Sabato Santo, ore 23. 00: Il Redentore, apparendo alla Divina Madre sul Calvario, le preannuncia la sua prossima Risurrezione
Dalle Visioni della Beata Caterina Emmerick
"Alle undici di notte la santa Vergine fu presa dall'irresistibile desiderio di ripercorrere la Via Crucis.
Si alzò dal letto, si avvolse in un mantello grigio e lasciò il cenacolo.
Attraversò gran parte della città, percorrendone le vie deserte e fermandosi nei luoghi dove il Salvatore aveva sof ferto i più gravi oltraggi.
L'accompagnai in spirito nel suo triste cammino e pregai con lei nei limiti delle mie forze. La santa Madre giunse vicino alla casa di Caifa e poi a quella di Pilato, si prosternava a terra e baciava perfino le pietre, venerando il sacro sangue di Cristo.
Tutte quelle stazioni del dolore, santificate dal sangue di Gesù, apparivano piene di luce allo sguardo della Vergine.
Continuando a elevarsi nell'adorazione del santo Figlio, ella giunse lentamente sul Calvario. Era ormai prossima al promontorio delle croci, quando all'improvviso le apparve Gesù nel suo santissimo corpo. Il Signore era preceduto da un angelo e affiancato dai due spiriti adoratori visti nel sepolcro, e lo seguivano innumerevoli anime redente.
Gesù non faceva alcun movimento, pur librandosi nel la luce.
Annunciò alla santa Madre che stava per risuscitare col corpo trasfigurato. Aggiunse che ella avrebbe dovuto attenderlo al Calvario, dove egli era caduto sotto il peso della croce.
Mancava poco alla mezzanotte quando la Vergine andò a inginocchiarsi sulla stessa pietra che aveva causato la caduta del Figlio.
Il santo corteo del Signore percorse la Via Crucis. Durante il cammino Gesù mostrò alle anime redente i martìri a cui era stato sottoposto. Gli angeli raccolsero tutti i frammenti del corpo che gli erano stati strappati durante la passione. A quelle anime fu anche mostrata la chiodatura e l'elevazione della croce, l'apertura del costato, la deposizione e la composizione della sua salma. Allo stesso tempo, tutte queste cose venivano contemplate dalla santa Vergine.
Vidi la luce delle lanterne accanto al sepolcro, ma non vidi più la santa salma del Signore".
Leggi per intero:
La Passione di Cristo rivelata alla Beata Caterina Emmerick - completa
Dalle Visioni della Beata Caterina Emmerick
"Alle undici di notte la santa Vergine fu presa dall'irresistibile desiderio di ripercorrere la Via Crucis.
Si alzò dal letto, si avvolse in un mantello grigio e lasciò il cenacolo.
Attraversò gran parte della città, percorrendone le vie deserte e fermandosi nei luoghi dove il Salvatore aveva sof ferto i più gravi oltraggi.
L'accompagnai in spirito nel suo triste cammino e pregai con lei nei limiti delle mie forze. La santa Madre giunse vicino alla casa di Caifa e poi a quella di Pilato, si prosternava a terra e baciava perfino le pietre, venerando il sacro sangue di Cristo.
Tutte quelle stazioni del dolore, santificate dal sangue di Gesù, apparivano piene di luce allo sguardo della Vergine.
Continuando a elevarsi nell'adorazione del santo Figlio, ella giunse lentamente sul Calvario. Era ormai prossima al promontorio delle croci, quando all'improvviso le apparve Gesù nel suo santissimo corpo. Il Signore era preceduto da un angelo e affiancato dai due spiriti adoratori visti nel sepolcro, e lo seguivano innumerevoli anime redente.
Gesù non faceva alcun movimento, pur librandosi nel la luce.
Annunciò alla santa Madre che stava per risuscitare col corpo trasfigurato. Aggiunse che ella avrebbe dovuto attenderlo al Calvario, dove egli era caduto sotto il peso della croce.
Mancava poco alla mezzanotte quando la Vergine andò a inginocchiarsi sulla stessa pietra che aveva causato la caduta del Figlio.
Il santo corteo del Signore percorse la Via Crucis. Durante il cammino Gesù mostrò alle anime redente i martìri a cui era stato sottoposto. Gli angeli raccolsero tutti i frammenti del corpo che gli erano stati strappati durante la passione. A quelle anime fu anche mostrata la chiodatura e l'elevazione della croce, l'apertura del costato, la deposizione e la composizione della sua salma. Allo stesso tempo, tutte queste cose venivano contemplate dalla santa Vergine.
Vidi la luce delle lanterne accanto al sepolcro, ma non vidi più la santa salma del Signore".
