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Gli avvertimenti di padre Martin
Sempre molto chiaro nelle sue analisi sullo stato attuale della Chiesa cattolica, padre Martin non teme di parlare, già da alcuni anni, di confusione, eccessiva polarizzazione e pericolo di uno scisma.
Dai microfoni di Magnificat.tv padre Martin ha notato di recente che la questione della pedofilia in Cile, che ha messo chiaramente in difficoltà il papa, potrebbe segnare una svolta: per la prima volta, mass media progressisti e liberal non si sono dimostrati favorevoli a Francesco.
In questo contesto difficile, già segnato da profonde divisioni all’interno della Chiesa, secondo padre Martin il pontificato di Francesco continua ad aggiungere temi che aumentano ulteriormente le fratture e il senso complessivo di confusione.
Un esempio, afferma il religioso, è fornito dalle dichiarazioni del cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, secondo il quale il prossimo sinodo per l’Amazzonia potrebbe essere l’occasione per aprire al sacerdozio dei viri probati, provvedimento che aprirebbe a sua volta la porta alla fine del celibato obbligatorio dei preti.
In questo modo, sostiene il religioso, si delinea un nuovo fronte che va ad aggiungersi a quello, già sufficientemente caldo e controverso, relativo ad Amoris laetitia e all’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Siamo di fronte a un’accelerazione che non fa bene alla Chiesa. In queste condizioni, «premere il pedale dell’acceleratore» è dannoso, perché c’è già «troppa confusione, troppa tensione» e non si averte la necessità di aprire nuovi fronti di discussione.
In un altro commento, questa volta pubblicato dal quotidiano honduregno La Prensa, padre Martin ha puntato l’attenzione sull’attività della Pontificia accademia per la vita e ha detto che non è normale che esponenti di tale organismo si dichiarino a favore dell’uso della contraccezione artificiale. Né è normale che un folto gruppo di cattolici convertiti dall’Islam scrivano, com’è successo, una lettera al papa per denunciare che si sentono abbandonati dalla Chiesa.
La situazione è molto preoccupante, spiega padre Martin, perché da una parte c’è una corrente modernista che sembra lavorare in base alla metodologia dei fatti compiuti e dall’altra c’è un mondo cattolico, sempre più disorientato, che non si sente parte di questa Chiesa sbilanciata verso la mentalità dominante. Così, a confusione si aggiunge confusione, a tensione si aggiunge tensione, e non si vede come uscirne, perché le questioni controverse si moltiplicano a grande velocità, mentre, al contrario, bisognerebbe stare calmi e pregare molto.
Il pericolo di scisma, dunque, non sarebbe così remoto: sembra quasi che qualcuno stia spingendo per arrivarci.
In uno dei suoi interventi più celebri (la conferenza Amore, Verità e Misericordia, del maggio del 2014, che si può leggere qui: http://cibo-spir.blogspot.it/2016/03/lo-scisma-cattolico-santiago-martin.html) il religioso spagnolo afferma: «L’utilizzazione che si sta facendo del concetto di Misericordia è un’utilizzazione assolutamente demagogica, pertanto falsa e dannosa. Il concetto di Misericordia, mal compreso, separato dal concetto di Verità – pertanto dal concetto di Amore – può essere dannoso, tremendamente dannoso. Anche per la persona alla quale teoricamente si chiede di beneficiarne».
E ancora: «Credo che ci sono momenti nella vita in cui c’è bisogno di avere il coraggio di parlare. E parlare francamente, onestamente, perché – come diciamo in spagnolo – “Colui che avvisa, non è traditore”. Affinché non succedano determinate cose – ma ci sono molte, molte possibilità che accadano – è l’ora decisiva di parlare. Lo stanno facendo altri, ripeto, da altre parti: dall’aspetto teologico, patristico, dogmatico, canonico […]. Il Nuovo Testamento non è l’unico Testamento. La Rivelazione di Cristo, il Nuovo Testamento, è una rivelazione che completa un’altra rivelazione. Dimenticarlo è togliere le fondamenta dall’edificio, provocandone, dunque, la rovina. Dio è amore, sì, ma prima di tutto non ci ha insegnato che è amore. Prima di tutto ci ha insegnato che Egli è l’Onnipotente, che è il Signore, che è il Giudice. Un giudice amoroso, un giudice padre, un giudice misericordioso, ma un giudice. Disprezzare il concetto di Dio come giudice, trattare il Giudice come se fosse un criminale: a questo siamo arrivati! Gesù afferma che Egli è il cammino e assume il Decalogo come qualcosa che non si può sopprimere. Nessuno può farlo! Pertanto, disprezzare la morale come si sta facendo in questo momento, dicendo – come tanti dicono – che il cristianesimo non è un moralismo – e con questo vogliono dire che si può essere cristiani al margine di un comportamento etico – è ridurre il cristianesimo al sentimentalismo».
Di recente padre Martin ha rilanciato il nuovo appello di padre Thomas G. Weinandy, il teologo che, dopo aver scritto una lettera aperta al papa la scorsa estate, nel mese di febbraio ha tenuto a Sidney una conferenza nella quale ha esplicitamente stigmatizzato alcune linee pastorali che, incoraggiate dal pontefice, stanno minando le basi stesse della Chiesa «una, santa, cattolica e apostolica» e, in particolare, mettono in discussione l’Eucaristia in quanto fonte e culmine della vita della Chiesa stessa.
Inoltre padre Martin non ha esitato a rimproverare i vescovi tedeschi per la decisione di ammettere a determinate condizioni i coniugi protestanti dei cattolici alla Santa Comunione. «Quando l’eccezione distrugge la regola» è stato il titolo del suo intervento, contrario alla linea pastorale fondata sulla logica del caso per caso.
Nella conferenza già citata, padre Martin spiega, a proposito della concezione sentimentalista della fede cristiana, che lungo questa strada il soggetto finisce con il legittimare ogni comportamento, auto-giustificandosi sempre: è una concezione «secondo cui faccio ciò voglio della mia vita e pretendo che Dio sia contento di me».
Ma «affermare che la Misericordia deve essere applicata al margine della Verità o contro di Essa, questo sì che è contro gli insegnamenti di Cristo». Affermare che non esiste una Verità assoluta e oggettiva «non solo è negare duemila anni di pensiero cristiano», ma significa anche «retrocedere culturalmente ad un’epoca anteriore a Socrate».
Come dice Joseph Ratzinger in Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio, in colloquio con Peter Seewald, «nessuno ha più il coraggio di dire che ciò che dice la fede è verità. Si teme di dimostrarsi intolleranti rispetto alle altre religioni o visioni del mondo. E i cristiani si rinsaldano a vicenda nel loro timore di una pretesa di verità troppo elevata».
Aldo Maria Valli
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