ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 6 gennaio 2018

БОГ благословить Россия

                                                                         https://youtu.be/AqNtONGW1EM

Lettera aperta a Vladimir Putin



Да благословит Бог Святую Матерью Россию!

Signor Presidente,

mi permetto di scriverLe incoraggiato dalle notizie certe circa la Sua fede genuina, caratterizzata da un’ardente devozione per la Madre di Dio. È questa fede che Le ha suggerito di far sorvolare il Suo immenso Paese dalla veneranda icona della Kazanskaja, nonché – da quanto si dice – di chiederne l’attesa consacrazione, per quanto invano, a colui che in questo momento occupa il Soglio petrino. Tali atti, nel quadro di decisi interventi a favore della moralità, della natalità e della famiglia, mi sembrano segni inequivocabili, da parte di un Capo di Stato, di una volontà politica inquadrata in una profonda visione religiosa, segni tanto più sorprendenti quanto più contrari alla nefasta eredità del secolo passato. In pochissimi decenni, da quando la santa Russia si è liberata del disumano giogo sovietico, la vita della Chiesa vi è straordinariamente rifiorita, nonostante le piaghe lasciate da settant’anni di un regime nemico di Dio e dell’uomo.

Al tempo stesso sono anche le lezioni della storia, riletta con l’occhio della fede, a spingermi a rivolgermi a Lei nella tragica ora che l’Occidente e la Chiesa Romana si trovano a vivere. Lei stessa ha più volte stigmatizzato l’insensata corsa dei governi occidentali verso la rovina, meravigliandosi del fatto che i popoli da essi guidati non si rendano minimamente conto del pericolo che incombe su di loro. Anche sulle condizioni in cui da noi versa la Chiesa, Lei è certamente ben informato: la deriva nichilistica della società è al contempo causa ed effetto della dimenticanza della trascendenza divina proprio da parte di chi dovrebbe farla conoscere e amare, anzitutto nella propria persona trasfigurata, come avvenuto nella vita dei Santi e dei grandi starec. Questa situazione ha provocato un’avanzata decomposizione morale, con un’immane sofferenza per quelle anime che conservano ancora la fede, oppresse dalla tirannia di anime morte.

Per certi versi le nostre attuali condizioni richiamano alla mente quelle della Russia a cavallo tra il XIX e il XX secolo; in quale tragedia esse siano allora sfociate, non c’è bisogno di ricordarlo. La differenza principale, per noi oggi, consiste nel fatto che la Chiesa, anziché scuotersi di dosso il giogo statale come fece – sebbene per poco – il Patriarcato di Mosca nel 1917, sembra sempre più sottomessa, almeno nei suoi vertici, alle ideologie distruttrici del mondo, i cui signori paiono ormai dettar legge anche nelle stanze vaticane. Questa infiltrazione delle forze delle tenebre nella Città di Dio è sicuramente uno di quei segni apocalittici che il Suo coraggioso Patriarca ha di recente ravvisato nell’odierna congiuntura storica. La sua parola franca e illuminante è una voce quasi unica in tutta la cristianità, la quale, nonostante le dolorose divisioni che ancora persistono, può riceverne incoraggiamento e ispirazione. Sono ben pochi, da noi, i Pastori capaci di riconoscere i prodromi dell’avvento dell’Anticristo, che appaiono però sempre più evidenti.

La Terza Roma non potrà certamente sostituire la prima sul piano ecclesiale, ma sembra senz’altro chiamata, nei piani di Dio, a un provvidenziale compito sul piano politico e su quello spirituale. Non per nulla la Bogorodica ha tanto insistentemente richiesto la consacrazione del Paese di cui essa è capitale, il quale, avendo vittoriosamente superato una delle più lunghe, crudeli e sistematiche persecuzioni religiose della storia cristiana, si è conservato immune da quell’apostasia strisciante che ha spento la fede nei Paesi occidentali. Alla luce della situazione attuale, si può forse intuire una ragione provvidenziale del malaugurato scisma del 1054: mille anni più tardi, una parte della Chiesa sarebbe sussistita indenne dal tradimento al quale qui siamo costretti ad assistere. Anche quei settori della Chiesa Cattolica che si considerano conservatori, per lo più, tacciono di fronte all’evidenza, attenti come sono a difendere le proprie posizioni, che tuttavia rappresentano non tanto la vera Tradizione, quanto una variante già contraffatta del cristianesimo.

