche su Google. 
E il 14 gennaio 2018 ci sarà "La giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato".

Che fa un papa se solo facesse  almeno finta di fare il Papa e non l'emissario ONU?  Cercherebbe di consolare gli afflitti, di dire parole buone alle famiglie dei martiri del terrorismo, si recherebbe  di persona nelle zone terremotate....Insomma farebbe il buon Padre spirituale  che conforta gli Italiani sulle varie calamità che ci affliggono.

Si preoccuperebbe del calendario liturgico delle festività cristiane e su come organizzarle.
Ricordo che l'8 dicembre ricorre l'Immacolata Concezione, che il 24 è la Vigilia del Natale, il 25 il santo Natale, il 26 Santo Stefano primo martire della Chiesa.
Poi c'è l'1 gennaio,  quindi il 6 gennaio l'Epifania ecc. Glielo devo ricordare io a un Pontefice di fare il Pontefice? E' sempre più  evidente che i cristiani per il  gesuita-massone  Bergoglio dai disinvolti atteggiamenti sono l'ultimo dei suoi pensieri. Pertanto si porta avanti col calendario non cristiano. Addirittura alla metà di gennaio 2018 per  caldeggiare e sollecitare lo ius soli, prima di quella data. In altre parole, FA politica.

Considero una provocazione aperta un Papé Satan  (lo chiamo così a causa delle corna in evidenza quand'era nelle Filippine, gesto criticatissimo) che dopo il disastro di Barcellona con numerose vittime cadute schiacciate sul selciato (tra le quali 3 italiani) faccia dichiarazioni pro ius soli,  come quelle apparse su numerosi quotidiani circa i "migranti" le cui "competenze" sono tutte da valorizzare e che rappresenterebbero "nuove risorse" per il bel Paese:

http://roma.corriere.it/not...

Il suo motto è "accogliere, integrare, proteggere e promuovere". Avanti così, a far del male agli Italiani e ai buoni cristiani che disertano sempre più in massa la sua chiesa.


 Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte dagli Imperatori...

Ma è proprio quello che vuole, ed è proprio con questo precipuo scopo che è stato dimesso Ratzinger per insediare l'Usurpatore argentino:  accelerare quanto prima la disgregazione della civiltà cristiana.
E visto che parliamo di Città Eterna guardate un po' cosa si svolge in queste ore da quelle parti, appena fuori dalle mura vaticane... 

Violenza all’ alba in piazza Indipendenza, nel centro di Roma, durante lo sgombero di circa cento clandestini, che dopo essere stati allontanati dal vicino palazzo di via Curtatone si erano accampati da sabato nei giardini della piazza, contro gli agenti sono stati lanciati sassi e bottiglie e usate bombolette di gas al peperoncino. Utilizzato l’idrante. Al momento ci sono due fermati. (fonte voxnews) . 

Risorse all'attacco a Roma 

Solo due? Andiamo avanti e vediamo altre scene di Guerriglia Afro-urbana

Lanci di bombole a gas, lanci di bottiglie incendiarie, sassi, bastoni, oggetti contundenti, il tutto accompagnato da ululati belluini e beduini. Mentre la polizia che fa? Si limita agli idranti (fonte vox).
Ovviamente  si tratta di  "profughi" (poverini!) coperti  e protetti da "mandato internazionale" Onu che non vogliono sloggiare dalle abitazioni abusive da essi stessi occupate e si parla già di dar loro nuove case (addirittura villette alla faccia dei romani indigenti!).
E' inutile dire che se gli Italiani non impugneranno direttamente con forza e vigore  il loro destino, limitandosi a delegarlo alle forze politiche, accontentandosi solo delle elezioni prossime venture le cui date sono ancora tutte da stabilire, di questi scenari ne vedremo sempre più. La destabilizzazione e gli scenari urbani infernali corrono assai più velocemente delle elezioni e della politica politicante.


Intanto il PapOnu, piange come al suo solito calde lacrime extracomunitarie. Di converso, ciglio asciutto per i morti ammazzati italiani. Ma lui, si sa, "proviene dalla fine del mondo". E questa fine la vuole accelerare quanto prima.
Pubblicato da 
Papa Francesco Soros  
                   
M’INQUIETA
Lo dico con la morte nel cuore, ma questo Papa m’inquieta.
M’inquieta il suo estremismo ideologico, l’assenza di profondità con cui sembra affrontare temi epocali che scuotono dalle fondamenta la nostra società. M’inquieta la sua puntuale strategia mediatica, perfettamente coerente con le esigenze del mainstream da cui sembra golosamente attratto. M’inquieta il fatto che lui dica esattamente quello che le élite mondiali vogliono sentir dire. M’inquieta, su alcuni temi, vedere la Chiesa di Roma succube dello Spirito del Tempo, in linea col peggior mondialismo tecnocratico la cui deriva stiamo scontando sulla nostra pelle. M’inquieta, sull’immigrazione, sentire un Papa parlare come un documento della Open Society.
E se il vicario di Cristo, capo della Chiesa romana, sembra il replicante di Soros forse dovremmo inquietarci tutti. Se ottiene il plauso di Emma Bonino e fai fatica a distinguere il suo messaggio da un articolo di Roberto Saviano, vuol dire che la Chiesa ha cessato di essere “incredibile” per diventare banalmente credibile.

UTOPISMO E IRREALTA’
Le posizioni e le affermazioni di Papa Francesco sull’immigrazione imbarazzano per il livello di utopismo e di irrealtà e per la rottura radicale che questo pontefice sta facendo con gli insegnamenti di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, per i quali il “Diritto ad emigrare” (sancito peraltro già da Giovanni XXIII nell’enciclica Mater et Magistra), è sempre stato preceduto da un diritto superiore: il “Diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e dignità nella propria Patria” (Giovanni Paolo II).
O per il fatto che il fanatismo immigrazionista di Bergoglio non tiene minimamente contro che il dovere all’accoglienza va sempre conciliato con le esigenze delle società che accolgono gli immigrati” (Giovanni Paolo II) e che “ogni Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune” (Benedetto XVI).
E che l’immigrazione porta con sé conseguenze stravolgenti all’identità delle nazioni che per l’internazionalista Bergoglio sono marxianamente sovrastrutture, ma per la Dottrina della Chiesa sono elemento centrale dell’ordine internazionale, come evidenziò sempre Benedetto XVI nel 2012 parlando ai sindaci dell’Anci: “bisogna saper coniugare solidarietà e rispetto delle leggi, affinché non venga stravolta la convivenza sociale e si tenga conto dei principi di diritto e della tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana”. Principio che vale per ogni Nazione.

