ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 15 ottobre 2017

Qualcuno dice che il nostro odore è cattivo


Elogio della naftalina

    Buongiorno. Sono una pallina di naftalina.
Non chiedetemi come, ma anche qui, dentro l’armadio di nonna Carlotta, arrivano le notizie. Ho saputo così che il papa Francesco ha parlato di me, di noi. Il che da un lato mi ha fatto piacere, naturalmente, ma dall’altro ha rinnovato un’antica sofferenza. Riguarda quel modo di dire diffuso tra la gente, per cui «stare in naftalina» equivale a vivere al chiuso, in un posto buio, lontani dal mondo e dalle belle cose della vita. Il che sotto molto aspetti è vero, perché noi in effetti abbiamo questo compito di conservare gli abiti e in generale i tessuti, e quindi svolgiamo il nostro lavoro per lo più negli armadi e nei guardaroba. Ma ciò non significa che noi palline di naftalina dobbiamo essere disprezzate. Ed ecco perché mi spiace molto che perfino Francesco, che è tanto buono e misericordioso, sia caduto nel luogo comune e abbia contribuito a rafforzarlo.
Che cosa ha dunque detto Francesco? Ecco la frase da lui rivolta al Pontificio consiglio della nuova evangelizzazione: «La Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al “deposito della fede” come qualcosa di statico. La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti!»

Ora io, in quanto pallina di naftalina,  non sono mai stata sindacalizzata, e in genere svolgo il mio lavoro nel più completo anonimato. Però vorrei invitarvi a riflettere: che cosa sarebbe dei vostri abiti, delle vostre belle coperte, dei tessuti di casa, dei tappeti, se noi non ci fossimo? D’accordo, so che ormai esistono altre sostanze che svolgono un compito simile al nostro, ma in molti armadi, come nel caso di questo qui, della nonna Carlotta, noi siamo ancora presenti e attive. E alziamo una vera e propria barriera protettiva contro il nemico di sempre: la tarma.
Lei, la tarma, è un animale insidioso e, si può ben dire, malvagio. Non so perché il buon Dio, nel suo misterioso disegno, l’abbia creata. La questione è una delle tante che mi sfuggono, ma poiché non sono filosofa, né tanto meno teologa, non sto a farmi troppe domande. Sta di fatto che la tarma è una vecchia nemica dei tessuti naturali ed ama cibarsi di lana, seta, cotone. Il risultato lo conoscete bene: se si lascia fare a questo vorace lepidottero, non ci sarà golfino o pullover o sciarpa o tappeto che resterà immune dalla sua azione devastatrice. In pochi istanti una tarma è capace di ridurre a un colabrodo qualche metro quadro di tessuto. E così voi, aprendo il cassetto, non trovate più il vostro indumento preferito, ma un ex indumento, pieno di buchi.
Però ci siamo noi, ci sono io. E noi qui vigiliamo «H 24», come si suol dire. Giorno e notte, in ogni stagione. Anche a Natale e a Pasqua. Non andiamo mai in ferie e non chiediamo nulla. Solo di poter stare al nostro posto, di sentinella, a vigilare contro le tarme, per respingere ogni loro malefico assalto.
Ecco perché dico che il luogo comune sul nostro conto è obsoleto e ingiusto. Stare in naftalina non vuol dire isolarsi e disprezzare il mondo. Vuol dire invece applicazione e impegno nella protezione. Oso parlare di devozione. Perché difendiamo qualcosa che voi umani avete a cuore. Perché conserviamo con cura ciò che per voi umani rappresenta un tesoro, piccolo o grande che sia.