Nel corso della storia, Dio ha suscitato un re pagano, Ciro, per liberare gli Ebrei dalla cattività babilonese; per mezzo dell’Impero Romano, la Provvidenza ha unificato il mondo antico perché il Vangelo vi si diffondesse con una rapidità fulminante; lo Spirito Santo ha condotto santa Olga alla fede e il nipote san Vladimiro al Battesimo per sé e per tutto il suo popolo, attirato dagli splendori del rito bizantino, in cui scoprì il cielo sulla terra. Colui che si prende gioco dei potenti si è perfino servito di un precursore dell’Anticristo, quale fu Napoleone Bonaparte, per castigare la Chiesa Romana del Settecento, i cui Pastori trescavano con illuministi, liberali e cicisbei. Quanto più ilPantocrator sarà pronto a inviare un fedele Capo di Stato cristiano per ristabilire i Suoi diritti violati e far di nuovo risplendere la luce della retta fede là dove essa è stata oscurata dall’errore elevato a norma, dal peccato giustificato e promosso, da empi accordi con i nemici di Dio!

Se davvero una guerra con il blocco euro-atlantico si profila inevitabilmente all’orizzonte, osiamo confidare nell’ipotesi che il Signore intenda permetterla per consentire a Lei di abbattere l’immonda piovra del potere massonico che ci sta soffocando spiritualmente e avvelenando fisicamente, per ridurre la popolazione mondiale e sottometterla a una ristretta élite di satanisti. Voi russi ben conoscete questi demoni incarnati che, a suo tempo, diressero e finanziarono la “rivoluzione”; la vostra esperienza, unita all’immenso potere impetratorio delle immani sofferenze sopportate dal vostro popolo, deve pur tornare a beneficio di tutta l’umanità. Le preghiere che nel 1930 papa Pio XI ordinò di recitare per voi alla fine della Messa, l’atto di consacrazione compiuto per iscritto da Pio XII nel 1952 e l’intenzione posta da Giovanni Paolo II nel consacrare il mondo, nel 1984, al Cuore Immacolato di Maria hanno già portato frutto per voi; ora devono portarne per tutti gli uomini, che attendono liberazione dai prediletti della Madre di Dio.

È proprio Lei che, tramite strumenti terreni, dovrà schiacciare la testa del serpente infernale e le potenze di cui si serve. Il trionfo profetizzato a Fatima non esclude la collaborazione umana, al contrario la richiede e incoraggia. Per questo, in vista di quella riconciliazione che sotto papa Benedetto XVI sembrava così vicina, Le assicuriamo le nostre preghiere, unendole a quelle di tanti monaci e monache dell’Ortodossia. Con le nostre invocazioni chiediamo al Signore del cielo e della terra di volerLe assicurare la vittoria, in caso di conflitto, e di suscitare nel Suo cuore la ferma volontà di venire in soccorso alla Sede petrina, attualmente occupata da ecclesiastici empi e perversi che si sono resi complici dell’opera diabolica di distruzione della famiglia, della vita e della persona. La profonda ammirazione per le coraggiose decisioni da Lei prese contro la denatalità e contro la propaganda di mutazione antropologica ci fa sperare che la Provvidenza intenda darLe un compito ancora più ampio, a favore di tutta la Chiesa e del mondo intero.

A questi auspici, a cui, come confidiamo, il Suo cuore non sarà insensibile, uniamo i più fervidi auguri di bene e di pace per l’imminente Natività del Signore.

Dio benedica la Santa Madre Russia!

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Aprire l’anno nuovo con un vecchio archimandrita

Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa,
neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre
Mt 24,35-36