Il messaggio di papa Francesco non è rivoluzionario e neppure sovversivo; è semplicemente l’addomesticamento di questo papato al progetto delle élite

Sia chiara una cosa: qui non è in discussione l’amore e l’accoglienza che ogni cristiano deve riservare agli ultimi, ai sofferenti, ai bisognosi; fondamento di una pietas che affonda le sue radici nell’insegnamento di Gesù, nel suo Annuncio di morte e resurrezione e nell’operato storico degli apostoli.
Non è in discussione il principio cattolico del “bene comune universale che abbraccia l’intera famiglia dei popoli, al di sopra di ogni egoismo nazionalista” (parole di Giovanni Paolo II).
Qui è in discussione il tempismo di un Papa che abbraccia un integralismo migratorio banalizzando il dramma storico di questo esodo indotto dal potere mondialista, come fosse un semplice problema di egoismo nazionale dei soliti europei razzisti e xenofobi.
Il recente messaggio di papa Francesco non è rivoluzionario e neppure sovversivo; è semplicemente l’addomesticamento di questo papato a questo progetto.
UNA CHIESA DI: “NO STATE, NO BORDERS”
La stampa italiana si è soffermata sul tema dello Ius Soli, “il diritto alla nazionalità dalla nascita” rivendicato da Papa Francesco; ma in verità quel passaggio è stata una forzatura perché il contesto in cui è inserito riguarda il fenomeno dell’apolidia, cioè l’assenza di nazionalità uno dei casi in in cui “talvolta vengono a trovarsi migranti e rifugiati”.
Ma il fatto stesso che le dichiarazioni di questo Papa si lascino andare a equivoci e strumentalizzazioni, rivela l’ambiguità di un Magistero che sembra, ogni volta, voler generare provocazione.
Ci sono però passi in quel messaggio che dimostrano la reale volontà di questo Papa di rompere con la storia dell’Occidente.
20160815130848-no-borders-ventimigliaSTATO E NAZIONE: Francesco afferma che la centralità della persona umana “obbliga di anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale”.
Di per sé la frase è legata alla tradizione della Chiesa e dell’Occidente: la sacralità dell’esistenza impone che non esista ragion di Stato superiore ad una vita umana. I governi hanno l’obbligo morale di salvare i migranti e proteggere coloro che arrivano nei viaggi della disperazione. Ma se il Papa afferma che l’immigrazione va accettata indipendentemente dalla sicurezza sociale di un Paese, allora la questione diventa pericolosa.
Le nazioni moderne non si fondano su un principio divino ma su un compromesso tra l’appartenenza identitaria, la libertà individuale e la sicurezza che lo Stato appunto deve garantire. Se uno Stato non adempie a quest’obbligo viene meno uno dei motivi per cui esso deve esistere. La “sicurezza nazionale” in questo caso non è Ragion di Stato ma è sicurezza personale dei singoli cittadini, di cui l’apparato statale di ogni nazione deve farsi carico, pena l’invalidamento del rapporto di fiducia tra Stato e individuo.
Forse Papa Francesco non lo sa, ma la sua frase distrugge la radice stessa della democrazia occidentale e la sua posizione lo avvicina terribilmente a quella dei nipotini di Soros quando sfilano per le città europee con gli striscioni: “No State, no borders”.
RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE: Papa Francesco afferma anche che bisogna “favorire il ricongiungimento familiare — con l’inclusione di nonni, fratelli e nipoti — senza mai farlo dipendere da requisiti economici”.
Cioè, in altre parole, se un immigrato arriva illegalmente in un paese, i suoi cittadini dovranno farsi carico non solo di lui ma anche dei suoi parenti in nome di un’integrità familiare che lui ha disintegrato decidendo di emigrare (salvo ovviamente il caso di coloro che fuggono perché realmente perseguitati).
Secondo questo principio, l’immigrato non va educato ad un etica della responsabilità individuale, della graduale realizzazione di sé attraverso il lavoro e la crescita personale ed economica capace poi di migliorare le sue condizioni e garantirgli di poter sostenere da sé la sua famiglia.
Qui c’è qualcosa di più dell’obbligo ad un’accoglienza umanitaria o all’inserimento socio-lavorativo (cosa sacrosanta). Questa non è Dottrina Sociale della Chiesa; questa è Dottrina Socialista.

Per questo Papa l’immigrazione non è un dramma storico ma un obiettivo da raggiungere, un disegno da attuare nel sogno ecumenico di un’integrazione globale

