ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 2 ottobre 2017

Sensus fidei


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Perché abbiamo inviato la lettera Corretio filialis a Papa Francesco

Chi sono i firmatari della Correctio filialis indirizzata a Papa Francesco? Non “eretici”, “lefevriani” e nemmeno “tradizionalisti”, come vengono definiti, ma cattolici, apostolici romani, mossi solo – come scrivono nel loro documento – “dalla fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo, dall’amore alla Chiesa e al Papato”, e dalla devozione filiale verso Papa Francesco, ma costretti a rivolgere al Santo Padre, “una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e mediante altre Sue parole, atti e omissioni”.
Questo gesto non è sembrato scandaloso né al cardinale Gerhard Müller, ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha proposto un dibattito teologico tra alcuni cardinali, nominati dal Papa, e gli autori dei Dubia e della Correctio, né al cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Papa Francesco, che ha dichiarato: “Le persone che non sono d’accordo esprimono il loro dissenso ma su queste cose si deve ragionare, cercare di capirsi”. Malgrado il loro attaccamento al papato i firmatari del documento, il cui numero si è quadruplicato in questi giorni, non hanno rinunciato all’uso della ragione, perché la fede cattolica ha un fondamento razionale.

L’accordo tra fede e ragione è stato dichiarato verità dogmatica dal Concilio Vaticano I. Oggi invece, come osserva lo scrittore americano Robert Royal, su The Catholic Thing, stiamo assistendo al tentativo di ricercare una fede svincolata dalla ragione, o addirittura contraria ad essa. Ma, scrive Royal, “è’ una vecchia verità filosofica, che una volta abbandonato il principio di non-contraddizione, tutto è possibile”.
L’esistenza di una contraddizione, sul piano logico, tra alcuni passaggi dell’Amoris laetitia e il Magistero immutabile della Chiesa è stata rilevata da molti studiosi, tra i quali il professor Josef Seifert, uno dei più noti filosofi cattolici del nostro tempo. La legge naturale e la morale cattolica sono, per definizione, assolute e universali e non ammettono eccezioni. Chi convive more uxorio con un uomo o con una donna a cui non sia legato dal sacramento del matrimonio si trova in un oggettiva situazione di peccato grave. Né l’intenzione né le circostanze possono rendere buono un atto che in sé è intrinsecamente cattivo. Se si ammette una possibilità di eccezioni tutta la morale crolla. “Se solo un caso di atto intrinsecamente immorale può essere permesso e persino voluto da Dio,- scrive Seifert – ciò non si deve applicare a tutti gli atti considerati ‘intrinsecamente errati’? Se è vero che Dio può desiderare che una coppia adultera viva in adulterio, allora non dovrà essere riformulato anche il comandamento ‘Non commettere adulterio!’: ‘Se nella tua situazione l’adulterio non è il male minore, non commetterlo! Se lo è, continua a viverlo!’? Non dovranno pertanto cadere anche gli altri 9 comandamenti, Humanae Vitae, Evangelium Vitae e tutti i documenti passati, presenti o futuri della Chiesa, i dogmi o i concili, che insegnano l’esistenza di atti intrinsecamente errati?”
Come è possibile che queste contraddizioni possano insinuarsi all’interno dell’insegnamento della Chiesa e, soprattutto, che possano essere supinamente accettate da molti cattolici in nome di una acritica e cieca obbedienza a Papa Francesco? L’articolo del professor Benedetto Ippolito su Formiche.net del 26 settembre, è interessante a questo proposito. Ippolito è un apprezzato studioso di Giovanni Duns Scoto (1265-1308), ma nell’articolo in questione mostra di seguire le idee di un cattivo discepolo di Scoto, Guglielmo di Ockham (1258-1347), capostipite del cosiddetto “nominalismo”.
