NEOCHIESA E CARISMA MARIANO
di Francesco Lamendola
Ormai la neochiesa ha riabilitato tutti, o quasi tutti, quelli che voleva riabilitare, per ragioni funzionali al cambiamento ch’essa ha voluto imprimere alla vita della vera Chiesa cattolica, non solo sul piano liturgico e pastorale, ma anche su quello dottrinale e teologico. Ha riabilitato don Milani e don Mazzolari; ha riabilitato i preti operai e i teologi di strada, e ora anche il progressista cardinal Lercaro; ha riabilitato perfino Lutero e la sua sedicente riforma, che altro non è stata se non lo sfascio della Chiesa – con relative confische dei suoi beni – e uno scisma mirante a sovvertire le ragioni stesse della fede, mediante la formula della salvezza con la sola fede: formula riabilitata anch’essa, incredibilmente, da papa Francesco, sull’aereo che lo riportava dall’Armenia, nel viaggio del giugno 2016. Solo i cattolici che non si sono mai ribellati contro la Chiesa e contro il papa - beninteso, prima del Vaticano II -, solo i teologi, i preti e le suore che sono sempre rimasti perfettamente uniti alla dottrina e alla pratica cattolica, solo i fedeli che si son tenuto stretti alla Tradizione, al culto mariano, al Rosario, e che si sono sempre affidati agli Angeli e ai Santi, accettando umilmente la dottrina cattolica, così come l’avevano ricevuta e come, per secoli, è stata insegnata e vissuta, solo quelli non vengono “riabilitati”, non salgono agli onori delle cronache, non ricevono attenzioni dalla C.E.I. e da Avvenire, da monsignor Paglia e da Famiglia Cristiana; solamente loro non ricevono mai l’onore di una citazione da parte del papa, nelle sue quotidiane omelie dalla Casa di Santa Marta, e meno ancora una parola di stima o d’incoraggiamento dal pontefice, nel corso delle sue numerose ed estemporanee interviste, programmate o a braccio, e rivolte con una certa preferenza ai campioni del radicalismo e dell’anticlericalismo, a cominciare dal quotidiano La Repubblica.
Anzi, si può dire di più: solamente loro vengono ignorati, e, non di rado, mal sopportati, perfino maltrattati e perseguitati, com’è accaduto ai Francescani e alle Francescane dell’Immacolata, una congregazione fiorente di vocazioni, con decine di case e centinaia di religiosi e religiose sparsi in tutto il mondo, che sono stati commissariati, umiliati e praticamente sequestrati dalla “misericordiosa” chiesa di Bergoglio, ormai da più di quattro anni: dal luglio del 2013, cioè da pochi mesi dopo che il nuovo pontefice era stato eletto. E nessuno ha mai spiegato che cosa abbiano fatto, esattamente, di così grave, a parte le accuse retrospettive rivolte al loro fondatore novantenne; e nessuno, d’altra parte, si è scomodato a chiedere al papa che rivelasse le ragioni di un trattamento così duro. Milioni di cattolici, evidentemente impecoriti da anni di servile conformismo, hanno taciuto davanti ad un’azione così grave e così inusuale: come è possibile che un papa perseguiti, come fossero dei nemici mortali, i più fedeli campioni e custodi della pietà francescana e mariana? Forse che proprio questo loro carisma dà fastidio a qualcuno, è di disturbo a qualcuno, perché attraversa i suoi iniqui progetti di “normalizzare” la Chiesa mediante il nuovo corso, il quale, più che a un cambiamento, somiglia sempre più a un colpo di stato?