Leggi per intero:
La Passione di Cristo rivelata alla Beata Caterina Emmerick - completa
Un aforisma di S. Giovanni Crisostomo per il Sabato Santo
Preghiera di S. Bonaventura alla Vergine SS. Addolorata
Dies amara valde! Giorno di infinita tristezza.
La notte del venerdì santo e del sabato seguente tutto è compiuto. Il buio ha avvolto la terra. Il Padre non ha risposto all’invocazione del Crocifisso: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni!».
Dinanzi alla tragedia della Croce le nostre labbra appaiono chiuse come da enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all’ingresso sepolcro del Cristo quel pomeriggio del Venerdì, che era già Sabato. Sono chiuse sì. Ma nutrono la speranza, o forse dovremmo dire la certezza, dell'imminente Resurrezione, di una Vita nuova, che è quella vera, allorquando quell'enorme masso sarà rimosso per la potenza di Dio. Allora ci sarà la risposta a quell'invocazione!
In questo giorno, contempliamo l’attesa della Vergine Maria, invocandola come Addolorata e Desolata, con questa bellissima preghiera di S. Bonaventura da Bagnoregio.
PREGHIERA DI SAN BONAVENTURA
ALLA BEATA VERGINE
MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA
Per quei singulti e sospiri e indicibili lamenti, indizi dell'afflizione in cui era il vostro interno, o Vergine gloriosissima, quando vedeste tolto dal vostro seno e chiuso nel sepolcro il Vostro Unigenito, delizia del vostro cuore, rivolgente, ve ne preghiamo, quei vostri occhi pietosissimi a noi miseri figli di Eva, che nel nostro esilio, e in questo misera valle di pianto a Voi innalziamo calde suppliche e sospiri. Voi dopo questo lagrimevole esilio fateci vedere Gesù, frutto benedetto delle vostre caste viscere. Voi con gli eccelsi vostri meriti impetrateci di potere in punto di nostra morte esser muniti dei Santi Sacramenti della Chiesa, per terminare i nostri giorni con una morte felice, ed essere finalmente presentati al divin Giudice, sicuri di essere misericordiosamente assoluti. Per grazia dello stesso Signor nostro Gesù Cristo, Vostro Figliuolo, il quale Padre e con lo Spirito Santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Così sia.
Il lamento funebre sulla tomba di Cristo
La cerimonia forse più suggestiva di tutta la Settimana Santa secondo il rito bizantino è il Mattutino della Santa Sepoltura di Nostro Signore Gesù Cristo, propriamente l'orthros del Sabato Santo, che però viene anticipato al venerdì sera, secondo una tradizione consolidata e comune a Oriente e Occidente.
La sera di Giovedì Santo, al termine del lunghissimo ufficio del Mattutino delle Sante Sofferenze e della Passione di Nostro Signore, conosciuto anche come "Ufficio dei 12 Vangeli" (il più lungo di tutto il rito bizantino), i fedeli portano fiori e candele per decorare l'arca dell'Epitafio (Ἐπιτάφιος). Quest'ultimo trattasi di una icona, o lignea o dipinta su un panno riccamente ricamato, raffigurante il cosiddetto Compianto su Cristo morto, e spesso decorato con il tropario Ὁ εὐσχήμων Ἰωσήφ, ἀπὸ τοῦ ξύλου καθελὼν τὸ ἄχραντόν σου Σῶμα, σινδόνι καθαρᾷ, εἱλήσας καὶ ἀρώμασιν, ἐν μνήματι καινῷ κηδεύσας ἀπέθετο (Il pio Giuseppe, deposto il vostro intemerato Corpo dalla croce, lo avvolto in una sindone pura, e cosparsolo di aromi lo depose in un sepolcro nuovo). Quest'icona viene tenuta nel Santuario, sopra la Sacra Mensa.
Epitafios dipinto da Viktor Vasnetsov (1896)
Nella tarda mattinata del Venerdì Santo, cantato il Vespero della Deposizione (Ἐσπερινὸς τῆς Ἀποκαθηλώσεως), il Sacerdote prende l'Epitafio dall'altare, giunge a un arca preparata nell'aula della chiesa, la quale è stata appunto ornata con fiori e candele dai fedeli il giorno prima, vi gira tre volte attorno e infine depone l'Epitafio su di essa. Quindi, fatte tre prostrazioni grandi, lo cosparge di fiori e lo incensa, mentre il coro canta quattro stichirà dedicate a Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo, i due pii uomini che si presero cura del corpo morto di Gesù e lo seppellirono.
Come prescrive il typikòn costantinopolitano attuale (in quelli più antichi si iniziava a mezzanotte, secondo l'uso monastico), all'ora prima della notte (cioè le 19 circa), inizia a officiarsi il Mattutino della Sepoltura.
