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giovedì 23 novembre 2017

Diceva quel pazzo

L’antisionismo dei Neturei Karta


Si è recentemente concluso il ciclo di incontri e conferenze, promosso da diverse associazioni culturali (tra cui l'Associazione Islamica Imam Mahdi), che il gruppo di rabbini antisionisti Neturei Karta ha tenuto sul territorio nazionale. A margine dell'evento e della loro fondamentale testimonianza di lotta occorre comunque fare alcune importanti considerazioni.

Gli incontri con il gruppo ebraico dei Neturei Karta hanno indubbiamente avuto il merito di portare alla luce una prospettiva di pensiero semisconosciuta e spesso silenziata sia nel dibattito italiano che in quello internazionale sull’argomento. Inoltre, hanno raggiunto l’obiettivo di dimostrare, al contrario di ciò che è l’erronea idea volgarmente diffusa, non solo che antisemitismo e antisionismo non sono la stessa cosa (concetto già ben chiaro a chiunque abbia approfondito un minimo la tematica) ma anche che la religione ebraica tradizionale sia naturalmente estranea al sionismo: movimento laico che sfrutta la religione per i propri fini politici e geopolitici ed il cui stesso suffisso in –ismo, alla pari di diverse altre ideologie figlie degli ultimi secoli, tradisce la chiara origine moderna.

I Neturei Karta, il cui nome aramaico significa guardiani della città (cosa che li accomuna ad alcune sette religiose della tradizione islamica come i drusi che si fregiarono del titolo di custodi della Terra Santa o gli assassini, il cui nome secondo lo studioso Pierre Ponsoye deriverebbe dalla parola araba assas che significa guardiano), sono balzati agli onori delle cronache nel 2006 quando, su invito dell’allora presidente iraniano Ahmadinejad, visitarono il paese degli ayatollah (in cui risiede anche un’importante comunità ebraica) e presero parte alla Conferenza internazionale per rivalutare la visione mondiale dell’olocausto.

Un evento stigmatizzato in Occidente come coacervo di negazionisti che tentano di diffondere l’antisemitismo tramite un linguaggio ricercato e forbito ma che al contrario ha fornito ad innumerevoli studiosi l’opportunità di approfondire le loro ricerche all’infuori di un ambiente che reagisce in modo isterico ad ogni tentativo di superare il senso di colpa imposto da quella che il filosofo di scuola marxista Costanzo Preve definì come religione olocaustica. Di fatto, lo strumento che tuttora impedisce ogni tentativo di reale emancipazione politica dell’Europa.


                                        Norman Finkelstein e i crimini di Israele

I rabbini dei Neturei Karta, alla pari di molti altri studiosi ebrei (Norman Finkelstein su tutti), non negano l’olocausto ma disprezzano il vile utilizzo che il sionismo fa di questo per perpetrare i suoi crimini nei confronti della popolazione palestinese. Come se un genocidio possa giustificare un altro genocidio. Senza considerare il fatto che il sionismo stesso sia nato ben prima dell’olocausto e che i Neturei Karta, sin dagli anni Trenta del secolo scorso, si siano schierati accanto ai palestinesi nella loro opposizione a questo progetto. Un appoggio che si è tradotto nella loro partecipazione diretta alla vita politica palestinese.

Un loro membro, Moshe Hirsch, è stato Ministro degli affari ebraici per Yasser Arafat, mentre altri componenti sono stati arrestati dallo Shin Bet con l’accusa di spionaggio in favore dell’Iran nel 2013. Non stupisce dunque il fatto che uno dei loro principali esponenti Yisroel Dovid Weiss abbia anche enfatizzato il ruolo di Mahmud Ahmadinejad nella ricerca della pace. E forse a loro si è rivolto la Guida di Hezbollah Hassan Nasrallah quando in un suo recente discorso invitava tutti gli ebrei che non si riconoscono nello Stato d’Israele a lasciare la Palestina prima che sionismo e wahhabismo diano vita ad un nuovo conflitto potenzialmente devastante per la regione.