Come vi ho già raccontato altre volte, da tempo un giovane monaco ortodosso mi onora della sua amicizia e mi aiuta a comprendere il suo mondo spirituale, specie attraverso la conoscenza di un archimandrita (superiore di monastero) nato alla fine dell’Ottocento e morto nel 1993 all’età di novantasei anni: l’archimandrita Sofronio.
Questo padre spirituale, quando incontrava i giovani monaci, riusciva sempre a sottolineare con efficacia alcuni punti fondamentali dell’esperienza cristiana, e anche il modo in cui si esprimeva era significativo.
Trovo bellissimo il saluto con il quale apriva spesso i suoi interventi: «Sia benedetto il Nome del nostro Dio». A volte noi credenti siamo timidi e, per un malinteso senso del rispetto, evitiamo di mostrarci per ciò che siamo, fin dai saluti. Così, per esempio, diciamo, genericamente, «buon Natale» e «buon anno», mentre dovremmo dire «santo Natale» e «ti auguro un anno nuovo pieno di santità».  E che cosa c’è di più bello del saluto dei cristiani d’Oriente per la Pasqua? Non un generico «buona Pasqua», ma «Cristo è risorto! È veramente risorto!». Non dovremmo mai dimenticare che tutto ciò che è generico è poco o per nulla cattolico.
Negli ultimi anni di vita l’archimandrita pensava alla morte e non lo nascondeva. Anzi, questo pensiero lo aiutava a essere ancora più acuto nell’indicare le priorità. Diceva che, per il cristiano, tutto deve trasformarsi in preparazione all’incontro con Colui che ha creato ogni cosa, dai corpi celesti a ciascuno di noi, con tutte le nostre conoscenze, i nostri limiti, le nostre gioie e le nostre difficoltà. Se viviamo così, nella consapevolezza che ogni giorno, ogni minuto, ogni istante sia preparazione all’incontro faccia a faccia con Dio, la prospettiva cambia, il tempo e lo spazio assumono un valore nuovo e noi creature, pur nella nostra finitezza, riusciamo a percepire qualcosa dell’infinito e dell’eternità. Se è in Cristo, la vita è preparazione all’eterno.
Devo dire che, da cattolico, resto sempre affascinato da questo insegnamento. Noi cattolici (ovviamente generalizzo) da tempo abbiamo smesso di puntare lo sguardo verso l’alto per indirizzarlo verso la terra. Il che va benissimo, purché l’attivismo terreno e sociale non ci impedisca di scorgere Dio, di coglierne i segnali e di separare ciò che è sostanziale da ciò che è superfluo.
L’archimandrita parlava di «dilatazione» della coscienza. Puntare lo sguardo verso Dio e verso l’eterno non ci separa dal mondo, ma ci fa essere uomini nel senso più compiuto.
Pensando che Dio ci ha creati a sua immagine somiglianza dovremmo restare sopraffatti dall’emozione. Immagine e somiglianza: Dio è in noi, lo possiamo vedere! In un certo senso, l’incontro faccia a faccia, in attesa di quello vero e definitivo, avviene così ogni giorno. E, se è così, come possiamo sminuire la nostra grandezza e la nostra dignità?
Creandomi a sua immagine somiglianza, spiegava l’archimandrita, Dio ha posto innanzi a me lo scopo fondamentale della vita: assimilare lui stesso, che è infinito e tutto contiene. Ma, dopo la caduta di Adamo e la cacciata dal paradiso, in noi ci sono la disposizione a peccare e il contrasto con Dio. L’unità si è spezzata e la vita è diventata contrasto. Ecco perché  Gesù non si stanca di chiedere la conversione. Ed ecco perché non ci può essere conversione se non si parte dalla consapevolezza del peccato.
«Metanoia», conversione, è parola cara alla spiritualità ortodossa. E, anche in questo caso, noi cattolici sentiamo di aver perso qualcosa. Forse ne parliamo troppo poco, forse ci sembra troppo scomodo.
Nell’insegnamento dell’archimandrita un’altra parola che mi colpisce è compunzione («penthos»). Anche questa sparita dal vocabolario dei cattolici, indica il dispiacere nei confronti del proprio operato, addirittura il «gemito», dice il padre spirituale, che nasce dall’anima addolorata perché consapevole del peccato e della separazione da Dio. Potremmo parlare di pentimento, di rimorso, ma compunzione è forse di più. È il dolore viscerale che nasce dall’essersi allontanati dal Padre, dall’aver sporcato il nostro volto, che è a sua immagine e somiglianza.
Una terza parola cara all’archimandrita è comandamento, a partire certamente da quello nuovo e rivoluzionario, di amarsi gli uni gli altri, ma senza tralasciare quelli che abbiamo preferito mettere in ombra, a partire da quello, davvero difficile da digerire, di Dio ad Adamo, di non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Diciamo la verità: per noi cattolici di oggi, adulti e vaccinati, questo tipo di insegnamento ha il sapore della favola, da non proporre più neppure ai bambini. E invece il vecchio padre spirituale non se ne vergogna, e parla apertamente della cacciata dal paradiso, della «caduta tremenda» di Adamo e del suo «precipitare» che continua a colpire l’umanità intera.
E una quarta parola è orazione. Potremmo anche dire preghiera, ma non è lo stesso. Mentre la preghiera presuppone una richiesta, l’orazione è proprio il colloquio, senza dimenticare il legame (spiegato in modo mirabile da Benedetto XVI quando parlò ai giovani, a Colonia, nel 2005), tra «oratio» e «ad-oratio», tra orazione e adorazione, che è il contatto, addirittura bocca a bocca: dunque, l’amore.
Infine l’ultima parola cara all’archimandrita: sottomissione. Che non è una limitazione di sé, ma è, appunto, una dilatazione, perché se Colui al quale ci sottomettiamo è Amore, noi stessi, entrando in questa relazione, diventiamo Amore in atto.
L’anziano archimandrita, rivolto a giovani monaci, fa spesso riferimento alla vita cenobitica, con le sue esigenze e le sue regole, ma quanto insegna vale per tutti. E, all’inizio di un nuovo anno, forse può esserci d’aiuto riflettere sul suo invito. Dilatazione della coscienza, conversione, compunzione, orazione: un piccolo vocabolario spirituale da adottare e tradurre in vita.
Vi lascio con queste parole dell’archimandrita: «Quando la nostra anima fa ingresso nella sfera della vita divina, sicuramente l’uomo percepisce in modo più chiaro l’eternità rispetto al tempo. Allora molte parole evangeliche diventano anche nostre, proprio perché esprimono la nostra condizione».

