L’Europa e San Tommaso
Viaggio, guidato dal Chesterton,
tra la filosofia ed il pensiero di San Tommaso. Un'analisi capace di
confrontare l'opera del teologo italiano con il pensiero moderno.
Ma se la crisi dell’Occidente,
l’epoca del nichilismo e l’era della tecnica non fossero il capolinea
definitivo, l’alba dell’apocalisse? Se dietro a quest’epoca di spaesamento e
obsolescenza di tutti i valori si preparassero una rinascita, una redenzione e
una riscossa? E se questa rinascita non passasse da simboli ed ideologie nuove,
ma dalla Fede cristiana, dalla promessa di redenzione della Croce e di salvezza
della resurrezione? Non stiamo fantasticando, ma solo cercando di riportare, in
modo forse un po’ troppo ottimistico, ma comunque lucido, una sensazione che
riscontriamo, un sentore diffuso che ci sembra di cogliere, una percezione di
reale e concreta inversione di tendenza. Si notano molti ragazzi che, stanchi
dello sballo da discoteche, ritornano in oratorio a costruire progetti e a
rinsaldare comunità vive; altri che ritornano a sposarsi in Chiesa, guardando
con diffidenza o con insoddisfazione la semplice convivenza; perfino in merito
alle vocazioni – pur in un tempo di calo verticale delle ordinazioni – ci
sembra di vedere in giro più preti giovani, freschi di sacerdozio e con un
entusiasmo diverso nella predicazione e nell’aggregazione di ragazzi.
Pietà - William Adolphe Bouguereau
(1876)
Ora, non vogliamo sembrare
ingenui: la situazione ad oggi è ancora profondamente buia, notiamo ancora la
mentalità diffusa che indica la Fede come qualcosa di sorpassato, che ripiega
verso il relativismo mondano o verso la spiritualità orientale, quando non
proprio verso l’Islam. Ma quello che notiamo non è un fenomeno attuale, ma
potenziale; non è ancora una rinascita, ma i primi vagiti di una rinascita.
Abbiamo come la sensazione che, mentre il Papa fa discutere con le sue uscite
pubbliche controverse e con le sue biografie un po’ equivoche, i giovani stiano
abbracciando un cristianesimo più forte, non mediatico e flessibile, ma
risoluto e combattivo, a dispetto del mondo.
Paradossalmente, non è la popolarità
mediatica del Papa regnante ad averli spinti al cristianesimo, ma è la profonda
ripugnanza per il cristianesimo della società attuale, fatua e superficiale, ad
averli ricondotti al cristianesimo come risposta esistenziale profonda e
radicale, proibita e scandalosa. Non vogliamo dire che sia sorto un movimento
contro Papa Francesco, ma che questo sia completamente indipendente dal Papa;
serpeggi in tutta Europa silenzioso ma pregnante, solido ma sommesso. In un
certo senso, preferiamo pensare che sia parallelo al Papa, nel senso che va
nella stessa direzione, ma ad altezze e gradi differenti.
Pensavamo a queste cose leggendo
la biografia di San Tommaso d’Aquino di Chesterton, nella versione ristampata
dalla Lindau, con la prefazione di Monsignor Luigi Negri. Chesterton scrisse
quest’opera nel 1933, quando la crisi del ’29 ancora dava i suoi tremendi colpi
al mondo anglosassone ed americano e nell’anno in cui Hitler vinceva le
elezioni in Germania. Qualche anno prima si era cimentato nella agiografia di
San Francesco, che era stata l’opera prima dopo la sua conversione al
cattolicesimo. L’opera su San Tommaso è breve ma densissima, complicata ma a
tratti di vera genialità, tant’è che riscosse la stupefatta ammirazione di
tomisti di lungo corso e di chiara autorevolezza, come Jacques Maritain e Anton
C. Pegis. Perché quest’opera è così importante? Come si riallaccia al discorso
sulla riscossa europea grazie alla rinascita della Fede cristiana? In che modo
quest’opera ha a che fare con la convinzione che la Fede cristiana possa
tornare ad essere cardine e fondamento della civiltà europea, e non soltanto un
orpello vuoto al servizio dei politicanti, come lo è stato quasi sempre
nell’ultimo secolo?
Perché Chesterton parlando di
Tommaso parla del tomismo, e chiarendo alcuni equivoci sul tomismo chiarisce
alcuni equivoci che hanno compromesso moltissimo la reputazione del
cristianesimo in Europa, che si sono annidati come pregiudizi e si sono insidiati
nella mentalità condivisa. Quello di Chesterton è più di una biografia di
Tommaso: è un libro fondamentale (definitivo, dice Luigi Negri nella
prefazione) sul cattolicesimo, su cosa sia e cosa debba rappresentare, lontano
dalle mistificazioni e dagli equivoci che l’hanno screditato negli ultimi
secoli. In realtà l’opera di Chesterton parte dalla vita di Tommaso, così densa
di pensieri ma relativamente povera di fatti, per approdare ad una disamina,
breve e folgorante, della dottrina tomista. Il racconto della sua vita sfocia
nell’incontro con la sua opera, perché l’uomo fu tutto devoto all’opera, alla
sua missione per conto di Dio: rendere giustizia al tomismo è il modo migliore
di omaggiare la vita di San Tommaso.