I nominalisti hanno una concezione di Dio diversa da quella di San Tommaso. Mentre quest’ultimo afferma che Dio non può fare nulla di contraddittorio, Ockham ritiene che Dio, essendo volontà assoluta, può volere e fare qualsiasi cosa anche, paradossalmente, il male, perché male e bene non esistono in sé stessi, ma sono resi tali da Dio. Per San Tommaso una cosa è comandata o proibita in quanto è ontologicamente buona o cattiva (imperatum quia bonum; prohibitum quia malum) per i seguaci di Ockham, vale l’opposto: una cosa è buona o cattiva, in quanto Dio l’abbia comandata o proibita (bonum quia imperatum; malum quia prohibitum). I nominalisti negano che le azioni siano buone o cattive in sé per loro natura propria; l’adulterio, l’assassinio, il furto, sono cattivi solamente perché Dio li ha proibiti. La moralità consiste unicamente nell’obbedienza al comando di Dio, la volontà del quale è assolutamente libera ed arbitraria. Una volta ammesso questo principio volontarista non solo la morale diviene relativa, ma il rappresentante di Dio in terra, il Vicario di Cristo, potrà a sua volta esercitare la sua suprema autorità in maniera illimitata e arbitraria e i fedeli non potranno che prestargli una incondizionata obbedienza.
Ockham non fu conseguente con le proprie idee, perché si ribellò al Papa, ma il volontarismo dei nominalisti è alla base della attuale “papolatria”, secondo cui, criticare il Papa è sempre sbagliato perché, in ultima analisi, come afferma il prof. Ippolito, il Papa ha sempre ragione, “essendo Lui stesso a garantire l’ortodossia esterna della cristianità.” Papa Francesco, secondo Ippolito, “non soltanto non cambia nulla della dottrina, ma applica la carità e la misericordia per comprendere e aiutare chi è in difficoltà con il matrimonio e magari si trova in una condizione di sofferenza per il proprio stato irregolare.” Ma in che modo applica la dottrina? Autorizzando nella pratica ciò che la dottrina vieta. Ciò comporta una scissione tra la dottrina e la pastorale, con la conseguente trasformazione della nuova pastorale in una nuova dottrina, opposta alla precedente. Ma il Papa, secondo i neo-nominalisti, non può essere criticato e qualsiasi cosa dica o faccia deve essere accettata, come se egli fosse un secondo Dio in terra, incapace di peccare o di errare. Ben diverso però è l’insegnamento della Chiesa.
La Commissione Teologica vaticana ha recentemente affermato che “avvertiti dal proprio sensus fidei, i singoli credenti possono giungere a rifiutare l’assenso a un insegnamento dei propri legittimi pastori se non riconoscono in tale insegnamento la voce di Cristo, il Buon Pastore” (Il sensus fidei nella vita della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2014, n. 63). Infatti, come ricorda l’apostolo Giovanni, “le pecore lo seguono (il Buon Pastore) perché conoscono la sua voce. un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei” (Gv, 10, 4-5). Il sensus fidei può spingere i fedeli, in alcuni casi, a rifiutare il loro assenso verso alcuni documenti ecclesiastici e a porsi, di fronte alle supreme autorità, in una situazione di resistenza o di apparente disobbedienza. La disobbedienza è solo apparente perché in questi casi di legittima resistenza vale il principio evangelico per cui bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (Atti, 5, 29).
Per San Tommaso d’Aquino in casi estremi è lecito ed anzi doveroso resistere pubblicamente anche ad una decisione papale, come San Paolo ha resistito in faccia a san Pietro. “Così San Paolo, che era soggetto a San Pietro, lo riprese pubblicamente, in ragione di un pericolo imminente di scandalo in materia di fede. E, come dice il commento di sant’Agostino, “lo stesso san Pietro diede l’esempio a coloro che governano, affinché essi, allontanandosi qualche volta dalla buona strada, non rifiutino come indebita una correzione venuta anche dai loro soggetti (Gal. 2, 14)” (Summa Theologiae, II-III, q. 33, a. 4, ad 2.).
Cos’altro è la Correctio filialis, se non un atto di doveroso richiamo nei confronti di chi sta portando la Chiesa universale nel disorientamento e nel caos?
 Roberto De Mattei


Perché ho firmato la Correzione filiale a Papa Francesco. Parla Cristina Siccardi

Il Papa è davvero eretico? E davvero la Chiesa sta tradendo il messaggio di Cristo concedendo ai divorziati il permesso di accostarsi ai sacramenti e all’Eucarestia? È questo il messaggio che 62 intellettuali cattolici hanno rivolto a papa Francesco, rispondendo con una “Correctio filialis” (una Correzione filiale) alla sua Esortazione apostolica Amoris Laetitia. Fra loro, Cristina Siccardistudiosa di storia della chiesa e autrice di 59 pubblicazioni su vari temi ad essa correlati. Diversi intellettuali hanno a loro volta criticato i dissidenti, difendendo il papa Bergoglio.