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Dell’archimandrita Sofronio (Sakharov) è appena uscito il volume «Edificando il tempio di Dio in noi e nei nostri fratelli», Edizioni Sacro Eremo dei Santi Apostoli Kerasià, Monte Athos
apost.kerasia@gmail.com

Ὁ μέγας Ἁγιασμὸς τῶν ὑδάτων (La Grande Santificazione delle acque)

Nel rito bizantino, la festa delle Sante Teofanie (ovverosia quella che nel rito latino è chiamata la Santa Epifania), è dedicata soprattutto alla memoria del Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo nel Giordano, come inizio della sua vita pubblica, e come testimonianza della sua Messianicità, imperocché lo Spirito Santo discese dall'alto su di Lui in quel momento, e la voce del Padre lo appellò: "Tu se' il mio figliuolo diletto, in te posi il mio compiacimento". Il rito greco, infatti, fa memoria dell'Adorazione dei Magi il giorno stesso del Natale.
Anche in Occidente anticamente si seguiva uno schema piuttosto simile: ne abbiamo una traccia nell'Ultimo Vangelo del giorno di Natale, che parla effettivamente dell'Adorazione dei Magi; cionondimeno, già nel IV secolo si iniziò a festeggiare quest'ultimo evento il giorno dell'Epifania, identificando questa Adorazione come una chiarissima e prima manifestazione della Divinità di Nostro Signore. La memoria del Battesimo di Cristo restò comunque nell'ambito delle feste dell'Epifania, e particolarmente è ricordata nelle antifone e nelle letture dell'Ottava della festa, il 13 gennaio.

Un rito caratteristico delle Sante Teofanie è la Grande Santificazione delle Acque, un complesso e affascinante rituale di benedizione dell'acqua, accompagnato da grandi manifestazioni popolaresche (come il tuffo dei fedeli nelle acque di laghi e fiumi, comprese quelle gelide del gennaio russo, per ricuperare la Croce usata per la benedizione), proprio in memoria del Battesimo di Cristo. Questa splendida ἀκουλουθία è accompagnata da inni e tropari meravigliosi, dolcissimi testi di teologia pura circa il Santo Battesimo.
Un rito molto simile, di diretta derivazione orientale, era previsto per la sera della Vigilia dell'Epifania anche nel Rituale Romanum (benché abbia subito una deturpazione e un accorciamento deprecabile nel 1890), di cui però ci occuperemo in altro luogo.

Il Patriarca Kirill di Mosca officia la Santificazione delle acque
La Benedizione nel rito greco può avvenire in due momenti: alla vigilia dell'Epifania, subito le Grandi Ore (ufficio composto dalla celebrazione di Prima, Terza, Sesta e Nona, che secondo il typikòn costantinopolitano si svolge pubblicamente nelle vigilie delle grandi solennità); oppure il giorno stesso delle Sante Teofanie, subito dopo la Divina Liturgia (propriamente il tipico prescriverebbe di farla dopo il Mattutino, ma poiché nelle chiese greche Mattutino e Liturgia sono celebrati sovente senza soluzione di continuità, è invalso da secoli l'uso di posticipare il rito dopo la Liturgia).
Da questo link è possibile scaricare il libretto greco-italiano delle Grandi Ore della Vigilia, preparato dall'Arcidiocesi Ortodossa di Grecia e Malta. Da quest'altro invece il testo, preparato dal Monastero Ortodosso di S. Barbara a Montaner, il rito della Santificazione delle Acque.

