Siria, né guerra, né pace: da Aleppo il racconto dei Maristi Blu
Aleppo: 6oo mila persone ritornate alle loro case
Lettera dalla Siria di Nabil Antaki – Maristi Blu / Aleppo
A sei anni dal conflitto e 350 mila morti
Aleppo - Lettera di Nabil Antaki, Maristi Blu - Né Guerra né Pace. È così che posso definire la situazione attuale in Siria in questo settembre 2017, sei anni e mezzo dopo gli
eventi che hanno causato la morte di più di 350.000 persone,
distrutto gran parte del Paese,
sfollato un terzo della popolazione,
spinto all'esilio oltre 3 milioni di persone e
distrutto i sogni e il futuro dei giovani e di più generazioni di Siriani.
Gli accordi di de-escalation
Nel resto della Siria, non è "né guerra né pace". Sotto l'egida della Russia e della Turchia e dell'Iran, ad Astana dove si sono svolti negoziati per molti mesi, sono stati conclusi diversi accordi per l'evacuazione dei ribelli dalle enclaves da loro occupate in varie regioni e permesso il loro trasporto nella provincia di Idlib, bastione di Al Nosra. Inoltre,
diversi accordi di de-escalation
hanno consentito di fermare i combattimenti
e congelare la situazione in varie regioni: Damasco, Homs, Idlib…
I Siriani, pur felicitandosi per la cessazione dei combattimenti qua e là, prendono atto che il congelamento della situazione non durerà e porterà a un caos prolungato, alla divisione o alla suddivisione in aree di influenza, se il congelamento non è accompagnato da importanti progressi nei negoziati per raggiungere un accordo politico definitivo del conflitto. Quello che ci rende un po' ottimisti è che la maggior parte dei governi arabi, occidentali e turco, che fin dall'inizio hanno sostenuto, finanziato e addirittura armato i ribelli, per la maggior parte terroristi, finalmente hanno capito che il governo siriano non sarà rovesciato dalle armi come pensavano e desideravano, e che una soluzione politica può esistere solo confermando al potere il presidente, largamente sostenuto dalla popolazione, dall'esercito siriano e dall'alleato russo. Da qui (pare – Ndr) le mutate dichiarazioni di alcuni leaders del mondo occidentale indicanti la loro priorità a combattere Daech e il terrorismo (cosa sempre ripetuta dal governo siriano da 6 anni a questa parte) e non la caduta del regime.
Aleppo: 6oo mila persone ritornate alle loro case
Ad Aleppo, dalla fine del 2016 (data dell'evacuazione degli ultimi terroristi verso Idlib e della liberazione della città), la situazione a tutti i livelli è notevolmente migliorata. Come prima del luglio 2012, non esistono più una Aleppo Est e una Aleppo Ovest, ma una sola città: l'Aleppo multimillenaria. Alcune parti di Aleppo, quelle più occidentali, continuano purtroppo a ricevere proiettili di mortaio quotidianamente lanciati dai ribelli installati a 10 km dalla città sul lato di Idlib. Ma la stragrande maggioranza dei quartieri è sicura e gli Aleppini possono circolare e vivere senza la paura di un obice o del proiettile di un cecchino. Uno straniero che avesse seguito gli avvenimenti e il martirio di Aleppo, se venisse a trovarci adesso, sarebbe stupito dalla densità del traffico, dall'illuminazione degli incroci, dai bar affollati, dalle strade prima chiuse e ora riaperte al traffico, dai giardini pubblici pieni di bambini che giocano, dagli autobus per il trasporto scolastico in funzione, dai marciapiedi liberati delle migliaia di bancarelle che funzionavano come negozi e per la riapertura di molti negozi chiusi durante la guerra. L'acqua corrente ci viene nuovamente fornita almeno due giorni alla settimana e l'elettricità è fornita 12 o 15 ore al giorno. Tuttavia, il quadro non è poi così roseo. Questa situazione "né di guerra né di pace" non incoraggia le centinaia di migliaia di Aleppini, rifugiati o sfollati, a tornare. L'Organizzazione Internazionale per la Migrazione (IOM) ha affermato di recente che
600.000 persone, la maggior parte della provincia di Aleppo,
sono tornate nelle loro case.
