Reso pubblico il documento col quale chierici e laici richiamano Papa Francesco per avere scritto, detto ed agito in maniera da favorire la diffusione di eresie, era inevitabile che si facessero sentire molte voci a favore e contro questo documento che si è voluto chiamare “correctio filialis”.
Esporremo qui alcune considerazioni relative a certi aspetti controversi contenuti nei vari interventi, prendendo in considerazione, ovviamente, gli elementi più importanti, aventi una portata generale, e trascurando quelli marginali che in questi casi finiscono inevitabilmente col presentarsi mischiati ai primi.
E’ stato detto che non poteva trattarsi di un formale atto di accusa di eresia, e questo è logico, perché i firmatari del documento non hanno titolo per formularne uno.
Ma, se questo è vero, così come titola il documento stesso: “correctio filialis”, evitando tecnicamente di presentarsi come “correctio fraterna”, meno vera è la giustificazione che un atto di accusa equivarrebbe a riconoscere che il Papa avrebbe commesso il crimine di eresia, riconoscimento che, è stato obiettato, non è sostenibile, perché solo Dio conosce le vere intenzioni dei peccatori e dei colpevoli.
Tale giustificazione si scontra però con due fattori che, ognuno a suo modo, trasformano questa semplice “correzione filiale” in una “formale messa in mora per eresia”.
Il primo fattore è di carattere estrinseco: l’insieme dei fedeli cattolici ha percepito tale iniziativa come un atto di accusa, sostenuto dall’elencazione di diversi capi d’imputazione, tutti documentati. Tale percezione, per di più, persiste anche di fronte ai vari distinguo e alle diverse precisazioni, che al massimo potranno essere prese in considerazioni come elementi “attenuanti”.
Per il semplice fedele: il Papa è stato accusato di eresia; cosa che resta e resterà così, indipendentemente dal fatto che il fedele possa essere d’accordo o no.
Il secondo fattore è di carattere intrinseco: chi potrebbe essere certo delle vere intenzioni del Papa? Ebbene, a noi sembra che, al di là del giudizio ultimo che è di Dio, si possa rispondere in maniera semplice e lapidaria: il sensus fidei!
In effetti, tutta la questione in ballo non è relativa ad un solo fatto più o meno imputabile a Papa Francesco; la stessa “correctio filialis” parla di “scritti, parole, atti ed omissioni”, così che più che di un pronunciamento o di un atto, per Papa Francesco si tratta piuttosto di un’attitudine, di un costume, di un suo modo d’essere.
Papa Francesco non è incorso più o meno accidentalmente in uno o più errori, Papa Francesco, in maniera abituale, scrive, parla ed agisce in modo da favorire l’eresia. Questo esime il fedele dalla preoccupata ricerca della vera intenzione del Papa, perché più che l’esame attento, ciò che vale in questo caso è l’evidenza. Chi in maniera abituale, per più anni consecutivi, favorisce l’eresia, non potrebbe mai avere un’intenzione diversa, salvo il caso della conclamata demenza, caso che non è quello di Papa Francesco.
Ora, se è vero, com’è vero, che il sensus fidei dei fedeli è un fattore in grado di guidare addirittura il comportamento degli stessi chierici, non v’è dubbio che se esso percepisce che il Papa in carica agisce in modo da favorire l’eresia, la cosa, non solo può tranquillamente essere ritenuta vera, ma è pacifico che sia imputabile all’intenzione del Papa.
Intendiamoci, è anche vero che molti fedeli condividono sentimentalmente il magistero pastorale di questo Papa, ma ciò non recita a favore del sensus fideirichiamato prima, ma manifesta piuttosto una sorta di sensus perfidiae: una disposizione interna di tali fedeli identica a quella di Papa Francesco. E tale disposizione, che equivale alla perdita della fede, può ricondursi solo all’inevitabile conseguenza di tanti anni nei quali l’andamento dottrinale, liturgico e pastorale del cattolicesimo ufficiale ha condotto a quella che gli stessi papi del post-concilio hanno chiamato: “apostasia silenziosa”. E allora tale condivisione porta a concludere che l’“apostasia silenziosa” non è solo serpeggiante nella vita dei cattolici odierni, ma è presente anche in Papa Francesco, con la doppia aggravante che qui si tratta del Papa e non del semplice fedele, e che il Papa la manifesta in maniera tutt’altro che silenziosa.
Se quindi, in definitiva si può parlare correttamente di diffusione dell’eresia e dell’apostasia, nasce il problema della coerenza di questi due mali con l’esercizio del ministero papale.
Non possiamo soffermarci sulle implicazioni teologiche e canoniche di questo problema (diversi articoli sull'argomento sono già stati pubblicati su questo sito), ma possiamo considerare che, dati i tempi bui in cui viviamo, è possibile che un papa sia un cattivo papa e perfino un papa indegno, ma dal momento che nell’essere sia l’uno sia l’altro lo è in quanto Papa, non è possibile avanzare l’ipotesi che non lo sia; diversamente i due appellativi sarebbero poco significativi: siamo tutti peccatori!
Questo, però, non può tenersi come una giustificazione, tutt’altro, si tratta semplicemente di un fatto, che in qualche modo deve indurre a riflettere sul perché il Signore permetta che accada tutto questo; e noi supponiamo che il processo di allontanamento da Dio, anche dei chierici, dei vescovi, dei cardinali e dei papi, si è spinto così oltre da portare Nostro Signore a mettere alla prova i veri credenti, proprio con strumenti come l’attuale deriva para-eretica e para-apostatica del Papa attuale.
