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Da circa mezzo secolo, e cioè dalla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, tante, troppe cose sono cambiate, e non sempre, anzi quasi mai in sintonia con le indicazioni della Chiesa, ma in aperta ribellione alle direttive impartite da Chi ha ricevuto, da Gesù Cristo, il compito di guidare la vita e le scelte della comunità cristiana. Le direttive date dalla legittima autorità da tempo vengono viste come una camicia di forza da cui è bene liberarsi. E allora… spazio alla fantasia, che equivale a dare spazio alla disobbedienza e, in ultima analisi, equivale a far regnare l’anarchia. Ormai nella Chiesa ognuno fa e sa di poter fare impunemente quello che vuole. Pare infatti che le regole siano state scritte dall’autorità ecclesiastica solo per mettersi a posto la coscienza… me lo fa sospettare il fatto che poi nessuno si preoccupa di farle rispettare. Questo in tutti i campi della vita della Chiesa: sia in campo dottrinale, sia in campo liturgico, sia in campo pastorale, sia in campo disciplinare.
Carabinieri e polizia obbediscono ai loro superiori, così pure i soldati nell’esercito, così anche medici e infermieri negli ospedali e in tutti gli altri settori della vita organizzata. Solo nella Chiesa anche chi ha il voto o comunque l’obbligo dell’obbedienza, fa testardamente quello che vuole (questa è la prima stortura), senza che la legittima autorità cerchi di richiamare all’ordine e di imporsi e, se occorre, anche di punire i ribelli per rimetterli in riga (e questa è la seconda stortura). Riguardo alla Liturgia la legge è chiarissima; il Concilio Vaticano II ha ordinato tassativamente: «Regolare la Sacra Liturgia compete unicamente all’autorità della Chiesa, che risiede nella Sede Apostolica… Di conseguenza nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia Liturgica» (Sacrosanctum Concilium, 22,1-3). La Legge c’è, chiara, chiarissima.
Parrocchia che vai, anarchia che trovi: non pochi credono di poter fare e fanno tranquillamente tutto ciò che vogliono, stracerti che nessuno chiederà loro conto dello loro stranezze, delle loro ribellioni, delle loro profanazioni.
«Nella mia parrocchia – così pensa qualche prete anarchico (e oggi nel clero non sono pochi gli anarchici!) – io sono prete, vescovo, papa, sono Gesù Cristo e sono anche Dio; pertanto decido io quello che va bene!». Non lo dicono, ma lo pensano, o se anche non lo pensano coscientemente, di questo atteggiamento perverso sono imbevuti inconsciamente. “E le leggi della Chiesa?”. “Macché leggi e leggi! Il tempo delle leggi è passato! Ora siamo nel tempo della libertà e della creatività! Ognuno fa come meglio crede”. “E il rispetto verso i laici?”. “Macché laici e laici! Quella di far spazio ai laici è una sviolinata data dal Concilio per ingraziarsi il popolobue. Il prete sono io e qui comando io!”. Non è, questo, clericalismo della peggior specie? Premetto che in queste pagine non intendo gettare lo sguardo su tutti i campi di vita della Chiesa, ma solo sui ribaltamenti compiuti nei confronti della Santa Messa. Già con la riforma liturgica varata dopo il Concilio la Messa è stata alquanto squinternata e ne è uscita piuttosto malridotta. Essendo che su questo tema il discorso sarebbe troppo lungo, mi limito solo a considerare alcune “cosine” volute dall’alto, dalla gerarchia della Chiesa, che non sono neanche le più gravi, ma sono rivelatrici dell’aria che tira da mezzo secolo. Una prima “cosina” – Nel vecchio rito si leggeva: «Padre clementissimo noi ti chiediamo… di benedire questo santo... sacrificio… te l’offriamo... per la tua Chiesa santa e … cattolica». E poi, dopo aver nominato il Papa e il Vescovo, venivano nominati “tutti quelli che custodiscono la fede cattolica”. Nel nuovo rito non si nomina più né la “Chiesa cattolica” né la “fede cattolica”. Perché? Che fine hanno fatto … Chiesa “cattolica” e … fede “cattolica”? È forse che, per un malinteso ecumenismo, pur credendoci ancora si è ritenuto opportuno non parlarne? Già questo sarebbe grave.
Gli ortodossi non si vergognano di definirsi ortodossi. I protestanti non si vergognano di definirsi protestanti. Gli anglicani non si vergognano di definirsi anglicani. Perché noi cattolici dovremmo provare vergogna nel definirci “cattolici” e nel nominare la nostra “fede cattolica”? Eppure questo è ciò che è avvenuto con la riforma liturgica. Quei signori “sapientoni” hanno riformato o deformato la liturgia? Ma c’è una spiegazione ancora peggiore ed è che va crescendo il numero dei “presunti cattolici”, cioè di chi non crede più che esista una Chiesa “cattolica” e una fede “cattolica”. Eccone una conferma. Sul bollettino di gennaio del 2017 della parrocchia di S. Maria Ausiliatrice (Verona) il parroco (ometto il nome per pietà!) non si è vergognato di scrivere la seguente eresia: «Ecumenismo… deriva dal greco e delinea un “ritorno a casa”…La “casa” nella quale dobbiamo tornare è la Chiesa, non la Chiesa cattolica, ma la Chiesa del Signore che nessuna confessione, né cattolica, né ortodossa, né protestante incarna pienamente. Nessuno può essere orgoglioso di avere la verità…».