Questo numero deve essere un po' sfumato perché la maggior parte di queste persone erano sfollati interni che si erano trasferiti in un'altra zona della città o in un'altra città siriana. Questa situazione non aiuta nemmeno la ricostruzione -perché ricostruire se non c'è pace?- nè la ripresa economica, perchè gli investitori restano in attesa. Il costo della vita e la disoccupazione sono ancora molto alti e perciò la povertà. La maggioranza delle famiglie degli Aleppini ha ancora bisogno di aiuto per sopravvivere.
Lavorare per la ricostruzione
Di fronte a questa situazione e a questi nuovi sviluppi, noi Maristi Blu vogliamo favorire la ricostruzione, concentrarci sullo sviluppo umano e lavorare per ricostruire il futuro dei Siriani e della Siria. Dall'inizio del conflitto, nei momenti peggiori della guerra di Aleppo, quando i programmi di soccorso assorbivano le nostre risorse umane e materiali, abbiamo mantenuto i nostri progetti educativi e ne abbiamo iniziato di nuovi. E ora, pur continuando i nostri progetti di soccorso, abbiamo deciso di rafforzare i nostri programmi di sviluppo umano. Crediamo fermamente che far crescere l'umano contribuisca ad implementare la pace e a preparare il futuro. Tuttavia, non intendiamo fermare i nostri programmi di soccorso, la gente ne ha ancora bisogno. In quest'ottica abbiamo iniziato un nuovo progetto che abbiamo chiamato JOB, Job per lavoro in inglese e Job (Giobbe) per il profeta famoso per la sua pazienza, qualità necessaria per il successo del nostro progetto. Esso implica l'individuazione di posti di lavoro per i nostri giovani, favorire la creazione di piccoli progetti e incoraggiare la formazione professionale; ciò per rendere le famiglie finanziariamente indipendenti dagli aiuti ricevuti ormai da più di 5 anni e che un giorno dovranno naturalmente finire, per incoraggiare i giovani a rimanere nel paese e, infine, per partecipare alla ricostruzione della Siria. Un team di volontari è responsabile del progetto. Redige gli elenchi delle offerte e delle richieste di impiego e fa in modo che offerta e richiesta s'incontrino. Aiuta i giovani a immaginare e a realizzare i propri progetti di lavoro e li supporta finanziariamente. Forma altri giovani ai mestieri, inviandoli a nostre spese a centri di apprendistato e infine crea dei workshop di produzione per creare posti di lavoro garantendo la redditività dell'impresa. In questa ottica inizieremo presto una bottega di riciclaggio di abiti usati che fornirà lavoro a una dozzina di donne.
La ripresa dei progetti dei Maristi Blu
Il nostro centro di istruzione per adulti, M.I.T., inaugurato alla fine del 2013, ha celebrato i suoi 4 anni di esistenza due settimane fa con un incontro a cui abbiamo invitato tutti i responsabili delle associazioni caritative e per lo sviluppo di Aleppo. In 4 anni abbiamo organizzato 77 workshop di 3 giorni ciascuno con 1404 persone guidate da 28 istruttori. Inoltre, abbiamo organizzato due sessioni di 100 ore per insegnare a 35 giovani adulti "come avviare il tuo progetto". Abbiamo sostenuto finanziariamente i 6 migliori progetti in termini di fattibilità e creazione di posti di lavoro. Continueremo queste lunghe sessioni sullo stesso tema per dare al maggior numero possibile di giovani la possibilità di imparare a creare la propria attività e, quando necessario, li finanzieremo… Tutti gli altri progetti educativi continuano. I due progetti per i bambini dai 3 ai 6 anni "Imparare a crescere" e "Voglio imparare" riprendono le loro attività con i bambini il 2 ottobre, dopo che le 24 insegnanti hanno trascorso tutta l'estate creando i nostri programmi educativi. La squadra di "Skill School" per gli adolescenti ha lavorato duramente per preparare il programma per l'anno. "Taglio e cucito" continua con le mogli, le madri e le figlie, "Lotta contro l'analfabetismo", "Speranza" e "Douroub" riprenderanno presto le loro attività. Stiamo provando con tutti questi programmi ad emancipare le persone, preparare il loro futuro e dare loro strumenti per avere un'attività professionale che permetterà loro di vivere. I nostri programmi di soccorso continuano.
Molte famiglie ancora senza risorse
Riteniamo, dopo una profonda riflessione e un dialogo all'interno del nostro team, che sia sempre necessaria l'assistenza alla popolazione e che il momento per ridurre il volume del nostro aiuto o per fermarlo non sia ancora arrivato. Soprattutto perché
molte delle nostre famiglie sono di nuovo senza risorse,
perchè il marito è stato richiamato a servire la patria come riservista.
