ATTENTI AI FALSI MAESTRI
di Francesco Lamendola
Come suonano di attualità, purtroppo, le parole di san Pietro, nella seconda lettera che porta il suo nome (2, 1-22; tradizione a cura di U. Vanni):
Ci furono falsi profeti nel popolo: ugualmente anche tra voi ci saranno falsi maestri, i quali introdurranno divisioni pericolose e, rinnegando il loro padrone che li riscattò, attireranno su se stessi una rovina veloce. Molti seguiranno le loro lascivie e per causa loro la via della verità sarà denigrata. Nella loro cupidigia cercheranno di comprarvi con discorsi artefatti: ma il loro giudizio di condanna già da tempo è in azione e la loro perdizione non ritarda.
Dio infatti non perdonò agli angeli che avevano peccato, ma, condannandoli al tartaro, li confinò nelle fosse tenebrose perché vi fossero trattenuti fino al giudizio. Non perdonò al mondo antico, ma quando scatenò il diluvio sul mondo degli empi, custodì Noè come ottavo in quanto annunciatore di giustizia; condannò le città di Sodoma e Gomorra, incenerendole, dando un esempio agli empi di quanto accadrà nei tempi futuri; salvò il giusto Lot, tormentato dalla condotta sfrenata di gente senza legge. Infatti abitando, lui giusto, in mezzo a loro, sentiva la sua anima retta tormentata giorno per giorno da ciò che vedeva ed udiva in opere inique: il Signore seppe salvare i buoni dalla prova e conservare i cattivi fino al giorno del giudizio per punirli, specialmente coloro che seguivano la carne nella bramosia di turpitudini e disprezzavano la dignità del Signore.
Incoscienti ed egoisti, non tremano e davanti alle manifestazioni della gloria, bestemmiando, mentre gli angeli, pur essendo in potenza e forza superiori, non reggono al giudizio di condanna pronunciato presso il Signore su di loro. Questi invece, come bestie irragionevoli, nate proprio per essere catturate e per morire, bestemmiano ciò che non conoscono e periranno della morte loro, subendo a loro danno il contraccambio della malvagità; ritengono delizia il piacere di un giorno; macchiati e luridi, si immergono nel piacere, facendo a voi buon viso con sedizioni ingannevoli.
Hanno gli occhi pieni di passione per l’adultera, non cessano di saziarsi di peccato, adescano le persone deboli, hanno il cuore assuefatto alla cupidigia, sono figli di maledizione; abbandonando la via retta si sono smarriti, hanno seguito la via di Balaam, di Bosor, che amò la ricompensa di ingiustizia ed ebbe una lezione per la sua iniquità: un giumento muto, esprimendosi in voce umana, frenò l’idiozia del profeta.
Costoro sono sorgenti senz’acqua, nubi in preda al vento della tempesta: è riservato loro il buio delle tenebre. Mediante parole tronfie e vanitose adescano, sollecitando gli istinti lascivi della carne, coloro che non si distaccano del tutto da quanti stanno vivendo nell’errore. Promettono loro la libertà, mentre sono, essi stessi, schiavi della corruzione: ciascuno infatti rimane schiavo di ciò che lo vince. Se infatti dopo aver fuggito le brutture del mondo mediante la conoscenza approfondita del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo, impigliandovisi di nuovo, sono vinti, la loro situazione ultima diventa peggiore di quella iniziale. Sarebbe stato infatti meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, che, dopo averla conosciuta, tornare indietro dai comandamenti santi loro dati. A loro è accaduto quanto dice un proverbio vero: “il cane si rivolge verso ciò che ha vomitato”; e “la scrofa, lavata, ritorna a sguazzare nel fango”.
Perché queste parole dovrebbero avere un sapore di amara attualità, visto che la chiesa di papa Bergoglio sembra essere, più che mai, la chiesa dei poveri, degli ultimi, oltre che dei misericordiosi, e quindi di tutto la si può accusare, ma non certo di indulgere ai vizi e alla crapula? Si rileggano con attenzione le espressioni di san Pietro: egli incomincia il suo discorso dicendo: anche tra voi ci saranno falsi maestri, i quali introdurranno divisioni pericolose; e ancora: per causa loro la via della verità sarà denigrata; e ancora:cercheranno di comprarvi con discorsi artefatti. Dunque, i cattivi maestri non sono soltanto quelli che danno il cattivo esempio del vizio, del peccato e dell’incoerenza morale rispetto al Vangelo. Al contrario, i cattivi maestri possono anche essere moralmente irreprensibili, e condurre una vita casta, perfino ascetica: ciò, del resto, ricollegandoci con il primo termine di paragone istituito da san Pietro, cioè i falsi profeti dell’antichità, storicamente si attaglia a non pochi cattivi maestri che si sono succeduti nella storia della Chiesa, particolarmente agli eretici. Da Pelagio, su, su, fino a Calvino, e passando per i “perfetti” del catarismo, non risulta che questi e altri simili personaggi, ugualmente promotori di lacerazioni dolorosissime, fossero dei viziosi o degli incontinenti; risulta, al contrario, che fossero di costumi intemerati. Ma si può essere cattivi maestri, anzi pessimi, pure in un altro modo, perfino più dannoso: propagando dottrine false, che allontanano i fedeli dalla Rivelazione divina. Non solo: pur essendo personalmente casti, si può essere colpevolmente indulgenti verso i peccati della lussuria, della superbia, della cupidigia, ad esempio predicando una troppo facile e troppo scontata misericordia da parte di Dio, e dando a intendere, contro la verità e contro la buona fede, che i peccati, in fondo, sono qualcosa di rimediabile, esclusivamente in virtù della grazia di Dio. Ma questa è un’idea tipicamente protestante. Per un cattolico, il peccato è il peccato, cioè una cosa estremamente grave; e, anche se ai neopreti e ai neofrati della neochiesa, come padre Ermes Ronchi, questo discorso non piace, perché lo bollano con l’espressione spregiativa di “pedagogia della paura”, e non vogliono neppur sentirlo, la verità, la verità cattolica (e non ci sono altre verità, per un cattolico, perché un cattolico non è, né potrebbe mai essere, un relativista; così come Dio, per un cattolico, è certamente cattolico, spiacenti per tutti gli altri, diceva il filosofo Jean Guitton: anche se papa Francesco la pensa in altro modo, ma quello è un problema suo) è che il peccato mortale conduce l’anima dritta all’Inferno.