Sulla base di quale legge della chiesa le posizioni sostenute da Bergoglio sono da considerarsi eretiche?
L’eresia non è una violazione di legge, ma la grave negazione di una o più verità di Fede o di verità naturali, presupposto necessario di verità rivelate. Le affermazioni contestate a Papa Francesco contraddicono quanto Nostro Signore Gesù Cristo è, per Sua autorità, la Chiesa hanno affermato a riguardo di Dio, della persona umana e della morale.
Secondo voi papa Bergoglio ha corrotto o confuso le menti dei fedeli? È eretico?
Innanzitutto occorre domandarsi quale sia la funzione del Papa e, a ciò, risponde direttamente Nostro Signore Gesù Cristo «e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli» (Lc 22, 32). Compito essenziale del Pontefice è, quindi, quello di difendere la Fede, integra ed integrale; non altro. È di ogni evidenza, dunque, che, quando un Papa fa ripetutamente affermazioni eretiche getta sconcerto, confusione e corruzione nel Credo dei fedeli, soprattutto di quelli più deboli e indifesi.
Perché una persona possa considerarsi colpevole, secondo il diritto canonico, di eresia sono necessarie due condizioni: che affermi concetti gravemente in contrasto con la verità rivelata e che, una volta ammonito da un’autorità superiore ed a ciò preposta, perseveri nell’errore, ciò che in gergo giuridico-canonistico si chiama «pertinacia». Per quanto riguarda la prima condizione, Papa Francesco la soddisfa appieno. Per quanto concerne, invece, la seconda non è possibile adempierla, in quanto, sulla terra, non esiste un’autorità superiore a quella del Papa, che possa ammonirlo. In questi casi, si dice che il Pontefice è eretico materialiter, ma non eretico formaliter.
Scrivete: “Alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti. altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimprovero ma un favore”. Quali sono le basi dottrinali della verità divinamente rivelata? (E nello specifico: dove sta scritto che i divorziati non possono accedere all’Eucaristia?)
Anche qui è direttamente Nostro Signore a rispondere alla Sua domanda: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19, 4-6).
Un uomo ed una donna uniti in un matrimonio valido rimangono inevitabilmente, qualunque cosa accada, marito e moglie, fino alla morte di uno dei due. Il divorzio, concesso dalle legislazioni anticristiane di vari Stati, non è materialmente in grado di mutare questa realtà. La persona che si “risposa”, dopo il divorzio civile, prima della morte del coniuge, non celebra un secondo matrimonio, ma fa apporre allo Stato un timbro sulla sua pubblica dichiarazione di adulterio. Ogni volta che questa persona si congiunge con il nuovo convivente commette un peccato mortale. Ma i cosiddetti «divorziati risposati» non sono dei semplici adulteri, ma sono degli scandalosi propagandisti dell’adulterio: la loro colpa passa dal livello dei peccati di incontinenza a quello dei peccati spirituali.
Risulta di ogni evidenza che persone in stato di peccato mortale (si ricorda che anche il semplice adulterio è peccato mortale) non possono accostarsi alla Santa Eucaristia, sotto pena di commettere sacrilegio.
Visto che la maggiore colpa dei «divorziati risposati», a differenza di quella dei semplici adulteri, che potrebbero agire con discrezione, è proprio lo scandalo dato dalla pubblicità del loro comportamento peccaminoso, è necessario che la riparazione a tale scandalo sia pubblica. L’intransigenza che la Chiesa ha sempre avuto su questi punti è l’unica vera carità che si possa usare nei confronti di persone cadute in tale tristissima situazione, in quanto è costante richiamo al loro pentimento e, in ultima analisi, alla loro salvezza eterna. Pentimento che va a beneficio delle persone che vivono intorno a chi desidera ritornare in Grazia di Dio ammettendo la propria colpa (sempre foriera di dolore per sé e per gli altri): in primis i figli.
Accusate il Papa di Modernismo. Invece Monsignor Giuseppe Lorizio sostiene che voi avete “una visione statica della Grazia, che è invece fatto dinamico”. Dice che l’esortazione del Papa non è la posizione di scuola teologica ma espressione di un percorso della Chiesa”. Secondo voi le leggi della Chiesa dovrebbero restare per principio immutabile malgrado ogni circostanza?
