ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 12 novembre 2017

Church-exit


FUORI A PEDATE NEL SEDERE         


Non viviamo nel monto utopistico di Rousseau, tutti hanno un lato oscuro legato alla concupiscenza? La neochiesa e i Vescovi massoni avidi di potere, folli di superbia tra tentazioni, debolezze e perverso compiacimento del male
 di Francesco Lamendola  

 

Sarebbe una cosa bella, bellissima, se ciascun essere umano fosse dotato di un così alto senso di responsabilità, da sapersi tenere da se stesso entro i limiti del giusto, del lecito e del conveniente; da saper rispettare i suoi doveri, e assumersi tutte le sue responsabilità; da non aver bisogno di essere controllato da alcuno, perché sa già quel che deve fare, e lo fa nel migliore dei modi, o almeno fa del suo meglio per riuscirci. Sì, sarebbe meraviglioso. Purtroppo, non viviamo nel monto utopistico di Rousseau, non esiste il buon selvaggio, ed Emilio, anche se educato lontano dalla società cattiva e corruttrice, se viene lasciato a se stesso, non tarderà a tirar fuori il suo lato oscuro: perché tutti gli esseri umani hanno un lato oscuro. Se non lo credessimo, non saremmo cattolici. Il lato oscuro è l’eredità del peccato di Adamo e di Eva, e si chiama concupiscenza. A causa della concupiscenza, anche la persona più buona, più giusta, più leale, se viene a trovarsi in determinate circostanze, se viene esposta più volte alla tentazione, oppure semplicemente, se le scatta un qualcosa dentro, così, all’improvviso, è capace di trasformarsi e di abbandonarsi ad azioni disdicevoli, vergognose, perfino criminali. Nessuno nasce santo; la santità è una diuturna, pazientissima conquista; e nessuno, neppure i santi, sono mai totalmente al riparo della tentazione. Ogni giorno deve essere conquistato: la virtù è una pianta che deve essere coltivata assiduamente, con infinita attenzione, con amore inesausto. Non solo: la virtù umana è insufficiente, non esiste virtù umana che possa mettere alcuno al riparo dalla tentazione, dal farsi prendere la mano dalla concupiscenza. 