Iniziato come di consueto il Mattutino con la benedizione, la litania, l'Esapsalmo (recita dei salmi 3, 37, 62, 87, 102 e 142), la colletta e il Θεὸς Κύριος, si cantano i tropari del giorno (a Giuseppe d'Arimatea, al Santo Sepolcro, alle donne mirofore), e dipoi il Canone del Grande Sabato, che si compone di tre odi composte da Marco, vescovo di Idra, e tre composte da Cosma monaco. In questo poema, cantandosi la sepoltura del Signore, si esalta l'opera redentrice di Gesù, il distruttore della morte e il restauratore della stirpe d'Adamo: discendendo agl'Inferi, Cristo ha già dato inizio alla risurrezione, e dopo il dolore di cui siamo stati colmati al vederlo morire sulla Croce, ora il Santo Sabato ci apre alla speranza e all'attesa silenziosa e fiduciosa della Risurrezione e della sconfitta della morte. Infatti, "l'Ade è ferito al cuore, accogliendo Colui che ha avuto il fianco ferito dalla lancia, e consumato dal fuoco divino geme, per la salvezza di noi che cantiamo: O Dio redentore, benedetto siete!".
L'epitafios posto sull'arca ornata
In questo momento, terminato il Canone, il sacerdote, rivestito di tutti i paramenti (generalmente neri, ma sussistono molti usi locali diversi), esce dal Santuario e inizia a cantare il Lamento Funebre, uno dei poemi più commoventi di tutta la liturgia. Mentre il coro lo prosegue, il celebrante incensa a forma di croce l'Epitafios, e poi tutta la chiesa e il popolo. Gli Ἐγκόμια (questo il nome greco del lamento) descrivono l'antinomia della Vita che muore, e proclamano i sentimenti dei fedeli, stupiti di fronte a questo evento terribile. Cionondimeno, anche in questo poema sono presenti numerosi accenni alla futura Risurrezione, avvertita come molto vicina. Il lamento è diviso in tre parti, al termine di ciascuna delle quali vi è una litania diaconale, e all'inizio di ognuna si ripete l'incensazione. Terminato questo lamentoso e meraviglioso canto, s'intonano gli Εὐλογητάρια resurrezionali, segno evidentissimo della vicinanza dell'evento atteso.
Seguono come di consueto le Lodi, i cui stichirà preannunziano la vittoria ("Oggi una tomba racchiude colui che tiene in sua mano il creato, una pietra ricopre Colui che copre i cieli colla sua virtù. Dorme la vita, trema l'inferno, e Adamo è sciolto dalle catene. Gloria alla tua economia! Per essa, dopo aver tutto compiuto, ci donaste il sabato eterno colla vostra santissima Risurrezione dai morti [...] A Lui gridiamo: Risorgete o Dio, giudicate la terra [...] Giacete e dormite come un leone, chi vi risveglierà o Re? Risorgete dunque per vostro potere, Voi che per noi vi siete consegnato alla morte. Signore, gloria a Voi"). Le Lodi terminano, more solito, con la Grande Dossologia (Gloria in excelsis), che viene cantata con i versicoli festivi, che terminano dunque con il Trisagio.
Mentre il coro appunto canta il Trisagio al termine della Dossologia, il clero prende sulle spalle l'arca dell'Epitafios, e tutti escono dalla chiesa, procedendo in processione al lento canto del Trisagio. In questo momento, si canta un altro poema meraviglioso, il Τὸν ἥλιον κρύψαντα, che racconta con un lirismo straordinario la supplica di Giuseppe a Pilato per ricevere il corpo del Salvatore.
Indi la processione ritorna in chiesa, di nuovo s'incensa l'Epitafios, si cantano nuovamente i tropari del giorno, e poi si leggono, precedute dai consueti prokimena, due letture, da Ezechiele (37,1-14), in cui il Signore profetizza la risurrezione dei corpi, e dalla lettera ai Galati (5,6-8), in cui San Paolo fa il noto paragone del lievito per invitare le comunità galate a festeggiare la Pasqua della nuova Legge, il riscatto dell'antica maledizione. Cantato l'Alleluia, il diacono proclama poi il Vangelo, breve brano tratto da San Matteo (27,62-66), in cui gli ebrei chiedono a Pilato di mettere una guardia dinnanzi al sepolcro di Cristo, per evitare che i discepoli ne portino via il corpo per simularne la risurrezione. Terminata la lettura evangelica, viene cantata una litania, indi il sacerdote congeda il popolo.