                                                     Yisroel Dovid Weiss

È importante tuttavia sottolineare anche un altro aspetto collegato al loro attivismo. I Neturei Karta ritengono i celeberrimi Protocolli dei Savi di Sion un falso storico. Ora, non è fondamentale ai fini di questo breve articolo disquisire sulla loro autenticità o meno. Tuttavia è importante smascherare certa propaganda che si è fatta sull’argomento e sul carattere di tale scritto. Lo scrittore russo Aleksandr Volskij ha messo in luce come non vi fosse nessun intento criminoso o di istigazione all’odio razziale da parte di Segeij Nilus, colui che pubblicò i Protocolli all’interno della sua opera La grandezza nell’infimo e l’Anticristo come prossima eventualità politica. Occorre qui ricordare che Nilus non è l’autore dei Protocolli e dunque non è responsabile del loro contenuto. Il suo obiettivo, da fervente cristiano ortodosso fedele alla Zar, era semplicemente quello di mettere in guardia la Russia dall’insensata deriva progressista propugnata da logge massoniche deviate e da un’intellighenzia di ispirazione occidentale che di lì a poco avrebbe scatenato l’abisso rivoluzionario.

La storia dei Protocolli è abbastanza famosa. Questi conterrebbero una parte del programma redatto per il Congresso sionista di Basilea del 1897 dalla fazione estremista guidata da Asher Ginzberg che si opponeva a quella moderata (sic) guidata dall’autore de Lo Stato ebraico Theodor Herzl. È utile sottolineare anche che le argomentazioni di chi li ritengono veri, così come di quelli che li ritengono falsi, sono poco convincenti. Chi sfrutta il tema del plagio dall’opera del francese Maurice Joly Dialogue aux Enfers, non considera che: a) non ci troviamo di fronte ad un’opera letteraria; b) lo stesso Ginzberg fu già autore di un opuscolo scopiazzato da Nietzsche dal titolo Inversione di tutti i valori in cui il concetto di “superuomo” si trasformava in quello di “supernazione” ovviamente da applicare ad Israele ed al suo “popolo eletto” destinato a divenire padrone dell’umanità.

                                                          Theodor Herzl
                                                           (1860/1904)

Allo stesso tempo, però, non è da tralasciare il fatto che Renè Guènon, da taluni considerato come l’ispiratore del nazismo esoterico, tanto che si arrivò a definire il Terzo Reich come Guènon più le divisioni corazzate, al contrario di Julius Evola, riteneva i Protocolli un falso per il semplice fatto che non era difficile prevenire gli avvenimenti in essi contenuti e perché una vera organizzazione segreta mai avrebbe lasciato trapelare i suoi progetti. Ciò che in ogni caso appare evidente è l’impossibilità di attribuire ad uno scritto, per quanto controverso, le responsabilità dell’antisemitismo.

Tuttavia, è il sionismo stesso a nutrirsi di questi miti. L’opposizione dei Neturei Karta a questa ideologia si fonda sulla convinzione che gli ebrei non possano avere un proprio “Regno” fino all’avvento dei tempi messianici. I Neturei Karta sono discendenti di ebrei ungheresi e lituani che si trasferirono in Palestina intorno ai primi anni del XIX secolo. Essi ritengono sulla base del Talmud babilonese (o Talmud Bavli, redatto tra il III ed il IV secolo d.C.) che, costituendo lo Stato d’Israele, i sionisti abbiano violato tre patti che gli ebrei hanno stabilito con Dio: a) hanno violato l’esilio imposto da Dio al “popolo eletto” per i suoi peccati; b) hanno violato il divieto divino di rientrare “in armi” nella Terra Promessa; c) hanno violato la fedeltà che il popolo ebraico deve rispettare nei confronti di chi li ospita. Nella loro prospettiva, ribellarsi contro questi tre patti ha costituito una ribellione contro Dio stesso.