E non c’è senso del dovere, non c’è educazione ricevuta sin da bambini, non c’è maturità, o saggezza, o esperienza, che possano garantire a un essere umano la completa immunità dalla caduta, dal peccato. Tutti possiamo cadere, tutti possiamo peccare: la vera difesa dell’uomo è al di fuori di lui, anzi, in un cero senso è il contrario del fidarsi di sé: essa consiste nel lasciare andare il proprio io e nell’abbandonarsi completamente alla volontà di Dio. Questa è la vera difesa, questo è il vero antidoto alla concupiscenza. Finché l’anima rimane legata a Dio, con la preghiera, con l’adorazione, e con la pratica della vita buona, essa è relativamente al sicuro: relativamente, perché, ripetiamo, nel mondo terreno, nessuno è mai completamene al sicuro dagli assalti del diavolo. Il diavolo si serve delle nostre debolezze, fa leva sulla nostra concupiscenza per trascinarci lontano da Dio, e condurci alla rovina. L’unica difesa contro gli assalti del diavolo consiste nel vegliare e pregare, sempre, incessantemente, senza mai stancarsi, né mai abbassare la guardia. Tutta la vita umana, tutta la storia umana altro non sono che il campo di battaglia di una guerra incessante fra noi e il diavolo, il quale si serve delle nostre debolezze: la vanità, la superbia, l’orgoglio, l’avarizia, la lussuria. Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come un leone ruggente, va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, ammonisce san Pietro, nella prima epistola che la Sacra Scrittura ci ha tramandato sotto il suo nome.
Ora, se questa è la condizione delle persone comuni, ma in buona fede; delle persone, cioè, che istintivamente  provano orrore del male, e, se lo fanno, lo fanno per debolezza, ma non perché esso dia loro un perverso compiacimento, che cosa dobbiamo pensare di quelle persone che fanno, scientemente e lucidamente, una scelta per il male, allo scopo di soddisfare la loro ambizione, la loro sete di potere, o di notorietà, e che percorrono la strada del male con passo sicuro, senza ripensamenti, decise a calpestare chiunque si frapponga sul loro cammino, e del tutto incuranti del male che provocano agli altri, agli innocenti, ai piccoli, ai semplici, i quali sono del tutto all’oscuro della loro malizia e della loro perfidia? A nostro parere, quel che sta succedendo nella neochiesa modernista e progressista, dominata da cardinali e vescovi massoni, avidi di potere e folli di superbia, ben decisi a cambiare la dottrina e il Magistero, per poter meglio realizzare i loro disegni, ricorda molto questa seconda situazione. È semplicemente impossibile che personaggi come monsignor Paglia o monsignor Galantino non sappiano tutto il male che le loro parole e le loro azioni provocano al popolo dei fedeli, e specialmente alle persone semplici, le quali si fidano, e  guardano ai loro pastori con un senso d’istintiva fiducia. È impossibile che monsignor Paglia non sappia, quando si profonde in lodi iperboliche nei confronti del defunto Marco Pannella - il campione del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia, delle unioni di fatto, dei matrimoni omosessuali e della droga libera - affermando che tutti noi dovremmo prendere esempio da lui e dalla sua altissima spiritualità, è impossibile, dicevamo, che non sappia del male, dello sconcerto, della sofferenza, dell’amarezza che provoca in tanti e tanti fedeli cattolici. Eppure lo fa. Ed è impossibile che, quando egli commissiona al pittore omosessuale Cinalli l’orribile affresco del duomo di Terni, nel quale la stessa Redenzione è profanata da una caricatura di Gesù Cristo, che porta in cielo i peccatori così come sono, cioè senza ombra di pentimento, in pose lascive, omosessuali, transessuali, prostitute; è impossibile che non abbia pensato al male che faceva, con quella scelta, al popolo dei fedeli, che viene in chiesa per essere edificato e non per essere scandalizzato, non per essere confuso e turbato da un Gesù Cristo osceno, di cui s’intravedono gli organi genitali, e da una massa di anime lascive, che si toccano e si abbrancano, e fra le quali si nota il ritratto dello stesso Paglia, il quale ha voluto farsi rappresentare in mezzo a loro, evidentemente compiaciuto della cosa. Ed è impossibile che monsignor Galantino non abbia valutato l’effetto che avrebbe fatto su milioni e milioni di cattolici la sua affermazione, che la cosiddetta riforma luterana è stata un’opera dello Spirito Santo; che non abbia visto subito, con gli occhi della mente, tutto il disagio, la confusione, l’angoscia che avrebbe suscitato fra quanti si son sempre sentiti insegnare, da secoli e secoli di Magistero, che quella luterana è un’eresia, che le dottrine luterane sono