Continuiamo a distribuire pacchi alimentari e sanitari ogni mese a circa 1000 famiglie. Aiutiamo le famiglie sfollate a pagare l'affitto delle loro case, distribuiamo l'acqua a chi ne ha bisogno. All'inizio dell'anno scolastico, abbiamo dato a tutti i bambini delle nostre famiglie buoni per l'acquisto di materiale scolastico. Il nostro programma "Goccia di latte" è al suo 29°mese di distribuzione del latte ai bambini di età inferiore ai 10 anni.
Adattamento costante alle nuove esigenze
Per quanto riguarda i nostri due programmi medici, siamo lieti di annunciare che il progetto "Civili Feriti di Guerra" è, grazie a Dio, rallentato per la diminuzione dei feriti dopo la liberazione di Aleppo. Viceversa, il nostro programma medico per aiutare i malati finanziariamente incapaci di prendersi cura di se stessi o di farsi operare si amplia moltissimo, visto il numero delle persone in grande difficoltà. In estate abbiamo organizzato nel nostro Centro un club estivo dove le famiglie e i loro figli sono venuti nei pomeriggi per rilassarsi, giocare e trascorrere momenti piacevoli sorseggiando un caffè o una bibita con i loro amici. Negli ultimi 6 anni abbiamo attraversato periodi diversi che abbiamo dovuto gestire con mezzi differenti. La situazione attuale di "Né guerra né pace" è una delle più difficili, perché le nostre risposte alla situazione non sono scontate. E' un momento che richiede a noi riflessione e adattamento costante alle nuove esigenze, e alle famiglie beneficiarie una rieducazione alla pace tanto desiderata. Vogliamo seminare la Speranza tra le persone e vederla espandersi nella fiducia, nella serenità e nell'amore. I Fratelli Maristi, nostri partner in seno ai Maristi Blu, il cui carisma e spiritualità condividiamo, in Colombia stanno tenendo attualmente il loro 22° Capitolo Generale, durante il quale i fratelli partecipanti definiranno gli orientamenti della congregazione per gli anni a venire ed eleggeranno la nuova dirigenza. La scelta di tenere il Capitolo in Colombia, al posto di tenerlo presso la casa generalizia di Roma dove si è sempre fatto, è significativa della volontà della congregazione di aprirsi verso "nuovi orizzonti" e di sottolineare la pace che si sta preparando in quel Paese, vittima di una guerra che dura da decenni. Anche noi, i Maristi Blu, sogniamo di andare verso nuovi orizzonti, verso un nuovo inizio di un tempo da costruire, da realizzare nella convivenza, la concordia, la cittadinanza responsabile e la Pace.
"Né guerra né pace"
era il titolo di questa lettera da Aleppo n. 31.
Che la n. 32 tra 3 mesi vi possa dire: Nessuna guerra ma una pace vera.
Nabil Antaki – Maristi Blu
partecipa al dibattito – infounicz.europa@gmail.com
Sabato, 30 settembre / 2017
- Lettera dalla Siria di Nabil Antaki – Maristi Blu -
Siria, né guerra, né pace: da Aleppo il racconto
dei Maristi Blu
“Fuori dalla Siria se vuole sopravvivere”. Il ministro israeliano che minaccia di morte Putin
“Se Putin vuole sopravvivere deve mantenere le sue forze armate fuori dalla Siria”, questo ha dichiarato pochi giorni fa Ayelet Shaked, il ministro della Giustizia di Israele, considerato “un falco” fra gli esponenti governativi.
Questo tipo di dichiarazioni si aggiungono a quelle fatte dal premier Netanyahu, il quale ha iniziato una pellegrinaggio fatto di viaggi frenetici tra Mosca e Washington che mettono in evidenza come Israele sia lo Stato che ha subito le sconfitte più dure per causa degli sviluppi del conflitto in Siria. Gli jihadisti sbaragliati dalle forze russe e siriane sono anche loro “creature” di Israele.
Oltre alle conversazioni diplomatiche, Israele si è vista costretta a passare all’azione diretta in Siria, senza intermediari, allo stesso modo che gli Stati Uniti. Nel 2015 Bashar al-Assad aveva definito il ruolo di Israele nella Guerra in Siria come “la forza aerea” della rete terroristica di Al-Qaeda. DI recente i droni israeliani hanno bombardato le posizioni vicine all’aeroporto di Damasco.