Le loro sinagoghe seguono le tradizioni che si ispirano a Eliajah Ben Schlomo Zalman (meglio noto come “Gaon di Vilna” il genio di Vilnius): dotto rabbino lituano halackista (termine che deriva da Halack ed indicante l’aderenza alle tradizioni normative incluse in un corpus di scritture che vanno dalla Torah al Talmud fino alle tradizioni rabbiniche) vissuto nel XVIII secolo e che si oppose espressamente al chassidismo (movimento popolare ebraico sorto in Polonia nel medesimo secolo e tendente ad un rinnovamento spirituale dell’ortodossia ebraica sulla base della dottrina mistica della Kabbalah).

Ma la Polonia del XVIII secolo fu patria anche di un altro movimento “eretico” dal quale sotto molti aspetti il sionismo, anche per le sue capacità di infiltrarsi all’infuori del mondo ebraico, ha preso ispirazione: il frankismo. Il suo fondatore, Jacob Frank, rivendicava di essere la reincarnazione dell’autoproclamato messia Sabbatai Zevi il cui movimento, sorto nei territori dell’Impero Ottomano nel XVII secolo, si proponeva come obiettivo di distruggere dall’interno tanto l’Islam quanto le istituzioni imperiali per ristabilire in Palestina il Regno d’Israele. Un tentativo che cercò di attuare anche Schlomo Molcho, prima di terminare i suoi giorni sul rogo dell’inquisizione, facendo pressioni sui sovrani europei del XVI secolo affinché muovessero guerra al Sultano.


                                                 Sabbatai Zevi (1665)

Alla pari di Zevi e dei suoi seguaci falsamente convertiti all’Islam (ragione che molti studiosi musulmani vedono all’origine della setta eterodossa wahhabita che impose la distruzione della tombe della famiglia del Profeta e dei suoi compagni), Frank ed i suoi adepti, aspramente combattuti dai rabbini per il loro rifiuto del Talmud, si convertirono falsamente al cattolicesimo. Alcuni di loro, emigrati in Francia, svolsero un ruolo cruciale negli eventi connessi alla Rivoluzione Francese ed ancora una volta riconobbero in Napoleone Bonaparte una nuova reincarnazione messianica. Così come fatto da questi movimenti messianici o pseudo tali del passato, l’impegno dei sionisti, sostenuto da cospicue risorse economiche, è stato in primo luogo quello di convincere, ebrei e non ebrei, che il loro progetto coincideva in toto con quello della religione ebraica e dunque di sostenere la necessità di un progetto politico al quale le persecuzioni subite in Europa davano un’ulteriore giustificazione.

Di fatto, gli esiti del Primo e del Secondo conflitto mondiale potrebbero anche essere interpretati come una vittoria su tutti i fronti del sionismo visto che riuscì ad attrarre le simpatie anche dell’URSS e di Stalin che fino a poco tempo prima considerava il sionismo nient’altro che un movimento di ispirazione borghese nazionalista e colonialista. La dichiarazione Balfour del 1917, in questa prospettiva, può essere espressamente letta come il sentito ringraziamento di Sua Maestà Giorgio V alla famiglia Rothschild per il loro impegno nel sostentamento economico dello sforzo bellico britannico e per le pressioni esercitate sul governo statunitense affinché intervenisse direttamente nel conflitto. Cosa che avvenne sempre nel 1917 ma paradossalmente a due anni di distanza dal casus belli: l’affondamento del piroscafo Lusitania avvenuto nel maggio del 1915 ad opera di un sommergibile U-20 tedesco.


