Se Bergoglio ammette che il paradiso non è granché
«Il paradiso non è un luogo da favola e nemmeno un giardino incantato», ha detto il Santo Padre in udienza e non è una forzatura rispetto a quanto fissato nel Nuovo Testamento. Gesù cita il paradiso una volta sola, promettendolo al Buon Ladrone poco prima di spirare, e senza specificare alcunché. San Paolo dedica alla beatitudine eterna qualche parola in più, nella Seconda Lettera ai Corinzi, facendoci sapere che si trova «al terzo cielo». Nulla di materiale, sembra di capire, bensì qualcosa di etereo. Stavolta nelle parole di Papa Francesco è impossibile anche agli osservatori più malevoli cogliere divergenze con i predecessori: in un documento di Papa Benedetto XII, Quattordicesimo secolo, è scritto che «le anime di tutti i fedeli morti sono state, sono e saranno in cielo, associate al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli».
E se ci sono i santi angeli di sicuro non ci sono le 72 vergini invece presenti nel materialissimo paradiso islamico. «Fanciulle dal seno ricolmo, mai prima toccate da uomini» si legge nei versetti più allettanti del Corano, e finché leggiamo noi scettici, consapevoli dell'invenzione diciamo letteraria, non c'è nessun problema, ma quando a leggere sono giovani ingenui e frustrati, magari aizzati da imam facinorosi, ecco che il problema può diventare esplosivo. Chissà quanti fra i terroristi suicidi che hanno insanguinato l'Occidente dall'11 settembre si sono gettati nell'inferno di fuoco da loro stessi scatenato immaginando, negli ultimi istanti, il premio dell'orgiastico paradiso di Maometto. Chiedo preventivamente e cattolicamente perdono per quanto sto per dire: se il problema del paradiso islamico è l'eccesso di promessa, quello del paradiso cristiano è l'eccesso di vaghezza. «Il posto più bello che esiste» lo ha definito Papa Francesco con un'espressione che a noi poveri mortali dice tutto e dice niente. Il problema è antico visto che pure Cirillo di Gerusalemme, un Santo e un Dottore della Chiesa, mica un Vito Mancuso, quando entra nei celestiali dettagli comincia a balbettare. Commentando il Padre Nostro scrive che i cieli «potrebbero essere anche coloro che portano l'immagine del cielo tra i quali Dio abita e si muove». Potrebbero. Forse. Chissà. Chi ci capisce è bravo. Mentre quando autori biblici e commentatori e artisti affrontano l'inferno ecco che le immagini subito si stagliano. Provate a ricordare una terzina di Dante o un'incisione di Gustave Doré: nove su dieci riguarderà l'oltretomba. E innanzitutto Gesù è molto più esaustivo quando parla del luogo della perdizione eterna, la più volte citata Geenna dove finiranno nel fuoco non soltanto i corpi, anche le anime. Stavolta le parole del Papa non sono opinabili e infatti per concludere io mi rivolgo ai preti, ai predicatori: quando ci parlate del paradiso siete poco persuasivi e allora parlateci dell'inferno, sarete più convincenti.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/se-bergoglio-ammette-che-paradiso-non-granch-1456494.html
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