Mi ha fatto molto, ma molto male vedere qualche giorno fa al telegiornale un sacerdote, tale D. Marco Pozza, “intervistare” il S. Padre, presentandosi davanti a Lui vestito come un qualunque giovanotto, cioè in jeans attillati e artificialmente consunti (come ritualmente richiesto dalla moda giovanile, anche se D. Marco tanto giovane poi non è), scarpe sportive e altri indumenti casual. [E’ possibile vederlo in fotografia sul n. 11 dic. 2017 di Vita Pastoralea pag. 20, dove il Pozza è ritratto anche nell’atto di mettere una mano dietro il collo del Papa, così come un adulto fa verso un bambino: che bell’atteggiamento di rispetto verso la persona del Pontefice!].
Tale sacerdote veniva presentato dal giornalista come il cappellano del carcere di Padova. Mi son detto: se è un sacerdote cappellano di un carcere, non è un giornalista e non c’è quindi nulla che giustifichi una sua “intervista” al Papa. Un sacerdote, per sapere cosa pensa il Papa, ha bisogno di andarlo a intervistare? E perché? E per che cosa? E a che titolo?
Ma ciò che mi ha avvilito e mi ha indignato, è il fatto che in Vaticano (non saprei dire se la segreteria personale del papa o la Prefettura della Casa pontificia) abbiano permesso a quel sacerdote di presentarsi davanti al Papa in quella inqualificabile foggia. Non è prescritto per gli ecclesiastici di presentarsi davanti al Papa con il proprio abito clericale o religioso? E’ forse stata formalmente abolita tale norma, o lo è stata di fatto?
Si vedono ancora addirittura delle Regine presentarsi in udienza dal Papa vestite di nero, come previsto dal protocollo, e poi vediamo un pinco pallino di prete qualunque presentarsi nemmeno in clergyman, anzi in una foggia davvero indecente per un sacerdote, con l’avallo delle autorità vaticane e dello stesso Pontefice.
Adesso ogni sacerdote si sentirà giustificato a vestirsi come meglio crede, disprezzando l’abito clericale e religioso e prendendo in giro (già capitava prima, figurati adesso!) i confratelli che lo indossano.
Non molto tempo fa inviai una e-mail al Vescovo di Padova, facendo le mie rimostranze per il modo in cui D. Marco Pozza si presentava vestito in TV a commentare il Vangelo. Mi rispose il segretario, dicendomi che la mia lettera sarebbe stata portata a conoscenza del Vescovo; ma come la pensasse quel Vescovo, vengo a saperlo per deduzione adesso, perché non posso credere che egli non sia venuto a conoscenza che D. Marco sarebbe andato a intervistare il Papa e che se avesse condiviso le mie suddette rimostranze, non gli abbia fatto delle precise raccomandazioni su come presentarsi davanti al Papa: o queste raccomandazioni non ci sono state, o D. Marco se ne è fatto beffe e un baffo. Bella roba!
A questo punto siamo arrivati?
Ma quel che è più grave e che mi ha fatto davvero arrabbiare, è stata la quasi contemporaneità tra questo fatto e le parole con cui Papa Francesco (mi sembra in una omelia a S. Marta) ha ironizzato su quei sacerdoti che amano vestire gli abiti clericali con qualche eccesso di civettuola ricercatezza. Francamente a me, ma anche a molta gente semplice, sembra preferibile un prete con qualche mantello, qualche frangia, qualche mozzetta o “saturno” in più, piuttosto che un prete che va vestito come D. Marco Pozza strettamente osservante dell’ultima moda giovanile.
Sono d’accordo con Papa Francesco che se un prete si pavoneggia in vesti e paludamenti vari e non fa bene il suo ministero, non pensa ai poveri e agli ammalati, ai deboli e ai carcerati, è solo degno di commiserazione. Ma Papa Francesco ha conosciuto Don Oreste Benzi? Questo santo sacerdote non si separava mai dalla sua semplice e povera veste talare, che era come un lasciapassare per recarsi ovunque c’era una situazione di sofferenza, persino in mezzo alle prostitute. E tutti sanno quanto era amato e quanto amore spandeva attorno a sé, tanto che si pensa di introdurne la causa di beatificazione. Io ho visto gente commuoversi fino alle lacrime quando entravo nelle loro case vestito con la mia veste talare. Molti esprimevano la loro soddisfazione per questo e mi ringraziavano.
