Poveri, pane e Parola: il Papa "riabilita" Lercaro
Il viaggio emiliano romagnolo di papa Francesco si è
concluso ieri con la messa allo stadio Dall’Ara di Bologna, dove il vescovo
della città, monsignor Matteo Zuppi nel suo indirizzo di saluto ha citato
indirettamente le parole del cardinale Giacomo Lercaro. «Abbiamo condiviso il
pane del cielo, impariamo tanto a condividere il pane della terra».
Pane, parole e poveri, sono le tre “P” che papa Francesco ha
richiamato nell’omelia, tre parole molto care proprio al cardinale Lercaro,
indiscusso protagonista di una stagione ecclesiale carica di profezia e
controversie. L’arcivescovo di Bologna Giacomo Lercaro (1891 – 1976) fu uno dei
tre punti di riferimento di papa Paolo VI al concilio ecumenico Vaticano II,
insieme al cardinale tedesco Dofpner e al Primate del Belgio Suenens; fu promotore del rinnovamento liturgico e di
una “chiesa dei poveri”. Celebre il suo discorso al Concilio del 6 dicembre
1963, in cui affermò chiaramente una sorta di “opzione preferenziale per i poveri”,
per Lercaro quello della povertà doveva essere «l’unico tema di tutto il
Vaticano II».
IL PRANZO IN SAN PETRONIO
Un segno di questa opzione fondamentale dei poveri, peraltro
un tema chiave del pontificato di Francesco, è stato il colossale pranzo
allestito all’interno della basilica di San Petronio che qualcuno in città
aveva anche discusso per l’opportunità di farlo proprio in chiesa. Comunque il
Papa ha pranzato con poveri, detenuti e migranti, un bel menù bolognese con
lasagne al ragù, cotoletta insaporita con crema di parmigiano reggiano, patate,
torta di riso e frutta. «La Chiesa vi vuole al centro. Non prepara un posto
qualsiasi o diverso: al centro e assieme», ha detto il Papa riecheggiando
ancora una volta il famoso discorso di Lercaro. Perché, ha specificato, «la
Chiesa è di tutti, particolarmente dei poveri».
IUS PACIS
Un'altra esplicita citazione di Lercaro è venuta inaspettata
in piazza San Domenico, quando il Papa ha incontrato gli universitari. Dopo
essere entrato nella basilica che contiene le spoglie mortali del santo fondatore
dell’ordine domenicano, Francesco ha ricordato al mondo accademico della più
antica università europea tre diritti, tra cui quello alla pace. Qui è arrivata
la citazione di una famosa omelia di Lercaro, quella dell’1 gennaio 1968,
un’omelia in cui l’allora arcivescovo della città prese posizione in modo netto
contro la guerra in Vietnam. E secondo diverse ricostruzioni fu la goccia che
fece traboccare il vaso, al punto da indurre Paolo VI ad allontanare il
cardinale dalla cattedra di San Petronio. Non è chiaro come andarono le cose,
di certo Lercaro poche settimane dopo quell’omelia presentò le sue dimissioni
che furono prontamente accolte da Montini.
«Il Cardinale Lercaro», ha detto Francesco, «qui disse: “La
Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso
venga: la sua vita non è la neutralità, ma la profezia”. Non neutrali, ma
schierati per la pace!». Un vero e proprio diritto alla pace quindi quello
invocato dal Papa, che dopo lo ius soli, tante volte richiesto al Governo italiano
per l’integrazione dei migranti, ecco «lo ius pacis, come diritto di tutti a
comporre i conflitti senza violenza. Per questo ripetiamo: mai più la guerra,
mai più contro gli altri, mai più senza gli altri!». Queste affermazioni del
Papa sono in linea con il Messaggio per la Giornata della pace 2017, in cui
Francesco ha parlato chiaramente di “non violenza” come scelta di non ritorno
per i cristiani, una linea che sembra segnare il desiderio di chiudere la porta
a qualsivoglia teologia della “guerra giusta” (ancora presente nel Catechismo
della Chiesa Cattolica).