Questo tipo di dichiarazioni si aggiungono a quelle fatte dal premier Netanyahu, il quale ha iniziato una pellegrinaggio fatto di viaggi frenetici tra Mosca e Washington che mettono in evidenza come Israele sia lo Stato che ha subito le sconfitte più dure per causa degli sviluppi del conflitto in Siria. Gli jihadisti sbaragliati dalle forze russe e siriane sono anche loro “creature” di Israele.
Oltre alle conversazioni diplomatiche, Israele si è vista costretta a passare all’azione diretta in Siria, senza intermediari, allo stesso modo che gli Stati Uniti. Nel 2015 Bashar al-Assad aveva definito il ruolo di Israele nella Guerra in Siria come “la forza aerea” della rete terroristica di Al-Qaeda. DI recente i droni israeliani hanno bombardato le posizioni vicine all’aeroporto di Damasco.
Tuttavia l’intervento di Israele nella guerra in Siria è andato molto più in là di quanto appaia. Nel corso della battaglia per la liberazione di Aleppo dai gruppi terroristi, nell’inverno dello scorso anno, una quindicina di agenti sionisti sono morti per l’esplosione di un missile da crociera russo del tipo “Kalibr” lanciato da unità navali russe situate nel Mediterraneo. Questi agenti israeliani si trovavano in un bunker nella città, assieme ad altri elementi occidentali della NATO e coordinavano la difesa delle postazioni terroriste della zona esta di Aleppo, assediata dalle forze siriane. Naturalmente nessuna notizia è stata pubblicata dai media occidentali e tutto è rimasto riservato.
La falsificazione dei media atlantisti ha cercato sempre di giustificare le incursioni aeree israeliane sulla Siria come se fossero dirette non contro le forze siriane ma a colpire i depositi di Hezbollah, cosa del tutto falsa.
La falsificazione dei media atlantisti ha cercato sempre di giustificare le incursioni aeree israeliane sulla Siria come se fossero dirette non contro le forze siriane ma a colpire i depositi di Hezbollah, cosa del tutto falsa.
Accade quindi che una falsità viene coperta da un’altra, come accaduto all’inizio di questo mese quando un attacco aereo dell’aviazione israeliana contro l’Esercito regolare ad Hama si è giustificato affermando che aveva per obiettivo uno stabilimento di armi chimiche , uno degli abituali pretesti della propaganda di guerra svolta dai media atlantisti.
Tanto questi attacchi, come le dichiarazioni del tipo di quella fatta dalla ministra della Giustizia, potrebbero compromettere il buon clima esistente tra Israele e la Russia, che uno dei pochi pilastri che mantiene lo Stato sionista nel Medio Oriente.
Si deve considerare che circa un 15% della popolazione di Israele è di origini russe (1,25 milioni), un gruppo di pressione molto importante che risulta uno dei fondamenti delle buone relazioni tra entrambi i paesi.
La ministra Shaked è la stessa che poco tempo prima aveva proposto lo sterminio della popolazione palestinese, inclusi i bambini, oltre alla demolizione della loro case, come soluzione al problema dei territori occupati in modo da non dover più allevare dei potenziali terorristi.
Michael Lobovikow, presidente del Likud Russioa e membro del movimento degli ebrei sovietici, lo ha messo ben in chiaro affermando: “Israele soffre di grandi perdite per causa delle attività del BDS (Boicotta Israele) e questo ci obbliga a mantenere relazioni con una potenza mondiale che gode di molta influenza nel mondo intero come la Russia”.
La ministra Shaked è la stessa che poco tempo prima aveva proposto lo sterminio della popolazione palestinese, inclusi i bambini, oltre alla demolizione della loro case, come soluzione al problema dei territori occupati in modo da non dover più allevare dei potenziali terorristi.
Michael Lobovikow, presidente del Likud Russioa e membro del movimento degli ebrei sovietici, lo ha messo ben in chiaro affermando: “Israele soffre di grandi perdite per causa delle attività del BDS (Boicotta Israele) e questo ci obbliga a mantenere relazioni con una potenza mondiale che gode di molta influenza nel mondo intero come la Russia”.
