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Chiesa in appalto
Nell’ultimo ventennio del secolo scorso la Chiesa è stata data in appalto a tutta una serie di mafie “cattoliche” (di origine italica, ispanica o americana) che si sono incaricate delle strategie di espansione (definite cumulativamente nuova evangelizzazione), del reclutamento del personale (altrimenti dette vocazioni), della penetrazione negli ambienti del potere (coperta da lodevoli intenti pastorali) e, non da ultimo, del fund raising (ovvero del sovvenzionamento finanziario necessario a ciascuna e all’indispensabile oliatura dell’ingranaggio burocratico). Lo sviluppo delle singole organizzazioni ha richiesto, com’è comprensibile, un’equa spartizione del territorio che consentisse ad ognuna di esse di ampliarsi a sufficienza e di stabilire un proprio monopolio in un determinato settore. L’immagine mediatica risultante dall’operazione, ovviamente, non poteva essere più esaltante, specie in occasione degli oceanici raduni in cui le diverse mafie, singolarmente o tutte insieme, esibiscono al mondo la loro potenza.
Di solito – come tutti sanno – i cartelli mafiosi non si fanno la guerra (dato che le perdite sarebbero quasi certamente superiori agli acquisti), a meno che non siano in gioco interessi vitali, legati alla sopravvivenza stessa. Al massimo, entro limiti prestabiliti, essi possono farsi un po’ di concorrenza regolata da taciti quanto inderogabili accordi; eventuali sconfinamenti si fan comunque pagare con pronte rappresaglie o eloquenti avvertimenti atti a ristabilire l’ordine convenuto. Neanche in casa cattolica, analogamente, un movimento si azzarda ad attaccarne un altro: sarebbe contrario agli interessi singoli e comuni, non avrebbe alcun senso; e poi – parolina magica sempre pronta all’uso – lederebbe la “comunione”… Semmai si organizzano incontri per far conoscere e mettere in contatto “carismi” diversi (cosa che tradisce in modo pacchiano una realtà da compartimenti stagni), salvo che l’uno o l’altro carisma non si consideri autosufficiente o prediliga istituzionalmente un “basso profilo”, funzionale ad un’azione sotto traccia.
Anche banali episodi della vita quotidiana possono svelare, a chi sa leggerli, tutto un mondo di pensieri non detti e di abituali dissimulazioni. Può così capitare che un esponente di un movimento fra i più agguerriti nel difendere l’evento cristiano denigri con sufficienza un libro che denuncia con dati inconfutabili la natura fasulla di presunte apparizioni mariane di cui le competenti autorità ecclesiastiche non hanno mai riconosciuto l’origine soprannaturale… Perché non leggerlo, prima di irriderlo? Da parte di qualcuno che insegna la sacra dottrina sarebbe quanto meno doveroso, se non altro per poterne fare una critica circostanziata. Invece il professore decide di soprassedere a priori alla lettura, che pure potrebbe fornirgli un mucchio di informazioni rilevanti. Forse che questo l’obbligherebbe a rivedere l’opinione normalizzante che si è formato in proposito e, di conseguenza, i suoi rapporti con tutto il fenomeno e con le persone ad esso legate?
Il fatto è che la coscienza di un essere umano (e ancor più quella di un cristiano, ma ancor più quella di un prete) non dovrebbe poter rimanere tranquilla nella scelta di ignorare deliberatamente una verità che si offre alla conoscenza. Sarà certamente scomoda, sarà imbarazzante, sarà forse addirittura inquietante, ma una verità accessibile, a portata di mano, non la si può semplicemente accantonare. Dov’è finita la povera coscienza? Probabilmente langue, soffocata sotto cumuli di sofismi cementati da una sterminata erudizione che, a quanto pare, non serve a nulla, se non a blindare convincimenti irreformabili, ma di dubbia tenuta, su ogni cosa. È pur vero che, nel ceto ecclesiastico, si presume abbastanza comunemente di esser più infallibili del papa quando parla ex cathedra; ma nel mondo creato, teoricamente, dovrebbe esserci un limite a tutto, compresa la presunzione clericale.