                                                     La dichiarazione Balfour


Non è altresì da dimenticare che lo stesso Terzo Reich, prima del definitivo appoggio alla causa araba sancito dagli innumerevoli incontri tra il Gran Muftì di Gerusalemme Hajj Amin al-Husayni ed i vertici del nazionalsocialismo tedesco, non fu estraneo ad equivoci rapporti con alcuni esponenti sionisti. La costituzione dello Stato d’Israele nel 1948 e l’appoggio che esso ha ricevuto anche da molte autorità religiose ebraiche rappresenta, per i Neturei Karta, il più grave crimine che gli ebrei potessero compiere contro la loro stessa religione. Il nome di Israele è stato usurpato. Ed il loro rifiuto all’entità sionista si pone come il rigetto esplicito di una riduzione del messaggio divino tramandato dalle Sacre Scritture in una forma esasperata di nazionalismo che, in quanto espressione della modernità, risulta naturalmente estraneo alla loro forma religiosa tradizionale. Questo li pone affianco a molte altre forze che, anche da un punto di vista “tradizionale”, si oppongono all’occupazione della Palestina da parte del sionismo. Tuttavia non si può dimenticare che tale “alleanza” terminerà con l’avvento del tempo messianico quando, secondo larga parte della letteratura talmudica e rabbinica, il Regno di Israele si fonderà sulla schiavitù di tutte le altre nazioni.



di Daniele Perra - 23 novembre 2017  
   

Gli ebrei dominano il mondo dell'alta finanza e dell'infomazione

Bisogna pregare tanto affinché gli ebrei ripudino i gravissimi errori contenuti nel Talmud e abbraccino la fede in Gesù Cristo: Via, Verità e Vita. Chi ama davvero gli ebrei desidera che si convertano sinceramente al cattolicesimo, poiché "Extra Ecclesiam nulla salus", fuori dalla Chiesa non c'è salvezza (a meno che una persona non sia in buona fede e osservi almeno la Legge naturale che Dio ha scolpito nei nostri cuori). 

Constatiamo che i giudei godono di molta influenza negli ambienti dell'alta finanza, dell'informazione e della cultura, e con la loro forza economica e mediatica propagano spesso valori contrari a quelli del Vangelo. Circa il sionismo (cioè il nazionalismo ebraico) pubblico un interessante brano tratto dall'articolo “Intorno alla questione del sionismo”, pubblicato sulla rivista “La Civiltà Cattolica” del 2 aprile 1938.


“[...] il Giudaismo è una nazione equivoca e insieme, una religione equivoca. Nazione equivoca, perché, al medesimo tempo, è se stesso ed è un altro, quante sono le nazioni del mondo, dove si è stabilito: Giudaismo italiano, francese, tedesco, inglese, americano, romeno, polacco, e via dicendo, onde il giudeo gode di due nazionalità. Sembra che rechi vantaggi alla nazione dove risiede - e ne reca di fatto con la sua potenza finanziaria e con il suo ingegno - ma questi vantaggi sono direttamente o indirettamente, consapevolmente o inconsapevolmente ordinati al sopravvento e dominio della nazione giudaica, detentrice dell'alta finanza e per mezzo di essa del dominio, più o meno larvato, del mondo. Religione equivoca, perché, se ha il vanto di essere stata l'unica vera religione - cioè il Giudaismo dell'antico Testamento, figura e preambolo del Nuovo, preparazione quindi del Cristianesimo - è ormai, in realtà, una religione profondamente corrotta: il Giudaismo del Talmud, antitesi del Cristianesimo. Infatti, tutto il valore del Giudaismo era nella sua sola ragione di essere la preparazione all'avvento del Messia: cioè il popolo eletto a conservare il culto del vero Dio e le promesse di redenzione e di regno universale del Messia Re e Salvatore del mondo. Venuto il Messia, in persona di Gesù Cristo, cessò, necessariamente ed automaticamente, il valore del Giudaismo tutt'insieme, e quale "popolo eletto" e quale religione: vos non populus meus, et ego non ero vester , secondo l'energica espressione del profeta Osea (1, 9). Il vero messianismo, spirituale e soprannaturale, onde il Giudaismo era la vera religione e insieme il vero popolo eletto a prepararlo, si è cambiato nel messianismo talmudico, materiale e temporalistico. Sicché ora il Giudaismo in tanto è nazione in quanto si crede eletto al dominio messianico universale, materiale e temporale; ed in tanto è religione in quanto professa tale messianismo. Ecco perché il Giudaismo è una religione profondamente corrotta in quanto è una nazione che si presume eletta, ed è una nazione in quanto è la religione del messianismo corrotto. Il messianismo, latente ed operante anche nei Giudei increduli e perfino atei, è essenziale al Giudaismo, come sopra si è detto. Togliete il messianismo e cesserà automaticamente il Giudaismo e la nazione giudaica. Se non che, è impossibile toglierlo dall'anima giudaica, fuori di un miracolo morale della Grazia, e cioè senza la conversione al Cristianesimo. Perciò, dicevamo, che non si può dare soluzione definitiva alla questione giudaica, se non con la conversione di tutto Israele al Cristianesimo. Il che, secondo la profezia di S. Paolo, avverrà negli ultimi tempi. Ma intanto la questione giudaica rimarrà insoluta, perché, come tutti consentono, anche i più benevoli ai Giudei, il messianismo corrotto, e cioè la fatale smania di dominio finanziario e temporalistico nel mondo, è la vera e profonda causa che rende il Giudaismo un fomite di disordini ed un pericolo permanente per il mondo. Non si può dare perciò se non una soluzione relativa e provvisoria, e questa non altra da quella tradizionale, adoperata dai Papi: la carità, senza persecuzioni, e insieme la prudenza con opportuni provvedimenti [...]”.

