UNA RELIGIONE SENZA DIO?
A che serve, o a chi, una religione senza Dio? Andiamo verso la religione dell’Uomo: cioè il delirio di auto-esaltazione della creatura al cospetto del Creatore. La congiura che ha cambiato la nostra Chiesa un pezzo alla volta
di Francesco Lamendola
L’aspetto più grave della crisi che sta vivendo la Chiesa cattolica in questi tempi non è la semplice somma degli errori teologici e dottrinali, delle stramberie pastorali e degli abusi liturgici, che pure ne sono l’aspetto più visibile e impressionante; e neppure le continue, incessanti “sparate” che fanno un po’ tutti i membri del clero, dal vertice fino alla base, anche in veste di teologi, insieme a una pletora di “fiancheggiatori” laici, in veste di filosofi, sociologi, storici, psicologi, eccetera, sia in sede ufficiale, sia in sede ufficiosa o privata, ad esempio rilasciando interviste di qua e di là, partecipando a trasmissioni radio e televisive, pubblicando giornalini, foglietti parrocchiali, ciclostilati, riflessioni, esortazioni, considerazioni, pontificando a trecentosessanta gradi, ma specialmente su argomenti di carattere sociale, sindacale, lavorativo, e dando uno speciale rilievo, si capisce, all’immancabile tema dei “migranti”, con tutto il relativo armamentario di solidarietà, accoglienza, condivisione, fraternità, integrazione, ospitalità, inclusione, e chi più ne ha, più ne metta. No: l’aspetto più grave, ancora più grave di tutti questi, che già sono estremamente gravi, consiste nel progressivo, silenzioso, abilmente camuffato gioco di prestigio, che consiste nel far sparire Dio dalla religione, dal Vangelo, dalla morale cattolica. E il gioco è arrivato ormai a buon punto; ancora poco, e la sparizione sarà completata. Già il dio che ci resta fra le mani, ora come ora, è un dio a scartamento ridotto: non è il Padre celeste, non è il Figlio unigenito, non è lo Spirito santo; è una specie di entità evanescente, volatile, o perlomeno liquida, pronta a evaporare alla prima occasione. Che non può tardare: perché l’obiettivo è questo; si tratta evidentemente di un disegno e non di una mera, impersonale fatalità; quel che sta accadendo non è il risultato dell’azione convergente di una mentalità nuova, è la mentalità nuova che è il risultato di un piano preordinato, paziente, metodico, intrapreso secoli fa, ma giunto quasi a maturazione al tempo del Concilio Vaticano II, e attualmente in piena fase di attuazione.
Formalmente, la religione cattolica è sempre la stessa; si parla, sì, di continuità o discontinuità nella linea post-conciliare, ma si vuole intendere che il cambiamento si svolge coerentemente con la tradizione (con la lettera minuscola), e che, pertanto, la religione attuale è la stessa che veniva insegnata, e che praticavano, e nella quale credevano, i nostri genitori e i nostri nonni. Invece non è così: è cambiata in profondità, è stata sostituta un pezzo alla volta, un rito alla volta, una preghiera alla volta, una lezione di catechismo alla volta, una omelia alla volta, una intervista alla volta, un abuso liturgico alla volta: col risultato che quello che ci troviamo fra le mani non è il cattolicesimo dei nostri genitori e dei nostri nonni, per il semplice fatto che la Chiesa attuale non è la stessa Chiesa di allora.
