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Il documento su Emanuela Orlandi è un attacco a Papa
Francesco? Fatti, commenti e ipotesi
Cosa si cela dietro le carte fatte uscire lunedì da Emiliano Fittipaldi sulla vicenda di Emanuela Orlandi? C’è una regia per attaccare Papa Francesco e le riforme in Curia? O è solo un’operazione effimera che, ancora una volta, nessun elemento di chiarezza porterà in una storia dolorosa per la famiglia della ragazza scomparsa nel 1983? La stampa italiana riserva titoli e analisi. Decisamente meno interesse, almeno fino ad oggi, da parte di quella anglosassone. Un dato che non si può non rilevare: non solo perché la vicenda Orlandi è sempre stata raccontata negli anni come uno dei nodi più misteriosi intorno al Vaticano. La madre di tutti i gialli veri e presunti all’ombra di San Pietro, con interconnessioni con le finanze d’Oltretevere e la malavita. Nonostante il luogo del “sequestro” della giovane figlia di un dipendente della Santa Sede sarebbe stato a Londra, dove sarebbero finiti mezzo miliardo di lire della Chiesa per il suo mantenimento, oltre Manica e negli Usa questa ultima pretesa svolta è affrontata al limite dell’indifferenza.
“Guardandolo bene credo sia un bel falso con l’intento di creare scompiglio in questo pontificato”, spiega a LaPresseVito Bruschini, autore del libro La verità sul caso Orlandi che ha ispirato il film La verità sta in cielo. Alla domanda di Alessandro Banfo se il documento non sia il segno di un attacco diretto a Papa Francesco, il giornalista e scrittore risponde positivamente: “Ci sono delle forze di potere preoccupanti dentro al Vaticano, questa è una bella spallata a Bergoglio. Ho paura che ci siano nuovi corvi come ai tempi del primo Vatileaks”. Anche se Vatileaks 1 si basava su carte reali, trafugate dal Palazzo apostolico e passate alla stampa. E qui il livello è differente. Di trovarsi davanti a una “patacca” hanno scritto unanimemente tutti gli analisti di cose vaticane. Troppi elementi non tornano. E il caso più che sulla chiarezza storica, per molti apre un ragionamento sul sistema dell’informazione.
“PER IL LANCIO DI UN LIBRO”
L’incipit del comunicato della Segreteria di Stato diffuso ieri pomeriggio così inquadra la questione: “Per il lancio di un libro d’imminente uscita”. Dove il Vaticano chiaramente derubrica il clamore mediatico a un “falso e ridicolo” per una semplice operazione di marketing editoriale in vista dell’uscita de Gli Impostori del giornalista dell’Espresso Fittipaldi. E la cosa “rattrista” perché riacutizza “il dolore immenso della famiglia Orlandi, alla quale la Segreteria di Stato ribadisce la sua partecipe solidarietà”.
TORNIELLI: SI DOVEVA SPIEGARE PERCHÉ È STATO FABBRICATO IL DOCUMENTO
Il vaticanista della Stampa, Andrea Tornielli, martedì mattina sul suo blog personale ha analizzato le responsabilità dei media: “La vicenda segna un punto di svolta (o di non ritorno) per il giornalismo del nostro Paese”. Se il documento è autentico – argomenta stimmatizzando di fatto l’operato di Fittipaldi – andava pubblicato con tutte le pezze d’appoggio. Tornielli concede che si possa anche parlare e scrivere di un documento falso, ma solo “spiegando perché è falso, ed eventualmente pubblicandolo in un contesto nel quale si parla di depistaggi, ricatti, veleni, etc…”. Non limitandosi a darne conto. Incalza il coordinatore di Vatican Insider: “Non dovrebbe mai accadere che un giornalista pubblichi un documento dicendo: forse è vero, forse è falso. Fate voi cari lettori. Di certo c’è che sia che sia vero, sia che sia falso, il Vaticano ci deve delle spiegazioni. Ma che modo di ragionare è mai questo?”. Per Tornielli l’onere della prova, della verifica, del lavoro di scavo, non spetta al lettore o alla Santa Sede. Ma a chi decide di pubblicarlo. Magari spiegando “perché fosse conservato nell’archivio di monsignor Vallejo Balda, perché la sua esistenza sia stata preannunciata da chi si dedica ad avvelenare i pozzi, etc. etc.”. La smentita della Santa Sede, conclude, non fa chiarezza sul caso Orlandi: “Perché è vero che quel documento è stato fabbricato da qualcuno, e che questo qualcuno aveva uno scopo: depistare o ricattare, mandare segnali o magari ottenere qualcosa in cambio”. Ma allora “l’inchiesta giornalistica, partendo dal falso, ci avrebbe dovuto presentare questo contesto”.
