ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 5 dicembre 2017

Che sia benedetta questa disobbedienza...

Apriamo un dibattito: in risposta a Danilo Quinto


Carissimo dottor Quinto,

accolgo l'invito, pubblicato sul Suo blog, ad aprire un dibattito su Bergoglio. A onor del vero, più che dibattere, io preferirei istruire un processo canonico, ma i tempi sono quel che sono e bisogna pur accontentarsi quantomeno di far sentire il proprio dissenso. 

Anzi devo dire che proprio una decina di giorni or sono, su Chiesa e Postconcilio, avevo lanciato un'analoga proposta, della quale credo dovrebbero farsi promotori soprattutto i laici, senza coinvolgere Prelati ed ecclesiastici. Il motivo di questa scelta di target - mi perdoni l'anglicismo - sta nel fatto che i laici sembrano essere al momento gli unici a non dover temere le ritorsioni di Bergoglio, dovendo al massimo sopportare le sue intemperanti esternazioni che in fondo lasciano il tempo che trovano, quando non rivelano l'indole tutt'altro che misericordiosa del personaggio.

I laici non hanno, nella struttura gerarchica della Chiesa, alcun ruolo: essi sono Chiesa discente, ma custodiscono quel sensus fidei ch'è regola della Fede e che ancor oggi, nei semplici, rappresenta quel sano buon senso cattolico che non si lascia menar per il naso dallesesquipedalia verba del clero conciliare. Ma proprio per il fatto di non ricoprire alcuna funzione istituzionale nella compagine ecclesiale, i laici possono esprimere un dissenso che non è mosso né da ambizione né da servilismo. 

Lasciamo pure da parte i cosiddetti laici che, nella setta conciliare, fanno da contraltare ai fedeli allo stesso modo in cui il clero modernista rappresenta l'antitesi dei buoni sacerdoti e dei santi Pastori cattolici. Quei laici che smaniano d'usurpare le funzioni sacerdotali, che si arrampicano sui presbiteri a proclamare il salmo responsoriale o a distribuire la Comunione, mentre gli inetti in camice e stola poltriscono in un angolo. Quei laici che rivendicano il diritto alla ribellione quand'è ora di obbedire a Cristo, ma che vanno in brodo di giuggiole per le innovazioni di Amoris Laetitia e le tediose citazioni della Nostra AetateChé se solo chiedessimo a costoro se credono nei dogmi principali della Fede, scopriremmo che o li ignorano colpevolmente o li negano scientemente. Essi sono i complici della crisi attuale e i cortigiani del tiranno: non sappiamo che farcene di laici di tal fatta, degno gregge che segue il pifferaio verso il baratro. 

I laici cui spetta l'onore di levar la voce per metter in guardia dai lupi vestiti da pastori sono quelli che pregano, che fanno penitenza, che quando peccano non pretendono di legittimare le proprie colpe, ma si inginocchiano al confessionale per chieder perdono. Sono loro che oggi hanno la possibilità di farsi sentire, dai loro fratelli prima ancora che dai chierici rinnegati. Perché senza il consenso del popolo dal quale trae legittimazione, la neo-chiesa è destinata ad inabissarsi nella cloaca dei suoi vizi, a scomparire nel disonore dei traditori.

Metter sotto accusa la Gerarchia è cosa che suscita ancor oggi nel popolo fedele una certa perplessità, se non addirittura scandalo. Eppure giunge un momento in cui gli argomenti teologici e le dotte speculazioni canoniche si rivelano piuttosto dei sofismi, quando servono non per il bene delle anime, ma per tenerle soggiogate in un'obbedienza speciosa e - in ultima analisi - per impedir loro di opporsi all'adulterazione della Fede e della Morale. 

C'è chi osserva che il Papa non può esser deposto. Chi dice che un Papa, nel momento in cui cade in eresia, dev'esser giudicato da un Concilio (un altro? per carità!). Chi si appella alla divisione tra munus potestas. Tutti argomenti eruditi, per carità. Ma pensare di risolvere il disastro attuale con i bizantinismi del diritto canonico, mentre ogni giorno da Santa Marta siamo cannoneggiati con eresie e spropositi inauditi, è come voler risolvere l'invasione maomettana dell'Europa con un volantinaggio fuori dal Comune di Roccantica.  