Nel passo da lei citato a riguardo della presunta concezione statica della Grazia, Monsignor Lorizio gioca sull’equivoco. È assolutamente vero che chi esce da una buona confessione non è perfetto, pare ovvio, quasi banale, visto che l’unica persona umana (ad eccezione, ovviamente, di Nostro Signore Gesù Cristo) che compie pienamente e perfettamente la sua natura, in tutta la storia, è stata, è e rimarrà Maria Santissima, l’Immacolata: il teologo attribuisce alla Correctio, forse fidando nella convinzione che la maggior parte dei lettori di «Avvenire» non la leggerà, un’affermazione così priva di senso, come quella che si affanna a negare. La Grazia non è né statica, né dinamica a comando del Monsignore o di chiunque altro, ma gode dell’assoluta libertà di Dio. Il fatto che Dio sia libero ed onnipotente nulla toglie alla Sua impossibilità di contraddirsi; è solo il dio dell’Islam che si contraddice. Il fatto innegabile che tutta la vita del cristiano debba essere una continua ascesi, nulla toglie all’oggettiva verità di Fede che il fedele discepolo di Gesù è posto dalla Grazia in condizione di evitare, in qualunque momento della sua vita, di violare la legge di Dio e, quindi, di cadere in peccato e, a maggior ragione, in peccato mortale; se e quando vi cade, lo fa unicamente per sua colpa, volendo il male e/o non ricorrendo sufficientemente alla Grazia, che, se invocata con Fede, sempre ed invariabilmente concede all’orante la forza di resistere alla tentazione, quantunque a prezzo di sacrifici, a volte addirittura eroici, ma sempre richiesti e doverosi.
Insisto, secondo voi le leggi della Chiesa dovrebbero restare per principio immutabile malgrado ogni circostanza?
La sua domanda necessita di una precisazione: bisogna distinguere tra legge divina (naturale e/o rivelata) e legge umana, ecclesiale. La legge divina è immutabile, mentre quella umana che ne è applicazione, è adattabile a seconda delle circostanze di tempo e di luogo.
Per ciò che concerne il matrimonio, la sua indissolubilità è di diritto divino e, conseguentemente, immutabile: chi si intrattiene sessualmente con persona diversa dal coniuge non può accostarsi alla Santa Comunione, perché non in Grazia di Dio, sempre rimanendo presunti la piena avvertenza e il deliberato consenso. «Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore» (1Cor 11, 29). Per quanto concerne, poi, i cosiddetti divorziati risposati, la Chiesa ha il dovere di mantenere la loro esclusione dall’accostarsi alla Santa Comunione come atto pubblico, poiché la loro colpa è pubblica e desta scandalo: questa rigida proibizione, oltre che essere richiamo all’anima dei peccatori, in vista di un loro pentimento, è anche parziale riparazione dello scandalo da loro dato.

Dite di aver scritto per difendere “i vostri fratelli cattolici”. Chi è divorziato e si sente cattolico ma non può accedere ai sacramenti non ha diritto ad essere difeso?
Innanzitutto mi permetta due puntualizzazioni: non esistono persone che «si sentono cattoliche», ma solo persone che sono o non sono cattoliche; il nostro discorso verte unicamente sui divorziati risposati, in quanto l’istituto del divorzio, come istituto puramente civile ed incapace di incidere sulla realtà matrimoniale, è, di per sé, moralmente indifferente, essendo solo il cosiddetto secondo matrimonio, con la conseguente vita more uxorio, a divenire pubblica esaltazione dell’adulterio. Possono esistere cattolici che siano divorziati risposati. A loro la Chiesa, seguendo il comando del Salvatore, non ha mai rifiutato difesa e tutela; proprio la severità dimostrata nei confronti del loro comportamento è amorevole scudo di quelle anime nei confronti del loro peccato e strumento del loro pentimento e, addirittura, della loro santificazione. Giova ricordare che le sventurate persone che si trovano in tali circostanze possono ritornare in Grazia di Dio e, conseguentemente, tornare ad accostarsi all’Eucaristia; le strade per fare ciò sono sostanzialmente due: abbandonare la vita more uxorio con chi non è coniuge o, quando questo non sia moralmente possibile, continuare a coabitare con tale persona «come fratello e sorella». Quando la seconda falsa unione ha creato dei doveri nei confronti di terze persone (il caso più frequente è quello della nascita di figli ancora in tenera età), la Chiesa impone di mantenere la coabitazione, unicamente per non venir meno ai doveri nei confronti di queste persone, fermo restando il divieto, ovviamente, di ogni atto coniugale.