L’IMMIGRAZIONE COME OBIETTIVO
Per il Papa polacco e per il Papa tedesco, figli di un civitas europaea universale ma fondata sulla identità delle nazioni, il processo migratorio globale era visto come una tragedia di dimensioni storiche a cui bisognava far fronte con solidarietà, amore, accoglienza ma, nello stesso tempo, con il realismo necessario a comprendere la portata di destabilizzazione di un intero ordine sociale e culturale.
Per questo i Pontefici precedenti hanno considerato il “Diritto a non emigrare” superiore al Diritto di emigrare; e per questo la loro azione puntava a eliminare le radici malate che causano questa immigrazione: le guerre per Giovanni Paolo II e l’assenza della libertà economica necessaria allo sviluppo, per Benedetto XVI.
Al contrario, per questo Papa argentino e terzomodista, l’immigrazione globale sembra essere un obiettivo, un disegno da attuare, un progetto da realizzare; in fondo, lo sradicamento di milioni di esseri umani dalla propria terra, dalle proprie secolari tradizioni e identità è visto come un vantaggio per realizzare il sogno ecumenico di un’integrazione globale. La stessa identica visione che ha George Soros.
Sorprende che questo Papa non sprechi una sola parola di condanna sulle cause dell’immigrazione; sulle guerre umanitarie dell’Occidente (dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Libia alla Siria, allo Yemen) che hanno prodotto milioni di profughi.
Non una condanna contro i mercanti di schiavi che alimentano l’immigrazione clandestina in tutto il mondo.
Non un ammonimento sul rischio demografico per l’Europa, che nei prossimi decenni cambierà il volto ed anche la sua identità culturale e religiosa (anzi, esattamente come le élite, il Papa vede l’immigrazione come soluzione alla crisi demografica dell’Europa).
Non un accenno sul fatto che questa immigrazione globale impoverisce ancora di più i paesi già poveri privandoli di risorse umane, competenze e quindi speranze per il futuro generando un meccanismo che condannerà nella povertà ancora più estrema i paesi da cui gli immigrati provengono e impoverirà i paesi che li ricevono, impossibilitati a sostenere l’impatto e le conseguenze sociali di questo esodo biblico.
SE LA CHIESA DIVENTA UNA ONG
Nei secoli, il realismo della Chiesa è stato il prodotto di una tensione interiore che nasceva dalla consapevolezza di essere nel mondo senza appartenere al mondo. Questa tensione (dolorosa, lacerante per ogni singolo cristiano) ha consentito alla Chiesa di affrontare la realtà con una visione meta-storica che ha dato discernimento ad ogni suo giudizio e profondità ad ogni suo intervento.
La Chiesa di Papa Francesco ha scelto un’altra strada, forse inconsapevolmente: quella di essere nel mondo appartenendo al mondo.
Ma se la Chiesa non è più in grado di avere una dimensione meta-storica e si riduce ad essere  una grande Ong globale capace solo di subire le convulsioni della storia e la crisi della nostra civiltà, come può continuare a chiedere ai cristiani di essere “sentinelle del mattino”, quando ha deciso di vegliare la luce di un tramonto?

Su Twitter: @GiampaoloRossi

Chiesa, ius soli e dintorni
Trovo poco appassionanti, confesso, le vivaci e spesso divisive discussioni circa la posizione della Chiesa sullo ius soli. Dico questo, si badi, non per snobismo né perché sottovaluti l’emergenza immigrazione ma solo perché, banalmente, ritengo che la posizione cattolica, su questo, sia già ben delineata. E non penso, si badi, al fatto – pure eloquente – che la cittadinanza dello stato del Vaticano non sia originaria, esito cioè di ius sanguinis o ius soli, interessando solo – a norma dell’art. 9 del Trattato Lateranense – le «persone aventi stabile residenza», senza che questo, a ben vedere, abbia mai destato scandali; mi riferisco al patrono dei teologici, San Tommaso, il quale, nella sua Summa Theologica (I-II, Q. 105, Art. 3), da una parte lasciava intendere come l’immigrazione debba avere sempre in mente il bene comune – senza sopraffare o attentare alla nazione, che non è un’entità astratta bensì un insieme di persone – e, dall’altra, poneva come condizione dell’accettazione di chi voglia stabilirsi in un Paese il desiderio, da parte di costui, di integrarsi perfettamente nella vita e nella cultura locali.
Lo stesso Catechismo, da parte sua, specifica a chiare lettere – facendo eco, a ben vedere, alle considerazioni dell’Aquinate – come «i diritti politici connessi con la cittadinanza possono e devono essere concessi secondo le esigenze del bene comune» (CCC, 2237). Se a tutto ciò si aggiunge che l’acquisizione non automatica – o con la maggiore età – della cittadinanza nulla toglie, in concreto, ai diritti di accoglienza, di assistenza, di educazione, di istruzione e quant’altro, proprio non si coglie, a meno che non si voglia relegare la Santa Sede, il Catechismo e il Dottore Angelico come esempi di xenofobia, su cosa poggerebbe il “dovere morale” del cattolico di approvare lo ius soli, per l’approvazione del quale, in talune chiese – come accaduto a Bellaria Centro, parrocchia S. Cuore di Gesù – si è perfino arrivata ad impegnare la preghiera dei fedeli, durante la Santa Messa. E delle parole di Papa Francesco, che dici? Non hai forse saputo – mi si obietterà – del messaggio inviato per la giornata mondiale del migrante del 2018?
Ho saputo, certo che sì. Ma a parte che non ho problemi ad ammettere che il Santo Padre possa essere favorevolissimo allo ius soli – e a parte che escluderei che il contenuto della lettera inviata alla giornata mondiale X o Y, pena un rischio di massimalismo magisteriale (l’aprioristico conferire, cioè, pari dignità tutto a ciò che il Papa dice), costituisca Magistero e, soprattutto, abbia a che vedere con l’infallibilità papale -, rilevo che il passaggio laddove si parla dell’ipotesi di «cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti», non solo ciò viene presentato come mera possibilità («tale processo può essere…»), ma viene espressamente riservato a coloro «che possano vantare una lunga permanenza nel paese». L’appoggio del Papa allo ius soli – suggerito, in effetti, anche dalle “tempistiche parlamentari” dell’anticipazione del suo messaggio – non risuona, insomma, così squillante come taluni forse auspicavano oltre, ovvio, a non essere vincolante.
Questo perché, se da una parte la cittadinanza rimane questione civile – di Cesare, dunque, e non di Pietro -, dall’altra tra i diritti umani, questi sì fondamentali, non c’è solo quello ad emigrare ma anche, ricordò Benedetto XVI alla 99esima giornata mondiale del migrante e del rifugiato, a non farlo. E siamo sicuri che assegnare automaticamente, o quasi, la cittadinanza, non costituisca una lesione del diritto a non emigrare divenendo, de facto, un incentivo a emigrare? Chi ci assicura, specialmente in una fase storica come quella in corso, che questo rischio non sia concreto? Ha senso chiederselo considerando perfino Pietro Grasso, Presidente del Senato che oggi sostiene senza riserve lo ius soli, quando il dibattito politico era meno arroventato, qualche anno fa, ammetteva il rischio che una novità di questo tipo potrebbe portare una «gran quantità di donne a venire in Italia a partorire solo per dare la cittadinanza ai propri figli». Possiamo insomma stare tranquilli, appoggiandoci sulle «esigenze del bene comune», sul fatto che non vi sia nulla di poco cristiano nell’essere quanto meno scettici rispetto allo ius soli. Proprio nulla.