Ma come? Non abbiamo noi cattolici, pur senza merito nostro, la verità di Gesù Cristo? Dunque, la Chiesa Cattolica non sarebbe la Chiesa del Signore? Non so con quale coraggio quel parroco alla domenica reciti il “Credo”, là dove si dice: «Credo la Chiesa, una santa, cattolica e apostolica». Una seconda “cosina” – Nel vecchio rito si chiedeva al Signore: «salvaci dalla dannazione eterna». Nel nuovo rito non si ricorda più il pericolo concretissimo della “dannazione eterna”. E perché? Forse perché questo pericolo non c’è più? Il non parlarne è un modo elegante e non traumatico, ma certamente dannosissimo, di far sparire dalla coscienza (ma non nei fatti) la realtà drammatica della “dannazione eterna”. Poi pian piano, ci hanno pensato certi teologi farabutti (!) prima a ipotizzare che l’inferno non esista più e poi a dichiararlo esplicitamente, fino a sancire che: «L’inferno non è mai esistito». E sulla scia di quei teologi farabutti (!) hanno provveduto anche alcuni pastori d’anime, altrettanto farabutti (!), a completare il lavoro perché … «se Dio è misericordioso, e lo è, non può esserci l’inferno!». Vogliamo un’altra prova che nel rito della nuova Messa l’inferno non c’è e che il paradiso è garantito a tutti? Eccola servita. Nella quarta preghiera eucaristica si legge: «Padre misericordioso, concedi a noi … di ottenere … l’eredità eterna del tuo regno, dove con tutte le creature… canteremo la tua gloria…». Capitooo? «Con tutte le creature, nessun uomo e nessuna donna esclusi». Mentre Dio, dicendoci per bocca dell’apostolo Paolo: «Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore» (Fil.2,12), ci fa capire che la salvezza non solo non è garantita a tutti, ma addirittura, se pur offerta a tutti, non è garantita a nessuno e che non è facile da conseguire. Mi chiedo: «Avrà ragione Dio o avranno ragione gli stralunati riformatori della 19 liturgia?».
Mah, forse hanno ragione i riformatori perché Dio, essendo un po’… “vecchiotto”, non è e non può essere “aggiornato” come loro…!!! Una terza “cosina” – La riforma liturgica varata dopo il concilio Ecumenico Vaticano II è contrassegnata da non pochi sbandamenti: quante fesserie, quante stranezze, quante contraddizioni e mezze eresie sono state infilate lì dentro! Il primo responsabile di questo sfascio è stato il Vescovo massone (!) Annibale Bugnini. Il Papa Paolo VI, quando qualcuno gli ha aperto gli occhi, ha sbolognato il massone, ma intanto il danno era fatto: quella miserabile riforma era già stata approvata e ce l’abbiamo ancora sul groppone, e corresponsabili con Bugnini sono tutti quelli che avrebbero dovuto vigilare e non l’hanno fatto. Citiamo un esempio: che dire dell’apostolo Pietro? Nel rito predisposto per la morte di un pontefice, il Papa è chiamato prima “vicario di Pietro” e poi, poco dopo “vicario di Cristo”. Le due espressioni non hanno lo stesso significato. Ogni Papa è “vicario di Cristo”, ma non “successore di Cristo” e ogni Papa è “successore di Pietro”, ma non “vicario di Pietro”. Nessun Papa può essere “successore di Cristo” (pensare questo sarebbe un esaltarlo troppo), perché Cristo non ha successori, è unico, l’unico Salvatore del mondo. Perciò un pover’uomo eletto Papa può essere solo “vicario di Cristo”, cioè ricoprire indegnamente il ruolo di Cristo. Ma è vero anche che nessun Papa è “vicario di Pietro” (sarebbe uno sminuirlo troppo). L’espressione esatta è la seguente: ogni Papa è “successore di Pietro nel ruolo di vicario di Cristo”. Che sia sfuggita per distrazione quella doppia e contraddittoria qualifica del Papa, prima come “vicario di Pietro” e poi come “vicario di Cristo”? Certamente no! Perché se il Papa è una cosa non può essere l’altra. Intrufolando confusione nella liturgia (è proprio quello che vogliono e che fanno da cinquant’anni i seminatori di zizzania) si annebbia la Verità, quella Verità che oggi è così tanto odiata. E se, come ha detto Gesù … è Lui la Verità, chi odia la Verità odia Cristo anche se, vestito di rosso, se ne sta abusivamente rintanato come le talpe e opera in qualche stanza del Vaticano.
di Enzo Boninsegna*
* da “Combatti la buona battaglia 10”, pro-manuscripto, 2017
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