L’arcivescovo di Chieti Bruno Forte parla di “attacco strumentale a Bergoglio” dicendo che “tutti i sette capi di imputazione fraintendono la necessità di verità e di misericordia da parte della chiesa, che non chiude le porte in faccia a nessuno”. Cosa replicate a chi vi accusa di aver chiuso le porte in faccia ai fedeli?
L’antropocentrismo dell’Arcivescovo di Chieti si conferma ancora una volta: né chi, come noi, rimane fedele alla legge di Gesù, né chi, come il suddetto Arcivescovo, pretende di modificare la legge divina, al fine di “tenerla al passo con i tempi”, apre o chiude le porte in faccia a chiunque, poiché la questione è unicamente di comprendere se l’uomo abbia il potere di modificare la legge divina. Alle obiezioni di S.E. Forte e di molti altri risponde con chiarezza e determinazione, senza possibilità di replica, Nostro Signore: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio» (Mc 10, 11-12).
Benedetto Ippolito scrive: “Si può essere in coscienza poco sensibili e perfino scettici verso una linea dottrinale, ma non si può pubblicamente sconfessare o accusare larvatamente un Papa di promuovere eresie, quando non vi è sostanza per dirlo e soprattutto essendo Lui stesso a garantire l’ortodossia esterna della cristianità. Criticare il Papa pubblicamente, in definitiva, è sempre sbagliato. La critica pubblica non è una correzione fraterna, ma una grave disobbedienza alla sua autorità che crea difficoltà e confusione, non aiutando nessuno”. Voi non ritenete il papa garante dell’ortodossia? Se sì, chi lo è?
«Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto» (Gal 2, 11). Benedetto Ippolito ci dice che san Paolo è reo di «grave disobbedienza» all’autorità petrina e che un libro divinamente ispirato (Lettera di san Paolo ai Galati) contiene l’esaltazione di un comportamento che «è sempre sbagliato» e «crea difficoltà e confusione, non aiutando nessuno»: non comprendo per quale ragione lo Spirito Santo abbia ispirato san Paolo a scrivere questa “apologia di reato”!
Siamo seri, per favore. La questione dell’infallibilità pontificia e del ruolo del Pontefice all’interno della Chiesa è troppo importante per essere ridotta a slogan papolatrici e servili. Il Papa (e non la persona del Papa pro tempore) è assolutamente garante dell’ortodossia della Fede e della morale. Da questo a estendere l’infallibilità pontificia fino al tifo calcistico ne passa… Stella polare di ogni cattolico deve essere la Tradizione e la consapevolezza che la Rivelazione si è chiusa con la morte di san Giovanni Evangelista: da quel momento nulla può essere aggiunto e nulla può essere tolto; chiunque dica qualcosa che contrasta con la Tradizione richiama su di sé l’anatema, fosse anche la persona del Papa pro tempore. «In realtà, però, non ce n’è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!» (Gal 1, 7-10).
Il Concilio Vaticano I definisce il dogma dell’infallibilità pontificia e chiarisce le circostanze nelle quali il Papa è infallibile, con l’ovvia conseguenza che, fuori di esse, egli parla come «dottore privato» e, dunque, è fallibile. Le condizioni, che debbono contemporaneamente sussistere perché il Pontefice parli ex cattedra e, quindi, sia infallibile, sono quattro. Primo: che il Papa parli come supremo Pastore universale della Chiesa, con il ruolo di insegnare a tutta la Chiesa. Secondo: deve trattare di questioni attinenti strettamente alla Fede e/o alla morale. Terzo: deve esplicitamente dichiarare, anche senza vincolo di forma, di far uso dell’infallibilità. Quarto: deve condannare come contrario alla Fede cattolica tutto ciò che si oppone a quanto da lui affermato.
Cosa rispondete a chi vi accusa di aver acuito le divisioni della Chiesa, con la vostra lettera?
