Il Concilio fu una novella Pentecoste? il concetto di una nuova ovvero di una II^ Pentecoste è "eretico" e non è come dire che il Concilio si trasformò in un evento rivoluzionario che non è tradire la verità ma è dire la verità
di Francesco Lamendola
Che il Concilio Vaticano II sia stato, niente di meno, una nuova Pentecoste, è un concetto che si sente esprimere qualche vola, ma che è comunque implicito nella mente dei suoi più strenui sostenitori. Ed essi ci hanno ormai abituati - cioè, hanno talmente abituato tutti gli altri, a cominciare dagli altri cattolici - a considerare come perfettamente lecito e normale questo punto di vista, che è il loro punto di vista, da aver oscurato il piccolo dettaglio che si tratta di un concetto assolutamente improponibile, e specialmente per un credente: diciamo pure, senza paura delle parole, anzi, armati della verità delle parole, che è un concetto eretico. E tanto peggio se a formularlo per primo è stato proprio il papa del Concilio, Giovanni XXIII (il che fa chiarezza, per chi ha occhi per vedere, sulla inanità degli sforzi di quanti vorrebbero separare le responsabilità di lui da quelle di certi "esagerati" fautori del Concilio, i quali si sarebbero spinti al di là delle sue intenzioni). I fatti sono fatti e con essi non si litiga: si può solo cercare di capirli; e poi, eventualmente, tentare di modificarli: ma negarli, no, non è cosa onesta, né saggia. Perché diciamo che il concetto di una nuova, ovvero di una seconda Pentecoste, è eretico, anche se viene formulato dalla bocca di un papa?
Perché la Rivelazione cristiana, così come la Chiesa cattolica l'ha fedelmente custodita per millenovecento anni (e se non credessimo a questo, non potremmo dirci cattolici) insegna che essa è definitiva e immodificabile. Esistono, certo, le cosiddette rivelazioni private, ma esse non impegnano più la fede del credente, bensì solamente le sue opinioni. E anche in quei casi nei quali la Chiesa riconosce la soprannaturalità degli eventi in questione (come nei casi di Lourdes, o di Fatima), tale riconoscimento non implica che le rivelazioni fatte a delle singole persone, ad esempio a Bernadette Soubirous o ai tre pastorelli portoghesi, diventino articoli, e tanto meno, dogmi di fede, per tutti i credenti; i quali, al contrario, sono liberi di credervi, a titolo personale, oppure no, ma senza che ciò impegni la loro fede cattolica, né quella di altri. Resta pertanto vero e incontrovertibile che, per il Deposito della fede, così come il Magistero lo tramanda, lo espone e lo precisa, esiste una ed una sola Pentecoste, esattamente come esiste una ed una sola Incarnazione, una ed una sola Resurrezione, una ed una sola Ascensione di Gesù Cristo. Non possono essercene due, o tre, o quattro: il solo pensarlo equivale a una eresia.
I cattolici progressisti presentano come normali le cose più anormali: prima fra tutte, quella di chiamare il Concilio con l'espressione di seconda Pentecoste.
Ma, obietterà prontamente qualcuno, lo Spirito non cessa di scendere sulle anime e di agire in esse, per mezzo della grazia: le stesse Scritture lo insegnano, tanto nei Vangeli, quanto nelle epistole paoline e in altri testi, compresa l'Apocalisse. Vero: ma questo concetto non equivale a quello di una seconda o terza Pentecoste: nossignori. La Pentecoste è la Pentecoste, ed è una sola: è un evento, storico e soprannaturale al tempo stesso, che ha coinvolto gli Apostoli e la Madre di Gesù, cinquanta giorni dopo la Pasqua, e li ha riempiti di Spirito Santo. Si è trattato di un evento non solo interiore e spirituale; non solo di un'esperienza mistica; ma anche di un fatto caratterizzato da manifestazioni fisiche: il vento impetuoso dentro la stanza a porte chiuse, le fiammelle che si sono posate sulla testa dei presenti, simili a delle lingue di fuoco. Insomma, un evento assolutamente unico e irripetibile. E tuttavia, insisteranno i nostri critici (ben venga la critica, quando è costruttiva e in buona fede) nessuno può negare che lo Spirito Santo fosse presente anche nell'assembla conciliare, quando i Padri si riunirono per far udire al mondo la loro voce. Senza dubbio: ma ciò vale per tutti i Concili; vale anche per tutte le sante Messe che si celebrano nel mondo; vale per tutte le occasioni in cui due o tre cristiani si riuniscono nel nome di Gesù, come Lui stesso ha promesso; e vale anche per il singolo credente, il quale, riconciliato con Dio mediante i Sacramenti, prega sinceramente e fervidamente che Egli lo illumini, lo assista, lo sostenga. Ciò non vuol dire che si tratta di altrettante Pentecosti, a meno di voler usare il termine "pentecoste" come un nome comune e non come il nome che indica un fatto, storico e soprannaturale, ben preciso e ben definito nello spazio e nel tempo. Oppure è proprio questo che vogliono fare, coloro i quali lo adoperano con tanTa facilità e disinvoltura, specialmente quando essi parlano del Concilio Vaticano II? Ecco, forse qui siamo arrivati al nodo della questione. Chiamare il Concilio una seconda Pentecoste ha l'effetto di trasformare il Concilio in una astrazione metafisica, in una realtà auto-evidente in tutti i suoi aspetti; sottrarlo alla contingenza storica e proiettarlo nell'assoluto. Ma questa è una operazione scorretta. Di assoluto, nella fede cattolica, c'è solo la