La stessa ridda di informazioni contraddittorie sui fatti che esce dalle tre capitali dimostra la confusione che regna i quel campo. Il generale Mattis, capo del Pentagono, che annuncia “il nostro è un colpo isolato”; Nikki Haley, l’ambasciatrice all’Onu, che decreta nuove e durissime sanzioni contro la Russia, evidentemente a nome della lobby, scontenta dei troppo simbolici lanci di missili; Macron che dichiara che ha convinto Trump a lasciare soldati americani in Siria (ossia ciò che vuole Netanyahu), e viene subito smentito dalla Casa Bianca. Si aggiunga che prima esce l’indiscrezione che Trump voleva bombardare siti iraniani e russi ma Mattis s’è fermamente opposto, seguita poi dal dettaglio contraddittorio che Trump, posto di fronte a tre opzioni di attacco in Siria, ha scelto la meno dispendiosa, limitare l’attacco ai tre siti che la fantasia occidentale ha definito “fabbriche e depositi clandestini” di armi chimiche di Assad – e di cui il principale, la palazzina di Berzah, era un laboratorio farmaceutico visitato regolarmente dagli osservatori dell’OPWC (Organisation for the Prohibition of chemical weapons) .
“Trump sta abbandonando Israele?”
Netanyahu. Lo stato d’animo del governo sionista dopo l’attacco, è rivelato dal titolo del Jerusalem Post: “Trump sta abbandonando Israele?”. Ci limitiamo a due frasi. “Senza una presenza americana in Siria per aiutarci a contenere il regime di Assad, Israele può sentirsi obbligata ad aumentare il livello e la letalità delle sue azioni unilaterali per proteggere i suoi confini”. “E’ un grave smacco strategico per la leadership americana e la sicurezza israeliana. I governanti dello stato ebraico non possono fare a meno di chiedersi se Washington gli parerà il didietro se decide un colpo preventivo contro la minaccia dell’Iran basata in Siria”. La sola speranza è John Bolton, “che ha molti amici in Israele”, da cui l’ordine alla lobby di far pressioni sul baffuto consigliere.
Macron è diventato il Piccolo
Emmanuel Macron, partecipando all’attacco, ha danneggiato la sua posizione internazionale che credeva di migliorare. Il suo governo ha emanato un documento (Evaluation Nationale) che pretende di portare le “prove” delle violazioni siriane (attacco chimico) onde giustificare “giuridicamente” l’attacco bellico al regime di Damasco. Senza il mandato ONU. Ossia, come ha riconosciuto persino una tv francese, TV5 Monde, “violare il diritto internazionale per farlo rispettare”. Ovviamente, le opposizioni, da Marine Le Pen a Melenchon passando per Les Republicains, gli sono saltate alla gola: è la prima volta dal 1945 che la Francia esce dalla legalità internazionale. Ora, già questo fatto indica che il giovanotto ha subito una pressione “talmudica”: non riconoscere i trattati internazionali, lo jus publicum aeroropaeum che riconosce anche nello stato nemico un justus hostis, è proprio del diritto talmudico. La superpotenza americana lo fa dall’11 settembre, dichiarandosi (con la dottrina Bush) pronta ad aggredire ogni Stato che a suo giudizio disturbi il proprio interesse nazionale, ossia senza riconoscere allo stato aggredito la legittimità di esistere. Che possa farlo Parigi, è dubbio. Macron rischia di finire come Sarkozy, che è sotto processo in relazione alla sua aggressione alla Libia per far uccidere Gheddafi, il pagatore della sua campagna elettorale. In ogni caso, Macron si è isolato dalla UE e la “relazione speciale” che sperava di approfondire con la Germania per guidare a due l’Unione, si allontana. Anche la posizione di Parigi come onesto mediatore in questione internazionali, dal Medio Oriente all’Iran, è intaccata, e così nell’Africa Francofona.
Ha perso l’appoggio della UE. I 28 ministri degli esteri, riunitisi due giorni dopo l’attacco, hanno invocato il dialogo con la Russia in Siria. Altrimenti, la UE si spaccava, ha detto un anonimo presente alla riunione: “Bisogna evitare che ogni paese faccia la sua politica autonoma di fronte a Mosca. E’ importante perché la UE esista”. Mettete in conto a Salvini anche questo successo.
Anche l’opinione pubblica francese – mentre i media inneggiavano a Macron “chef de guerre” – è rimasta fra l’irritazione, l’ironica incredulità (“Abbiamo convinto Trump a restare in Siria- chi, lui?”) e la derisione: specie quando dopo tutte le accuse “la Russia è colpevole”, si è saputo che la Francia ha preavvisato la Russia dei luoghi e delle ore in cui avrebbe voluto colpire. Macron torna ai problemi interni (scioperi, opposizione di massa alle sue “riforme” liberiste) molto rimpicciolito. Le Monde, a nome dei Rotschild, titola: “Missione Incompiuta”.
