Paglia, travisare GPII per sostenere la rivoluzione
Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia
per la Vita e Gran Cancelliere del Pontificio istituto teologico San Giovanni
Paolo II per le Scienze sul matrimonio e sulla famiglia, e mons. Pierangelo
Sequeri, Preside del suddetto istituto, hanno rilasciato una lunga intervista
al sito statunitense Crux (clicca qui) sul futuro di questo istituto. Molti i
punti indagati, ma qui vogliamo mettere sotto la lente di ingrandimento solo
alcuni di essi.
Mons. Paglia dichiara: «La vera rivoluzione è avvenuta sotto
Giovanni Paolo II, non sotto Francesco, che non è ancora stato compreso.
Bisogna ricordare che prima della Familiaris Consortio (FC), accadeva che i
divorziati risposati non solo non riuscivano a fare la Comunione, ma erano
stati praticamente scomunicati ed espulsi. Erano outsider. Dopo Giovanni Paolo,
tutti erano dentro la casa … Non posso spedirli ora in terrazza!».
Alcune note. I divorziati risposati prima della
pubblicazione della FC non venivano di certo scomunicati. In secondo luogo,
parrebbe che Giovanni Paolo II avesse offerto consapevolmente la sponda
all’accesso dei divorziati risposati alla Santa Comunione. Ma non è così,
infatti nella FC leggiamo: «La Chiesa […] ribadisce la sua prassi, fondata
sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati
risposati» (84). Se usiamo le categorie concettuali domestiche indicate da
mons. Paglia, la FC relega queste persone in terrazza, se non in cantina.
Altra questione: i tempi sono cambiati. Mons. Sequeri
afferma: «È che oggi, la questione del padre, della donna, la questione della
procreazione non sono più semplici capitoli della teologia morale dotati di un
set di regole comportamentali. Sono diventate questioni globali decisive per l’intima
struttura della società». Mons Sequeri non si riferisce esplicitamente alla FC,
però è lecito domandarsi: la FC è datata, è superata? Oppure in essa possiamo
trovare un’analisi dei tempi moderni valida tutt’ora e rinvenire in essa gli
strumenti adatti per sconfiggere i mali presenti? Nel capitolo «La situazione della famiglia
nel mondo di oggi» della FC possiamo leggere: «Non mancano segni di
preoccupante degradazione di alcuni valori fondamentali: una errata concezione
teorica e pratica dell'indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità
circa il rapporto di autorità fra genitori e figli; le difficoltà concrete, che
la famiglia spesso sperimenta nella trasmissione dei valori; il numero
crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto; il ricorso sempre più frequente
alla sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e propria mentalità
contraccettiva» (6). All’elenco aggiungiamo anche le unioni di fatto (81), gli
sposati solo civilmente (82) e
ovviamente i divorziati risposati (84).
Paiono proprio le patologie che anche oggi intaccano la salute della famiglia.
Vero, manca il riferimento alle unioni civili omosessuali, ma le cause che
hanno portato ai danni sopra accennati possono benissimo essere riferite anche
alla teoria del gender et similia.
Mons. Sequeri poneva l’accento non solo sulla novità di
certi fenomeni, ma anche sulle terapie da mettere in campo per farvi fronte.
Nell’immaginario collettivo pare che l’accoglienza, il discernimento e la
misericordia siano parole d’ordine di nuovo conio. Non è così. Prendiamo sempre
in mano FC. Innanzitutto in essa c’è addirittura un capitolo dedicato al
“Discernimento evangelico”. Il discernimento invocato da Giovanni Paolo II non
era la bacchetta magica che trasformava, in certe situazioni da discernere, un
male morale in bene: l’adulterio rimane semper et ad semper (sempre e in ogni
circostanza) una condotta intrinsecamente malvagia. Il discernimento riguardava
– e deve riguardare anche oggi – la responsabilità soggettiva laddove c’è un
divorzio. «Sappiano i pastori – scrive Giovanni Paolo II - che, per amore della
verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C'è infatti differenza
tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono
stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno
distrutto un matrimonio canonicamente valido» (84). I primi, tra l’altro,
possono accedere alle Sacre specie se vivono in grazia di Dio. Tanto per
ribadire che la FC è attualissima, il capitolo dedicato al discernimento è
tutto focalizzato sulla possibile deriva fenomenologica, in campo ecclesiale,
già in atto ai tempi di Giovanni Paolo II e che oggi marcia alla massima
velocità: discernimento, dice in sintesi FC, non è sinonimo di accettazione
della prassi dominante. In quel capitoletto – ci si perdoni la voluta iperbole
- pare quasi che il Santo Giovanni Paolo II fosse meno preoccupato dai divorzi
familiari che dal divorzio di alcuni uomini di Chiesa dalla verità.