Si può dire che – per lo meno in parte – Israele è nata a suo tempo grazie all’appoggio della URSS di Stalin e che – se tutto procede come adesso – in futuro potrà sopravvivere soltanto con l’appoggio della Russia. Le dichiarazioni della ministra mordono quindi la mano che assicura la sopravvivenza. Inoltre dimostrano come il Governo di Tel Aviv sia molto lontano da mantenere una politica accorta verso la Russia.
http://www.lantidiplomatico.it
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28SET 17
Aleppo e Raqqa: la doppia verità dei media
IL PUNTO DI NON RITORNO
Era più o meno un anno fa quando l’esercito siriano e l’aviazione russa lanciarono l’assalto definitivo per la liberazione di Aleppo da tre anni sottomessa al terrore jihadista dell’Isis.
La battaglia fu devastante, quartiere per quartiere, casa per casa. Il costo umano spaventoso e il prezzo di sangue che la popolazione dovette pagare, altissimo; come sempre accade quando la storia si muove lungo il crinale delle “guerre per la libertà”.La battaglia di Aleppo ha segnato le sorti di quella che l’Occidente chiama guerra “civile” siriana, ma che i siriani chiamano guerra di aggressione; ed è stato grazie a questa vittoria che le bande di tagliagole tafkire e i mercenari jihadisti (travestiti da ribelli) hanno iniziato quella ritirata che sta liberando la Siria dall’incubo del Califfato.
Era più o meno un anno fa quando l’esercito siriano e l’aviazione russa lanciarono l’assalto definitivo per la liberazione di Aleppo da tre anni sottomessa al terrore jihadista dell’Isis.
La battaglia fu devastante, quartiere per quartiere, casa per casa. Il costo umano spaventoso e il prezzo di sangue che la popolazione dovette pagare, altissimo; come sempre accade quando la storia si muove lungo il crinale delle “guerre per la libertà”.La battaglia di Aleppo ha segnato le sorti di quella che l’Occidente chiama guerra “civile” siriana, ma che i siriani chiamano guerra di aggressione; ed è stato grazie a questa vittoria che le bande di tagliagole tafkire e i mercenari jihadisti (travestiti da ribelli) hanno iniziato quella ritirata che sta liberando la Siria dall’incubo del Califfato.
Eppure in quei giorni l’Occidente era preoccupato solo di una cosa: denunciare i bombardamenti russi con l’aggiunta di descrizioni di crudeltà commesse dall’esercito siriano.
Intellettuali, giornalisti e politici facevano a gara per dimostrare che Aleppo era la fine della civiltà per colpa di Assad e Putin.
Le canaglie islamiste che da tre anni tenevano sotto il giogo gli abitanti di una delle più libere città del Medio Oriente, sembravano le vittime.
Intellettuali, giornalisti e politici facevano a gara per dimostrare che Aleppo era la fine della civiltà per colpa di Assad e Putin.
Le canaglie islamiste che da tre anni tenevano sotto il giogo gli abitanti di una delle più libere città del Medio Oriente, sembravano le vittime.
BUGIE SU BUGIE SU BUGIE
Bernard Henry-Levy, il menestrello delle bombe umanitarie che da 30 anni benedice le guerre dell’Occidente, i massacri e le violazioni del Diritto sotto forma di civiltà democratica, regalava aulici articoli in cui, parlando dell’assedio di Aleppo, definiva Putin “piccolo zar volgare capo di uno Stato canaglia” e Assad “l’anima più abietta, nera e vigliacca tra quelle dei peggiori criminali della nostra epoca”.
Proprio lui, il consigliere di Sarkozy che inventò la balla dei Ribelli libici per legittimare l’aggressione Nato distruggendo una nazione chiave negli equilibri nordafricani e consentire il suo saccheggio economico e morale; lui che ha benedetto l’assalto alla Siria e prima quello alla Serbia (grazie al quale oggi i Balcani sono la centrale jihadista d’Europa).
Bernard Henry-Levy, il menestrello delle bombe umanitarie che da 30 anni benedice le guerre dell’Occidente, i massacri e le violazioni del Diritto sotto forma di civiltà democratica, regalava aulici articoli in cui, parlando dell’assedio di Aleppo, definiva Putin “piccolo zar volgare capo di uno Stato canaglia” e Assad “l’anima più abietta, nera e vigliacca tra quelle dei peggiori criminali della nostra epoca”.