Prima della Rivoluzione modernista all’interno della Chiesa, l’essere uniti era l’ovvia conseguenza del rimanere fedeli alla verità di Cristo. Chi condanna l’errore non divide, ma rafforza l’unità della Chiesa. Per essere più precisi, l’unità della Chiesa non può essere materialmente incrinata da nessuno, niente può far venir meno la comunione all’interno del Corpo mistico di Nostro Signore Gesù Cristo. Sono coloro che negano la Fede (per farlo basta variare uno iota al suo interno) ad uscire dalla Chiesa, senza riuscire, ovviamente, a dividerla. Mi permetto, a questo proposito, di far notare l’irrazionalità di tutto l’ecumenismo: con la cosiddetta Riforma protestante e, ancor prima, con lo scisma delle Chiese orientali, non c’è stata alcuna divisione, ma alcuni popoli sono usciti dalla Chiesa di Cristo. Tradizionalmente, si definisce, da parte cattolica, la Chiesa come una casa, dalla quale si può uscire, ma senza essere in grado di portare via nulla; talché la casa rimane sempre integra ed unita. Sono i protestanti (pensiamo quanto sono frastagliati fra di loro), che, non avendo alcuna dottrina (principio del «libero esame»), sono costretti a ricorrere all’immagine della tunica: quando si litiga, essi affermano, viene lacerata e di essa ciascuno porta via un brandello. Come se la verità fosse la somma di brandelli d’errore.


http://formiche.net/2017/10/02/papa-cristina-siccardi/

ROBERT SPAEMAN: ERA PIU’ FACILE ESSERE CRISTIANI DURANTE IL NAZISMO RISPETTO AD ORA. Robert Spaemann su Josef Seifert, Amoris Laetitia e la testimonianza alla verità

Nota dell’editore: quanto segue è un’intervista con il professor Robert Spaemann, condotta dalla Dr. Maike Hickson di OnePeterFive. Il professore Spaemann è un preminente filosofo cattolico tedesco e un ex membro della Pontificia Accademia per la Vita.
Maike Hickson (MH) : il professor Josef Seifert è uno studioso dei Suoi che ha scritto la sua tesi di abilitazione sotto la Sua guida. Così Lei conosce personalmente lui e il suo lavoro. Inoltre, entrambi avete sollevato le vostre voci con una critica cortese al documento papale, Amoris Laetitia . Qual è stata la Sua reazione alla decisione dell’Arcivescovo di Granada (Spagna) di licenziare il professor Seifert a causa della sua critica Amoris Laetitia ?
Robert Spaemann (RS): Prima di tutto, il professor Seifert non è stato mio studente, ma lo studente di Dietrich von Hildebrand. Ha conseguito il diploma di abilitazione presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Monaco. Per quanto riguarda il licenziamento di Seifert da parte dell’arcivescovo di Granada, sono rimasto scioccato. Non sapevo niente dell’ intervento di Seifert . Entrambe le nostre reazioni alla decisione dell’arcivescovo erano completamente indipendenti l’una dall’altra.
MH: Come reagisce, professore,  al rimprovero dell’arcivescovo Javier Mart ínez che il professor Seifert, con le sue domande critiche su Amoris Laetitia , “danneggia la comunione della Chiesa, confonde la fede dei fedeli e sfiora la sfiducia nel successore di Pietro” ?
RS: Come ho detto, sono rimasto scioccato. L’arcivescovo scrive che deve assicurarsi che i fedeli non si confondano perché Seifert sta minando l’unità della Chiesa.
L’unità della Chiesa è basata sulla verità. Quando la Chiesa cattolica affida a un professore fedele una missione didattica, allora è perché ha fiducia nell’insegnamento indipendente di un pensatore. Finché la sua filosofia non è in contraddizione con l’insegnamento della Chiesa, esiste un ampio reame per il suo insegnamento.
Il Medioevo era qui un modello. Esistevano le differenze più vivaci e profonde dell’opinione. In questi dibattiti, è stato l’argomento che ha contato, non la decisione di un’autorità. E non avrebbe attraversato la mente di nessuno di chiedere se un’idea filosofica fosse conforme al parere del papa allora regnante.
MH: Che tipo di segnali provoca tale verdetto episcopale per quanto riguarda la libertà accademica in generale, ma soprattutto per quanto riguarda la libertà di una coscienza ben formata del singolo cattolico in particolare? Che un accademico cattolico continui a discutere in modo critico le dichiarazioni papali e dovrebbe essere possibile?
RS: Alla luce del verdetto dell’arcivescovo, ogni filosofo che lavora in un’istituzione ecclesiale deve ora chiedersi se può ancora continuare il suo servizio.