Rivelazione di Dio attraverso Gesù Cristo, il suo Figlio Unigenito: e nella Rivelazione esiste una sola Pentecoste, come esiste una sola Resurrezione. Il Concilio Vaticano II, come ha osservato lo storico Roberto De Mattei, è un fatto storico, è uno dei ventuno concili che si sono succeduti nella storia della Chiesa; e, fra parentesi, il solo sul quale esistano delle perplessità riguardo ad alcune sue formulazioni dottrinali (benché la sua volontà dichiarata fosse quella di essere un concilio meramente pastorale: cosa, peraltro, di per sé contraddittoria e impossibile, tanto è vero che nessun concilio, dei venti che lo hanno preceduto, è stato voluto e convocato per ragioni puramente pastorali e con obiettivi puramente pastorali). E in quanto fatto storico, può e deve essere valutato, discusso ed, eventualmente, criticato. Ma era presente in esso lo Spirito Santo?, si potrebbe chiedere. Sì, era presente, ma questo non significa chetutti gli atti del Concilio, che tutte le persone che vi hanno preso parte, che tutti i documenti, fino all'ultima virgola, e tutte le sue decisioni, siano state assistite o ispirate dallo Spirito. E questa è appunto la differenza con la Pentecoste, quella vera, la sola Pentecoste che un cattolico conosce e riconosce come tale: che nella pentecoste degli Apostoli e di Maria, lo Spirito è disceso abbondante e incontrastato; nelle condizioni storiche ordinarie, invece, esso agisce, ma fino a un certo punto, perché gli uomini non sono interamente pronti ad accoglierlo, e non già perché la sua potenza soprannaturale sia diminuita. C'è forse qualcuno che se la sente di "garantire" che in tutti gli oltre 2.500 padri presenti all'apertura del Concilio, esistevano le condizioni perché lo Spirito agisse pienamente e santamente? Anche nel suo massimo ispiratore, il teologo gesuita Karl Rahner, che ragguagliava sull'andamento dei lavori la sua amante tedesca, con la quale si scambiava affettuosi nomignoli e allusioni erotiche? Anche in lui era presente lo Spirito, e la sua azione poteva dispiegarsi efficacemente? Qualcuno dirà che la carne è debole, ma la fede rimedia a tutto. Certo: per i luterani. Un cattolico non la pensa così. Per un cattolico, il peccato è peccato; e fino a quando l'anima non si è riconciliata con Dio, il Soffio divino non può agire in essa, perché non trova le condizioni sufficienti per entrarvi.
E non sono stati solo i peccati della carne a rendere improbabile il concetto stesso di una seconda Pentecoste, applicato al Concilio: ma lo è stato, ancor più, il peccato della superbia. Molti padri conciliari hanno confidato orgogliosamente in se stessi, nelle loro idee, nella loro cultura, nella loro volontà di cambiamento, ma, a quanto è poi emerso, non abbastanza in Dio, che solo sa e fa bene ogni cosa. Oggi sappiamo che esisteva una vera e propria congiura, preparata da tempo da alcuni vescovi progressisti e neo-modernisti; e che essi si presentarono al Concilio con un piano preciso, molto determinati a impadronirsi dei lavori conciliari, dettando la linea fin dalla loro apertura: il che puntualmente accadde, quando gli schemi preparatori, già predisposti e approvati dal papa fin dal luglio 1962, vennero rifiutati, e il Concilio assunse l'aspetto di una rivoluzione. Di nuovo, non ci si spaventi per le parole: le parole non fanno male, se sono veritiere; fanno male quando nascondono una menzogna. Dire che il Concilio si trasformò in un evento rivoluzionario non è tradire la verità, ma è dire la verità, che finora i cattolici progressisti non hanno mai detta. Essi presentano come normali le cose più anormali: prima fra tutte, quella di chiamare il Concilio con l'espressione diseconda Pentecoste. Non è solo una falsità, è anche un'eresia, per le ragioni che abbiamo spiegato. Un'eresia detta allo scopo di sottrarre la discussione sul Concilio all'ambito degli eventi storici e trasformarla in un evento soprannaturale, dunque indiscutibile. Ma questo è un vero e proprio capovolgimento del procedimento che si richiede a chiunque voglia fare un ragionamento corretto: dallo studio dei fatti si risale a formulare un giudizio su di essi; non potrà mai essere un fatto a fissare il criterio per stabilire la giustizia e la verità dei fatti. A meno che si tratti, appunto, dei fatti della Rivelazione: l'Incarnazione, la Passione e Morte, la Resurrezione, l'Ascensione, la Pentecoste. Questi sono fatti, ma sono i fatti che Dio ha realizzato per amore degli uomini. Nei fatti storici, anche in quelli da Lui ispirati, può essere presente lo Spirito Santo, senza che ciò renda quei fatti assoluti e indiscutibili, cioè equiparabili ai fatti della Rivelazione. Ora, proprio a ciò mirano i corifei dello "spirito" (con la minuscola) del Concilio: a negare a chiunque la libertà di giudicare il Concilio come un fatto storico, come tutti gli altri succedutisi nella vita della Chiesa, e a trasformarlo nel paradigma di ciò che la Chiesa deve essere (magari ignorando le decisioni e le verità formulate dai venti concili precedenti).
Giovanni XXIII, l'anziano "papa di transizione" che aprì il Concilio: sapeva?
E adesso torniamo a Giovanni XXIII e alla sua formula del Concilio come novella Pentecoste.
Il Concilio fu una novella Pentecoste?
di Francesco Lamendola
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