Proprio lui, il consigliere di Sarkozy che inventò la balla dei Ribelli libici per legittimare l’aggressione Nato distruggendo una nazione chiave negli equilibri nordafricani e consentire il suo saccheggio economico e morale; lui che ha benedetto l’assalto alla Siria e prima quello alla Serbia (grazie al quale oggi i Balcani sono la centrale jihadista d’Europa).
Le tv americane non risparmiavano incredibili servizi in cui affermavano che 100 mila persone erano intrappolate nella “enclave ribelle” (così erano definiti i miliziani di Al Qaeda e Al Nusra) e che le truppe siriane facevano esecuzioni di massa; dimenticando che l’area sotto assedio era di 3 km quadrati, e che i soldati siriani sacrificavano la loro vita per liberare e soccorrere la popolazione aprendo corridoi umanitari mentre sui siti jihadisti si propagandavano video orribili e foto delle torture e decapitazioni di soldati siriani catturati dai “Ribelli”.
Obama minacciava nuove sanzioni contro la Russia se Putin non avesse fermato l’offensiva di Aleppo. In Germania e Gran Bretagna si promuovevano appelli per denunciare i russi di crimini di guerra.
I giornali italiani si distinguevano in Europa per una faziosità al limite dello sciacallaggio. Su tutti il Corriere della Sera dove si potevano leggere articoli sul “genocidio dei bambini di Aleppo” con l’immancabile foto dei Caschi Bianchi che Hollywood si stava preparando a consacrare come i nuovi eroi, o resoconti la cui disonestà intellettuale raggiungeva vette straordinarie: come questo della immancabile Rula Jebreal (versione femminile di Bernard Henry Levy) che paragonava Aleppo al Ruanda affermando che la strategia di Assad era “rilasciare gli jihadisti e perseguitare gli attivisti per la democrazia, torturarli e massacrarli”.
I giornali italiani si distinguevano in Europa per una faziosità al limite dello sciacallaggio. Su tutti il Corriere della Sera dove si potevano leggere articoli sul “genocidio dei bambini di Aleppo” con l’immancabile foto dei Caschi Bianchi che Hollywood si stava preparando a consacrare come i nuovi eroi, o resoconti la cui disonestà intellettuale raggiungeva vette straordinarie: come questo della immancabile Rula Jebreal (versione femminile di Bernard Henry Levy) che paragonava Aleppo al Ruanda affermando che la strategia di Assad era “rilasciare gli jihadisti e perseguitare gli attivisti per la democrazia, torturarli e massacrarli”.
Bugie su bugie su bugie
L’Occidente su Aleppo costruì le sue migliori fake news per dimostrare all’opinione pubblica internazionale che i cattivi erano russi e siriani; o al massimo che tra loro e l’Isis non c’era differenza.
Una delle più famose fu la storia del piccolo Omran, trasformata in simbolo della spietatezza russa. Una costruzione emotiva straordinariamente filtrata da quella foto divenuta simbolo del dolore e di quella innocenza violata che ogni maledetta guerra porta con sé.
La vera storia della foto e del piccolo Omran l’abbiamo raccontata qui, nel silenzio dei media occidentali in una delle più vergognose manipolazioni tra le tante messe in atto dal mainstream occidentale.
Una delle più famose fu la storia del piccolo Omran, trasformata in simbolo della spietatezza russa. Una costruzione emotiva straordinariamente filtrata da quella foto divenuta simbolo del dolore e di quella innocenza violata che ogni maledetta guerra porta con sé.
La vera storia della foto e del piccolo Omran l’abbiamo raccontata qui, nel silenzio dei media occidentali in una delle più vergognose manipolazioni tra le tante messe in atto dal mainstream occidentale.
Oggi Aleppo è libera, grazie a quel sacrificio di sangue, di dolore; e i suoi abitanti rimettono in piedi le rovine fisiche e spirituali di una guerra criminale che i siriani non hanno voluto; come in questa foto dove giovani cristiani e musulmani si apprestano ad assistere ad un concerto musicale nella cittadella; immagini di un ritorno alla vita e alla speranza che nessun media occidentale farà vedere.
SILENZIO SU RAQQA
Ora, in questi giorni, a Raqqa, capitale del Califfato Islamico, si sta consumando una battaglia del tutto simile a quella di Aleppo. Solo che qui, a bombardare le postazione jihadiste sono gli americani e a terra, l’avanzata è condotta da curdi e reparti speciali Usa. Anche qui è una battaglia casa per casa; anche qui i morti civili sono un numero esorbitante (lo racconta in questo bel reportage Marco Gombacci su Gli Occhi della Guerra).