Fornisco di seguito una breve schematizzazione della sola benedizione (in quanto lo schema delle Ore, a parte i tropari propri dell'Epifania, è quello consueto).

  • Tropari di S. Sofronio di Gerusalemme, riguardanti la mirabile Teofania avvenuta durante il Battesimo di Cristo
  • Tre letture da Isaia (capp. XXXV, LV e XII)
  • Prokimeno e lettura dalla Lettera di S. Paolo ai Corinti (cap. X)
  • Prokimeno, preghiere prima del Vangelo e Vangelo secondo S. Marco (cap. I; la scena del Battesimo)
  • Irinikà (invocazioni della pace), come all'inizio della Divina Liturgia. Mentre il diacono le canta, il sacerdote prega segretamente perché Cristo, colui che nel Battesimo nelle acque del Giordano ha manifestato la sua Divinità, venga a santificare le acque preparate.
  • Prologo di S. Sofronio di Gerusalemme (si legge solo il giorno della festa, non nella Vigilia). E' una specie di riassunto del senso delle festività natalizie e in particolare delle Teofanie.
  • Μέγας εἶ, Κύριε (Grande siete, o Signore) e prima preghiera
  • Αὐτὸς οὖν, φιλάνθρωπε Βασιλεῦ, (Voi dunque, o Re amico degli uomini) e seconda preghiera
  • Αὐτὸς καὶ νῦν, Δεσπότα (Voi pure ora, o Sovrano) e terza preghiera
  • Preghiera sui capi inclinati
  • Apolytikion della festa (Ἐν Ἰορδάνῃ βαπτιζομένου σου, Κύριε, "Mentre eravate battezzato nel Giordano, o Signore") cantato tre volte, mentre il sacerdote immerge tre volte la Croce nelle acque
  • Aspersione (tre volte in modum crucis), mentre si canta il Kontakion (Ἐν τοῖς ῥείθροις σήμερον, "Tra i flutti oggi", il 5 gennaio; Ἐπεφάνης σήμερον, "Vi manifestaste oggi", il 6 gennaio)
  • Bacio della Croce
  • Congedo
Dicevamo che è tradizione in alcuni luoghi che i Vescovi officino questa benedizione alfine in prossimità di laghi e fiumi, nei quali gettano la croce, per benedire simbolicamente tutte le acque. Questa croce viene poi recuperata, talora in modo molto pittoresco (è diventata quasi una sfida massmediatica, perdendo la valenza religiosa, il tuffo nelle acque gelide della Russia; un po' meno noto è che avvenga qualcosa di simile anche in altri paesi ortodossi). Nel video seguente si vede questa celebrazione officiata a Venezia dall'Arcivescovo Ortodosso d'Italia e Malta, S.E. Gennadios. In questo caso ciò che segue è molto più elegante e meno popolaresco, con il ricupero della croce da parte di una gondola.


Il 2018 potrebbe essere un anno terrificante per gli Stati Uniti e il loro alleato israeliano.

