ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 21 novembre 2017

Un quinto atteggiamento perverso

PEZZO GROSSO, IL PAPA E LE PERVERSIONI AMBIENTALI. COME GLI VIENE DI USARE CERTI TERMINI PROPRIO ORA?                            

Ci stupivamo del silenzio perdurante di Pezzo Grosso; a sì che gli spunti non mancavano certo, forniti con ammirevole puntualità e costanza dal Pontefice regnante e dalla Sua gaia combriccola di prelati e laici. Anzi, cominciavamo a preoccuparci: vuoi vedere che Pezzo Grosso si è offeso per qualche motivo con il povero Stilum Curiae? Eravamo sul punto di chiedere qualche timida spiegazione, quando è arrivato un messaggio. Sul Papa, sull’ambiente, e sulle Quattro Perversioni (ma come gli viene in mente di usare certi termini, quando si molestano i chierichetti praticamente in casa sua?). Purtroppo non siamo in grado di rispondere all’ultima domanda che Pezzo Grosso ci rivolge. Di una cosa siamo sicuri: non crediamo che sia un emulo di Einstein.

“Caro Tosatti, d’ora in avanti potrò firmarmi ‘pezzo grosso e perverso’ e dovrò confessarmi (da un sacerdote dei Francescani dell’Immacolata) perché con i miei convincimenti sto frustrando gli sforzi per cercare concrete soluzioni alla crisi ambientale …( come leggo nel ‘Messaggio del santo padre Francesco a S.E. Bainimarama, primo ministro delle isole Fiji – Bonn, 6-17 novembre 2017’). Ma il peggio di cui vengo (implicitamente) accusato non è tanto di frustrare gli sforzi di questi santi uomini che vogliono difendere il pianeta dall’uomo cancro della natura, no, il peggio sta nei motivi per cui gentaglia come me lo fa. Il messaggio spiega che lo fa grazie a <questi quattro atteggiamenti perversi>: “negazione del problema, indifferenza, rassegnazione comoda, fiducia cieca nelle soluzioni tecniche” ( cfr. Enc. Laudato sì, 14). Se mi fosse permesso proporrei di aggiungere un quinto atteggiamento perverso, quello più vero, unico, assoluto, ma ignorato: quello cioè che produce questi convincimenti che pretendono gli sforzi (quali?) per risolvere la crisi ambientale “l’ignoranza gnostica”. La soluzione proposta, scritta nel messaggio al primo ministro delle isole Fiji, Presidente della 23° sessione della conferenza degli stati parte alla convenzione – quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP23), è in concreto quella di <far propagare una “coscienza responsabile” verso la nostra casa comune attraverso il contributo di tutti, nell’esplicitazione delle differenti forme di azione e di partenariato tra i vari stakeholders, alcune delle quali non mancano di mettere in luce l’ingegno umano in favore del bene comune>. Qualcuno ha capito? Scusi, Tosatti, ma chi scrive questi messaggi del Santo Padre?
Un’altra domanda: secondo lei otterrò Misericordia per questo infame peccato? O sarò equiparato a quegli irresponsabili di PROLIFE che ricordano che dal 1978 più di 6 milioni di creature son state uccise dall’aborto al fine di non turbare l’equilibrio bio-psico-sociale della madre e di non inquinare il pianeta? ( vedi )”. 
MARCO TOSATTI

http://www.marcotosatti.com/2017/11/21/pezzo-grosso-il-papa-e-le-perversioni-ambientali-come-gli-viene-di-usare-certi-termini-proprio-ora/


Mafia e aborto, chi offende le donne


E’ l’ultima vittima sacrificale di un sistema mediatico che si autoalimenta cibandosi di mostri da prima pagina. Non per quello che fanno, ma per quello che dicono. Sono cattolici, meglio se preti e hanno un unico denominatore comune: non sono conformati al pensiero unico. Nei loro confronti si sta appostati coi fucili spianati in attesa che dicano qualcosa di sgradito al sistema mainstream e quando la dicono, spesso utilizzando Facebook come pulpito, pronta arriva la campagna denigratoria.