Pensate che qui dentro, nell’armadio, la nonna Carlotta conserva perfino una pelliccia. Di visone. Non lo dico troppo forte, perché so che oggigiorno possedere una pelliccia vera, non sintetica e non ecologica, equivale a un reato, e non vorrei proprio che la nonna Carlotta si ritrovasse sotto attacco da parte di qualche manipolo di animalisti scatenati, con tanto di vernice rossa spruzzata sopra la pelliccia. D’altra parte questa pelliccia la nonna Carlotta non la indossa mai. Sapete com’è: ormai le mancano le occasioni. E poi a una certa età alcune cose non servono più come una volta (nel caso di una pelliccia, per riscaldare ed essere eleganti) ma per i ricordi che trasmettono. Comunque sia, dicevo, qui c’è una pelliccia, e non oso immaginare come sarebbe ridotta se io non fossi perennemente di guardia.
Qualcuno dice che il nostro odore è cattivo. Beh, a parte il fatto che a certe persone piace (conosco un nipote di nonna Carlotta che viene qui apposta per aprire l’armadio e inspirare a pieni polmoni, tanto gradisce l’aroma di naftalina), mi sembra che attaccarsi alla faccenda dell’odore sia, quanto meno, disonesto. Qui non si tratta di valutare l’effluvio emanato, ma di considerare realisticamente l’importanza del lavoro che svogliamo.
Il punto è questo: da una parte c’è la tarma, che riduce tutto a buchi, e dall’altra ci siamo noi, che proteggiamo i beni dai buchi. Vi piace girare con una giacca, un paltò, un paio di pantaloni o una sciarpa piena di buchi? Va bene, fate pure a meno di noi. Se invece siete per l’integrità, eccoci qua! La pallina di naftalina è al servizio di tessuti senza buchi!
Credetemi. Da quando la nonna Carlotta mi ha messo qui è la prima volta che mi lascio andare a queste esternazioni. Ma arriva un momento in cui occorre dire la verità.
Perché voi umani conservate gli indumenti e i tessuti negli armadi, affidandoli alla nostra custodia? Certamente perché si tratta di beni che vi servono, ma anche per il valore sentimentale che hanno. E molto spesso più sono vecchi più hanno un valore che va ben al di là della loro funzione, come so bene io, che sto qui a vigilare su certi capi d’abbigliamento che la nonna Carlotta ormai conserva solo per amore, e non parlo solo della suddetta pelliccia, ma anche di certe giacche del defunto marito della nonna.
Ho detto «solo per amore», ma mi rendo conto di quanto sia inadeguata questa affermazione. Come se l’amore non fosse tutto!
E comunque, caro papa Francesco, per favore, rivedi il tuo giudizio sulla naftalina.
Un amico mi ha mandato una frase che si trova nel «Catechismo della Chiesa Cattolica»: «Conserviamo con cura questa fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, perché, sotto l’azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene». Sono parole di Sant’Ireneo di Lione e devo dire che mi riempiono di commozione, perché anch’io, nel mio piccolo, contribuisco a  conservare con cura ciò che per nonna Carlotta è tanto prezioso, e questo vecchio armadio è davvero come un vaso al servizio di un tesoro che, attraverso il ricordo, continuamente ringiovanisce.
Sento dire che la tradizione non è tutto e che invece bisogna aggiornarsi. Sarà. Quel che so è che un buco è un buco. E la tarma non guarda in faccia a nessuno, perché lei è programmata per fare buchi.
Lo ripeto: non ho titoli per parlare. Dunque non voglio farla lunga. Dico solo questo: se volete un mondo di tarme e di buchi, accomodatevi; se invece siete per l’integrità e la completezza, eccomi pronta.
Scusate lo sfogo.
La vostra umile pallina di naftalina.
Aldo Maria Valli

IL PUDORE E LA MODA


Esiste un bel libretto di 120 pagine, che raccoglie tre scritti di don Dolindo Ruotolo, don Giuseppe Tomaselli e don Enzo Boninsegna intitolatoPudore…se ci sei batti un colpo!” [1] Ne raccomando la lettura e ne porgo qualche riflessione ai lettori.
Don Dolindo Ruotolo
Il primo scritto appartiene a don Dolindo Ruotolo, risale al 1939 e si intitola La moda e il decoro cristiano.