I nuovi piani segreti anti-Iran degli USA e di Israele difficilmente li faranno andare molto lontano.
Di Abdel Bari Atwan
Mentre la Russia si sforza di spostare la Siria da una fase di guerra e di sanguinosa anarchia a quella della  pace, stabilità e ricostruzione – invitando tutte le parti alla conferenza di Sochi del mese prossimo a concordare una tabella di marcia che includa una nuova costituzione e elezioni presidenziali e parlamentari: gli Stati Uniti e Israele stanno elaborando piani per far detonare la regione e gettarla in nuove guerre con il pretesto di affrontare la minaccia iraniana.
Il Canale 10 di Israele ha rivelato che un accordo segreto è stato raggiunto il 12 dicembre, in seguito ai colloqui tra il consigliere per la sicurezza nazionale israeliano Meir Ben-Shabbat e il suo omologo statunitense HR McMaster, affinché le due parti agiscano coordinandosi fra loro  e  possano escogitare  scenari contro l’Iran su più fronti.
Secondo quanto riferito, si prevedono misure volte a frenare le capacità nucleari e missilistiche dell’Iranridurre la sua presenza in Siria e affrontare il suo alleato Hezbollah in Libano. La Casa Bianca in seguito ha confermato  l’esistenza dell’accordo dopo che la notizia di questo è stata riportata dai media.
Si prevedono due importanti sviluppi nella regione nel corso del nuovo anno. In primo luogo, il crollo dello Stato islamico (ISIS) e la sua perdita della maggior parte del suo territorio in Siria e, in secondo luogo, la sconfitta del progetto americano in Siria. Questo era basato sull’uso di gruppi armati di opposizione per rovesciare il regime del presidente Bashar al-Asad, ed è stato sventato dalla risolutezza dell’esercito arabo siriano, dall’intervento della Russia e dal sostegno di alleati come l’Iran e Hezbollah, mettendo la Siria sulla soglia del una nuova fase di riconciliazione nazionale e rinnovamento.
In questo contesto, l’attuale amministrazione americana teme che la sua influenza nella regione stia scemando a favore di Russia e Cina e di potenze regionali come Iran e Turchia. Il regime di occupazione israeliano, da parte sua , è allarmato dalla forza di Hezbollah e dalle sue crescenti capacità militari, e teme le conseguenze del suo emergere trionfante dal conflitto siriano e che questo sia  capace di dedicare attenzione a fronteggiare la minaccia israeliana e aprire nuove fronti di attrito contro di questa  nel sud del Libano e nel sud-ovest della Siria.
Né Channel 10 né la Casa Bianca hanno rivelato i dettagli dei piani e degli scenari che gli Stati Uniti e Israele potrebbero perseguire contro l’Iran e Hezbollah. Tuttavia appare  ovvio che uno di questi scenari è quello di tentare di destabilizzare l’Iran dall’interno con interferenze architettate appositamente o suscitando  proteste e attivando un certo numero di gruppi separatisti armati.


Trump con i monarchi sauditi

Il principe ereditario saudita Muhammad Bin-Salman, uno dei più stretti alleati mediorientali dell’amministrazione Trump, lo ha dichiarato apertamente in un’intervista televisiva alcuni mesi fa.  Bin-Salman aveva avvertito che il suo paese stava per “procedere ad una  guerra all’interno dell’Iran” come misura preventiva – intendendo prima che sia l’Iran a cercare di portare la “guerra” in Arabia Saudita.
È dubbio che qualsiasi schema statunitense e israeliano per rimuovere l’Iran e la sua influenza dalla Siria e dal Libano possa avere  molte possibilità di successo, a meno che non preveda una guerra a tutto campo. Anche allora, sarebbe una scommessa pericolosa che potrebbe avere conseguenze catastrofiche, in particolare per il regime  di occupazione israeliano. Se i missili Patriot degli Stati Uniti non sono  in grado di intercettare la manciata di razzi fatti in casa sparati dagli Houthi dello Yemen contro le città saudite, il sistema di Iron Dome di Israele difficilmente farebbe meglio contro i missili più avanzati e precisi di Hezbollah, specialmente se sparati a centinaia , se non migliaia, contro le città israeliane.
La minaccia affrontata da Israele è stata aggravata. La principale minaccia proviene dall’interno: dallo stimolo di una nuova sollevazione palestinese e dalla prospettiva che si sviluppi in una campagna di resistenza armata. Questo non è improbabile dato il recente lancio di missili dalla Striscia di Gaza negli insediamenti israeliani a nord, e l’emergere all’apertura dell’alleanza di Hamas e della Jihad islamica con l’Iran – con Qasem Soleimani, capo della Brigata Quds della Guardia Rivoluzionaria iraniana, che vanta di essere stato in contatto diretto con i comandanti militari dei due gruppi islamici palestinesi.
Le minacce di Israele e degli Stati Uniti potrebbero essere equivalenti a una guerra psicologica, o potrebbero essere volte a rassicurare i loro spaventati alleati arabi e spingerli a spendere decine di miliardi di dollari in più per le armi americane. In entrambi i casi, l’anno venturo potrebbe rivelarsi spaventoso per gli Stati Uniti e il loro alleato israeliano. Potrebbero tentare la fortuna, ma i risultati non saranno sicuramente di loro gradimento. Per la regione il clima sta cambiando – e velocemente.
Fonte: Raialyoum
Traduzione: Luciano Lago


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