Ius Soli. La Patria non è un cavillo burocratico    
    
Disfatta l’italia ora bisogna disfare gli italiani.
Progresso. Ma dopo, cosa c’è? Dopo la vita e dopo la fine di Beautiful? Parliamo di cosa c’è dopo per la zoom_3791paura di vivere cosa c’è ora? Ce lo chiediamo perché la nostra natura è l’umile curiosità. Al contrario, invece, è perversione del coatto, come quella che segna la presunzione di un’epoca. Un’epoca che ha tutto: la tecnologia, gli hamburger vegani, il maglione per cani, le file all’Apple Store e l’Unione Europea. Ma che soprattutto si è liberata dei più grandi fardelli: si è tolta dai piedi Dio e il senso di identità e confine; ha liquidato secoli di umanissime certezze (e quei valori non negoziabili che sono il piedistallo dell’essere semplicemente umani, citando Torriero, sono stati gioiosamente messi sul mercato), ha travolto le aggregazioni e gli atti essenziali, come la famiglia, la dignità, la partecipazione, la sovranità, la legalità, lo Stato padre, l’identità come amore, e la spontaneità – se entra un ladro in casa, tanto vale preparagli un bel panino quaglie e broccoletti -. E poi, maestra di nichilismo, ha passato la spugna sulle cose semplici che sostengono il mondo, poiché ci risulta eroticamente indispensabile credere che sia necessario coltivare gli uomini, per poter coltivare le idee e non crepare di futuro (repetita…). Ha murato il cantuccio, l’angulusoraziano, quello da cui cogliere la visuale senza essere ancora corrotti dal mainstream. Luogo noto e sicuro, per ritrovare sempre se stessi nell’epoca della grande siccità dello Spirito.
Tutto questo, perché, dicono, dobbiamo andare oltre. Ma oltre de che? Oltre il sangue, persino. E tutto si riduce ad una questione di marketing (elettorale. Francia docet). Prendete lo Ius Soli. Approvato alla Camera nel 2015, rischia di diventare certezza il prossimo giugno al Senato. Il divieto di sosta per gli italiani. Ah la grande modernità! Ma lo sapevate che Kaled è nato in ospedale e quindi è un medico? Eh già, gli spetta di diritto. In tutti i sensi; anche se avrebbe voluto fare altro nella vita, il terrorista, ad esempio. Insomma non conoscevate la storia di Kaled. Curioso. In questo mondo iperconnesso. Storia, per altro, molto simile a quella di Omar, che è nato in Italia da padre libico e madre spagnola ed è italiano. Italianissimo, pugliese di Tripoli.
Nel giro di due anni, il gioco è fatto. Un Paese giovane, ancora alla ricerca di se stesso, che ancora deve sanare il divario tra Nord e Sud, tra secessionisti di confine ed il riconoscimento di un inno e di una bandiera nazionale, in cui ancora dobbiamo integrarci tra noi, figuriamoci. Un popolo che si sente unito davanti all’Italia che gioca per la qualificazione agli europei. Un Paese che ancora deve fare i conti con i vecchi italiani e che ora, già ne fabbrica di nuovi.
Le conquiste della civiltà: cento anni dopo, esatti, dalla Grande Guerra, la Camera dei Deputati approva lo Ius Soli. Ora tocca al SenatoamicodiRenzi. Cento anni prima il dovere degli italiani di sentirsi italiani, cento anni dopo il dovere di far sentire italiano chiunque passi di qui. A saperlo prima, avremmo detto a quei poveri ragazzi in trincea, soprattutto a quelli del ’99, così piccoli, di tornare a casa dalle mamme o dalle giovani mogli in Calabria, di lasciar perdere o al limite, di farla con i propri connazionali deliranti, la guerra, non con i dirimpettai o con qualche straniero. Connazionali…o sarebbe meglio definirci coinquilini d’ora in avanti? Disfatta l’italia ora bisogna disfare gli italiani, perché la nazionalità s’indossa come un vestito, si sceglie su un catalogo.
Se la coesione sociale è un problema serio, la governabilità è sempre a rischio, i poveri ci sono sempre stati, l’Italia inizia a diventare un lontano ricordo ed in questo paese, indiscutibilmente, oltre alle belle giornate di sole, alla pasta col pomodoro, al mare azzurro e alla pizza con i frutti di mare, si sta decisamente male, conviene aprire all’internazionalizzazione. L’ultima italianità rimarrà chiusa in unobambini_tricolore1stereotipo e nell’eco lontano, rimbombante delle note di Domenico Modugno, delle parole di Dante: “Sempre la confusion de le persone principio fu del mal de la cittade”.
Dopo la palese interruzione democratica riparte il “treno dei diritti civili”: la cittadinanza italiana è un affare da appioppare. Torna lo Ius Soli, per il secondo round, tra ridicolezze, poco sense of humour ed il dramma del fatto che non si stia scherzando, anzi, si faccia decisamente sul serio.  Dal diritto di sangue a quello di transito. “Acquista la cittadinanza per nascita chi è nato nel territorio della repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo. Per ottenere la cittadinanza c’è bisogno di una dichiarazione di volontà espressa da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del minore, entro il compimento della maggiore età. Se il genitore non ha reso tale dichiarazione, l’interessato può fare richiesta di acquisto della cittadinanza entro due anni dal raggiungimento della maggiore età“, come riporta Repubblica e così come andò alla Camera. Nessun cenno ad un giuramento, allo studio dell’identità di questo Paesaccio. Nessun sentimento. Nessun inno, nessun esame. Al limite lo ius culturae (tanto il latino sta bene con tutto, anche col beige), che consentirà ai minori stranieri arrivati nel nostro Paese prima dei dodici anni di diventare italiani esibendo una semplice licenza di scuola elementare, come risalta Gian Micalessin, sottolineando il pericolo futuro e palpabile di ritrovarci in casa il terrorismo con inaudita facilità.
Il gioco è fatto in barba a D’Annunzio e al Capitano Giovanni De Medici.
Cittadinanza, quindi, non è un mero fatto giuridico. A farcelo presente è anche Giuliano Guzzo: “L’assegnazione della cittadinanza per il solo fatto di nascere in Italia pare dunque, ad essere buoni, un azzardo. A maggior ragione se si rammenta che la cittadinanza non è un mero dato giuridico e che prevede la «condivisione di valori comuni che sono alla base del sentimento di appartenenza e dell’integrazione del soggetto all’interno di un comunità» [2], condivisione che fa sì che una data comunità possa, grazie ai propri componenti di diritto, continuare ad esistere preservando i propri tratti identitari. Facile, qui, l’obiezione: ma neppure tanti italiani onorano la loro cultura e la loro patria osservandone principi e regole. Certo, ma questo nulla toglie al valore della cittadinanza; in altre parole il problema, se molti cittadini non onorano i valori del loro Paese, non è dei valori, bensì di questa parte di cittadini, e sarebbe sbagliato utilizzare il pretesto della scarsa disciplina di taluni per svuotare di rilevanza un diritto – quello della cittadinanza – che riguarda tutti nonché, insistiamo, la sopravvivenza della comunità”
L’Occidente cadrà da dentro. Come ogni impero che si rispetti.
Ma è progresso. E quindi Dobbiamo andare oltre. Ma oltre de che?
Millantiamo un mondo libero, che ha capito i propri recenti errori, e poi se non metti il velo tuo padre ti gonfia come una zampogna, ci sono tir che travolgono e missili in cielo; si evocano fascisti ogni minuto, si lasciano crepare i giovani di futuro. I ricchi si arricchiscono, i medi muoiono, i poveri aumentano. Le domande etiche esplodono: io che ho un pène, ma vorrei una vagina, e mi rendo conto che, in realtà, il sesso è solo un ingombro, posso partorire pur non avendo l’utero?
Tutto questo perché, dicono, dobbiamo andare oltre. Abbracciare il Progresso.
Se la maestra Eugenia ogni volta che inizia a spiegare una parte di storia non la termina e va avanti con nuovi argomenti, improvvisamente, proiettando gli scolaretti nella confusione e costringendoli a tempestare l’ingenua Eugenia di domande, non è andare avanti, è creare confusione. Non è trasmettere conoscenza e consapevolezza. Per metter ordine al caos, serve ordine: non altro caos. I giovani virgulti, a images (46)fine anno c’arrivano lo stesso; i promossi, saranno promossi, i bocciati verranno frustati a casa dai genitori e Padoan continuerà a non sapere quanto costa un litro di latte; eppure i ragazzi, di storia, non c’avranno capito un cavolo, saranno confusi, si saranno dovuti adeguare in fretta e si accontenteranno così. L’importante è andare avanti.
Non sempre ciò che vien dopo è progresso. Ecco appunto. Ciò che vien dopo. Ma oltre de che? Oltre la funzione e l’essenza stessa degli uomini? Eppure a giudicare dalla lingua che parliamo, e quindi il luogo che viviamo, per essere fedeli ad Emil Cioran, la vita è un tutto un post.
Faccio un post-it per ricordarmi di scrivere un post che esprima sdegno sulla post verità che avanza mentre percepisco, dalla fondamentale battaglia per la democrazia di Emanuele Fiano, contro la vendita di gadget del Ventennio nel nostro Paese, che la post ideologia avanza e ci rende nuovi. Post, ma in che tempo? Posto cosa? Quale premessa? Dopo di che? Dopo il pudore, dopo il rispetto, dopo la famiglia, dopo il sesso biologico, e dopo Dio? Diritti, ora, quando, proprio per tutti
A posteriori verso il postribolo. Tutto a post, tranquilli.
Nel dubbio tiè pij’t la cittadinanza
_____________________________________________________
[2] Trapanese R. Cittadinanza e politiche sociali, Liguori Editore, Napoli 2005, p. 21; [3] Magrin G. La repubblica dei moderni. Diritti e democrazia nel liberalismo rivoluzionario, FrancoAngeli, Milano 2007, p. 74