Nelle ultime settimane le Nazioni Unite hanno contato 150 morti civili di 6 bombardamenti Usa.
Qualche giorno fa, Airwars ha stimato che, nel mese di Agosto, l’offensiva americana ha causato almeno 430 morti civili in 72 bombardamenti della Coalizione.
Numeri “inaccettabili” secondo le Nazioni Unite che affermano che le forze d’attacco potrebbero “non rispettare i principi internazionali di prevenzione, distinzione e proporzionalità del diritto umanitario internazionale”.
Eppure di tutto questo non trovate traccia sul mainstream occidentale; nessun afflato emozionale, nessuna accusa di genocidio, barbarie, nessun Ruanda all’orizzonte.
Ora, in questi giorni, a Raqqa, capitale del Califfato Islamico, si sta consumando una battaglia del tutto simile a quella di Aleppo. Solo che qui, a bombardare le postazione jihadiste sono gli americani e a terra, l’avanzata è condotta da curdi e reparti speciali Usa. Anche qui è una battaglia casa per casa; anche qui i morti civili sono un numero esorbitante (lo racconta in questo bel reportage Marco Gombacci su Gli Occhi della Guerra).
Nelle ultime settimane le Nazioni Unite hanno contato 150 morti civili di 6 bombardamenti Usa.
Qualche giorno fa, Airwars ha stimato che, nel mese di Agosto, l’offensiva americana ha causato almeno 430 morti civili in 72 bombardamenti della Coalizione.
Numeri “inaccettabili” secondo le Nazioni Unite che affermano che le forze d’attacco potrebbero “non rispettare i principi internazionali di prevenzione, distinzione e proporzionalità del diritto umanitario internazionale”.
Eppure di tutto questo non trovate traccia sul mainstream occidentale; nessun afflato emozionale, nessuna accusa di genocidio, barbarie, nessun Ruanda all’orizzonte.
Sia chiaro, non saremo certo noi ad accusare l’America di crimini perché siamo convinti che i vertici militari Usa e quelli politici stiano facendo di tutto per limitare le vittime civili, soccorrere la popolazione e alleviare le sofferenze dei civili, inevitabili quando hai a che fare con un nemico che non rispetta le regole umanitarie, né quelle di guerra, né quelle dell’onore; che si fa scudo dei civili e utilizza il terrore delle esecuzioni per piegare le resistenze di una popolazione ostile.
Ma questa verità che vale per Raqqa dove i bombardamenti sono americani (o a Mosul in Iraq dove la battaglia di liberazione della coalizione Usa ha prodotto 7.000 morti civili stimati da Amnesty) non valeva per Aleppo dove i bombardamenti erano russi: perché?
Ma questa verità che vale per Raqqa dove i bombardamenti sono americani (o a Mosul in Iraq dove la battaglia di liberazione della coalizione Usa ha prodotto 7.000 morti civili stimati da Amnesty) non valeva per Aleppo dove i bombardamenti erano russi: perché?
LA LIBERTÀ È VERITÀ
In una guerra ci sono crimini fisici e crimini morali: manipolare la verità da parte dei media, appartiene ai secondi. Se un aereo russo uccide un civile è un crimine di guerra, un orrore della disumanità; se un aereo americano o occidentale uccide 10 civili è un danno collaterale, un incidente di percorso nella lotta per la libertà.
In una guerra ci sono crimini fisici e crimini morali: manipolare la verità da parte dei media, appartiene ai secondi. Se un aereo russo uccide un civile è un crimine di guerra, un orrore della disumanità; se un aereo americano o occidentale uccide 10 civili è un danno collaterale, un incidente di percorso nella lotta per la libertà.
Ma la libertà è strettamente connessa alla verità. E questo è ciò che ha rappresentato il tratto distintivo dell’Occidente, la sua carta d’identità da mostrare alla dogana della storia.
I media occidentali, da almeno due decenni, sembrano aver perso il senso di questa relazione: il naturale legame tra una verità da raccontare e la libertà da difendere. Questa perdita è il vero pericolo per la democrazia.
I media occidentali, da almeno due decenni, sembrano aver perso il senso di questa relazione: il naturale legame tra una verità da raccontare e la libertà da difendere. Questa perdita è il vero pericolo per la democrazia.
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