I Francescani e le Francescane dell’Immacolata, fra l’altro, sono i più diretti continuatori ideali dello speciale carisma, mistico e missionario al tempo stesso, che animava san Massimiliano Kolbe, il martire di Auschwitz. Tutti, più o meno, conoscono il sacrificio eroico di costui nel campo di sterminio di Auschwitz, quando chiese e ottenne di prendere il posto di un padre di famiglia, che era stato condannato, con altri compagni di sventura, per ritorsione contro la fuga dal campo di alcuni prigionieri; ma ridurre a ciò la vita di san Massimiliano Kolbe è veramente riduttivo. Egli è stato un campione ardente, intrepido, instancabile, pur nella sua fragilità fisica (era malato, sin dalla giovinezza, di tubercolosi), del carisma francescano, e particolarmente di quello mariano: fin dal 1917, con alcuni confratelli, aveva fondato la Milizia dell’Immacolata, per poi diffondere in ogni parte del mondo, a partire dal convento di Niepokalanów, in Polonia, e fino in Giappone, la rivista Il cavaliere dell’Immacolata, la quale, partendo dal nulla, nel 1938, aveva raggiunto la tiratura incredibile di un milione di copie. Nel fare ciò, padre Kolbe non s’inventava nulla di nuovo: il carisma mariano dei Francescani è infatti antichissimo, basti dire che i Francescani si sono spesi, nel corso dei secoli, per ottenere dalla Chiesa il riconoscimento dell’Immacolata Concezione di Maria, impegno giunto al suo pieno coronamento l’8 dicembre 1854, allorché il papa Pio IX l’aveva proclamata solennemente, come dogma, con la bolla Ineffabilis Deus.
Tutta la vita di padre Kolbe, avventurosa come un romanzo, bruciante di fede in Gesù e Maria, è un prodigio di volontà, di sacrificio, di totale dedizione e fiducia assoluta nell’aiuto soprannaturale: in tutte le sue “crociate” egli è partito praticamente da zero, non di rado suscitando la perplessità e le critiche dei vertici ecclesiastici; e ogni volta ha mostrato la verità del fatto che Dio e la Madre di Cristo non lesinano il loro soccorso a quanti lottano per diffondere il Vangelo e la devozione cattolica, anche in mezzo alle difficili sfide del mondo moderno, materialista, irreligioso e ateo. Padre Kolbe era preparato a tutto; non considerava importante proteggere la sua salute e la sua stessa vita: al contrario, cercava quasi il martirio, e alla fine l’ha trovato, non perché non amasse la vita o perché sottovalutasse il bene che poteva ancora fare, ma perché si riteneva solo un umile strumento nelle mani di Dio: lui, uomo coltissimo, con due lauree, che si adattava alle mansioni più umili, senza fiatare, anzi, se le sobbarcava volontariamente, sino a sanguinare alle mani per stampare, con mezzi rudimentali, Il Cavaliere dell’Immacolata, destinato a volare per il mondo, e fino a dormire in una baracca dal tetto sfondato, con la neve che cadeva, in pieno inverno, lui malato di tubercolosi; uno strumento come Dio ne sa suscitare anche dai sassi e dei quali si serve, Lui, non noi, per portare a compimento i suoi disegni ineffabili. Oltre a questo ardore di carità, a questo zelo apostolico veramente straordinario, che fanno di lui quasi un san Francesco del XX secolo, padre Kolbe era un uomo di pensiero, laureato in filosofia e in teologia; un uomo che, avendo molto viaggiato, osservato e riflettuto, si era reso conto di quanto tentacolari fossero le manovre della massoneria internazionale per soffocare la Chiesa o per penetrare al suo interno; e inoltre, pur essendosi prodigato, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, per ospitare e nascondere quanti più ebrei possibile dai loro carnefici nazisti, non si era mai nascosto quanto anche certe manovre giudaiche avessero pesato nel creare il clima d’irreligiosità e d’inimicizia dell’uomo moderno verso Gesù Cristo e la sua divina Madre, e quanto la finanza ebraica avesse contribuito ad inasprire le relazioni