I fedeli tornano a casa con il pianto per la morte del Redentore, e al contempo la speranza della sua Risurrezione; il mattino del Sabato, sarà proclamata con gioia la sua discesa agl'Inferi, nella gaudiosa Divina Liturgia della Prima Risurrezione, che prepara direttamente all'incommensurabile gioia della gloriosa Risurrezione che si celebrerà nella notte tra sabato e domenica, della Santa Pasqua di Cristo.
Mettiamo a disposizione il testo greco dell'intero ufficio con traduzione italiana QUI.
Qui sotto invece riportiamo alcuni video: la celebrazione dell'intero ufficio, il canto del Lamento funebre e il canto del Τὸν ἥλιον κρύψαντα secondo un ricco e suggestivo tono medievale.
(nei video delle celebrazioni si noti l'uso dei paramenti aurei, costume tipico della chiesa di Grecia, in segno della gioia per la prossima risurrezione)
Mattutino del Santo Sabato presieduto dal vescovo Christodoulos nella Cattedrale di Atene
Enkomia (I stasi) celebrati nella chiesa greco-cattolica di S. Atanasio a Roma
Enkomia (tutte e tre le stasi)
Τὸν ἥλιον κρύψαντα (tono medievali; video diviso in due parti)
L’Uomo della Sindone ricostruito in 3D e in Vangeli che raccontano la verità
In questo Venerdì Santo in Parasceve, nulla può farci riflettere sulla passione subita da Nostro Signore che il telo sindonico, il quale, in base a recenti studi ed alla realizzazione e ricostruzione di un Uomo sindonico in 3D, conferma a pieno il racconto evangelico.
Meditiamo dunque su questo mistero contemplando il volto del Signore, straziato dalla Passione.
L'articolo comparso sul quotidiano La Verità, 26.3.2018 |
L’Uomo della Sindone ricostruito in 3D e in Vangeli che raccontano la verità
di Lucandrea Massaro
La ricostruzione dei Vangeli sembra collimare con le scoperte del professor Giulio Fanti dell'Università di Padova
«Questa statua è la rappresentazione tridimensionale a grandezza naturale dell’Uomo della Sindone, realizzata sulle misure millimetriche ricavate dal lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Cristo dopo la crocifissione» spiega Giulio Fanti, docente di Misure meccaniche e termiche all’Università di Padova e studioso della reliquia. Il professore sulla base delle sue misurazioni ha fatto realizzare un “calco” in 3D che – a suo dire – gli permette di affermare che queste sono le reali fattezze del Cristo crocifisso.
«Riteniamo perciò di avere finalmente l’immagine precisa di come era Gesù su questa terra. D’ora in poi non si potrà più raffigurarlo senza tenere conto di quest’opera». Il professore ha affidato al settimanale Chi l’esclusiva di questo suo lavoro, a cui ha rivelato: «Secondo i nostri studi Gesù era un uomo di bellezza straordinaria. Longilineo, ma molto robusto, era alto un metro e ottanta centimetri, mentre la statura media dell’epoca era di circa 1 metro e 65. E aveva un’espressione regale e maestosa» (Vatican Insider).
Tramite lo studio e la proiezione tridimensionale della figura, Fanti ha potuto anche fare un computo delle numerosissime ferite sul corpo dell’uomo della Sindone:
«Sulla Sindone – riprende il docente – ho contato 370 ferite da flagello, senza prendere in considerazione quelle laterali, che il lenzuolo non riporta perché avvolgeva solo la parte anteriore e posteriore del corpo. Possiamo perciò ipotizzare un totale di almeno 600 colpi. Inoltre la ricostruzione tridimensionale ha permesso di ricostruire che al momento della morte l’uomo della Sindone si è accasciato verso destra perché la spalla destra era lussata in modo tanto grave da ledere i nervi» (Il Mattino di Padova).
Le domande che avvolgono il mistero della Sindone appaiono ancora intatte, di certo in quell’uomo martoriato vediamo il segno della sofferenza e in essa troviamo un pezzo di ciascuno di noi, ma anche – negli occhi della fede – la speranza che quell’uomo non sia uno qualunque, ma l’Uomo per eccellenza, quel Ecce Homo che si presentò docile di fronte a Pilato e che dopo la tremenda flagellazione fu messo in croce da innocente, anzi caricandosi le colpe di tutti, e sebbene credere nella Sindone non sia obbligatorio neppure per il cristiano, l’eccezionalità di quel lino rimane lì a sfidare la nostra comprensione e le nostre certezze, quasi come fece un certo Gesù di Nazareth che sfidò le nostre certezze amando i suoi persecutori, perdonandoli dalla croce e sconfiggendo la morte ormai due millenni fa…
Fonte: Aleteia, 27.3.2018
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.