È stata intaccata in profondità da una chiesa parallela, subdola, astuta, modernista e quindi eretica, ma che non ha osato presentarsi apertamente per ciò che era; e che, così facendo, è riuscita a carpire la buona fede dei molti, e ha potuto avvalersi della mala fede dei pochi partecipi della congiura: perché di una congiura si è trattato. Più precisamente: di una congiura massonica, favorita e stimolata da settori della massoneria ebraica, il B’nai B’rith, e, verosimilmente, finanziata dalla grande finanza internazionale. Sì, perché per attuare una congiura di simili proporzioni ci vogliono anche mezzi materiali immensi; ci vuole la disponibilità di somme immense di denaro. Si tratta di comprare, o influenzare, la stampa mondiale, le televisioni, il cinema, la letteratura, lo spettacolo. Quando si arriva alle ultime ruote del carro, per esempio al comico Roberto Benigni che ci dà la sua personale versione del Vangelo, o al giornalista di questo o quel giornale “cattolico”, che ci impartisce il suo spot a favore dello ius soli, vuol dire che le direttive sono partite dall’alto: da molto in alto. Attenzione. Non stiamo dicendo che tutti questi personaggi, compresi i comici o i giornalisti, sono consapevoli partecipanti della congiura; niente affatto: molto probabilmente, essi credono di essere quanto mai liberi e indipendenti, e, di fatto, non c’è nemmeno bisogno che qualcuno dia loro questa o quella imbeccata: fanno tutto da soli, e, guarda caso, fanno esattamente quel che desidera il potere finanziario occulto. Ogni volta che questi signori strillano e starnazzano un poco le loro belle frasi sull’accoglienza dei migranti, per esempio, il signor George Soros si frega le mani per la soddisfazione. Curioso, vero? La grande finanza approva: approva tutto quel che la neochiesa modernista e progressista sta facendo, più o meno spontaneamente, da una cinquantina d’anni. Senza nemmeno bisogno che impartisca ordini. Che bello, quando i soldati obbediscono da soli, captando telepaticamente gli ordini dei generali. Il comandante non deve neanche prendersi il disturbo di galoppare fra i reggimenti schierati, su di un cavallo bianco, come faceva Napoleone. L’esercito parte all’attacco, evoluisce, marcia sul fianco del nemico, lo aggira, conquista le sue posizioni, una dopo l’altra, praticamente senza che dal quartier generale sia partito un solo comando. C’è tuttavia un piccolo particolare che, forse, spiega molte cose, se non tutte: che l’esercito nemico è lo stesso che muove all’attacco. Vale a dire, che gli attaccanti stanno attaccando se stessi. E che la vittoria finale equivarrà all’autodistruzione, al suicidio del proprio esercito quell’esercito è il clero cattolico, insieme al popolo cattolico. Quando la guerra sarà finita, non avremo più né un clero cattolico, né un popolo cattolico.
Dunque, stanno facendo sparire Dio. Dio è la Santissima Trinità ed è il Verbo incarnato: sono i due dogmi fondamentali del cattolicesimo; se si tolgono quelli, non resta più nulla, perché il resto si regge su di essi. Ora, ci sono due modi di far sparire Dio, che corrispondono ai due aspetti della sua Presenza: lo si può far sparire dalla liturgia, dalle omelie, dal catechismo, dalla pastorale: per esempio, parlando sempre e solo dell’uomo, dei suoi problemi, dei suoi diritti, delle sue aspirazioni, della sua sete di giustizia, della sua libertà, del suo sogno di un futuro migliore, e via di questo passo; l’uomo nel mondo; l’uomo e il mondo; l’uomo per il mondo, il mondo per l’uomo. E da questo binomio, uomo e mondo, alla fine Dio sparisce, diventa una suppellettile, un ornamento, un sovrappiù: qualcosa di accessorio, di non essenziale. Nessuna novità, del resto: siamo nella linea della famosa “svolta antropologica” della teologia: a partire dagli anni ’60, il discorso religioso ruota attorno all’uomo, non più attorno a Dio. È stata la rivoluzione copernicana di Karl Rahner e dei monderesti camuffati da riformatori: i vari Congar, Schillebeeckx, Küng, De Lubac, passando per i don Milani e i preti operai. E, naturalmente, passando per Teilhard de Chardin, il primo degli eretici modernisti della seconda ondata (la prima è stata quella repressa con mano ferma da san Pio X, all’inizio del Novecento, cosa che al papa Sarto non è mai stata perdonata negli ambienti progressisti). Ma Teilhard verrà presto riabilitato, così come è stato riabilitato don Milani: non abbiamo il minimo dubbio in proposito. Anche lui verrà dichiarato un antesignano del Concilio, e a ragione, del resto; e anche a lui verranno resi gli onori postumi: forse qualcuno avrà anche la bella idea di farlo santo. È probabile: visto che è stato martire (secondo loro), bisogna aspettarsi la beatificazione per arrivare alla piena riabilitazione, che lavi l’onta della condanna. Dunque, dicevamo che la parola d’ordine è: parlare sempre dell’uomo; celebrare la santa Messa con il sacerdote rivolto all’assemblea; parlare di Dio, se proprio è necessario, in termini generici, come di un Padre sempre misericordioso (sempre, cioè anche in assenza di pentimento da parte del peccatore); come del resto si sta facendo con la Madonna, ridotta al ruolo “minimale” di Mamma celeste. Però di quel che la Madonna ha chiesto all’umanità, tramite i tre pastorelli di Fatima, neppure a Fatima il papa Francesco è stato capace di far parola. Parlare di penitenza, di conversione, di prossimi castighi? Ma quando mai! Una buona e dolce Mammina non parla di queste cose; non spaventa i suoi bambini, accennando alle pene dell’inferno. E anche di Gesù Cristo, la parola d’ordine è: parlarne solo in termini umani. Dire, se possibile, solamente Gesù, e non Gesù Cristo, espressione troppo “impegnativa”; e parlarne come si parla di un fratello maggiore, di un profeta, di un brav’uomo, ma pur sempre un uomo. E se no, Sergio Staino a L’Avvenire, che ci sta a fare? L’hanno chiamato per quello, no?, per umanizzare radicalmente Gesù. E poi bisogna dire, ogni volta che sia possibile: l’uomo Gesù; Gesù che si è fatto uomo… per far dimenticare che, pur facendosi uomo, Gesù resta anche Dio. È Dio e anche uomo: due nature in una sola Persona.