Gli scontri di Roma? Una pantomima imposta dal governo alla questura per “far digerire” lo ius soli

Di Mauro Bottarelli , il 101 Comment

Si possono cercare mille difetti alla questura di Roma e ai suoi dirigenti ma uno è pressoché impossibile trovarlo: errori nella gestione della piazza. D’altronde, essendo chiamati a presidiare la capitale d’Italia, hanno avuto a che fare negli anni con manifestazioni sindacali e politiche, Giubilei, appuntamenti istituzionali e, non ultime, due tifoserie calde e molte partite di calcio a livello internazionale e per trofei nazionali. Insomma, se qualcosa sfugge di mano, è perché l’ordine politico è quello di lasciar accadere: come, d’altronde, accadde anche a Milano con il corteo nel giorno di inaugurazione di EXPO. Lo chiamarono “contenimento del danno”, ovvero meglio qualche vetrina infranta e macchina data alle fiamme che uno scontro diretto che potrebbe portare epiloghi come Genova 2001. Ricorderete, in marzo, come per l’anniversario dei Trattati di Roma, non volò una foglia: in quel caso la mano della polizia era liberissima, visto chi era chiamata a proteggere.

Non si vide un black bloc nemmeno a pagarlo oro e anche chi sfilò, lo fece premurandosi di gettare anche i mozziconi spenti nei cestini. Perché vi dico questo? Per dirvi che non esiste al mondo che la follia di sgomberare l’edificio occupato di Piazza Indipendenza a Roma con queste modalità sia stata partorita anche in minima parte dalla polizia. Lo testimoniano le scene che tutti noi abbiamo visto fin da stamattina: le barricate, gli scontri, il lancio di oggetti e bombole di gas, le cariche e gli idranti in azione. In pieno centro a Roma, alle 9 di mattina di un giorno feriale, a due passi da Stazione Termini. Oltretutto, non per un’emergenza ma per una situazione di occupazione abusiva che proseguiva da almeno tre anni. Quelle immagini sono indegne di una capitale europea e proprio per questo ho una certezza: la scelta di agire, creando ciò che era ovvio si creasse, è stata tutta politica. Perché? Per spianare la strada alla legge sullo ius soli, tornata prepotentemente alla ribalta dopo gli interventi di Gentiloni – non a caso al Meeting di Rimini – e di Papa Francesco in persona, atto che ha fatto andare su tutte le furie il centrodestra.
Direte voi, stranieri che lanciano oggetti e si scontrano contro la polizia dovrebbero riuscire nel miracolo di far schierare la maggioranza degli italiani a favore della legge sulla cittadinanza? Paradossalmente, sì. Perché al netto del degrado che l’immigrazione incontrollata ha portato nelle nostre città, quella gente che è finita in strada dalla sera alla mattina dopo anni di inazione delle istituzioni, al 99% è eritrea o etiope ed è già in possesso dello status di profugo. Quindi, puoi farlo sgomberare ma poi devi garantirgli un alloggio, non puoi espellerlo. Capite da soli che fra 50 o 60 potenziali obiettivi di sgombero, la polizia – che conosce lo stato di quel palazzo da sempre – mai sarebbe stata così idiota da andare a colpire l’unico che le si sarebbe automaticamente ritorto contro. Per legge, non per altro.

