Molti lettori chiedono da tempo perché Sua Laicità Omissis I si occupi con frequenza e modalità ossessive compulsive dei cosiddetti “migranti” e dell’obbligo di accoglienza da parte dei cristiani. In effetti, questa è la cifra fondamentale dell’attuale pontificato (o episcopato romano, come dice il titolare stesso) e lo prova il viaggio di Bergoglio a Lampedusa del luglio 2013. Quell’evento sanciva, dopo decenni di gestazione, la nascita visibile della neochiesa, con tanto di neofede, di neomorale e di neoliturgia. Il momento simbolico e fondativo non fu il blaterare di migrazioni e migranti, ma la celebrazione della neomessa su una barca camuffata da altare: è proprio quel neoaltare il simbolo che riassume, contiene e trasmette al neopopolo-di-Dio la neosalvezza.
Nel corso del convegno, si è parlato di ospitalità intesa come sacramento. Si è spiegato che da una “ecclesiologia eucaristica”, che continua dividere, si deve passare a una “ecclesiologia battesimale”, che invece è in grado di includere.
Chi ha un minimo di pratica del linguaggio omissisiano troverà nelle relazioni di questo convegno tutti i temi cari al poeta, come si diceva al liceo. Ma bisogna fare ancora un passo e arrivare alla recezione neocattolica di tale argomento. Si trova nell’articolo “L’ecumenismo dell’ospitalità”, pubblicato il 13 settembre su “Settimana News” da don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo della Cei (i maiuscoli non sono miei). Il passaggio chiave del testo è il seguente: “Una Chiesa che pensi se stessa come fondata sul battesimo, su quel sacramento che è visto da tutti come porta di ingresso nella comunità dei salvati, potrebbe aiutare la riflessione a superare l’impasse di un’eucaristia che continua a dividere, anziché a raccogliere; e, in tal modo, potrebbe aiutare i pastori e i fedeli a comprendere come ciascuno riceve ospitalità dal Risorto, che si fa cibo e bevanda per il cammino della vita e che, proprio per questo, diventa il motivo di un’ospitalità da offrire e da condividere”.
Proprio così: l’Eucaristia, cioè Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo (i maiuscoli sono miei), è una scandalosa “impasse che continua a dividere”. Perché? Perché non permette di far sedere tutti alla stessa tavola in quanto il menu non è gradito: vuoi mettere le lasagnette al ragù di manzo offerte agli ai gentili ospiti in San Petronio?
Ecco a che cosa mira l’interesse per i “migranti” e le “migrazioni”: a porre le premesse teologiche per togliere di mezzo Nostro Signore. Che nelle neochiesa è davvero di troppo. E, almeno su questo, siamo d’accordo tutti.
Alessandro Gnocchi
TRENTA RIGHE FUORI MODA – rubrica settimanale di Alessandro Gnocchi
In un giornale, “trenta righe”, sono come un sigaro toscano e una medaglia di cavaliere: non si negano a nessuno. Sono perfette per i primi balbettii di un praticante, per i funambolismi del vecchio cronista, per l’elzeviro del professore un po’ dandy e per l’editoriale del direttore. Dunque bastano anche a noi per dare un taglio veloce ed esaustivo a questa rubrica che commenta quanto accade dentro e fuori la Chiesa. Ma per favore, anche se la forma non è più quella della risposta alle vostre lettere, continuate a scrivere. Gli spunti migliori vengono sempre da voi.
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