ALLEN: APPETITO PER I MISTERI IRRISOLTI CHE NON CHIARISCE NULLA
Sulla stessa lunghezza d’onda l’analisi di John Allen, tra i vaticanisti americani più accreditati. E uno dei pochi oltre l’Italia ad avere ripreso la notizia. Riservando parole non lusinghiere ai media del nostro Paese “che sembrano avere un enorme appetito per i misteri irrisolti”. Non è la prima volta che un documento fasullo sulle vicende ecclesiali viene fatto scivolare da qualche manina alle redazioni dei giornali. Il direttore di Crux ricorda il caso Boffo, il direttore di Avvenire costretto anni fa alle dimissioni dopo la pubblicazione di un finto bollettino di polizia. La recente questione sollevata da Fittipaldi e dal Corriere della Sera pone domande sull’etica giornalistica, è l’affondo di Allen.
LA FAMIGLIA ORLANDI CHIEDE SI RIAPRANO LE INDAGINI
“Il nostro intento è che la Procura riapra il fascicolo e faccia accertamenti sull’autenticità del documento”. Così Laura Sgrò, legale degli Orlandi, che rileva “convergenze nel dossier e le informazioni giunte a Pietro Orlandi (il fratello di Emanuela, ndr) all’inizio dell’anno”. Sgrò rinnova l’invito ad un confronto al segretario di Stato, Pietro Parolin. Anche solo per fare chiarezza sul perché un dossier sulla scomparsa di Emanuela, questo o altri, composto di carte autentiche o falsamente costruite, giri intorno al Vaticano.
Chi si cela dietro il controverso
documento su Emanuela Orlandi?
La drammatica vicenda di Emanuela Orlandi, mai chiarita, sembra trasformarsi in un inquietante avvertimento. Dovremmo credere che ci sia un dubbio: forse è vero, ma forse non lo è, che in Vaticano si sono tenuti conti su di lei dall’inizio dell’83, prima cioè del suo sequestro, fino al 1997, quando il suo calvario, dunque, si sarebbe presumibilmente concluso. (La data potrebbe essere uno “messaggio”, uno “spiffero” che potrebbe tornare utile all’estensore far sapere che lui sa?) Comunque, una volta conclusa “l’azione Orlandi” le spese sostenute in quasi un ventennio sarebbero state rendicontate dai competenti uffici amministrativi al sostituto della Segreteria di Stato e per conoscenza al responsabile delle relazioni con gli Stati (dettaglio questo assai curioso: perché ci si indirizza a lui? Per quale “competenza”?) Comunque, come è noto, il documento non è protocollato, né firmato, ma indica 197 allegati, non presenti.