L’altra forma della Presenza di Dio tra i cattolici è quella che si realizza nel Sacrificio eucaristico: la Presenza Reale. Fateci caso: quanti preti adoperano ancora questa espressione, Presenza Reale? E, del resto, non abbiamo sentito un vescovo, il vescovo Brambilla di Novara, riprendere lo slogan (demenziale) di una trentina d’anni fa, meno messe, più Messa? L’obiettivo a cui punta il clero modernista è quello di “protestantizzare” il Sacrificio della santa Messa: vale a dire, arrivare a trasformarlo, a poco a poco, in una semplice commemorazione dell’Ultima Cena. Togliere alla formula sacramentale: Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo (…); bevetene tutti, perché questo è il mio Sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati (Matteo, 26, 26-28), il suo significato concreto, immediato, e ridurla ad una formula generica, astratta. In attesa di arrivare al loro obiettivo finale, quello di abbassare il Sacrificio eucaristico ad un semplice rito di commemorazione, abolendo per decreto, o magari de facto, la Presenza Reale di Cristo in mezzo ai suoi fedeli, la neochiesa gnostica e massonica procede con una strategia più graduale e meno scioccante: procede con la lenta sostituzione con dei gesti e delle parole umani, ai gesti sacri e alla Parola divina.
A che serve, o a chi, una religione senza Dio?
di Francesco Lamendola Del 19 Ottobre 2017
continua su:
Il finimondo per un’Ave Maria
di Giuliano Guzzo
Ci vuole davvero coraggio, oggi, per un’Ave Maria. Certamente ne ha avuto la docente di glottologia dell’università di Macerata che, venerdì scorso, unendosi a un’iniziativa prevista alle 17:30 in tutta la penisola, ha interrotto la lezione invitando (non certo costringendo) gli studenti che se la sentivano a recitare un’Ave Maria. Un simile gesto, infatti, coi tempi che corrono non sarebbe potuto non costare a Clara Ferranti, questo il nome della professoressa, un’ondata di critiche, subito giunte da più parti, rettore in testa, il quale ha stigmatizzato l’accaduto – ricorrendo, senza avvedersene, al frasario clericale in voga – quale esempio di quei «gesti divisivi» da lasciarsi alle spalle.
Fortunatamente il vescovo locale, Nazzareno Marconi, ha saputo ironizzare («Chiediamo scusa per aver destabilizzato la serenità di un’Università»), anche se è indubbio come l’interruzione della docente – ancorché esauritasi in 25 secondi, tempo che non di rado, nell’arco di una lezione, i professori universitari dedicano ad altro rispetto alla condivisione del loro sapere – sia stata irrituale e in effetti, sotto diversi punti di vista, inopportuna. Non occorre tuttavia fantasia per immaginare che se la stessa docente avesse interrotto la medesima la lezione per un coming out, una filippica contro il razzismo o un breve comizio a favore dello ius soli, le cose sarebbero andate diversamente.
Avremmo difatti avuto la professoressa coccolata dai media, devotamente intervistata da testate cattoliche à la page e invitata a qualche iniziativa di partito (vi lascio indovinare quale) o da un’alta carica dello Stato particolarmente sensibile a questi temi (vi lascio immaginare chi). Invece, essendo l’interruzione lampo della lezione stata dovuta a una semplice preghiera, gli eventi hanno preso ben altra piega, con la donna finita al centro di polemiche e nel mirino di studenti letteralmente scandalizzati. Per la verità, agli indignados si potrebbe rammentare che l’università, a loro dire così minacciata da quei 25 secondi di un’Ave Maria, mai sarebbe esistita senza il medioevo cristiano. Ma dinnanzi a simili esempi di “cultura”, meglio non infierire.
https://giulianoguzzo.com/2017/10/18/il-finimondo-per-unave-maria/
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.