E in merito ad accoglienza e misericordia? Leggiamo sempre
FC: «Esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché
aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino
separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati,
partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a
frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare
incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore
della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito
e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di
Dio» (84). Per poi tacere dei capitoli intitolati “Gradualità e conversione” e
“Inculturazione” che esprimono bene l’ansia pedagogica di Giovanni Paolo II,
ben consapevole che la virtù è status che si acquisisce gradualmente e che la
vetta della santità si raggiunge per tappe.
In breve la FC aveva ben individuato i nemici della
famiglia, quegli stessi che ancor oggi insidiano nelle fondamenta l’istituto
matrimoniale, ed aveva offerto soluzioni che, germinando dalle imperiture
verità morali, si aprivano alla carità più profonda verso le persone in
difficoltà. Di certo Giovanni Paolo II non usava la dottrina come un randello
per gli impenitenti. Dunque niente set di rigide regole morali in cui
costringere i fedeli.
Un’ultima riflessione che nasce non tanto dalla lettura
dell’intervista ma piuttosto da alcune sensazioni quasi epidermiche vista
l’aria che tira. Non vorremmo – ma già ci autoaccusiamo alla Cappato di pensare
male - che il matrimonio sacramentale
finisse in soffitta perché ideale improponibile per i contemporanei
completamente scristianizzati. Giovanni Paolo II non propose un matrimonio di
livello base – ad esempio solo naturale o peggio civile ma ben fatto - per i battezzati che hanno il certificato di
residenza cattolica in periferia e un matrimonio high level - quello sacramentale - per i cattolicissimi, bensì indicò a tutti il medesimo matrimonio
sacramentale perché l’unico voluto da Dio: «La Chiesa, infatti, istituita per
condurre a salvezza tutti gli uomini e soprattutto i battezzati, non può
abbandonare a se stessi coloro che - già congiunti col vincolo matrimoniale
sacramentale - hanno cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza
stancarsi, di mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza» (84).
Inutile a dirsi che anche per i non battezzati il matrimonio sacramentale,
previo battesimo, è il dono migliore che possiamo fare loro.
Quella prefazione della Fedeli al nuovo libro di papa Francesco
Valeria Fedeli votò convintamente a favore delle nozze gay. Ma ora fa la prefazione al libro del papa. Sconcerto tra i tradizionalisti della Chiesa
Valeria Fedeli votò convintamente a favore delle nozze gay. Ma ora fa la prefazione al libro del papa. Sconcerto tra i tradizionalisti della Chiesa
Sta facendo discutere e non poco il nuovo libro di Jorge Maria Bergoglio, pamphlet che non parla di dogmi o ambiente, ma di giovani.
In molti tra i cattolici hanno infatti storto il naso alla notizia che a scrivere la prefazione al libro del Pontefice possa essere una ministra vicina a Monica Cirinnà, firmataria della legge sulle unioni gay, e che si commosse dopo aver letto la sua dichiarazione in Aula sulle nozze omosessuali.
Non solo. I cattolici, sopratutto quelli poco amanti delle svolte di Bergoglio, considerano la Fedeli una ministra "gender". La pagina Facebook di "Manif pour tous - generazione famiglia" quando la ministra venne nominata lanciò "l'allarme rosso": "La nomina della Senatrice Pd Valeria Fedeli al Ministero dell'Istruzione è, per le famiglie dei Family Day, quanto di peggio si potesse anche solo lontanamente immaginare - scrivevano le associazioni schierate in difesa della famiglia naturale - Anche se questo dovrebbe essere solo un "Governo di transizione", è proprio in questi contesti di scarsa se non nulla legittimazione democratica del potere politico che vengono commessi i soprusi peggiori."
Inolte qualche dubbio, come fa notare La Verità, sorge pure in merito alla casa editrice che edita il libretto. Si tratta della Marcianum press nata su iniziativa del cardinale Angelo Scola a Venezia. Oggi quella casa editrice è "nelle mani" del vescovo Francesco Moraglia, portato nella città dei canali da Benedetto XVI e da sempre vicino alle posizioni tradizionaliste del cardinale Carlo Caffarra, del predecessoreGiacomo Biffi e - appunto - di Joseph Ratzinger. E come mai un vescovo "tradizionalista" dovrebbe pubblicare la prefazione di un "ministro del gender" (come dicono alcuni)? "Secondo i resoconti di molti - scrive La Verità - il patriarca si starebbe smarcando dal suo passato" per ottenere la porpora da cardinale che fino ad ora non ha mai ricevuto, nonostante Venezia sia sede cardinalizia "Fa di tutto per far dimenticare a chi debba la sua nomina, per presentarsi come un accanito bergogliano - continua il quotidiano di Belpietro - A costo di scatenare, in chi lo conosce, una domanda: possibile che faccia tutto ciò per ricevere la porpora? La notazione non è peregrina, anche perché al libretto citato, uscito nelle librerie il 28 settembre, si possono aggiungere i numerosi interventi di Moraglia pro immigrazione (tutti databili dall’epoca di Bergoglio)".
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