L’ultimo finito sulla graticola si chiama don Francesco Pieri e svolge il suo ministero a Bologna. Da giorni le cronache non parlano d’altro, perché il sistema della censura si alimenta anche condividendo nel copia e incolla delle dichiarazioni l’unico obiettivo contro cui scagliarsi. Il sacerdote ha affidato a Facebook il suo commento sulla morte del boss Totò Riina. “Ha più morti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino?”. Il riferimento all’esponente radicale è alla sua battaglia ultra 40ennale a favore dell’aborto, di cui le cronache ormai sanno tutto.
Sicuramente questa è una frase così politicamente scorretta da diventare un pugno in faccia al perbenismo. Il parallelo che hanno fatto i benpensanti è ovviamente che il sacerdote ha paragonato il pluriomicida mafioso Riina a una donna che ha fatto politica tutta la vita e che poteva anche diventare Presidente della Repubblica. Insomma: che c’azzecca? Nulla, se accettiamo il fatto che la Mafia è un reato e l’aborto non più. Ma la boutade di don Francesco ha contribuito a svelare un piccolo grande segreto di Pulcinella della nostra modernità: da quando le democrazie occidentali hanno sdoganato l’aborto trasformandolo da reato qual era a diritto, anche il giudizio morale su di esso si è dovuto arrendere ed è stato inglobato positivamente tra le opportunità contemporanee. Eppure resta un crimine contro l’uomo, piaccia o non piaccia alla maggioranza, che sposta il tema dall’etica alla giurisprudenza umana.
Oggi tutti si stracciano le vesti per don Pieri, compresi solerti megafoni dell’ecclesialmente corretto come Federico Pichetto che dalle colonne del Sussidiario ha addirittura imputato a don Francesco il far parte – orrore! – “della casta del fortino cattolico attento più al Magistero incapace di comprendere le vicende del nostro tempo e quindi preoccupato di smettere di avere ragione e quindi potere”. Una frase davvero sorprendente se si pensa che per certi intellò ogni volta che un cattolico dice qualcosa fuori dal coro deve sempre avere un secondo fine. Si vede che la dietrologia di cui si cibano non fa loro vedere oltre. 
Tra l’altro Pichetto nella sua appassionata accusa contra Pierim” ha fatto ricorso anche a nebulose distinzioni paragonando la Mafia a un tumore di vecchia data dell’umanità e l’aborto a una metastasi impazzita della modernità. Qual è la differenza? Boh, per noi è sempre materia da oncologi e non da ortopedici, ergo non si capisce neanche dove il prete abbia sbagliato.
Però c’è un però: commenti come questo ignorano il fatto che lo stesso Papa Francesco abbia usato più o meno le stesse parole, accomunando proprio l’aborto alla Mafia. Incredibile dictu, stando a certi soloni, ma è così. Solo che quando il Papa parlò era il 18 febbraio 2016 di ritorno dal Messico e tutti si precipitarono a titolare sulla frase rivolta al presidente Trump. Ma Francesco disse proprio così: “L’aborto non è un 'male minore'. E’ un crimine. E’ fare fuori uno per salvare un altro. E’ quello che fa la mafia. E’ un crimine, è un male assoluto”.
Ora, si potrebbe stare anche qui a disquisire sul fatto che il Papa non abbia fatto nomi e don Francesco sì. Ma sposterebbe l’attenzione sulla opportunità, non altererebbe la sostanza delle cose. Può piacere o non piacere, ma don Francesco è in compagnia di un altro Francesco. 
Chi invece pensa di avere una compagnia che in realtà non le appartiene è la Bonino, che se n’è stata zitta per due giorni, confortata dal can can mediatico a suo favore. Poi è intervenuta per commentare: “Gli insulti qualificano chi li fa non chi li riceve. Immagino Don Piero abbia fatto il mio nome per rappresentare milioni di donne che hanno subito in un modo o nell'altro il trauma dell'aborto. L'offesa quindi non l'ha rivolta a me ma a milioni di donne”. E giù applausi. Ma è proprio nelle parole della Bonino che si intravvede il vizio di fondo di questo corto circuito immorale che ci trasciniamo da anni. Trasformato l’aborto da reato a diritto, anche il protagonista dell’azione cambia la sua responsabilità. In realtà l’aborto, che resta un crimine anche se non è più giuridicamente un reato (e speriamo che questo si possa dire senza incorrere nella censura!) è la più grande offesa che si possa fare ad una donna.
Non è un’opinione, ma la realtà del vissuto di milioni di donne che lo documenta. Un’offesa che spesso viene compiuta proprio impedendo alle donne stesse di comprendere bene che cosa significhi sopprimere un innocente in grembo, raccontandole che è per la loro libertà e autodeterminazione, spacciando artifici linguistici, inscenando campagne dal vittimismo facile e usandole strumentalmente  nel momento della prova. Di questo la cultura radicale, contrabbandando una licenza alla soppressione mascherata da libertà, è responsabile, perché ha fatto passare in questo Paese la cultura che l’aborto non fosse nient’altro che un trauma necessario, quando invece è una tragedia e basta.
Non serve tirare in ballo i milioni di donne, perché nelle urticanti parole di don Francesco, non è scomodata la loro coscienza, che viene così coperta da quella pietà misericordiosa cristiana che tace di fronte alle accuse, ma non tralascia mai la verità. No, ad essere chiamata in ballo semmai è la coscienza della cultura ideologica radicale di cui Emma Bonino è stata una sacerdotessa. Perché non sappiamo se le donne, tutte le donne, si siano sentite più insultate da don Francesco oppure dal fatto che sul loro corpo si è abbattuta la più vasta macchinazione di indottrinamento che la storia occidentale abbia conosciuto. Fossimo la Bonino non scommetteremmo ciecamente sulla prima. 
Andrea Zambrano

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