Sacra conversazione di Monticelli
- Domenico Ghirlandaio (1483). Chesterton fa un ampio riferimento a questo
ritratto per descrivere il carattere dell'Aquinate
E allora, attraverso l’analisi
dell’opera di Tommaso, Chesterton ci mostra davvero cosa sia il cattolicesimo.
Il più grande equivoco sul cristianesimo oggi, e quello che non a caso è con
maggiore forza chiarito da Chesterton nel libro, ma anche da San Tommaso nella
sua opera, è quello secondo il quale il cattolicesimo sarebbe una religione
fondata sull’astensione dalla vita, sull’ascesi, sul disprezzo della carne e
della corporeità. In realtà, tutti questi erano caratteristiche dell’eresia
manichea, quella che, non a caso, Tommaso combatté con maggior vigore.
Chesterton sostiene che la Chiesa
dei primi secoli avesse effettivamente ceduto ad una visione troppo
spiritualistica, diffidente rispetto ai sensi e alla carnalità, troppo debitrice
nei confronti di Platone e della sua concezione del corpo come gabbia da cui
emanciparsi. Lo stesso Agostino viene guardato da Chesterton con un misto di
ammirazione e di apprensione, perché la sua ascesi verso Dio, solitaria e
verticale, fondata sulla grazia e sulla predestinazione, a suo giudizio per i
discepoli troppo fanatici diventò una suggestione verso il manicheismo (di cui
Agostino era stato adepto) e più tardi sarà il viatico che condurrà molti al
luteranesimo. Ad Agostino, che recuperò Platone, fa da bilancia con forza
Tommaso, che recuperò Aristotele.
Sant’Agostino – Philippe de
Champaigne (1650)
Se Agostino aveva tentato un
percorso diretto verso il cielo, per Chesterton, Tommaso è l’uomo che
riconcilia il cattolicesimo con la terra, che è viatico del cielo; con il
corpo, che è unito all’anima. E la legittimazione più chiara con cui Tommaso
riabilita Aristotele, il corpo ed i sensi non è, come non si stanca di ripetere
Chesterton, anticristiana, paganeggiante o orientale, ma all’opposto è il
fondamento, il centro stesso della Fede cristiana: ovvero l’incarnazione. A ben
vedere, non esiste nessuna religione come il cristianesimo che stimi il corpo,
lo apprezzi e lo valuti, perché non esiste nessun’altra religione fondata sulla
convinzione che Dio, da trascendente e celeste che era, si sia fatto carne e
sangue. Come si può affermare che il cristianesimo disprezzi la carne, se è una
religione fondata sull’incarnazione? Come si può affermare seriamente che il
cristianesimo disprezzi il corpo, quando è il Corpo di Cristo che ogni domenica
i cristiani ricevono?
Chesterton qui chiarisce ciò che,
ad esempio, Nietzsche non riuscì mai a capire: ovvero che Cristo non è il Dio
dell’astensione dalla vita, della rinuncia e della repressione; ma all’opposto
è il Dio del corpo e del sangue, dal pane e del vino. La rinuncia alla volontà,
la ricerca del Nulla, l’ascetismo che combatte la vita ed i suoi impulsi, non
fanno parte dell’eredità e della testimonianza di Gesù, dice Chesterton, ma di
quello di Buddha. È il buddismo la religione dell’astensione dalla vita, della
soppressione degli istinti vitali, della fuga della vita per fuggire dal
dolore; quando al contrario il cristianesimo prescrive di portare il proprio
dolore, la propria croce, per arrivare ad una vita più piena, più forte e
redenta. A ben vedere Nietzsche, com’è stato molto osservato da alcuni esegeti
cattolici acuti, criticando il cristianesimo critica in realtà il buddismo
(diceva che il pericolo che vedeva per l’Europa era quello di un’Europa
buddista…), mentre i suoi ammonimenti a vivere una vita fedele alla terra, ai
sensi ed alla realtà sono quanto di più simile ci possa essere alla
predicazione di Gesù: a ben vedere Cristo assomiglia molto più a Dioniso che
non a Buddha. Questo è davvero il principale equivoco che pende sul
cristianesimo, che però è bastato a screditarlo agli occhi di intere
generazioni, a farlo apparire qualcosa di mortifero e putrido, di violento ed
innaturale. Chesterton ride ad esempio quando dice che gli è capitato di
leggere in un serio commento di un critico che la Chiesa cattolica vedrebbe il
sesso come un peccato. Poi però commenta pungente:
Lascio risolvere al critico la
questione riguardo a come mai il matrimonio sia un sacramento se il sesso è
peccato, e come mai siano i cattolici ad essere a favore delle nascite ed i
loro avversari ad essere in favore del controllo demografico.