Ostentare il corpo
Giustamente l’Autore, già nel 1939, notava che “i vestiti mostrano troppo spesso la preoccupazione diostentare la carne, e in non pochi casi, tendono più a spogliare che a vestire” (p. 8).
L’Autore metteva in guardia dai vestiti troppo attillati, trasparenti, corti, scollati, che evidenziano troppo il corpo.
La tattica del Comunismo in Spagna (1936-39)
Nel 1939 era appena finita la guerra civile spagnola in cui si erano avuti migliaia di Martiri, che avevano sacrificato la loro vita per testimoniare la Fede. Ora il Comunismo, chiosa don Dolindo, aveva utilizzato in Spagna la tattica di servirsi dell’immodestia e dell’impurità come testa di ariete per abbattere il Cristianesimo: “è storicamente accertato che il bolscevismo spagnolo, prima di iniziare la sua opera di scristianizzazione e di distruzione, reclutò le donne più strafottenti perché preparassero, con la corruzione, la via al Comunismo” (p. 10).
Le donne cristiane che vestono male diventano le collaboratrici del Maligno
Che dire, dunque, di quelle donne che, pur professandosi cristiane, diventano, in pratica, con il modo di vestire le prime collaboratrici di Satana e del Comunismo? “Non si riesce a capire come possano credersi senza colpa grave, quando è chiaro a tutti che le loro esibizioni, inducono a peccati di desiderio” (ivi).
Prima del peccato originale l’uomo, innocente, non aveva bisogno di coprire il suo corpo, in lui tutto era ordinato a Dio, ma dopo il peccato di Adamo Dio, misericordiosamente, lo rivestì. Satana invece cerca, per odio contro Dio, di spogliare la creatura umana, che ha perso l’innocenza e sente la rivolta delle passioni per spingerla più facilmente al peccato e alla dannazione.
La moda spoglia della vera femminilità
La moda moderna ha fatto perdere alle donne e la loro vera femminilità, che consiste nell’essere persone intelligenti, libere, fatte a immagine di Dio, madri e spose, rendendole puri oggetti di concupiscenza. Si capisce, così, il terribile fenomeno del cosiddetto “femminicidio”, diventato quasi abituale oggi, proprio quando il femminismo col pretesto di liberare la donna l’ha degradata e l’ha resa un oggetto da possedere come fosse una semplice cosa da poter anche distruggere se non può essere ottenuta.
Il rispetto umano
Uno dei motivi che spinge le donne sedicenti cristiane a seguire la moda è il rispetto umano o timore di ciò che direbbe la gente qualora si vestisse decorosamente e non secondo i dettami della moda immodesta. Don Dolindo commenta: “Non vogliono apparire diverse, temono di essere prese in giro, non vogliono sembrare fuori dal tempo” (p. 11).
Che male c’è?
Un ritornello ripetuto dalle donne che seguono la moda immodesta e che vorrebbero conciliare Cristo con il Mondo è il seguente: “Che male c’è?”. Don Dolindo commenta: «Un carbonaio, abituato ad avere le mani nere, crede normale la sua sporcizia (non colpevole), mentre le donne che seguono la moda e dicono: “Che male c’è?” dimostrano di avere un cuore già corrotto e una abitudine alla sporcizia morale» (p. 13).
Guai a chi dà scandalo”
Infatti dare scandalo, ossia fare in modo che il prossimo si trovi in occasione di cadere in peccato per il nostro comportamento, è un peccato grave; inoltre i peccati di desiderio, se sono pienamente avvertiti e se vi è materia grave, sono peccati mortali. Ora la moda indecente incita gli altri al peccato contro il 9° Comandamento: “Non desiderare la donna d’altri”, e la materia del 6° e del 9° Comandamento è sempre grave. Quindi la moda indecente spinge oggettivamente gli altri al peccato mortale. Per quanto riguarda lo scandalo Gesù ha detto che sarebbe meglio cavarsi l’occhio o tagliarsi la mano o finire in fondo al mare con una pietra al collo piuttosto che dare scandalo (Mc., IX, 42-47). Don Dolindo commenta: “Le donne che si esibiscono con una moda provocante diventano l’occasione di molti peccati di pensiero e questo è già un male gravissimo” (p. 14).