internazionali, persino favorendo l’ascesa al potere di Hitler, con le sue potentissime banche, per certi suoi calcoli inconfessabili e mai completamente chiariti, anzi, mai neppure seriamente esaminati dagli storici contemporanei. Che sia proprio qui la chiave per capire un certo imbarazzo della neochiesa nei confronti di padre Kolbe , nonché la sua ostilità verso i suoi più diretti figli spirituali, i Francescani e le Francescane dell’Immacolata, i quali non sono stati solo commissariati e praticamente sequestrati nelle loro case, ma anche esposti a un inaudito linciaggio morale, e bombardanti con una serie di accuse infamanti? Che sia qui, nell’aver riconosciuto nella massoneria e in un certo giudaismo politicizzato, una grave e imminente minaccia alla Chiesa cattolica, la radice dell’atteggiamento negativo, durissimo, che risulta altrimenti incomprensibile, mostrato dal papa attuale verso di loro? Ed è qui la spiegazione del fatto che anche di san Massimiliano Kolbe, dopo la parentesi del papa polacco, Giovanni Paolo II (che lo ha canonizzato nel 1982), ora si parla sottovoce, come temendo di dispiacere o di offendere qualcuno? E che di lui si parla, sempre che se ne parli, quasi solo per ricordare il suo martirio e per stigmatizzare la barbarie nazista; molto poco, invece, per ricordare la sua battaglia a favore del culto mariano, e mai per ricordare il suo impegno per far conoscere i nemici, occulti e palesi, della Chiesa cattolica e della Vergine Maria?
Che tutto ciò accada per la stessa ragione, o per delle ragioni assai simili, a quelle che hanno imposto un improvviso silenzio sulla figura e sull’opera di padre Léon Gustave Dehon, fondatore della congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (detta comunemente dei padri dehoniani), la cui beatificazione era già stata decisa da Giovanni Paolo II e persino fissata la sua data, il 24 aprile 2005, ma che poi, all’ultimo momento, venne “congelata” e la relativa pratica non è più stata riaperta? È forse perché “qualcuno” si è ricordato, guarda caso, di certi articoli pubblicati da padre Dehon sul giornale cattolico La Croix, che sono parsi a quel qualcuno di sapore antisemita, mentre, semplicemente, evidenziavano il ruolo non chiaro e non sempre bello svolto da certi settori del giudaismo internazionale nei confronti della Chiesa acattolica? Siccome la “teologia” di papa Bergoglio consiste nell’affermazione che bisogna cercare a ogni costo l’unità, non solo dei cristiani, ma del genere umano, abbattendo ovunque muri e gettando ovunque ponti, vuoi vedere che padre Kolbe e padre Dehon danno fastidio perché ricordano ciò che Gesù, del resto, aveva sempre detto ai suoi discepoli, cioè che il “mondo” non avrebbe accettato il Vangelo, che li avrebbe perseguitati, e che avrebbe fatto di tutto per impedire la loro opera di conversione? Vuoi vedere che questa neochiesa, così desiderosa di ricevere applausi ad ogni angolo di strada, strette di mano e pacche sulle spalle, da tutti, ma specialmente dai vecchi e nuovi nemici della chiesa, dai radicali, dai massoni, dai predicatori del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia, delle libere unioni, dei cosiddetti matrimoni gay, del libero uso della droga, eccetera: vuoi vedere che questa neochiesa mondanizzata e spettacolarizzata non tollera più che si portino a modello di santità delle figure profondamente spirituali, mistiche, innamorate di Gesù e della sua santa Madre, e che dicono, come esorta a fare il Vangelo, Sì, sì, eNo, no, chiamando amici coloro che accolgono il Vangelo e chiamando con il loro nome, cioè nemici, quelli che si adoperano in ogni modo per stravolgere il messaggio di Gesù Cristo e per distruggere l’opera della Chiesa da Lui fondata?
Il carisma mariano che non piace alla neochiesa
di Francesco Lamendola
Del 02 Ottobre 2017
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