In ogni caso, l’intervento dell’arcivescovo è incompatibile con il rispetto della libertà accademica.
Quello che Seifert critica è la violazione con l’insegnamento continuo della Chiesa e con gli espliciti insegnamenti dei Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II. San Giovanni Paolo una volta, in Veritatis Splendor , ha sottolineato, esplicitamente, che non esiste alcuna eccezione al rifiuto dei divorziati “risposati” nei confronti dei Sacramenti. Papa Francesco contraddice l’insegnamento di  Veritatis Splendor  altrettanto esplicitamente.
MH: Sei d’accordo con l’argomento del professor Seifert secondo cui l’affermazione di Amoris Laetitia (303), secondo cui Dio a volte potrebbe chiedere ad una persona in una situazione di stato irregolare di rimanere per ora in una situazione oggettivamente peccaminosa (come i divorziati “risposati” che mantengono la loro relazione sessuale per preservare la loro nuova relazione per il bene dei loro figli) – potrebbe generalmente portare ad un’anarchia morale e che pertanto nessuna legge morale (ad esempio contro l’aborto e la contraccezione artificiale) può essere salvata dalle eccezioni liberalizzanti?
RS: Posso solo accettare l’argomento del professor Seifert. Ciò che condanna è la teoria morale-filosofica del consequenzialismo; cioè l’insegnamento che afferma che l’eticità di un atto si basa sulla totalità delle conseguenze reali e previste, in modo che non ci sono atti sempre cattivi. Josef Seifert indica anche alcuni esempi: aborto, contraccezione ecc. , Per includere l’adulterio.
A proposito, devo menzionare un errore nel saggio di Seifert: parla di atti che sono – indipendenti dal contesto – sempre buoni. Già san Tommaso contraddice questa visione. E ognuno può nominare atti sempre cattivi, ma non sempre buoni. In questo contesto, vale la pena citare le seguenti parole di Boethius, cui Tommaso spesso fa riferimento: ” Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu ” (“un’azione è buona quando è buona la causa, cattiva lo è in qualunque modo”.
MH: Nell’aprile del 2016, hai predetto che Amoris Laetitia dividerà la Chiesa. Come vedi ora la situazione della Chiesa, più di un anno dopo, e anche dopo che diverse conferenze vescovili hanno ora pubblicato i propri orientamenti pastorali riguardo a Amoris Laetitia ?
RS: La divisione all’interno della Chiesa riguardante Amoris Laetitia è già avvenuta. Diverse conferenze dei vescovi hanno pubblicato linee guida contraddittorie. E i poveri sacerdoti sono lasciati soli.
MH:  Lei e il professor Seifert eravate membri della Pontificia Accademia la Vita) a Roma, e ora èstato rimosso da quell’ufficio. Avete un’idea del perché sia ​​stato rimosso in questo modo insolito da questo importante ufficio?
RS: ho lasciato l’appartenenza del PAV quando raggiunsi l’età di80anni, secondo gli statuti. Seifert, però, è stato licenziato dal suo ufficio contrariamente agli statuti. Perché? La risposta è molto semplice. Seifert è anche un critico della teoria del consequentialismo che il papa stesso insegna. E a Roma, le opinioni opposte non sono più tollerate. Non c’è bisogno di vaticanistaper vedere cheil cardinalGerhard M üller, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha dovuto lasciare il suo ufficio in un breve periodo di tempo.
MH: Nel contesto dei nuovi insegnamenti provenienti da Romae specialmentenel contestdel nuovo Istituto Giovanni Paolo II per le Scienze Matrimoniali e Familiari, èd’accordo, come filosofo, con l’argomento antropologico e sociologico che i nuovi cambiamenti sociali hanno anche per portare avanti un cambiamento delle leggi morali?Nel contesto delle moderne conoscenze scientifiche, le persone spesso affermano oggi , ad esempio, che in tempi biblici non si sapeva che l’omosessualità è un’inclinazione biologica e che quindi oggi l’insegnamento morale deve essere adattato e liberalizzato. Sei d’accordo con un argomento così “scientifico”?
RS: No.
I principi della legge morale sono sempre e ovunque lo stesso – l’applicazione può cambiare. Quando esiste una legge dello stato secondo cui le persone di età elevata o con una grave malattia possono essere uccise, è applicabile sempre e ovunque. La questione di come l’uccisione è fatta dipende dalle abitudini di un tempo specifico, ma non ha alcuna influenza sulla legge morale finché l’uomo è uomo.
