ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 16 novembre 2017

Il mito del Gran Capo


IL MITO DELLA RIVOLUZIONE TRADITA (E OSTACOLATA). APPLICATO AL REGNO DI PAPA BERGOGLIO. È CREDIBILE?

Nella storia umana e politica ci sono alcuni modelli ricorrenti, comodi e molto usati, in particolare dai fan degli autocrati. Uno di essi è quello: voleva cambiare tante cose in meglio, ma non gliel’hanno fatto fare…Se fosse stato per lui…Lui sì che aveva delle idee ottime…Li avrebbe rovesciati come dei calzini, quelli lì. Dove il “quelli lì” è sempre, di rigore, piuttosto vago. La fisionomia e l’identità di coloro che si sono opposti (in genere vittoriosamente) ai propositi di: riforma, pulizia, chiarezza, trasparenza, onestà, e via virtuosando del Gran Capo non si riescono mai a sapere. Il che è singolare, posto che, in genere, si sanno una quantità di cose e di dettagli. Persino troppi, in certi casi. E di norma il Gran Capo ha a disposizione stuoli di professionisti e dilettanti della penna pronti a divulgare anche i minimi particolari del suo pensiero profondo. Figuriamoci un po’ se, sapendo chi sono gli autori dei bastoni fra le ruote e dei sassolini negli ingranaggi della Gran Macchina della Bontà e della Giustizia non li spiattellerebbero ai quattro venti!

A questo pensavo osservando la copertina dell’ultima fatica letteraria di Gianluigi Nuzzi, “Peccato originale”, che porta l’allettante sottotitolo: “Il blocco di potere che ostacola la rivoluzione di Francesco”. Facendo intuire che i Palazzi Apostolici sono tutto un brulicare di talpe che scavano e scavano mentre il povero Pontefice, solo nel suo ultimo piano dell’Hotel Santa Marta, sente traballare per il rumore di denti rosicanti i pilastri della sua Nuova Chiesa.
Poi ho riflettuto, e mi sono chiesto: ma chi sono costoro. E ho fatto un rapido screening mentale degli uomini che hanno il potere in Curia e altrove. Se avete pazienza, seguitemi, e poi tireremo le somme dell’indagine insieme…
Il principale collaboratore del Pontefice è il Segretario di Stato. È il cardinale Pietro Parolin, ed è stato nominato in quel posto dal Pontefice stesso. Èl suo fianco il Sostituto alla Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu. È stato nominato da Benedetto XVI, ma possiamo dire senza tema di smentita che sia in questo momento l’uomo di fiducia del papa. Non è un caso che Becciu sia il delegato pontificio presso L’Ordine dei Cavalieri di Malta, il “Commissario” di un’operazione in cui l’odore di soldi e di potere supera di molto quello della spiritualità, e che resterà forse come una macchia storica su questo pontificato.
Continuiamo. La Congregazione per la Dottrina della Fede. C’era il card. Müller, leale al papa, ma con riserve su alcune sue decisioni. Il Pontefice allo scadere dei cinque anni di mandato l’ha mandato via, senza assegnargli un altro incarico, e l’ha sostituito con un confratello gesuita, mons. Ladaria.
Un’altra Congregazione centrale per il governo della Chiesa è quella del Clero. Uno dei primi atti del regno di papa Francesco è stato quello di sostituire senza spiegazioni un uomo esperto come il card. Piacenza con una persona a lui fedelissima, il card. Beniamino Stella, ex diplomatico e – dicono alcuni – eminenza grigia del pontificato. La seconda importante Congregazione di governo, quella dei vescovi, ha ancora alla sua testa il card. Ouellet, nominato da Benedetto XVI. Ma Ouellet non ha perso tempo a presentare la sua dichiarazione di fedeltà al Pontefice; e comunque è di fatto esautorato dalle decisioni nella Congregazione, grazie all’azione del Segretario della Congregazione stessa, un amico intimissimo del segretario particolar del Pontefice, elevato a quella carica con una rapidità sbalorditiva e assolutamente straordinaria. Fra l’altro, anche il segretario particolare del Pontefice lavora ai Vescovi. E lì non cade foglia che il papa non voglia.
Proseguendo nella ricerca infruttuosa dei complottisti che frenano le riforme arriviamo a parlare di economia. Il Segretario per l’Economia, Pell, nominato da Francesco, è da mesi in Australia, impelagato in questioni personali. Oltre a lui troviamo il card. Bertello, che è a capo del Governatorato, del card. Calcagno, che è a capo dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica; e poi c’era anche Versaldi, che è stato promosso a capo dell’educazione cattolica. La voce pubblica li dava come fedeli di Bertone; e probabilmente grazie all’appoggio di Bertone in Conclave, non sono stati toccati, anzi. Calcagno è spesso a colazione, pranzo e cena con il Pontefice a Santa Marta; Versaldi è stato promosso; e Bertello non sembra interessato che al governo del Governatorato. Allo IOR il papa ha nominato un altro fedelissimo e gratissimo, mons. Ricca, riportato all’onor del mondo dopo la sfortuna vissuta in Uruguay. Così come di Laici, Famiglia e Vita si occupano un americano, Kevin Farrell, nominato dal Pontefice, e mons. Vincenzo Paglia, anch’egli riabilitato dopo il disastro finanziario della diocesi di Terni. Non ci sembra che né l’uno né l’altro possano essere sospettati di essere Quinte Colonne della bieca reazione. Non parliamo poi della Congregazione per la Vita religiosa, il martello del Pontefice. Sia il prefetto, il card. Braz de Aviz, che – soprattutto – il segretario, il francescano spagnolo Carballo (anche lui reduce dal più grande disastro finanziario nella storia del suo Ordine) sono il braccio e la mano del papa. Abbiamo dimenticato qualcuno? Alla Rota Romana c’è mons. Pinto, che dire che è fedele di Bergoglio è dir poco; alla Segnatura Apostolica il card. Burke, competentissimo, ma di linea politica diversa dal Pontefice, è stato sostituito da Dominique Mamberti, diplomatico. Alla Congregazione per i Santi c’è il card. Angelo Amato, che avrebbe dovuto lasciare quattro anni fa a causa dell’età (79 anni) ma che il Pontefice continua a confermare. Così come alle Chiese Orientali c’è il card. Sandri, argentino, che ha già compiuto dieci anni come Prefetto, e che però Francesco mantiene al suo posto. Mancano ancora la Congregazione per lo sviluppo integrale, e quella per il Culto Divino: altre due nomine – africane – del Pontefice: i card. Turkson e Sarah. Al Sinodo troviamo il card. Baldisseri, e il sottosegretario Fabene, fedelissimi del papa, mentre al C9, il Comitato dei cardinali per la riforma della Chiesa, abbiamo naturalmente solo persone scelte dal Pontefice. Per non parlare della Comunicazione, dove regge tutto mons. Dario Edoardo Viganò, un altro dei grandi consiglieri del papa. Come sappiamo, poi, e soprattutto come sanno molto bene in Vaticano, nel regno di Francesco “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Ormai il governo della Chiesa è composto quasi totalmente da persone nominate dal Pontefice. Quindi, se le riforme, quali che siano, non si fanno, non è colpa di fantomatici rematori contro. Il mito del Gran Capo dalle buone idee e intenzioni ostacolato dai poteri oscuri ci sembra, ancora una volta, quello che è: un’immagine mitologica poco credibile.             
MARCO TOSATTI

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