Lo dice anche Socci: Cos'altro deve fare questo signore per farci capire che vuole distruggere il Cattolicesimo? Poiché in fondo la questione è solo questa: ci troviamo dinanzi ad un personaggio che demolisce sistematicamente la Chiesa di Cristo, in virtù del proprio potere di capo della Chiesa stessa. Che lo faccia a norma del Codice di Diritto Canonico; che le sue esternazioni siano parte del Magistero; che pronunci eresie come dottore privato o maestro universale; che sia Papa legittimo o impostore sono aspetti inerenti la sua personale posizione dinanzi a Dio e alla Chiesa. Ma nei fatti la gravità di ciò che Bergoglio compie è sotto gli occhi di tutti, tanto di chi lo avversa quanto di chi lo sostiene.  

A me non interessa se chi offende Dio e danna le anime lo faccia a titolo personale o no: perché è l'offesa a Dio e la dannazione delle anime che sono gravi in sé. L'eventuale illegittimità degli atti sarà nel caso un'aggravante, che nulla toglie ai delitti che egli compie. 

Analizzare come lo Spirito Santo possa aver permesso che Bergoglio ascendesse al Soglio, o come si coniughino le sue eresie con le promesse di Cristo e con l'infallibilità papale sono questioni che spetterà agli storici ed ai teologi affrontare in futuro. Oggi occorre anzitutto opporsi a queste eresie, siano esse pubblicate ufficialmente sugli Acta Apostolicae Sedis o inserite subdolamente in un discorso pronunciato a braccio. E se questo comporta una disobbedienza, che sia benedetta questa disobbedienza, in nome dell'amore di Dio e della salvezza delle anime. E se dicendo che Bergoglio è eretico si passa per estremisti, si perde la berretta cardinalizia, si viene cacciati dalla Curia o dalla cattedra universitaria, chiediamoci se il nostro scopo sia quello di conservare il posto che ricopriamo rendendoci complici di un eretico e dei suoi accoliti, o piuttosto di testimoniare la nostra fedeltà al Signore affrontando la persecuzione. 

D'altra parte, non furono forse i Sommi Sacerdoti e Pilato a condannare il Salvatore alla crocifissione? Il fatto che questa sentenza sia stata pronunciata dall'autorità religiosa e civile l'ha resa forse meno iniqua? 

Mi pare che in molti critici di questo Pontificato - chiamiamolo così - si stia perdendo di vista la sostanza, in nome della forma. Così vi è chi teme di proclamare lo scisma, come se la responsabilità ricadesse su chi lo denuncia e non su chi lo ha causato falsificando deliberatamente la dottrina. Se Bergoglio è eretico ed ha dei seguaci, lo scisma c'è già: tacere adesso significa rendersi conniventi e complici. E quando verremo giudicati, non ci sarà chiesto se il nostro silenzio è stato dettato da obbedienza, perché anche un bambino capisce che davanti ad una azione intrinsecamente cattiva non si possono accampare scuse e pretesti in nome di un formalismo che scade nel grottesco. E non dimentichiamo che, in nome dell'obbedienza, negli ultimi sessant'anni abbiamo subìto gli esiti nefasti del Concilio, fermandoci a disquisire se quel documento ha valore dottrinale o pastorale, se quella frase va interpretata alla luce della Tradizione o no. E intanto le anime si sono dannate e si dannano ancor oggi. 

Nel paradosso, la pretesa di obbedienza cieca, pronta e assoluta da parte dei sudditi nei riguardi della Gerarchia giunge in un momento storico nel quale essa s'è riempita la bocca di appelli alla democrazia, presentando le odiose innovazioni come provenienti da una pressante richiesta della base, cui i Presuli avrebbero acconsentito in nome della loro pastorale sollecitudine. Una vergognosa impostura: nessuno tra il popolo ha mai chiesto che la Messa venisse cambiata, né che i sacerdoti si vestissero da laici, o che i Vescovi facessero comunella con i comunisti prima e con gli eretici e i Maomettani poi. E nella prevaricazione scandalosa imposta dall'Autorità s'è aggiunto l'inganno, facendo credere ai fedeli che quella cosa informe e indecorosa che va sotto il nome di Novus Ordo fosse solo una traduzione dell'antico rito, sfrondato da qualche elemento ormai inattuale, mentre nei fatti era nient'altro che la riproposizione pedissequa delle manomissioni di Lutero e di Cranmer. 