Solo chi saprà resistere alla tentazione di accodarsi all’andazzo negativo potrà sperare di essere annoverato tra i veri seguaci di Cristo.
Se guardiamo adesso alla risonanza mediatica che ha suscitato la correctio filialis e alle fibrillazioni che si sono manifestate in Vaticano, sarà opportuno considerare principalmente due cose.
La prima è che in un mondo come il nostro, fatto di rumori, di immagini e di suggestioni, un documento del genere non poteva passare sotto silenzio, anzi, è servito proprio ad alimentare il circo mediatico delle notizie sensazionali, soprattutto quando eccezionali non sono. Non è la prima volta, infatti, che chierici e laici richiamato Papa Francesco, con i mezzi più diversi, e ogni volta ne è seguita una corrispondente risonanza mediatica, ma senza che sia poi accaduto alcunché di particolarmente interessante, magari con atti e decisioni conseguenti. Il mondo in cui viviamo è come un muro di gomma, sul quale rimbalza tutto senza lasciare traccia, e questo vale anche per il mondo cattolico: in cinquant’anni di sfacelo post-conciliare nulla ha corretto anche solo in parte le malefatte, anzi, anno dopo anno, siamo perfino giunti sia a Papa Francesco, con le sue più o meno palesi eresie ed apostasie, sia ad una consistente parte dell’odierno mondo cattolico che, spalla a spalla col mondo acattolico e anticattolico, ne condivide l’esercizio del magistero e perfino lo applaude.
Questo sta a significare che l’eco prodotta dalla correctio filialis, di primo acchito eclatante, lascerà ben presto il posto all’indifferenza.
La seconda cosa è la reazione di Papa Francesco, manifestatasi perfino subito dopo che gli era stata recapitata la correctio.
Abbiamo già parlato di questo in un nostro precedente intervento (Francesco a ruota libera… arrota tutto! Anche la correctio filialis), quindi qui non vi ritorneremo, ma ci limiteremo a considerare che Papa Francesco ha troppa considerazione di sé per rimanere turbato da un testo più o meno accusatorio, ed è troppo convinto della bontà e perfino della necessità del suo eterodosso magistero, per poter anche solo pensare di rifletterci su. Non bisogna dimenticare che i famosi dubia dei quattro cardinali (di cui due sono morti), Papa Francesco non li ha degnati della minima risposta.
D’altronde, l’elezione di Bergoglio a Papa è stata voluta proprio in vista della concreta possibilità di ribaltare ciò che è rimasto della Chiesa cattolica, per trasformarla in una qualunque aggregazione ecclesiale in grado di adattarsi alla moderna esigenza di una religione unica mondiale che raccolga tutti i resti delle vecchie religioni finora esistenti.
Si tratta di qualcosa che demolisce la missione assegnata da Nostro Signore alla Sua Chiesa e ai suoi Apostoli, Pietro in testa; ma l’alternativa comporterebbe il rifiuto e il martirio, e a nessuno dei prelati moderni, fin da quelli che vollero il Vaticano II così com’è, è disposto ad affrontare lo scontro col mondo, figuriamoci subire il martirio.
E Papa Francesco è il personaggio adatto per lisciare il pelo del lupo anticattolico, secondo il suo verso… è questo che spiega perché il lupo non ringhia, ma scodinzola compiaciuto ad ogni intrapresa di Papa Francesco.
Stando così le cose, la prospettiva si ribalta: secondo la logica vigente a partire dal Vaticano II, non sarebbe Papa Francesco che diffonde eresie, ma è la correctio filialis che commette l’errore di credere che il magistero di questo Papa non sia cattolico.
In conclusione, per quanto la correctio possa sembrare il più grave atto di accusa che possa venire rivolto alla persona del Pontefice regnante, di fatto si rivela essere una sorta di fastidiosa interferenza che lascia indifferente questo Pontefice, il quale potrebbe scuotersi, e perfino dimettersi, solo di fronte ad una presa di posizione del collegio dei cardinali che lo mettesse formalmente in stato di accusa, spingendosi fino alle ultime conseguenze.
Si può pensare che questo possa realmente accadere, visto che sono stati proprio questi cardinali a volere Bergoglio al Soglio pontificio… pienamente coscienti di ciò che facevano?
Noi pensiamo che solo un intervento divino possa portare alla correzione del disastroso stato attuale della Chiesa moderna, un intervento che molto probabilmente avrà un carattere apocalittico, perché anche nell’eventualità ipotizzabile della sostituzione di Papa Francesco, magari a seguito delle sue forzate dimissioni o – tutto è possibile – della sua dipartita, il nuovo Papa, per quanto ben disposto, sarebbe in balia della medesima gerarchia e quindi impossibilitato ad agire in maniera ortodossa.
Non c’è scampo?
E’ sempre più ragionevole ritenere che l’unica possibilità di mantenere la fede sulla terra consista ormai nel persistere in essa di piccoli gruppi di fedeli cattolici, chierici e laici, i quali, prescindendo dalla gerarchia ufficiale, si staccano per quanto possibile dal mondo e conservano e trasmettono la Tradizione cattolica anche a costo della persecuzione e del martirio.
Preghiamo, quindi, perché il Signore provveda ad inviarci dei santi sacerdoti per questa bisogna.
di Belvecchio
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