ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 16 marzo 2018

Ta aloga zôa

SCANDALO VIGANÒ. STILUM CURIAE RISPONDE A INSULTI E DELIRI DI UN PRETE (?) SU FB.

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, vorrei condividere con voi un commento che ho trovato su FB e che mi ha colpito. Mi ha colpito perché l’autore, che non nomino, perché non merita menzione né nome, si professa sacerdote della Chiesa cattolica. Vive al nord, e nella sua fotografia di profilo di Facebook ha una bella maglietta che sembra della Sampdoria, e niente che lo possa identificare come un sacerdote. Tanto meno quello che scrive, in rapporto alla vicenda della lettera di Benedetto XVI al prefetto della Segreteria per la Comunicazione. Leggete. Credo che sappiate che Stilum Curiae è dotato di grande pazienza. Ma siamo uomini, e ogni tanto girano anche a noi. Ci sarà un piccolo commento alla fine.

Ta aloga zôa
Sono certo che qualcuno mi dirà che così facendo offro ancora maggiore visibilità a certi personaggi. È però più forte di me: quando qualcuno tocca ciò che mi sta a cuore, ciò in cui credo e per cui mi batto non posso restare in silenzio perché sarebbe un silenzio connivente. Notte
Mi sto riferendo ai vari sproloqui che hanno fatto seguito al biglietto di Benedetto XVI. Biglietto che ha scatenato una ridda di commenti che nemmeno il testo del Vangelo sarebbe capace di suscitare (per questi nuovi “maîtres à penser” dello spirito il Vangelo è roba vecchia, superata…).
Si sono messi tutti di buzzo buono a “pontificare” (uso il verbo nell’accezione freudiana riferita all’invidia penis…) su complotti, complottini, messaggi cifrati, cose nascoste o tenute nascoste… Insomma, storia trita e ritrita: siamo ormai giunti al 349 messaggio di Fatima che svela il contenuto reale del biglietto in questione che Mons. Viganò avrebbe “adulterato” (altra accezione freudiana dedicata stavolta ai “mariti” abbandonati e ai pensatori solitari frustrati da assenza “di pilu”, direbbe Cetto Laqualunque).
E così si sono messi tutti in fila (par di vederli: in fila indiana, ognuno col bigliettino in mano, in attesa del proprio turno di cazzata), buonini buonini: Valli, Socci, Magister, Tosatti, financo La Nuova Bussola Quotidiana (che malgrado si sforzi non riesce a dire nulla di nuovo e indica solo direzioni a fondo chiuso) e tutti gli altri insieme appassionatamente (fanno tenerezza… sembrano quasi in fila alla mensa Caritas, dove peraltro si trova molta più dignità e compostezza…).
Pensando a questa ridda di pennivendoli, che sia detto per inciso (ma non troppo) hanno tutto il sostegno di movimenti ProLife USA (che, per quanto si dicano pro-life, ce l’hanno a morte con papa Francesco) e di altri movimenti più o meno abilmente mascherati (follow the money…), dicevo che vedendo scorrere questi personaggi mi è venuto in mente un piccolo scritto del Nuovo Testamento, poco citato e certamente ancor meno conosciuto: la Lettera di Giuda (non l’Iscariota, s’intende; fosse stato lui davanti a questi figuri si sarebbe tolto il cappello!).
Si tratta di un piccolissimo scritto, 25 versetti in totale, ma che ci offre uno splendido ritratto ante litteram di questi “signori”: “Costoro invece insultano ciò che ignorano, e ciò che apprendono istintivamente come gli animali bruti diventa per loro rovina. Guai a loro, perché si sono messi sulla via di Caino (…) costoro sono nubi senz’acqua portate qua e là dai venti, alberi autunnali senza frutti, morti due volte e sradicati, onde selvagge del mare schiumanti le loro vergogne…” cfr. vv. 10ss).
“Animali bruti”, ta aloga zôa: letteralmente, bestie senza parole, che hanno scelto la via di Caino. Quel Caino che l’autore del Genesi descrive come in procinto di dire qualcosa al fratello Abele ma che sceglie non di “alzare il capo” per parlare, ma di alzare la mano per uccidere, vittima lui stesso di quella cupidigia primordiale che lo rende disumano.
Ecco il ritratto di questi loschi personaggi: “bestie senza parole” (nemesi per chi si professa giornalista) che emettono versi disarticolati, espressione di quella bramosia (bestiale) che li ha assaliti sulla soglia di casa (cfr. Gen 4,7ss) e che deforma, fino ad annullarla, quell’umanità di cui dovrebbero pur far parte.
Per comodità di tutti – e forse anche di questo pover’uomo di cui abbiamo appena finito di leggere insulti, velati accenni diffamatori e deliri – ricapitolo la vicenda. Il 12 gennaio mons. Viganò scrive a Ratzinger chiedendo un commento a undici libriccini scritti da diversi teologi sulla teologia di Bergoglio. Non conosciamo la lettera di Viganò. E questo è un male; perché non renderla pubblica? Il 7 febbraio Benedetto risponde con una “riservata personale”. Dice quello che sappiamo, e cioè che non ha letto i libretti né li leggerà, e tampoco scriverà una una breve e densa pagina teologica perché in tutta la mia vita è sempre stato chiaro che avrei scritto e mi sarei espresso soltanto su libri che avevo anche veramente letto”. Un commentatore di Stilum Curiae mi fa notare che “breve e densa” anche se offuscato sembra fra virgolette, cioè una citazione della lettera di Viganò. Come, probabilmente, altre parti della risposta di Benedetto XVI. 
Mons. Viganò legge la lettera – anche se è riservata personale – in pubblico. Ma il comunicato, e il sito Vatican News riportano solo i primi due paragrafi, in cui Benedetto accenna alla “continuità interiore” fra i due pontificati. Questa notizia – resa volutamente parziale – viene usata dall’apparato mediatico pro-Bergoglio per cercare di attaccare e mettere a tacere i critici dei tanti aspetti discutibili del regno.
Il giorno dopo grazie al collega Magister si legge tutta la lettera. E il giochino viene scoperto. Non solo: l’Associated Press rivela che il Vaticano ha ammesso di aver volutamente offuscato nella foto le prime righe del terzo capoverso. Quello in cui Benedetto diceva di non aver letto, né di avere intenzione di leggere, i libri; e così facendo svuota di senso reale i primi due capoversi. Viganò, nonostante sia stato sorpreso con le mani nella marmellata di un’operazione maldestra resta al suo posto, a dispetto delle richieste di dimissioni avanzate da vari siti, fra cui Infovaticana. Però ieri appare una singolare notizia ANSA – redazionale, cioè non firmata da nessuno dei colleghi che coprono il Vaticano – in cui si citano innominate “fonti autorevoli della Santa Sede, secondo le quali ‘la foto di cui alcune testate parlano è una foto chiaramente artistica: infatti una parte della lettera era sfuocata e presentava anche la collana di libri editi dalla Lev’”. Diciamo che se non ci fosse da ridere, ci sarebbe da piangere. E quel prete sui social, invece di riflettere sullo stato penoso in cui versano la Chiesa e alcuni, purtroppo troppi, dei suoi uomini, e la sua comunicazione, si permette – cristianamente – di insultare persone che non conosce, e che, a differenza sua e di altri non prendono soldi dalla Chiesa e dintorni. Ce n’è abbastanza per diventare musulmani…


MARCO TOSATTI

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