Militarmente, l’attacco è stato un clamoroso insuccesso. Su questo sono d’accordo gli esperti militari francesi come quelli americani. Sull’autorevole sito Sic Semper Tyrannis, un “Publius Tacitus” (pseudonimo sotto cui si nasconde un generale o un ammiraglio in servizio, obbligato all’anonimato) giudica che “il generale Mattis e il generale Dunford [il capo degli stati maggiori riuniti] si sono disonorati a prestarsi a questa mascherata”.
Il generale Dominique Delawarde è sarcastico. Riporta la versione russa – 103 missili su sei obiettivi (di cui quattro aeroporti militari siriani) dei quali 71 sono stati intercettati dalla contraerea siriana, senza che quella russa sia intervenuta.
E la versione americana: 105 missili su 3 “installazioni clandestine di armi chimiche”. Tutti andati a segno.
Il generale Delawarde commenta con ricordi personali: “Gli americani hanno fornito foto satellitari «Battle Damage Assessment» (stima dei danni inflitti dopo un bombardamento). Anche nel dicembre 98, al tempo dell’Operazione DeseertFox, gli americani avevano colpito e fornito questo tipo di foto satellitari. Il nostro satellite francese, molto preciso, dava dei risultati molto diversi dai loro. Erano rimasti sorpresi di come li avevamo colti in flagrante menzogna” . E “mi ricordo personalmente delle menzogne quotidiane del portavoce della NATO sulle false perdite dei serbi in Kossovo da marzo a maggio 1990. La NATO dichiarava più di 800 materiali importanti distrutti al 78 mo giorno di bombardamento. Il conteggio reale effettuato dopo il cessate il fuoco, risultò di una trentina. Tutti i MiG distrutti a Pristina il primo giorno di guerra, una ventina, al momento del cessate il fuoco sono usciti dai sotterranei ed hanno decollato tranquillamente per Belgrado. Questa coalizione ha troppo mentito negli anni passati per essere credibile oggi”.
Dunque il generale francese tende a credere alle stime russe. Anche se, onde fosse vero che il 70% dei missili sono stati intercettati, “i risultati sarebbero semplicemente catastrofici per i tre aggressori. Significa che se fosse intervenuti i S-400 russi, nessun missile di Usa, Regno Unito e Francia avrebbe raggiunto nemmeno il territorio siriano”.
Con un caveat e un’eccezione: tutti i 19 missili JASSM-ER a bassa tracciabilità, lanciati dai bombardieri B-1B e usati per la prima volta in un conflitto, non sono stati nè intercettati né visti dai radar russi. Ed hanno raggiunto il bersaglio. I russi dovranno lavorarci.
Erdogan s’è rimesso nei guai. Tradendo di nuovo.
Prima dell’attacco, il suo ministro degli Esteri ha applaudito ai lanci di missili e lui, applaudendo gli attacchi occidentali, ha di nuovo dichiarato che Assad deve essere cacciato.
Erdogan insomma ha scelto di tornare “con la NATO” senza essere informato della natura limitata dell’attacco; insomma la NATO continua a non parlargli. In quste ore, tace. Come chi s’è messo unpiede in bocca. Infatti adesso ha perso anche la fiducia di Mosca e Teheran, che lo avevano accettato nella nuova coalizione per la sistemazione della Siria e l’integrità territoriale siriana; i due alleati gli hanno lasciato occupare Afrin, chiudendo un occhio sulla sua avidità. Adesso la posizione del turco presso Mosca e Teheran è scaduta – può dare addio agli S-300 – mentre l’Alleanza non lo ha recuperato e non gli perdonerà il suo flirt con la Russia.
Il saudita Mohamed Bin Salman ha commesso lo stesso errore: si aspettava che i missili contro Assad fossero il preludio automatico a una guerra contro l’Iran (deve averglielo assicurato Netanyau). Ora, il suo appoggio all’attacco alla Siria gli sarà ripagato in Yemen dall’Iran; le buone relazioni con Mosca, che ha tanto cercato, sono di nuovo al gelo. Adesso il regno wahabita è il solo alleato di Sion nell’area: posizione imbarazzante. Del resto, anche Netanyahu s’è giocato la buona relazione personale con Putin: “S’è dimostrato come il vero istigatore della guerra contro la Russia. Mosca ha preso nota”, scrive il sito Geopolitka. Ru
L’Egitto non si è unito al coro anti-Assad, né ha commesso l’errore di farsi nemica Mosca. Ciò mette Il Cairo in una posizione futura di guida del mondo sunnita, specie dopo che Erdogan, con le sue oscillazioni, è scaduto.