La pretesa finale

Il popolo ebraico ai tempi di Gesù era convinto che Dio intervenisse nel mondo in cinque maniere diverse. Tramite la Parola (“Ogni mia Parola non ritornerà a me senza avere compiuto ciò per cui è stata mandata”, dice Dio secondo Isaia ); tramite la Sapienza – c’è un intero libro della Bibbia dedicato a lei, per non parlare dei Proverbiche ne cantano le lodi; tramite la Legge, che è più manifestazione divina che codice scritto, e di questa c’è l’intero Pentateuco; c’è lo Spirito, che è attivo nei Profeti e nei personaggi come Sansone; e poi c’è il Tempio, la dimora di Dio sulla terra.
Se prendiamo i Vangeli, possiamo notare che Gesù si identifica formalmente con ognuno di questi aspetti. E’ questo che lascia sbigottiti sacerdoti, scribi, farisei. Secondo la loro concezione era la bestemmia suprema per un uomo.
Nella parabola del seminatore quella che è seminata è la Parola, e Lui si identifica in colui che la manda. Così per la Sapienza: il saggio è colui che ode le mie parole, dice Cristo, e costruisce la casa sulla roccia. Cioè suggerisce che è lui che porta la Sapienza.
La questione della Legge è più evidente ancora: Gesù si pone come colui che dà una Legge nuova, completamento della antica. Tramite lo Spirito scaccia i demoni, e vengono scacciati in nome suo; e, per finire, si identifica con il Tempio nella famosa frase “Distruggete questo tempio e lo ricostruirò in tre giorni”.
Non possiamo capire appieno molti passaggi dei Vangeli se non comprendiamo questo: quasi ogni cosa che Gesù compie punta a dimostrare a coloro che lo incontravano, e a noi con lui, la sua pretesa di divinità. Affermare che Cristo non si sia mai definito Dio è semplicemente ignorare i fatti.
Ora, possiamo credere o non credere in Gesù, ma in ogni caso ci si pone una scelta. Perché se Lui è veramente Dio, se quello che sostiene è vero, allora l’unica cosa sensata da fare è seguirLo, capire cosa voglia da noi. In Lui c’è il nostro destino di uomini.
L’unica altra alternativa è considerarlo un pazzo visionario.
Ma, accidenti, quante cose vere e giuste diceva quel pazzo. Quale sano è mai stato come lui?

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