eretiche e pericolosissime per la salute dell’anima, che i protestanti sono nell’errore e che il danno che essi hanno fatto alla Chiesa è di portata incalcolabile. È impossibile che non lo abbia pensato, che non lo abbia valutato; eppure lo ha fatto, e lo ha fatto con la massima disinvoltura; di più: con sicumera, con sfrontatezza, come un bullo che sfida i compagni tranquilli, come un bravaccio che sfida le persone miti e perbene. Lui li sfida, e si compiace del fatto che loro non reagiranno, non oseranno, forse  non oseranno neppure fare due più due, e realizzare fino a che punto è stata grave la sfida. Allo stesso modo, non si è fatto scrupolo, sempre lo stesso monsignore, di confondere e turbare le anime, quando, falsificando la Parola di Dio, ha sostenuto che Dio non distrusse, ma risparmiò Sodoma, evidentemente perché intendeva schierarsi nel partito deigay-friendly e lanciare un segnale di “distensione” verso le associazioni LGBT, le quali stanno ormai prendendo piede nella Chiesa stessa (vedi il caso del capo scout di una parrocchia di Gorizia, che si è unito civilmente con un uomo e non ha voluto rinunciare al suo incarico “pastorale” fra i bambini e i ragazzi della parrocchia, nonostante l’esplicito invito del parroco in tal senso; e la posizione ipocrita e pilatesca assunta del vescovo di quella diocesi), e verso la cultura omosessualista che ormai dilaga perfino negli asili e nelle scuole elementari, diffondendo aggressivamente la teoria gender, servendosi perfino delle fiabe che si leggono ai bambini più piccoli. E il generale dei gesuiti, Sosa Abascal, forse che non sapeva quale effetto avrebbero prodotto, sui fedeli, le sue dichiarazioni circa la non indissolubilità del matrimonio, per giustificare le quali è arrivato a dire che nessuno sa cosa disse veramente Gesù Cristo, e mettendo così in dubbio tutto quel che c’è scritto nei Vangeli; o quando ha dichiarato, con la massima tranquillità, che il diavolo non esiste, dando così degli sciocchi o dei mistificatori a migliaia di sacerdoti esorcisti, e, di nuovo, ridicolizzando quel che c’è nei Vangeli, dove Gesù Cristo, con il diavolo, ha parecchio a che fare, sin dall’inizio della sua missione terrena. Lo sapeva, eccome se lo sapeva, che milioni di cattolici avrebbero sofferto a causa delle sue parole, che non le avrebbero capite; eppure le ha dette ugualmente, se n’è infischiato, è andato dritto per la sua strada, come se non dovesse rendere conto di niente a nessuno, come se l’abito che indossa lo autorizzasse a dire tutto quel che gli passa per la testa, anche se è completamene al di fuori della dottrina cattolica.
Ebbene: i cattolici non hanno bisogno di pastori di tal fatta; la Chiesa, la vera Chiesa cattolica, quella fondata da Gesù Cristo e da Lui affidata a san Pietro e ai suoi legittimi successori, non sa che farsene di simili persone: sono degli usurpatori, degli illegittimi,degli agenti provocatori, che abusano della loro veste e si avvalgono della loro visibilità per infliggere colpi tremendi alla Sposa di Cristo, per mettere in crisi la fede del popolo di Dio, per gettare le anime nello sconforto e nella disperazione. E dunque,meriterebbero di essere cacciati a pedate nel sedere. Come osano dirsi vescovi cattolici, sacerdoti cattolici, se non fanno altro che indebolire, sconvolgere, sgretolare la fede in Gesù di tantissime persone? Sarebbe meglio per loro se non fossero mai nati! Qualcuno penserà che questo è un linguaggio troppo duro; che stiamo esagerando. Niente affatto. Abbiamo dei cari amici i quali, da tempo, hanno perso la fede, o sono stati tremendamente angustiati nella loro vita di fede, dalle parole e dai gesti di questi falsi pastori: e chissà quante migliaia, quanti milioni di fedeli stanno vivendo un dramma analogo. Il fatto è che come Sosa, Galantino e Paglia ce ne sono a dozzine, di falsi pastori, e, purtroppo, si trovano in quasi tutti i posti-chiave, nelle diocesi, nei dicasteri vaticani più importanti; insomma, hanno in mano il controllo della quasi totalità della Chiesa, e praticamente della totalità della stampa e dei mezzi d’informazione cattolici. Che, in realtà, non sono più cattolici, se non di nome: e questo è precisamente l’inganno. Per esempio la rivista dei gesuiti, La Civiltà Cattolica, si sta spendendo in una incredibile battaglia per riabilitare Lutero e lo scisma luterano: cambiando le carte in tavola, falsificando palesemente la dottrina e gli stessi dati storici (ad esempio, le esplicite dichiarazioni di Lutero, animate da uno spirito di odio infernale e di violenta distruzione verso la Chiesa), essa cerca di sostenere l’insostenibile, e vorrebbe indurre i suoi lettori a guardare la ribellione del 1517, seguita da cinque secoli di drammatica lacerazione, come un dono dello Spirito Santo, e un arricchimento teologico anche per i cattolici. Ma può una rivista cattolica, forte del suo prestigio culturale e della sua storia gloriosa, parlare in tal maniera, cioè in maniera apertamente eretica? Sì, se tutti tacciono; no, se il popolo di Dio si ribella. E il popolo di Dio deve ribellarsi, deve denunciare l’impostura, l’inganno, la mistificazione.