Trionfo della materia sullo spirito
La moda invereconda è anche il trionfo della materia sullo spirito, è un guardare più al corpo che all’anima, anzi è quasi negare l’anima a favore dei capricci del corpo. Il cardinal Giuseppe Siri diceva: “Più si vede il corpo, meno apparisce l’anima”.
Il corpo mal vestito è un idolo
Don Dolindo paragona coloro che seguono la moda invereconda a chi ruba le anime a Dio, poiché le distoglie da Lui e le concentra nella materia e nel fango. Il corpo mal vestito è simile ad un idolo che cerca di prendere il posto di Dio, come quando gli Ebrei costruirono e venerarono un Vitello d’oro mentre Mosè parlava con Dio sul Monte Sinai (p. 15).
Satana vuol distruggere la somiglianza della creatura femminile con Dio
La donna è una creatura di Dio, fatta a Sua immagine e somiglianza. Ora Satana con la moda immodesta cerca di sfigurarla avvilendo l’immagine divina che si trova il lei e sostituendola con la sua propria immagine resa brutta e ridicola dal trucco eccessivo e dalla moda smodata. Don Dolindo dice alla donna: “Tu sei un capolavoro della creazione, un’opera d’arte di Dio e Satana cerca di profanarti, ricoprendoti di miserie e di brutture. Un trucco troppo appariscente deforma la tua armonia, ti fa perdere la tua vera espressione e diventi ridicola. Gli uomini che pensano a te sognano l’usa e getta e tu neppure lo sospetti. L’ammirazione che fingono per te è puramente sensuale perché non è rivolta alla tua persona, ma al tuo corpo e ti guardano come un oggetto di piacere” (pp. 17-18). Ora il corpo senza l’anima è un cadavere, la persona è un corpo vivificato dall’anima in cui il primato spetta all’anima, che deve essere padrona e dirigere il corpo e non diventare la sua schiava.
Al corpo si apre la tomba, all’anima il Cielo
Inoltre come diceva don Dolindo: “devi pensare che al corpo si apre la tomba e all’anima deve aprirsi il Cielo” (p. 21), mentre Pio XI insegnava: “Quando pensate al vostro abbigliamento, o donne, pensate anche a come vi ridurrà la morte!” (ivi). È insensato curare ciò che si dissolve a detrimento di ciò che permane in eterno.
Don Giuseppe Tomaselli
Il secondo scritto è di don Giuseppe Tomaselli, risale al 1966 e s’intitola Moda Femminile.
Il 9° Comandamento
L’Autore inizia sùbito citando Gesù che ha insegnato: “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt., V, 28). Poi commenta: “Tutti gli sguardi dati a te con malizia sono peccati che si commettono. Tali peccati sono imputabili a chi ti guarda, ma prima di tutto e più di tutto sono imputabili a te, se ne sei la causa volontaria, o donna” (p. 41).
Educazione alla decenza
Per quanto riguarda l’educazione alla decenza don Tomaselli ricorda che “essere troppo tolleranti con una figlia e concederle di fatto la libertà di vestire in modo disonesto, significa favorirne la leggerezza, aiutarla a perdere il naturale senso del pudore, che è la salvaguardia della purezza” (p. 45).
La spiaggia è un luogo preferito da Satana
Uno dei “luoghi preferiti da Satana è la spiaggia nel periodo estivo. Qui l’immoralità dilaga perché il male per la sua enorme diffusione non appare più come male, ma appare normale, qualcosa di lecito e di legalizzato” (p. 47), però non si può ritenere che un abbigliamento indecente in sé diventi lecito perché comune a molte persone.
Sodoma e Gomorra
La Giustizia divina ha fatto cadere dal cielo fuoco e zolfo ed ha distrutto le città corrotte di Sodoma e Gomorra (Gen., XIX, 27-29). Dovrebbe piovere sulle spiagge fuoco e zolfo per incenerire coloro che, immodestamente vestite, vi trascorrono ore e giorni nel peccato e nello scandalo” (ivi).