E’ molto triste perciò che il Papa faccia dell’ironia e mostri quasi commiserazione verso i sacerdoti troppo ricercati negli abiti clericali e allo stesso tempo onori un prete che veste come un giovanotto qualsiasi (ma non poveramente, perché certi jeans sono molto costosi), ammettendolo addirittura in sua presenza e a intervistarlo, con tanto di telecamere a divulgare il fatto. Si bastona chi indossa la talare e si onora chi la disprezza.
Papa Francesco non ha certo pensato alle conseguenze, nell’avallare il comportamento di D. Marco Pozza, e lui stesso non dà un buon esempio nel rifiutarsi di indossare le peculiari insegne della sua suprema giurisdizione e della sua identità di Sommo Pontefice, come quando si presenta davanti a tutto il mondo per la Benedizione Urbi et Orbi vestito con la sola semplice talare bianca, che è la sua veste ordinaria, non cerimoniale.
Anche in ambito civile ci sono vesti cerimoniali, perciò non c’è nessunissima giustificazione all’anomalo comportamento di Papa Bergoglio, al quale come Pontefice va sempre comunque il mio rispetto e la mia venerazione.
Ma questo è un discorso che ho già fatto altre volte su questo sito e nel mio libro Chiesa povera, non impoverita (Ediz. Fede&Cultura).
Concludo dicendo che sono fortemente tentato, dopo aver visto D. Marco Pozza davanti al S. Padre, “conciato” in quella maniera, di seguire l’esempio di D. Oreste Benzi, indossando sempre il mio abito talare.
di Don Francesco Cupello
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2236_Don-Cupello_Papa_avalla_preti_in_jeans.html
Abbiamo recuperato le pagine perdute del grande teologo sartoriale Giacomino da Villavesco, trapassato recentemente per il dispiacere dovuto alla sciatteria liturgica. Ci ha lasciato la Summa Merceologica. Pubblichiamo alcuni stralci.
Quesito. Se i sacerdoti debbano indossare l'abito talare.
Sembra che i sacerdoti non debbano indossare l'abito talare. Secondo gli epigoni di tal Rhaner sembra che il sacerdote non debba essere visibile nella società, ma debba strisciare anonimamente per non disturbare la secolarizzata realtà circostante.
In contrario. Che il cristiano debba essere anonimo è un'idea malsana che ha portato solo alla scomparsa dei cattolici dalla società. Per questo il sacerdote in ogni situazione deve essere riconoscibile, per ricordare al popolino l'esistenza della Chiesa e di Dio. Inoltre, argomento non da poco, frequentemente i sacerdoti in talare sono visti come punto di riferimento nella società liquida.
Conclusione. I sacerdoti devono portare l'abito talare e abbandonare tutti gli altri vestiti, spesso fuori luogo.
Al riguardo, spiegava il cardinale Siri nel 1972 [La summa riporta il testo completo del Cardinale, che potete trovare qui]:
L’abito condiziona fortemente e talvolta forgia addirittura la psicologia di chi lo porta
L’abito non fa il monaco al 100%, ma lo fa certamente in parte notevole; in parte maggiore, secondo che cresce la sua debolezza di temperamento.
Succede che in talune città d’Italia (non citiamo ovviamente i nomi, ma siamo ben sicuri di quello che diciamo) per l’assenza di ritegno imposto dalla sacra divisa si arriva ai divertimenti tuttavia proibiti dal Codice di Diritto Canonico, ai night clubs, alle case malfamate e peggio. Sappiamo di retate di seminaristi fatte in cinema malfamati ed in altri non più consigliabili locali".
Il bilancio che ne consegue
Eccolo:
– disistima;
– sfiducia;
– insinuazioni facili e talvolta gravi;
– preti che, cominciando dall’abito e dallo smantellamento della prima umile difesa, finiscono dove finiscono…
– crisi sacerdotali, del tutto colpevoli, perché cominciate col rifiuto delle necessarie cautele, richieste dal Diritto Canonico e dal consiglio dei Vescovi…, con risultati disgraziati e spostati…
– seminari che si svuotano e non resistono; mentre nel mondo, tanto in Europa che in America, rigurgitano i seminari, ordinati secondo la loro genuina origine, col rigoroso abito ecclesiastico, nella vera obbedienza al Decreto conciliare Optatam totius;
– anime che si trascinano innanzi senza più alcuna capacità decisionale, dopo la loro contaminazione col mondo.
L’abito è la “porta”!