Inoltre, come si vede dalle immagine e come mostra plasticamente la fotografia che ho scelto per la copertina, tra gli abitanti ci sono molte donne, quasi tutte con bambini piccoli e molte incinte. E che effetto fa una donna, specie se in dolce attesa, costretta a dover affrontare i manganelli, soprattutto avendo in tasca un foglio di carta che certifica il suo essere profuga o rifugiata? Nell’80% dei casi, ci si schiera emotivamente dalla sua parte. Perché è donna. Perché è mamma. E perché non la si identifica con qualcuno che può crearmi danno ma solo con una persona che vuole un tetto per sé e la sua prole: per quanto uno possa essere duro sul tema immigrazione, il cuore gioca la sua parte.

E, comunque, la legge è dalla parte di quelle donne e quegli uomini, fatta salva l’abusività dell’occupazione (tollerata per anni, senza battere ciglio). Possono restare in Italia. E quegli uomini che si scontravano e lanciavano oggetti, lo facevano per evitare l’arresto di un terrorista o di uno spacciatore? No, lo facevano per rivendicare un tetto, in primis per quelle donne e quei bambini. Rivendicavano un DIRITTO, perché nel momento in cui il nostro Paese ha riconosciuto loro lo status di profugo, con l’allegra generosità che lo contraddistingue, ha garantito a loro il diritto a restare qui.
Pensate che dirigenti e poliziotti tutto questo non lo sapessero, fin dall’inizio? Perché, a vostro modo di vedere, per tre anni nessuno a detto niente di fronte a un’occupazione illegale di massa – di fronte alla sede del CSM – e una bella mattina di fine agosto si decide di sgomberare, senza aver trovato una soluzione abitativa alternativa? Per ottenere l’effetto “due piccioni con una fava”: sulle prime, incassi il dividendo dell svolta “legge e ordine” di Marco Minniti. Poi, le immagini del tg e la sapiente regia dei media buonisti sapranno farti intenerire. Il passaggio relativo allo status di quelle persone sarà continuo, martellante, incessante. Così come la forte presenza di bambini. E il messaggio pro-ius soli, il quale non è un provvedimento che riguarda direttamente chi arriva sulle nostre coste in questi tempi, è passato e benedetto.

Guarda caso, proprio oggi, mentre andava in onda l’indignazione a reti unificate (alimentata da un video di “Repubblica” con l’audio di un funzionario di polizia che dice ai celerini di spezzare le braccia, se qualcuno lancia oggetti), Angelino Alfano, l’uomo che mettendo di traverso il suo partito-pigmeo aveva bloccato l’iter della legge al Senato, fa una mezza apertura: “Nessuna obiezione sul merito ma non è opportuno”. Tradotto dall’alfaniano: caro PD, troviamo la quadro per l’accordo alle elezioni siciliane di novembre e te lo voto in carrozza. Già ieri vi dicevo che il governo ha aperto una linea di dialogo molto diretta con il Vaticano, utilizzando la potente Comunità di Sant’Egidio e si dovrebbe proprio alla mediazione della Santa Sede la mezza ricucitura con la Libia che si riconosce nel Parlamento di Tobruk, dopo il pasticciaccio della missione navale. Il governo, poi, ci ha messo del suo con il blitz ferragostano che ha riportato l’ambasciatore italiano al Cairo, millantando novità da parte egiziana sulla fine di Giulio Regeni.
E ora? Ora si prosegue a tappe forzate, alternando carota e bastone. Tanto più che è proprio di oggi pomeriggio la notizia che al Brennero sono davvero partiti i controlli che Vienna minacciava da un mese. Le operazioni sono scattate sull’autostrada A13 (Brennerautobahn) alla barriera di Schoenberg situata a circa 25 chilometri dalla frontiera con l’Italia: per i controlli sono state chiuse tre delle quattro corsie e sono state controllate un centinaio di autovetture, furgoni e autobus. Otto funzionari di polizia e sedici soldati hanno effettuato controlli alla stazione ferroviaria di Matrei am Brenner anche sui treni merci provenienti dall’Italia, visto che i convogli merci vengono utilizzati dai profughi per raggiungere Austria e Germania con la speranza di non essere scoperti.

Sul treno partito da Bolzano e diretto a Monaco di Baviera sono state trovate due donne e quattro uomini della Costa d’Avorio, Nigeria e Burkina Faso: le sei persone viaggiavano all’interno di un serbatoio vuoto dove normalmente è contenuto gas liquefatto. Una mobilitazione eccessiva? Il 15 ottobre si vota in Austria, meglio esagerare da subito che ritrovarsi come in molte città italiane. Anche perché qualcosa si agita sul fronte immigrazione, come scrivevo nel mio pezzo precedente che vi ripropongo nella sua ultima parte.
L’allarme terrorismo ha infatti sortito un effetto ben gradito per il governo spagnolo: con le telecamere impegnate sulle ramblas o nei vigneti catalani, le enclave spagnole in territorio marocchino di Ceuta e Melilla sono state letteralmente blindate, altro che Brennero. Indi, sbarchi e assalti a zero. In compenso, in perfetta contemporanea con i fatti di Barcellona, ecco i numeri degli sbarchi sulle coste greche: 18 agosto, 105 persone; 19 agosto, 308 persone; 20 agosto, 136 persone; 21 agosto, 397 persone; 22 agosto, 250 persone e 23 agosto, 174 persone. Un’impennata immediata e inspiegabile, dopo mesi di calma piatta e sbarchi solo in Italia. Stando a dati FRONTEX, fra il 1 e il 20 agosto, sono arrivate sulle coste greche 2400 persone, la gran parte negli ultimi giorni, il tutto in un contesto che vede bloccate sulle isole elleniche più di 14mila persone (8.179 negli hotspots e 3.449 in hotspots non ufficiali) a fronte di ricettività massima per 5.576.