Attenzione ai cattivi spettacoli
I genitori dovrebbero altresì non permettere ai figli di guardare spettacoli indecenti alla televisione e al cinematografo.
Don Enzo Boninsegna
Il terzo scritto intitolato Ha ancora senso il pudore oggi? È di don Enzo Boninsegna, che lo ha scritto nel 1994.
L’Autore riprende i due scritti di don Dolindo Ruotolo e di don Giuseppe Tomaselli e li aggiorna alle recenti scoperti dell’internet.
L’impudicizia da fenomeno personale a fenomeno di massa
Egli innanzitutto nota che lo scritto di don Dolindo risaliva al 1939 e si rivolgeva ad alcune singole donne (che non erano ancora la maggioranza), le quali calpestavano il pudore, non essendo ancora divenuta, allora, l’impudicizia un fenomeno di massa; mentre lo scritto di don Tomaselli del 1966 si rivolgeva già a tutta la società in quanto la cattiva moda iniziava a diffondersi sempre di più perché si era alle porte della “Rivoluzione studentesca” del Sessantotto, che ha stravolto, tramite la cattiva moda, la musica e l’impudicizia le menti dell’uomo contemporaneo.
Oggi siamo in un diluvio di impudicizia
Don Enzo Bonisnegna commenta: “da male prevalentemente personale qual era nella generazione precedente [1939], è diventato, al suo tempo, [1966] un male sociale. Oggi, 28 anni dopo lo scritto di don Tomaselli siamo andati ben oltre il livello di guardia, siamo in piena alluvione. In molti senza-Dio di ieri tutto era morto, ma il pudore no. In molti cristiani di oggi il pudore non è morto e non può morire per la semplice ragione che non è mai nato. I tempi di don Ruotolo, di don Tomaselli e il nostro tempo: tre epoche, tre generazioni, tre diversi livelli del problema. Nella prima di queste generazioni (1939) la spudoratezza era una bambina un po’ timida che si affacciava alla ribalta; nella seconda (1966) si era già fatta adulta e un po’ troppo arrogante; nella terza, oggi (1994), si è fatta assassina del pudore” (pp. 53-55).
Il piano massonico di distruggere il Cristianesimo mediante la corruzione morale
Don Boninsegna attribuisce, giustamente, alla massoneria il piano della corruzione del pudore. Infatti secondo la setta segreta: “la religione non teme la punta del pugnale, ma può cadere sotto il peso della corruzione. Non stanchiamoci, quindi, di corrompere. Rendiamo popolare il vizio nelle moltitudini. Rendete i cuori viziosi e non avrete più cristiani” (p. 81).
Don Boninsegna commenta: “con la persecuzione la Chiesa dà il meglio di sé e produce i martiri, mentre la corruzione produce degli smidollati e fa marcire. Lo scopo della Massoneria, dunque, è fin troppo chiaro e, i figli della Massoneria, il Comunismo ateo e il Capitalismo selvaggio, hanno individuato nella corruzione la via migliore per giungere allo scopo: la sparizione della Fede, l’eliminazione della Chiesa e l’asservimento dell’umanità” (ivi).
Sempre secondo il piano massonico occorre iniziare a corrompere la donna e la moda invereconda è un mezzo potentissimo per ottenere ciò. Don Bonisnsegna cita le altre consegne della Massoneria: “la prima conquista da fare è la conquista della donna, che deve essere liberata dalle catene della Chiesa e della Legge. Per abbattere il Cristianesimo occorre cominciare col sopprimere la dignità della donna: la dobbiamo corrompere come dobbiamo fare con la Chiesa” (p. 83).
Il “femminicidio”
Per quanto riguarda il problema della violenza sulle donne don Bonisnegna afferma che “da anni si assiste ad un crescendo vertiginoso di stimoli e di provocazioni [specialmente mediante la moda] all’istinto sessuale. Certo, questo non giustifica chi fa violenza alle donne, ma aiuta a capire” (p. 108).