Ora, questo banale esempio non vale solo in rapporto alla contingenza evocata, ma è sintomatico di tutto un atteggiamento con cui le predette mafie si pongono di fronte alla situazione abnorme in cui si trova attualmente la Chiesa: non è la verità che conta (tanto meno la salvezza delle anime, locuzione caduta in totale desuetudine), ma il mantenimento delle posizioni acquisite e la difesa degli interessi dell’impero politico-finanziario a cui si appartiene. Con quei soggetti è impensabile uno scambio di idee franco e obiettivo sulle quotidiane sparate dell’inquilino di Santa Marta e sul conseguente sfacelo del Popolo santo di Dio, che peraltro era già in condizioni pressoché disperate. Al massimo trapelerà – in tutta riservatezza e discrezione – qualche contenuta espressione di detestazione, ma mai, mai una mezza parola che possa incrinare una lealtà incondizionata, capiti quel che capiti… Correzioni formali o filiali non si nominano neppure, non è bon ton.
È per questo che la Chiesa Cattolica deve rinascere dal basso, cioè da piccoli gruppi di autentici fedeli che abbiano ricevuto l’inestimabile grazia di non perdere la fede (quella vera). Il demonio ha affinato le sue armi: non seduce più i mortali soltanto con le rozze menzogne dell’ateismo di massa, pratico o teorico, ma anche con abili contraffazioni del cristianesimo, tanto più rassicuranti quanto più si spacciano per conservatrici. Magari esse ingaggiano pure i loro aderenti in singole campagne per difendere i “valori”, salvando così la faccia, ma non si espongono mai in modo decisivo. La loro eventuale presenza, coperta o manifesta, nell’agone politico non dà poi fastidio più di tanto… Saranno tutte casualità o c’è una spiegazione coerente? Non sarà mica una strategia diabolica per dirottare sforzi ed energie su piste tutto sommato inoffensive per il mondo e i suoi signori? Come mai nessuno di questi ferventi apostoli alza la voce contro gli abomini e le bestemmie di cui siamo testimoni giorno per giorno? Va proprio tutto bene, madama la marchesa?
Il fatto è che non si sarebbe dovuta dare la Chiesa in appalto a movimenti e organizzazioni che fin dall’inizio tradivano retroscena quanto meno sospetti. La loro adulazione (interessata) del Vicario di Cristo – chiunque fosse – ha portato ad una papolatria di cui ora si manifesta tutta la perniciosità, ma che piace moltissimo, paradossalmente, ai nemici di Dio. Il trionfalismo delle loro proposte, d’altronde, ne ha nascosto magagne e incongruenze, facendo chiudere gli occhi, da una parte, sulla loro qualità effettiva e, dall’altra, sulle reali condizioni morali e spirituali degli affiliati. Questi ultimi oscillano di solito tra un intellettualismo astratto, privo di incidenza sulla loro esistenza concreta, e un culto narcisistico della propria esperienza religiosa, identificata con la quintessenza del vero cristianesimo. Ma quante ce ne sono?
La vita cristiana è un cammino di santificazione individuale e collettiva in cui la fede teologale trova sbocco nella lotta al peccato e nell’esercizio delle virtù, con tutto ciò che questo comporta in pratica (e che i Santi hanno sempre insegnato): preghiera, penitenza, ascesi, mortificazione, sacrificio… ciò che ad un tempo manifesta e accresce l’amore di Dio e del prossimo, nell’obbedienza ai Comandamenti e alle leggi della Chiesa. Oggi molti membri dei movimenti in buona fede rischiano una profonda crisi di identità e di coscienza, dibattendosi nella terribile dissonanza cognitiva tra ciò che si è sempre creduto e ciò che di fatto si vede e si sente. L’unica via d’uscita è un ritorno alle fonti genuine della dottrina, della liturgia e della preghiera, che non sono monopolio di questa o quella aggregazione tradizionalista, ma sono un tesoro a disposizione di tutti i fedeli.
Innàlzati sopra i cieli, o Dio, e su tutta la terra la tua gloria, perché siano liberati i tuoi diletti (Sal 107, 6-7).
Pubblicato da Elia
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