Summa merceologica. L'abito talare
Abbiamo recuperato le pagine perdute del grande teologo sartoriale Giacomino da Villavesco, trapassato recentemente per il dispiacere dovuto alla sciatteria liturgica. Ci ha lasciato la Summa Merceologica. Pubblichiamo alcuni stralci.
Quesito. Se i sacerdoti debbano indossare l'abito talare.
Sembra che i sacerdoti non debbano indossare l'abito talare. Secondo gli epigoni di tal Rhaner sembra che il sacerdote non debba essere visibile nella società, ma debba strisciare anonimamente per non disturbare la secolarizzata realtà circostante.
In contrario. Che il cristiano debba essere anonimo è un'idea malsana che ha portato solo alla scomparsa dei cattolici dalla società. Per questo il sacerdote in ogni situazione deve essere riconoscibile, per ricordare al popolino l'esistenza della Chiesa e di Dio. Inoltre, argomento non da poco, frequentemente i sacerdoti in talare sono visti come punto di riferimento nella società liquida.
Conclusione. I sacerdoti devono portare l'abito talare e abbandonare tutti gli altri vestiti, spesso fuori luogo.
Al riguardo, spiegava il cardinale Siri nel 1972 [La summa riporta il testo completo del Cardinale, che potete trovare qui]:
L’abito condiziona fortemente e talvolta forgia addirittura la psicologia di chi lo porta
L’abito non fa il monaco al 100%, ma lo fa certamente in parte notevole; in parte maggiore, secondo che cresce la sua debolezza di temperamento.
Succede che in talune città d’Italia (non citiamo ovviamente i nomi, ma siamo ben sicuri di quello che diciamo) per l’assenza di ritegno imposto dalla sacra divisa si arriva ai divertimenti tuttavia proibiti dal Codice di Diritto Canonico, ai night clubs, alle case malfamate e peggio. Sappiamo di retate di seminaristi fatte in cinema malfamati ed in altri non più consigliabili locali".
Il bilancio che ne consegue
Eccolo:
– disistima;
– sfiducia;
– insinuazioni facili e talvolta gravi;
– preti che, cominciando dall’abito e dallo smantellamento della prima umile difesa, finiscono dove finiscono…
– crisi sacerdotali, del tutto colpevoli, perché cominciate col rifiuto delle necessarie cautele, richieste dal Diritto Canonico e dal consiglio dei Vescovi…, con risultati disgraziati e spostati…
– seminari che si svuotano e non resistono; mentre nel mondo, tanto in Europa che in America, rigurgitano i seminari, ordinati secondo la loro genuina origine, col rigoroso abito ecclesiastico, nella vera obbedienza al Decreto conciliare Optatam totius;
– anime che si trascinano innanzi senza più alcuna capacità decisionale, dopo la loro contaminazione col mondo.
L’abito è la “porta”!
http://www.campariedemaistre.com/2017/11/summa-merceologica-labito-talare.html
BOTTA E RISPOSTA DI DON MINUTELLA E DON LEONARDI
Don Minutella, due volte dottore in teologia, sfida in una disputatio teologica Don Leonardi, scrittore e sacerdote dell'Opus Dei
https://gloria.tv/video/pCPGQckisw8i4dxjwrr2F6Uzn
La vacca sacra: sono gli effetti tossici della Laudato Sì?
È vergognosa e scandalosa la facilità con cui si bestemmia il Signore e si profana una chiesa (ancora consacrata) al giorno d’oggi, col placet del clero progressista.
Certamente che il titolo è provocatorio poiché la Laudato sì non induce a tanto, sia ben chiaro. Volevamo dare questo titolo: “Padre perdonali, non sanno quello che fanno” anche perché, è onesto dirlo subito, non è che si può dare la colpa di tutto al papa, ma questo pontificato ambientalista e buonista sta spingendo davvero oltre i limiti consentiti agli uomini, specialmente ai pastori. Questo magistero è intoccabile – basta leggere che fine fanno coloro che si azzardano a qualche critica, o vedere come il papa sta trattando – con il silenzio e un tacito compiacimento – quei vescovi scelti da lui stesso alla Galantino, da quelli che dimostrano più ortodossia come il cardinale Sarah. Ma Gesù Cristo può essere messo alla berlina con il consenso del vescovo e il silenzio di un papa. No! è inaccettabile!