Inoltre, la Guardia costiera turca ha detto chiaramente che non è intervenuta e non interverrà rispetto a imbarcazioni che dalla sua costa partano verso quella turca, stando a indicazioni fornite a partire dal 15 agosto: casualmente, data dell’ultima, violenta disputa fra Angela Merkel e Recep Erdogan, il quale ha detto che “i partiti tedeschi sono nemici della Turchia” e ha invitato i turchi di Germania “a non votare il partito della Merkel alle prossime elezioni”. E se la reazione dei politici tedeschi alla parole giunte da Ankara è stata durissima, viene da chiedersi: Erdogan sta aprendo le porte ai flussi come parte della sua battaglia contro Berlino, di fatto disattendendo l’accordo da 6 miliardi con l’UE che aveva garantito pace a Grecia e rotta balcanica?
Domanda legittima, soprattutto di fronte a un’enorme coincidenza. Il 22 agosto, due giorni fa, in perfetta contemporanea con i picchi di arrivi sulle coste greche, ad Atene si è tenuta una manifestazione sotto le finestre del ministero per l’Immigrazione e degli uffici ellenici della Commissione UE, in cui le principali ONG che si occupano di migranti chiedevano proprio la cancellazione dell’accordo UE-Turchia, poiché ritenuto discriminatorio nei confronti dei cittadini afghani, i quali continuano a venire deportati. Lo scorso anno, infatti, l’UE escluse i cittadini dell’Afghanistan dalla lista di chi poteva beneficiare di protezione come rifugiato, visto che “se rimpatriati, la loro vita non è in pericolo”.







 condemn that International Organization for Migration threatened: "If you attend the protest then you get no food and supplies"


Casualmente, sempre il 22 agosto scorso, Donald Trump ha dato il via libera all’invio di altre migliaia di militari USA proprio in Afghanistan, i quali “resteranno fino alla vittoria finale contro il terrorismo in quel Paese”. Sempre casualmente, l’Isis è già ben radicato nella provincia di Tora Bora, mentre Talebani e truppe governative si fronteggiano. Non vi pare che, entro le prime caldarroste, ci sarà un serio problema di profughi dall’Afghanistan, dove una guerra con tutti i crismi è pronta a scoppiare? Qualcuno vuole che l’invasione d’Europa prosegua, nonostante gli accordi sullo stile di quello libico e nonostante l’impossibilità di usare a pieno la tratta via mare? Magari è solo la solita coincidenza, per carità. Ma un bel flamenco terrorista di sottofondo ci sta proprio bene, copre il rumore delle operazioni di destabilizzazione in corso.

Con Ankara protagonista e la Germania nel mirino a ridosso delle politiche. Solo un caso, state tranquilli. Impietositevi pure per i profughi di piazza Indipendenza, tanto come debba andare a finire la questione migrazioni, è già stato deciso. Altrove. E, magari, con un’appendice molto seria il 3 maggio scorso a Palazzo Chigi, quando George Soros ha ottenuto udienza senza doversi scomodare a chiederla in anticipo.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli
https://www.rischiocalcolato.it/2017/08/gli-scontri-roma-pantomima-imposta-dal-governo-alla-questura-far-digerire-lo-ius-soli.html

Okkupare chiese con l’ok di Papa Francesco

Bergoglio offre immunità sui profughi. E i movimenti ne approfittano. Sventato il blitz a S. M. degli Angeli. E il caso di SS. Apostoli imbarazza la Curia



L’obiettivo era la Basilica di Santa Maria degli Angeli a piazza della Repubblica. Doveva essere occupata dopo un breve corteo ma la polizia è intervenuta prima e non si è potuto fare il bis della chiesa di Santi Apostoli dove da settimane alloggiano rifugiati e antagonisti. Ma altre chiese romane sarebbero nel mirino dei «Movimenti per il diritto all’abitare» e degli immigrati sgomberati negli ultimi giorni dall’occu- pazione di via Curtatone. Roma è nel caos abitativo e nella gestione degli immigrati e i luoghi di culto sembrano essere l’ultima spiaggia per gli abusivi. Le occupazioni di edifici pubblici o privati, infatti, hanno subito un duro stop da parte della Questura di Roma. E quindi, complice anche una posizione «morbida» di Papa Bergoglio per la situazione nella chiesa di Santi Apostoli (palese l’imbarazzo della Curia e della gendarmeria vaticana) numerose altre «case di Dio» potrebbero trasformarsi in alloggi per i senza casa. Come dicevamo l’esempio più lampante è la Basilica dei Santi XII Apostoli, nell’omonima piazza proprio di fronte alla Prefettura, in pieno centro. Qui, ormai da giorni, vivono in tenda accampati sul sagrato decine di persone, circa 60 famiglie, sgomberate dall’immobile di via di Quintavalle, a Cinecittà, in mano ai Movimenti da 4 anni.
Gli occupanti, la maggior parte stranieri, sono stati invitati a sistemarsi sul sagrato separato dalla pubblica strada da un cancello che ne delimita, di fatto, il territorio del Vaticano. Nonostante le lamentele del parroco, del priore e l’insofferenza della Curia, pare non sia possibile sgomberare tende e materassi. La conferma e il rilancio alla linea morbida del Papa è arrivata ieri quando...
di Francesca Musacchio