Anche le prostituzioni con i pagani, dopo gli amplessi indecorosi con gli eretici d'ogni risma, sono state imposte dalla neo-chiesa conciliare come necessità ineludibili di un presunto processo di pacificazione che nessun laico avrebbe mai voluto né chiesto. Poiché i cattolici hanno sempre saputo convivere pacificamente - specialmente in nazioni altrettanto cattoliche - con Ebrei, Maomettani, Calvinisti e scismatici d'Oriente senza rinunciare alla loro Fede ed anzi pretendendone il rispetto. A Roma, e in tutti i Paesi cattolici, la convivenza con i Giudei era norma talmente radicata da acquisirne anche le tradizioni gastronomiche, e non si è certo dovuto attendere il Concilio per veder l'opera di vera Carità cristiana nel salvare tanti perseguitati dal Nazismo, accogliendoli nelle proprie case, nei conventi e negli istituti religiosi. Se opposizione c'è stata - ed anche talvolta fiera e armata - questa si è avuta quando i Mussulmani minacciavano l'Europa cercando di sottometterla all'Islam, e mai il contrario: basti pensare al comportamento dei Cattolici nelle colonie, ben diverso da quello dei Protestanti. 

Bisogna esser inclusivi, pontificano a Santa Marta. Ma l'inclusività era cosa che si potevano permettere l'Impero Romano, con le sue leggi e l'orgoglio del civis, e la Chiesa Cattolica, che non temeva di annettersi nuovi popoli, rigenerandoli nel lavacro del Battesimo e convertendoli a Cristo. La setta conciliare parla d'inclusività, ma si svende al peggior offerente, punta al ribasso, raccatta la feccia dell'umanità per riempire le chiese che ha svuotato dopo il Concilio. Essa non è inclusiva, ma meretrice e rinnegata, pronta a prostituirsi con figuri che in altri tempi sarebbero stati banditi dal civile consorzio, se non appesi ad una forca. Quella forca che oggi si dichiara bandita dalle leggi per l'inconfessata consapevolezza di meritarla più di ieri. 

Ed è emblematico che, in un cupio dissolvi accecato dall'orgoglio e dall'ignoranza più presuntuosa, la neo-chiesa celebri come modello quell'eresiarca che, se avesse avuto sotto gli occhi i pervertiti della Roma conciliare, i corrotti dello IOR e dell'APSA, i carrieristi della Segreteria di Stato avrebbe considerato trascurabili le pecche della Corte rinascimentale. 

Apriamolo dunque, questo dibattito. Ma non limitiamoci a guardare ciò che Bergoglio, applicando lo spirito del Concilio, sta compiendo oggi per demolire la Chiesa sostituendole una grottesca parodia: guardiamo alla causa prima della rivoluzione, all'origine dell'apostasia presente, ch'è appunto quell'infausta assise che la neo-chiesa proclama come unico concilio della nuova religione ecumenica. 

E quando sentiamo certi Presuli, pur additati come paladini dell'ortodossia, che nel formulare timidi Dubia si sentono in obbligo di pagare il tributo all'idolo conciliare in nome di una presuntaermeneutica della continuità, facciamo sentire loro la nostra protesta, perché quell'idolo immondo è il padre della crisi odierna, la radice del male presente, la causa della rovina delle anime. 

Non è stato Bergoglio a far diminuire le vocazioni, a causare la chiusura dei conventi, a volere il pantheon di Assisi, a proclamare la laicità dello Stato come un bene e a chieder l'abrogazione della Religione di Stato nelle nazioni cattoliche, a svuotare le chiese, a baciare il Corano, a distruggere la Messa e la liturgia, a cancellare il senso del peccato ed il timore dell'Inferno, a disprezzare la pietà dei semplici, a disonorare la storia della Chiesa. Bergoglio è figlio del Vaticano II, e se ora siede sul Soglio del Beatissimo Pietro - realizzando la profezia di Leone XIII - lo dobbiamo a chi l'ha fatto consacrare Vescovo, a chi gli ha imposto la berretta cardinalizia, a chi ha lasciato la Chiesa di Cristo in balia dei cospiratori abdicando nel momento più grave e difficile.

Apriamolo, questo dibattito. Ma non guardiamo il dito perdendo di vista la luna. Perché dopo Bergoglio - che a Dio piacendo non vivrà in eterno - chi eleggerà il suo successore dovrà sapere che il popolo cristiano vuole un Papa, e non un gerarca per la setta che da sessant'anni si è sostituita alla Chiesa Cattolica. E se il Sacro Collegio non ne terrà conto, ci penserà il Padreterno a metter fine all'impostura di questo Sinedrio.
Ceterum censeo, Concilium damnandum esse.

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