Ne hanno parlato in tanti, tranne Colui che avrebbe dovuto “urlare dai tetti”: “che cosa vi siete bevuti, il cervello?” e, naturalmente, avrebbe dovuto richiamare pubblicamente questo vescovo perché, quando lo scandalo è pubblico, deve essere pubblica l’ammenda, pubblico il ripudio a ciò che ha dato origine allo scandalo. Ma papa Francesco tace, eppure sappiamo bene quanto parla, quando vuole, per esempio quando ha dato un consiglio che una volta faceva parte dell’educazione civica o stradale: «lo scarso senso di responsabilità da parte di molti conducenti, che sembrano spesso non avvedersi delle conseguenze anche gravi della loro disattenzione (per esempio l’uso improprio dei cellulari) o della loro sregolatezza», vedi qui.
E’ evidente però che schernire Gesù Cristo, per papa Francesco, non è offensivo. Tanto che vuoi che sia, chiodo più, chiodo meno, oramai è risorto (forse, chiosa il preposto gesuita Sosa). E così tace papa Francesco. Ma che strana coincidenza, siamo alla vigilia della Solennità di Cristo Re e cosa ti combina il demonio? Un bel rimpiazzo appoggiato e sostenuto da un vescovo, con un papa che tace il misfatto, meglio di così, a Satana, non poteva andare. Papa Francesco che grida allo scandalo per i cristiani “chiacchieroni”, ma che tace sui cristiani scandalizzati dai Pastori apostati ed eretici, vedi qui.
Cosa vuoi che importa? Tanto poi ci sarà il solito Angelus domenicale, con la solita predica sull’accoglienza, anàtemi se non porti a casa un emigrato (tranne che a casa santa Marta, ovviamente) con i soliti moniti contro quei cattolici rigoristi che si scandalizzano se in pubblico si offende Dio, quello vero naturalmente, perché se si trattasse di qualche altra divinità, interverrebbe subito tutto il Vaticano; si osannerà a Cristo Re senza alcun dubbio perché è purtroppo evidente e chiaro come il sole che, LA PAROLA si è fatta carta… e la si straccia nei fatti, continuando ad usare parole senza più dottrina, senza più inviti alla conversione a Cristo Re, senza più riparare i veri scandali che ci stanno sommergendo e soffocando.
Ecco messa in pratica la Laudato sì, lo dice l’artista mica noi eh! e il vescovo ha approvato. Sissignori, il vescovo ha approvato il sacrilegio. “La vacca sacra”…. Come ha raccontato il giornale Le Soir, secondo l’artista «i cattolici non devono sentirsi offesi. Come Gesù morì sulla croce anche questa mucca è morta sulla croce per i peccati rappresentati dai nostri rifiuti e dall’inquinamento ambientale», una mucca in croce davanti all’altare. Accade a Looz (Belgio) nelle chiesa di Kuttekoven dove è stato preparato un allestimento dell’artista Tom Herck dal titolo “La vacca sacra”. vedi qui.
Un vescovo che ignora la gravità di quanto ha permesso, non è degno di essere vescovo, ma neppure prete, ed il Pontefice ha tutto il dovere e l’obbligo di intervenire per riparare il grave sacrilegio.
Laddove non ci è lecito offendere la dignità umana, così non ci è lecito offendere Dio perché l’amore per il prossimo passa attraverso l’Amor di Dio in Cristo Gesù Crocefisso, la cui Croce adoriamo. Questo artista avrebbe dovuto essere corretto dal vescovo perché insieme hanno offeso sia l’uomo che Dio, perché Dio si è fatto uomo e non un animale, non una vacca, e la vacca non è Dio. I Cattolici devono sentirsi offesi due volte, sia nella propria dignità di uomini creati a “immagine e somiglianza di Dio”, sia per la fede in Cristo Gesù, nostro Signore e nostro Dio.
E questo è detto con tutto il vero e più sacro rispetto verso gli animali e l’ambiente perché, chi è davvero cattolico e vive coerentemente il Vangelo, è persona che rispetta la natura, vuol bene agli animali e alle piante e non ha bisogno di una enciclica ambientalista, o di sentirsi dire che usare il cellulare in macchina è pericoloso, ma dal papa ha bisogno di sentirsi dire che chi offende Dio cade in peccato mortale, e chi cade nel peccato deve convertirsi e riparare lo scandalo con la conversione anche pubblica, laddove lo scandalo è stato pubblico.
Invitiamo i Sacerdoti a fare almeno una Messa in riparazione a questo atto sacrilego, ed invitiamo i laici a sostenere queste Messe di riparazione e unirci tutti a dire Rosari di riparazione, sentirci coinvolti e scandalizzati per Amore a Cristo e perché, come ammonisce Gesù stesso: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,38).
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