Roma, chiese occupate con l'ok di Papa Francesco: il Vaticano si schiera contro il Pontefice
Le immagini dello sgombero degli immigrati dal cuore di Roma, di poche ore fa, sono sotto agli occhi di tutti. Violenze, bombole di gas e e scontri perché lor signori non volevano schiodarsi dall'accampamento di via Curatone, pieno centro della Capitale, a pochi passi da piazza dell'Indipendenza. Già, mentre la sinistra si schiera con gli immigrati e contro la polizia, la Questura di Roma ha deciso di usare il pugno di ferro contro le occupazioni di edifici e suoli, pubblici e privati che siano. Ed in questo contesto, dove per i senza fissa dimora si fa più dura, c'è un nuovo obiettivo: le Chiese. Occupare le Chiese.
Una scelta piuttosto ovvia, considerando la posizione "morbida" di Papa Francesco sulla questione. Si pensi al caso della chiesa di Santi Apostoli, recentemente occupata. Un caso che come ricorda Il Tempo ha palesemente imbarazzato la Curia e la Gendarmeria vaticana: da giorni, ormai, sul sagrato vivono decine di persone, accampate in tenda. Circa 60 famiglie sgomberate dall'immobile di via di Quintavalle, in mano ai Movimenti da quattro anni. E contro di loro, Francesco non ha detto una parola. Anzi, stando alle indiscrezioni, avrebbe vietato di mandare via gli accampati, creando rabbia e imbarazzo nella Gendarmeria vaticana ma anche tra le fila della polizia italiana: i nostri agenti, infatti, non possono fare nulla in un territorio, di fatto, straniero.
Insomma, immigrati e senza fissa dimora occupano le chiese con l'ok - silenzioso - del Papa. Tanto che anche venerdì, dopo gli scontri, l'obiettivo degli accampati era la basilica di Santa Maria degli Angeli, a piazza della Repubblica. Doveva essere occupata al termine di un breve corteo, ma la polizia è intervenuta per tempo, evitando una situazione di degrado simile a quella di Santi Apostoli. Difficile, però, prevenire futuri assalti. La netta sensazione è che se la linea morbida di Bergoglio dovesse continuare, nei prossimi giorni assisteremo a una sorta di arrembaggio alle chiese da parte di immigrati e senza tetto. Gli antagonisti, ora, sentono di avere un alleato in Vaticano.

Accogliere i migranti, l’ottava opera di misericordia?

di Giorgio Enrico Cavallo

Fa piacere che Bergoglio ci ricordi un giorno sì e l’altro pure che bisogna accogliere i migranti: se non ce lo ricordasse lui, probabilmente finiremmo per dimenticarlo, visto che il mondo politico ed i canali di informazione non ci ripetono mai che l’accoglienza è un dovere. Un sacrosanto dovere.
Ironia a parte, sappiamo che questo tema sta molto a cuore al santo padre ed a una larga fetta di gerarchia cattolica. Tuttavia, il messaggio della Chiesa, dopo quattro anni e mezzo di pontificato di Bergoglio, rischia di essere ormai monotematico, appiattito sugli imperativi della misericordia-per-tutti e dell’accoglienza-a-tutti. Ultimo esempio di questo appiattimento è il messaggio per il “giorno del migrante 2018” (qualcuno dovrà poi spiegarci perché la Chiesa abbia ormai accettato il neo-calendario laico progressista, ma sorvoliamo…). Un documento pubblicato con subdola malizia da chi si occupa della comunicazione vaticana: infatti, il messaggio di Francesco giunge con cinque mesi di anticipo rispetto al fantomatico “giorno del migrante”, che si svolgerà a gennaio. Chi scrive ha il vaghissimo sospetto (ma vaghissimo, eh) che il documento in questione sia stato pubblicato adesso perché, guardacaso, nel dibattito politico italiano è tornato in auge lo ius soli. Che coincidenza!
Apprendiamo da questo e da altri mille esempi analoghi che Bergoglio (e di riflesso, il suo entourage) seguono una linea prima di tutto politica, e poi pastorale. Anzi: verrebbe quasi da sospettare che la pastorale stessa si sia piegata alla linea politica di cui sopra, incentrata sulla ossessiva accoglienza ai migranti; migranti che non sono altro (e Bergoglio non può non saperlo) che parte di un ingranaggio più ampio, volto a trasformare irrimediabilmente l’assetto socio-culturale dei popoli europei.
Ma noi accettiamo che Bergoglio non lo sappia, ed accettiamo nondimeno il genuino richiamo all’accoglienza del migrante, che potremmo definire una contemporanea opera di misericordia. Va bene, l’accoglienza non è proprio scritta tra le opere di misericordia corporale, ma diciamo che è desumibile dalle prime quattro (nutrire gli affamati, dare da bere agli affamati, vestire gli ignudi e alloggiare i pellegrini).
Tuttavia, oltre alle opere di misericordia corporale, esistono anche sette opere di misericordia spirituale alle quali Bergoglio non fa quasi mai cenno. A furia di strombazzare ai quattro venti che dobbiamo accogliere, accogliere e accogliere i suddetti migranti, l’argentino dimentica che è dovere del buon cristiano anche consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste e pregare Dio per i vivi e per i morti. Vaghi accenni all’ultima (“ricordatevi di pregare per me”) li fa alla conclusione di ogni angelus, la domenica; di certo, in merito ai consigli ai dubbiosi, il vescovo di Roma si è dimostrato piuttosto carente: i dubia sono ancora lì, e ai cardinali “dubbiosi” (nonché al popolo cristiano) non è ancora stata data risposta in merito ai passaggi controversi del capitolo VIII dell’Amoris Laetitia. Idem per gli insegnamenti agli ignoranti: non si può certo dire che questo pontificato brilli per insegnamenti dottrinali; l’ammonizione dei peccatori è poi totalmente assente: Bergoglio preferisce non intervenire o intervenire minimamente su importanti tematiche quali il matrimonio gay o l’eutanasia, evitando moniti che invece potrebbero essere determinanti per la salvezza dei peccatori.
Verrebbe insomma da pensare che la pastorale di questo pontificato abbia come cardine le sole opere di misericordia corporale, vertendo anzi su un’ottava, nuova opera che sinteticamente potremmo definire “accogliere i migranti”. Una sintesi mirabile tra intento politico e pastorale. Certo, questa conclusione è troppo semplicistica e vagamente provocatoria; ma si tratta di una provocazione a fin di bene: forse, vista la grave crisi spirituale dell’Occidente, Bergoglio potrebbe anche voltare pagina ricordandosi che è papa della Chiesa Cattolica. Non di una onlus.
http://www.campariedemaistre.com/2017/08/accogliere-i-migranti-lottava-opera-di.html

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.