Che poi Dio sia sempre pronto a perdonare, come un Padre amorevole, su questo non ci piove minimamente: tuttavia, nemmeno Dio può perdonare chi non chiede di essere perdonato, non può accogliere chi non vuole essere accolto, non può rimettere il debito a chi non vuole che gli sia rimesso: se lo facesse, allora Egli stesso calpesterebbe quel dono infinitamente prezioso, il libero arbitrio, che egli ha fatto a ciascun’anima, e in virtù del quale l’uomo si sceglie il proprio destino, sia terreno che ultraterreno. Che l’uomo non possieda il libero arbitrio, questa è un ‘altra idea protestante, una delle idee centrali di Lutero, e anche una delle più esiziali, forse la più esiziale in assoluto; dalla quale deriva un’atra idea gravemente erronea, vale a dire eretica – perché gli errori teologici si chiamano eresie, anche se pure questa parola è stata messa in naftalina, in qualche armadio polveroso che nessuno vuole più aprire – e cioè che, per la salvezza, è sufficiente la sola fede, senza le opere buone. Qualsiasi studente di teologia del primo anno, anzi, qualsiasi studente di scuola media che abbia studiato, anche solo per sommi capi, la cosiddetta Riforma protestante sui libri di storia, sa che la posizione cattolica, sempre affermata dai primi temi della Chiesa, e ribadita nel Concilio di Trento, è ben diversa: la salvezza, infatti, è il frutto sia della fede, e quindi della grazia di Dio, sia delle opere buone, e cioè del libero, volontario impegno dell’uomo, della sua partecipazione al disegno di redenzione voluto da Dio. Senza questo secondo elemento, l’uomo sarebbe ridotto a un burattino nelle mani di Dio: ci si salva con la sola fede; comodo! E allora, non c’è bisogno che l’uomo faccia niente, assolutamente niente. Meglio ancora: può peccare a volontà, può sprofondarsi nei vizi come un maiale nel brago: basta che ripeta, con l‘eretico Lutero: Pecca fortiter, sed crede fortius! Bella roba: questa è la teologia dell’accidia, della pigrizia, della furberia da quattro soldi: credo, e così mi dispenso da ogni fatica e sacrificio; credo, e così posso continuare a peccare, basta che poi mi penta e torni a Dio: tanto, fa tutto Lui, io sono sollevato da qualsiasi responsabilità, è una dottrina morale miserabile, che va bene per i porci, non per gli esseri umani: non per nulla Lutero era noto, nella Chiesa, come il cinghiale di Sassonia; e dicevano “il cinghiale” per non dire “il porco”: ma è proprio questo che pensavano. E lo pensavano a ragione. Lutero si è fatto frate, pare, per sfuggire alle conseguenze di un omicidio, cioè per scansare la galera o la forca; poi, non aveva ancora finito di assestare le sue ferite tremende alla Sposa di Cristo, che già si strappava di dosso la tonaca di frate agostiniano, e convola a nozze con una ex suora, Katharina von Bora, pure lei tratta fuori dal convento dalle assurde, puerili e sacrileghe dottrine sulla salvezza mediante la sola fede e sulla predestinazione. E per ritrovare l’unità con simili dottrine, i cattolici stanno svendendo, ora, secoli e secoli di retta dottrina? Ma tant’è: fin dal giugno del 2016, di ritorno dal suo viaggio pastorale in Armenia, papa Francesco si è abbandonato, in una incredibile conferenza stampa improvvisata (pare che le interviste ad alta quota gli piacciano molto, e lo ispirano a spararle sempre più grosse) a dire che, sulla predestinazione, Lutero aveva ragione; e che su ciò – ha aggiunto, ribadendo il concetto - oggi siamo tutti d’accordo, dunque è d’accordo anche la Chiesa cattolica, la quale, nel Concilio di Trento, aveva deciso e stabilito esattamente il contrario.
Cari cattolici, visto che è di voi che si sta parlando, voi questo lo sapevate? Qualcuno si era preso il disturbo d’informarvi che, sul punto centralissimo della predestinazione, la dottrina di Lutero è stata pienamente riabilitata, che la Chiesa cattolica ha confessato di essersi sbagliata per almeno cinque secoli, e che ora ha fatto doverosa ammenda, inglobando nella propria dottrina questo nuovissimo dogma luterano, che chi si salva e chi si danna, lo fa non per una propria scelta verso il bene o verso il male, ma per una decisione che Iddio ha già preso, riguardo a ciascuno di noi, prima ancora del nostro concepimento?
«Per causa loro la via della verità sarà denigrata»
di Francesco Lamendola
Del 04 Ottobre 2017
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