Il discorso al popolo dell’Alma mater studiorum si è
concluso con il richiamo alla necessità di «un nuovo umanesimo», cui «servono
memoria, coraggio, sana e umana utopia».
ROMANO PRODI
L’ex premier, Romano Prodi, in un’intervista concessa a
Tv2000, trasmessa ieri durante la diretta del viaggio del Papa a Bologna, ha
detto che la città un tempo «era parte dello Stato Pontificio, era una parte
lontana e tuttora la parola ‘sbolognare’, mandare via, deriva dal fatto che
nello Stato Pontificio quando si voleva punire un funzionario lo si mandava a
Bologna. E invece oggi è cambiato tutto il Papa ci ha mandato un arcivescovo
meraviglioso». Perché, ha specificato Prodi, «l’attuale arcivescovo di Bologna
e il Papa non hanno fatto una scelta escludente, hanno presentato il Vangelo
nella sua radicalità. Non lo presentano in modo accusatorio o escludente. E’
sempre un invito attivo, è più una spinta che un ammonimento».
Sarebbe interessante chiedere all’ex premier quali dei
vescovi della città e dei papi precedenti abbiano presentato il Vangelo in modo
accusatorio o escludente, perché non risulta che prima di Francesco, o di
monsignor Zuppi, la Chiesa universale e quella locale di Bologna, fossero
soffocate da lanciatori di pietre freddi e distaccati. Certamente il mondo
cattolico di cui fa parte Prodi, che ha avuto in don Giuseppe Dossetti una
guida politica, oltreché spirituale, può essere felice: il cardinale Lercaro,
vero patrono del politico che divenne monaco, è stato il più evocato durante le
ore bolognesi di papa Francesco.
Il salto triplo di Staino, dall'Unità all'Avvenire ... sotto l'ombrello di Francesco
Il papà di Bobo al Corriere: "Anticlericale quando i clericali si comportano come tali. Ma ora c’è Bergoglio"
Il salto triplo di Bobo, che passa dall'Unità all'Avvenire. Sotto l'ombrello di Papa Francesco, Sergio Staino spiega in un'intervista al Corriere della Sera la scelta di pubblicare sul quotidiano della Cei una striscia su Gesù, lui che fu incoronato presidente dell'Unione atei da Margherita Hack. Ma Staino non rinnega l'ateismo e nemmeno l'anticlericalismo. Staino e Bobo sono "molto anticlericali quando i clericali si comportano come tali. Ma ora c'è Francesco" dice il vignettista, ex direttore dell'Unità.
"Gesù ha l'aspetto di mio figlio a 20 anni e l'aria di non sapere cosa fare nella vita. Il babbo Giuseppe è Bobo, preoccupato come tutti i padri per quelle frequentazioni maschili. Gli dice: dammi una mano in bottega, che dobbiamo reggere la concorrenza con l'Ikea".
Staino spiega così la scelta di Avvenire.
"Quest'estate mi sono trovato disoccupato dopo la chiusura dell'Unità. Le ho ritirate fuori e sono piaciute. Son strisce non dico blasfeme, ma urticanti: scherza con i fanti ma lascia stare i santi. Allora ho pensato: prendiamo il toro con le corna e proviamo Avvenire, che è un bel giornale che parla delle sofferenze del mondo".
Il papà di Bobo non intende autocensurarsi, ma dice che "magari non toccherò i temi di bioetica". Per Staino, Gesù "è stato il primo socialista", mentre Papa Frencesco "offre soluzioni politiche concrete, non solo per la vita eterna. Non mi meraviglierei se andasse in Libia a fare quel che non fa Minniti".
http://www.huffingtonpost.it/2017/10/02/il-salto-triplo-di-bobo-dallunita-allavvenire-sotto-lombrello-di-francesco_a_23229263/
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