Questa ribellione, infatti, è già in corso, più di quanto non traspaia dalla stampa “allineata”, che è tutta nelle mani della neochiesa. Il Popolo della Famiglia, per esempio, denuncia il continuo, deliberato boicottaggio di cui è vittima da parte di numerosi vescovi, guarda caso i fedelissimi di papa Francesco, i maggiori esponenti del “nuovo corso” bergogliano. Ma si può tollerare una cosa del genere? La Chiesa non dovrebbe essere dalla parte di chi difende la famiglia naturale, contro le aberrazioni “arcobaleno”? E invece, ecco che la Chiesa, per bocca di alcuni suoi autorevoli rappresentanti, si profonde in parole di lode e di ringraziamento per sacerdoti come James Martin, i quali auspicano che si giunga il più presto possibile alla benedizione sacramentale delle nozze omosessuali. E questo non è un colpo di Stato in piena regola, da parte di una minoranza spregiudicata, che si è impadronita di tutti i posti chiavi, a danno della maggioranza, la quale non  sospetta niente del genere, si fida dei suoi pastori, e prende per buone le parole pronunciate dal pulpito, o riportate sulla stampa cattolica? Del pari, giunge notizia che i pochi teologi rimasti fedeli alla Tradizione e al Magistero, come Antonio Livi, ricevono ordine da questo o quel vescovo di annullare delle conferenze già programmate sui temi più scottanti della dottrina cattolica, e specialmente sul relativismo, con l’assurda motivazione di non creare divisioni nella Chiesa. Sicché, a creare divisioni sono quelli che difendono la vera dottrina, non quelli che la minacciano e la calpestano in continuazione! È come se, nel bel mezzo di una battaglia, le truppe più fedeli e valorose (come i Francescani e le Francescane dell’Immacolata) venissero puniti e allontanati, mentre le truppe infedeli, e forse macchiate di collusione col nemico (nel nostro caso, la massoneria) si vedono affidare la difesa dei settori strategici decisivi.
Tuttavia, è inutile girarci attorno, non servirebbe nemmeno denunciare la collusione col nemico, e buttar fuori a calci i più impudenti e svergognati di codesti pastori infedeli, se si continuasse a far finta d’ignorare che la centrale da cui parte l’offensiva della neochiesa è proprio la Curia papale. È dalla bocca di papa Francesco che escono continuamente parole scandalose, parole ambigue, parole che gettano i fedeli nella costernazione, ma che, in compenso, rallegrano e destano il gaudio e il tripudio dei peggiori nemici della Chiesa, i massoni, i radicali, gli atei militanti. È tanto difficile da vedere, e trarne le logiche conclusioni? Non passa quasi giorno senza che il papa non aggiunga un ulteriore elemento di turbamento, di confusione, di sconforto. La sua tecnica preferita è buttar lì parole apparentemente innocue, ma, in realtà, con un preciso significato destabilizzante e distruttivo per la dottrina e la morale cattolica. Di Amoris laetitia abbiamo già parlato molte volte, inutile ripeterlo: chi ha osato far domande non ha ricevuto risposta; chi ha osato criticare, è stato punito. Anche delle sue incessanti interviste abbiamo dato conto, e della enorme gravità di talune sue affermazioni, ad esempio: che Gesù si è fatto diavolo per noi; che Gesù qualche volta “fa lo scemo”; che nella Trinità le Persone divine litigano tutto il giorno; che non si sa perché si soffre, che Lutero aveva ragione sulla predestinazione; che Dio non è cattolico; che l’apostolato è una solenne sciocchezza; che basta regolarsi secondo coscienza; che la dottrina è male se ”divide”; che non si deve parlare di ciò che divide, come l’aborto, ma solo di ciò che “unisce”; che Dio accoglierà tutti gli uomini in paradiso; per non parlare di quello che tace, il peccato, la grazia, la vita dello spirito, l’inferno, il dovere, il sacrificio, la responsabilità; e niente Rosario a Fatima, nel centenario delle apparizioni, niente riflessione sui messaggi mariani, niente penitenza, preghiera e conversione. Da ultimo (qualche giorno fa, inizio di novembre 2017), parlando della santa Messa e del mistero dell’Eucarestia, si è riferito a quest’ultimo definendolo una teofania, anziché chiamarlo transustanziazione.  
Fuori, a pedate nel sedere

di Francesco Lamendola
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