Se esiste una visione dominante e che la vista dominante contraddice la legge morale, l’essenza dell’uomo, allora l’intera società è in uno stato dispiaciuto. I cristiani dei primi tempi non si adattarono alla vista dominante della morale. I loro vicini li hanno ammirati per questo. Quando si parlava dei cristiani, la gente li ha elogiati per non uccidere i propri figli.
La parola di San Pietro “Uno deve obbedire a Dio più che all’uomo” è ancora valida. Una Chiesa che prende il corso dell’adattamento, non sarà in grado di lavorare in maniera missionaria.IL SuperioreGenerale dei Gesuiti ora dice che bisogna reinterpretare le parole di Gesù secondo il nostro tempo.
Soprattutto per quanto riguarda il matrimonio, tuttavia, questo tipo di “contestualizzazione delle parole di Gesù” non corrisponde più alla rigorosità di Gesù perché il comandamento che vieta l’adulterio è percepito dai discepoli in maniera molto severa: Chi, allora, vorrebbe più sposarsi? “
MH: che cosa, allora, nel contesto di questo dibattito attualmente in corso sulla legge morale, è ancora la verità?
RS: La domanda “Che cos’è la verità?” È la risposta di Pilato alla parola di Gesù: “Ecco perché sono nato e sono venuto nel mondo, per poter testimoniare la Verità.” “Io sono la Verità. ”
MH: Quale della dottrina della Chiesa vedeoggi come il più ignorato?
RS: Probabilmente l’interdizione di adulterio.
MH: Cosa direbbeoggiaisacerdoti che orasi stannocnfrontando con la richiesta di dare la Santa Comunione ai divorziati “rimpatriati”, cosa che non possono fare nelle loro coscienze? Cosa succede se vengono sospesi dal proprio ufficio per la loro resistenza?
RS: Vorrei rispondere qui con le parole del vescovo ausiliare Athanasius Schneider:
” Quando i preti e i laici rimangono fedeli all’insegnamento e alla pratica immutabili e costanti di tutta la Chiesa, sono in comunione con tutti i papi, i vescovi ortodossi ei Santi di duemila anni, essendo in una speciale comunione con San Giovanni Battista, Saint Thomas More, Saint John Fisher e con gli innumerevoli sposi abbandonati che rimasero fedeli ai loro voti matrimoniali, accettando una vita di continenza per non offendere Dio. La voce costante nello stesso senso e significato ( eodem sensu eademque sententia [ Vaticanum I] e la pratica corrispondente di duemila anni sono più potenti e più sicuri della voce discordante e della pratica di ammettere gli adulteri imprevisti alla Santa Comunione, anche se questa pratica è promossa da un solo Papa o dai Vescovi diocesani. […] Significa che tutta la tradizione cattolica giudica certamente e con certezza contro una pratica fabbricata e corta che, in un punto importante, contraddice l’intero Magistero di tutti i tempi. Questi sacerdoti, che ora sarebbero stati costretti dai loro superiori a dare la Santa Comunione agli adulteri pubblici e non pentiti, o ad altri peccatori notori e pubblici, dovrebbero risponderli con una santa convinzione: “Il nostro comportamento è il comportamento di tutto il mondo cattolico per due mille anni.'”
Recentemente, un visitatore africano mi ha visitato e mi ha chiesto con le lacrime agli occhi la stessa domanda. Il comandamento “Tu obbedisci a Dio più che all’uomo” vale anche per l’insegnamento della Chiesa. Se il sacerdote è convinto di non aver dato la Santa Comunione ai “divorziati e risposati”ra deve seguire la parola di Gesù e l’insegnamento di 2.000 anni della Chiesa. Se viene sospeso per lui, è diventato un “testimone della Verità”.
MH: Che cosa – con tutta la tua saggezza e la tua esperienza di vita e anche come qualcuno che è cresciuto sotto il nazionalsocialismo – consiglia tutti i cattolici in questa situazione attuale e difficile? Quale sarebbe, per così dire, il Suotestamento per tutte le persone del mondo che oggi prendono la vostra voce molto seriamente e con impazienza prendere le Suespaemanparole?
RS: Era più facile durante i tempi nazisti essere cristiani fedeli di oggi.
maike Hickson, 1 ottobre 2017

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