C’è, comprensibilmente, chi già arriva alla conclusione e dice che, dopo la pubblicazione su La Repubblica e Il Corriere della Sera di questo documento-“patacca” (come lo ha definito il vaticanista Andrea Tornielli) il giornalismo italiano è morto. Che stesse poco bene lo hanno sostenuto in tanti, già da molto tempo. Ma quel che colpisce di questa “patacca” è che in Vaticano se ne sarebbe parlato non da decenni, ma da qualche tempo: ha scritto Tornielli che il protagonista di Vatileaks, monsignor Vallejo Balda, avrebbe confidato a suoi interlocutori che tra i documenti rubati con scasso in Vaticano c’era anche un dossier su Emanuela Orlandi. E visto che lui si occupava di rivedere i conti in Vaticano…
Anche la signora Francesca Chaouqui (nella foto di Pizzi con Vallejo Balda), chiamata in Vaticano proprio da Balda e poi in occasione del processo divenuta sua fiera avversaria, ne riferisce. Come ricorda Emiliano Fittipaldi, autore dello scoop, la Chaouqui scrive nelle sue memorie che quel documento, rubato con scasso insieme ad altri, fu re-inviato, via posta, dai ladri. Lei stessa lo avrebbe visto in quella circostanza. Altrove si afferma che tale dossier non figurasse tra le carte trafugate. Dunque dopo tanti anni ad un “dossier Orlandi” avrebbero fatto esplicito riferimento, pubblicamente o riservatamente, i protagonisti di Vatileaks 2, lo scandalo che ha reso noto Fittipaldi.
Sebbene Fittipaldi dica che sia scritto con maestria a me appare costruito intenzionalmente in modo che chiunque possa dire “è falso”: sono sbagliati anche i titoli dei destinatari. Ma allora perché scriverlo? E perché custodirlo? Per far capire a chi deve capire? E cosa?
La vicenda sembra mostrarci dei protagonisti noti: Balda, Chaouqui, lo stesso Fittipaldi. Ma proprio la costanza dei “protagonisti” lascia intendere che i “veri” protagonisti sono altri. Gli stessi di ieri, gli stessi di sempre?
La cosa forse più grave è che chi non sembra figurare in questa vicenda è Emanuela Orlandi, la sua tragica vicenda. Qui lei appare “una pedina da usare”. Per colpire, per avvertire, non per accertare la verità. L’immagine di un Vaticano fermo ai tempi dei Borgia indubbiamente “stuzzica” appetiti e fantasie, ma le domande sono tante: come mai questo documento, risalente al secolo scorso, comparirebbe nei chiacchiericci vaticani nel 2014? Come mai filtra all’ombra di Vatileaks 2? Forse i fili che si intravedono dietro i protagonisti sono un groviglio, forse lo stesso che potrebbe esserci stato dietro Vatileaks 1? Questa dolorosa vicenda ci dice che dovremmo sapere cosa c’era scritto nella relazione della commissione cardinalizia istituita da Papa Benedetto per Vatileaks 1 per capire?
Le congiure possono avere diverse finalità: sostituire il principe, o magari rovinarlo. Ma, diceva Machiavelli, solo se falliscono si trasformano nella “ruina de li coniurati”. È quello che sta succedendo? Vatileaks comincia con Benedetto, prosegue con Francesco. Due papi che con le alchimie dei poteri hanno certamente poco a che vedere. Alchimie di potere, alchimie finanziarie. Quindi il groviglio Vatileaks potrebbe non essere soltanto vaticano. Le alchimie di potere e finanziarie non sono soltanto carrierismi, propri di ogni establishment, sono anche altro. Qui si possono immaginare manine e manone. E visto che il documento, che, volendo ironizzare su una vicenda sulla quale tutto ha senso fuorché l’ironia, si potrebbe definire “apocrifo”, è scritto in italiano, allora non è astruso supporre che possa esistere una pista italiana. La scelta di Papa Francesco di porre un anglosassone a capo del dicastero economico diviene più chiara.
Fittipaldi non sa se il documento che ha avuto sia vero o falso. Di certo non appare verosimile. E soprattutto è difficile capire perché e chi lo avrebbe confezionato. Io stento a credere che lo abbia confezionato, custodito e consegnato un uomo “solo” e alla ricerca della “verità”. Le congiure, come i complotti, spesso si ammantano di finalità moralizzatrici, nascondendo finalità immorali. Sono solo ipotesi, o considerazioni, che non possono non fare i conti con un fatto: dai tempi di Benedetto XVI il bianco appare preso di mira. E la tendenza con Francesco non è diminuita. Anzi… La feroce campagna che mira a delegittimare un papa che vuole mettere la Chiesa in rapporto con la storia non è tutto.
http://formiche.net/blog/2017/09/19/chi-si-cela-dietro-il-controverso-documento-su-emanuela-orlandi/
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