Egli fa un esempio molto semplice: “Mangiare un buon pranzo davanti a dei poveri affamati, con la speranza che se ne stiano lì buoni, a guardare, senza tentare d’impadronirsi di quel ben di Dio da loro tanto desiderato è pura illusione. Non è forse prevedibile che davanti alle continue provocazioni che la moda odierna ci regala qualcuno non molto equilibrato esploda in atti di violenza sulle donne?Ma chi aggredisce è solo l’ultimo anello di una catena di responsabili, che hanno lavorato a fare del sesso il ‘dio’ del nostro tempo” (p. 108).
Don Enzo porta l’esempio di Alessandro Serenelli, che uccise S. Maria Goretti. Egli ha raccontato in tribunale che leggeva giornali illustrati con figure provocanti e le esponeva in camera sua. La madre di Maria Goretti non voleva che i suoi figli entrassero in quella camera per non dover vedere quelle immagini. Alessandro era un ragazzo un po’ difficile, ma non totalmente guasto: egli andava a Messa tutte le domeniche, recitava il Rosario tutti i dì, eppure fu accecato dalla passione ispiratagli dalle immagini indecenti, come lui ha raccontato, e uccise Maria che non volle concedersi alle sue brame. Oggi purtroppo i genitori mettono la televisione nelle camere dei loro figli, regalano loro gli smartphone e li rendono 100 volte più pericolosi di Serenelli.
L’ammonimento di San Paolo
Quanto alla fornicazione e a ogni specie d’impurità… per queste cose l’ira di Dio piomba su coloro che Gli resistono” (Efes., V, 3-6); “Fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi… cose tutte che attirano l’ira di Dio su coloro che disobbediscono” (Col., III, 5-6).
I rimedi:
Voler capire
Non si cerca un rimedio ad un male che non c’è o non si vuol vedere. Don Enzo ci incita: la prima cosa da fare, dunque, è aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà così com’è e non come appare a noi. “Fin che il cuore dell’uomo è terra bruciata (e tale resterà sino a che vi regna l’impurità) dalle passioni insane nessuna semina darà buon frutto. Quante iniziative e quanti piani partorisce la Chiesa da alcuni decenni… eppure i frutti non si vedono perché il cuore dei giovani è già occupato dal vizio e non c’è più posto per Dio” (p. 112).
Non rassegnarsi
Sarebbe ingenuo aspettarsi grandi risultati oggi e a breve termine, ma anche una sola anima salvata è molto (p. 113).
Preghiera e penitenza
Gesù ci ha insegnato: “Questa razza di demoni si scaccia solo con la preghiera e il digiuno” (Mt.,XVII, 21). Inoltre occorre parlare in predica e in famiglia della virtù della purezza. “Il silenzio riguardo alla purezza è un silenzio impuro” (S. Teresa di Calcutta).
Conclusione
Come si vede la moda esercita un grande potere sugli uomini feriti dal peccato originale. Ora, se vogliamo andare in Cielo, educare bene la gioventù e vivere in una Società sana, dobbiamo prendere molto sul serio il problema della moda e del pudore. È inutile farsi illusioni: una moda indecorosa corrompe le anime, le porta all’inferno, porta il caos e l’anarchia violenta nella Società, brucia la gioventù e distrugge la famiglia. Quindi, se vogliamo veramente vivere da cristiani in una Società cristiana, dobbiamo fare molta attenzione al problema del pudore e della moda.
Gli scritti dei tre Autori possano illuminare le menti dell’uomo contemporaneo e la grazia di Dio possa rafforzarlo sulla via del bene e dargli il coraggio di fuggire il male.
d. Curzio Nitoglia

[1] – Per ordinazioni rivolgersi a Don Enzo Boninsegna, via San Giovanni Lupatoto, n. 16, 37134-Verona; tel. 045. 820. 16. 79; cell. 338. 990. 88. 24

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