La Chiesa non mortifica gli
istinti naturali dell’uomo, e se si fa carico di irreggimentarli, limitarli,
circoscriverli, non è per una mortificazione gratuita, per disprezzo della vita
o volontà di affrancarsene, come in certe tradizioni orientali; ma perché, come
spiega Chesterton citando Tommaso, accanto al piano della creazione, lo spirito
cattolico si muove anche su quello della caduta. In questo senso, l’ascetismo
cattolico (o, più in generale, certi precetti di castità e di astensione
temporanea dal piacere dei sensi) rappresentano una più o meno saggia
precauzione contro il pericolo della caduta, ma mai un dubbio riguardo alla
creazione. È per questo che, pur non somigliando a Buddha, Cristo non può
essere neppure identificato con Dioniso. È troppo facile, come si fa oggi,
abbandonarsi in tutto e per tutto alla sensualità, fingendo di non vedere che
la morbosità, il libertinismo esasperato e l’iper-sessualità conducono dovunque
ad istinti masochistici, violenti o autodistruttivi. È troppo facile
rimpiangere un fantomatico naturalismo pagano precedente al cristianesimo senza
vedere il lato oscuro e tremendo di quelli che dovevano essere i riti
orgiastici, quel godimento così vicino alla voluttà mortale. E però questa
prescrizione di un ordine ai sensi non scade mai in una mortificazione fine a
se stessa della vita, e la grande eredità di Tommaso è proprio questa: aver
riabilitato Aristotele, aver chiarito che nel cristianesimo non c’è
contrapposizione, come nel platonismo, tra corpo e anima, tra terra e cielo;
perché il corpo è la casa dell’anima, non la sua gabbia, e la terra è la strada
per il cielo, non la sua copia sbiadita. Ed è così appunto perché è Dio che si
è fatto corpo, è Dio ad aver vissuto in terra.
Il corpo non era più lo stesso di
quando Platone, Porfirio e gli antichi mistici l’avevano dato per morto. Era
stato appeso ad un patibolo. Era risorto da una tomba. L’anima non poteva più
disprezzare i sensi che erano stati gli organi di qualcuno che non era soltanto
un uomo. Platone poteva disprezzare la carne, ma Dio non l’aveva disprezzata.
San Tommaso restituisce Cristo
alla sua più compiuta eredità, depurandolo dall’ascetismo eccessivo, mortifero
di certi agostiniani eccessivi, che sarebbero poi confluiti nei manichei e,
secondo Chesterton, nei luterani. Ma più ancora: secondo Chesterton San Tommaso
è il primo a chiarire, in modo inequivocabile, l’unicità e la specificità del
cristianesimo, ovvero la congiunzione perfetta di vita terrena e vita
ultraterrena, di Dio e prossimo, di anima e corpo, di intelletto e realtà. È
per questo che, secondo Chesterton, una rinascita dell’Europa sotto il segno
del crocefisso è possibile solo attraverso una nuova presa di coscienza, che
passa dalla comprensione di Tommaso, di che cosa sia il cristianesimo: non una
scelta tra le tante, in un pluralismo che porta le religioni ad un piano di
uguale insignificanza, ma la sola scelta sempre, coerentemente, contro il
nichilismo, a favore della vita.
Cristo giallo – Paul Gauguin
(1889)
Altrove ci sono solo monoteismi
severi e distanti, troppo facili da trasformare in ideologia; o panteismi
irenici, che ci promettono di naufragare in un tutto organico, che ci fanno
perseguire il piacere e schivare il dolore, ma non sopiscono le nostre angosce
e non ci indicano vie per salvarci:
Più si capisce la grandezza delle
reazioni improvvise e delle rinunce di Buddha, più ci si rende conto che
intellettualmente egli era agli antipodi del concetto di redenzione universale
del Cristo. Uno vorrebbe annientarsi, l’altro vorrebbe tornare alla sua
creazione: al suo Creatore. (…). In un certo senso sono complementari e si
equivalgono, come un dosso e una cunetta, come una valle ed una collina. (…).
C’è ben poco al mondo che si possa confrontare a queste due alternative in
quanto a completezza. E chi non si sentirà di scalare la montagna di Cristo,
precipiterà fatalmente nel baratro di Buddha.
Ecco, saremo troppo ottimisti, o
forse ingenuamente proiettiamo le buone impressioni che abbiamo ricevuto su
scala più ampia, ma abbiamo la sensazione che nelle nuove generazioni si stia
affermando un’idea di cristianesimo più vicina al suo significato originario,
cioè di vita, salute, gioventù, fecondità; e questo quanto più si vedono coloro
che imboccano altre strade, perdersi su vie sterili e sentieri perdenti.
di Luca Gritti - 2 ottobre 2017
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