Nell’insieme, il risultato dell’attacco agli occhi delle capitali del Medio Oriente (ma non solo Teheran, e gli emirati di Golfo filo-americani, ed anche di Cina, India, Pakistan) è interpretato come una dimostrazione di debolezza, inconcludenza, inaffidabilità e confusione mentale del dominio delle potenze globaliste occidentali.
Naturalmente, Israele ritenterà. Intraprenderà le sue aggressioni unilaterali e sempre più letali in Siria. Ma oggi è più scoperta e i suoi alleati, da Macron alla May a Bin Salman, hanno perso e dimostrato la loro inefficacia anche militare.
Il clamoroso reportage di Robert Fisk dalla Siria: “Non era gas, era polvere”
Robert Fisk è considerato uno dei più grandi reporter di guerra del mondo. In Medio Oriente dal 1976 come corrispondente del Times, ha seguito la guerra civile libanese, l’invasione sovietica dell’Afghanistan, la guerra Iran-Iraq, le guerre balcaniche, la prima e la seconda guerra del Golfo, sempre denunciando crimini di guerra di opposte fazioni e molte delle attività dei governi occidentali in Medio Oriente. Un vero testimone del nostro tempo. Oggi collabora con l’Independent, e qui vi proponiamo ampi stralci del suo ultimo clamoroso articolo sulla Siria. Titolo: “La ricerca della verità tra le macerie di Duma – e i dubbi di un medico sull’attacco chimico”. La parola di Fisk ha un peso, e se anche lui si chiede “gli attacchi con il gas sono avvenuti davvero?”, il mondo non può non ascoltare.
Questa è la storia di una città chiamata Duma, un luogo devastato tra palazzi distrutti, e di una clinica sotterranea le cui immagini di sofferenza hanno autorizzato tre delle nazioni più potenti del mondo occidentale a bombardare la Siria la settimana scorsa. C’è un dottore amichevole in camice verde che, mentre lo seguo nella clinica, allegramente mi dice che il video sul “gas” che ha fatto inorridire il mondo, malgrado i dubbiosi, è perfettamente autentico.
Le storie di guerra, comunque, hanno l’abitudine di diventare sempre più oscure. E lo stesso esperto dottore siriano 58enne aggiunge poi qualcosa di profondamente disturbante: i pazienti, sostiene, non sono stati sopraffatti dal gas ma dalla carenza di ossigeno nei tunnel pieni di immondizia e nelle cantine dove vivono, durante una notte di vento e di pesanti bombardamenti che hanno sollevato una tempesta di polvere.
Mentre il dottor Assim Rahaibani annuncia questa straordinaria conclusione, è giusto osservare che per sua stessa ammissione lui non è un testimone, e malgrado parli un buon inglese si riferisce due volte ai miliziani jihadisti di Jaish el-Islam (l’Esercito Islamico) a Dumas come a dei “terroristi”, la parola del regime per definire i nemici e un termine usato da tanta gente per tutta la Siria. Sto capendo bene? A quale versione degli eventi dobbiamo credere?
Per mia sfortuna, inoltre, i dottori che erano in servizio quella notte del 7 aprile sono tutti a Damasco per rispondere ad una commissione di inchiesta, che cercherà di arrivare ad una risposta definitiva alla questione nelle prossime settimane.
La Francia, intanto, ha detto di avere “le prove” che siano state usate armi chimiche, e i media USA hanno citato fonti che sostengono che i test di sangue e urina hanno mostrato la stessa cosa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha comunicato che i suoi partner sul posto hanno trattato 500 pazienti “che esibiscono segni e sintomi consistenti con l’esposizione ad agenti chimici tossici”. Gli ispettori dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) però non riescono ad arrivare nel sito del presunto attacco col gas, apparentemente in quanto mancanti dei corretti permessi ONU.
Prima di andare avanti, i lettori devono sapere che questa non è l’unica storia a Duma. Ci sono molte persone con cui ho parlato, tra le rovine di questa città, che affermano di “non aver mai creduto” alle storie sul gas che vengono solitamente diffuse, così sostengono, dai gruppi armati islamisti. (…)
E’ stata una breve camminata fino al Dr Rahaibani. Dalla porta della sua clinica, chiamata “Punto 200” nella strana geologia di questa città in parte sotterranea, scende un corridoio fino al suo ospedale e ai pochi letti, dove una bambina piange mentre le infermiere le curano un taglio sopra un occhio. “Ero con la mia famiglia nella cantina della mia casa a 300 metri da qui, quella notte, ma tutti i dottori sanno ciò che è successo. C’erano grossi bombardamenti (delle forze governative) e gli aerei sono sempre sopra Duma durante la notte. Ma quella notte c’era vento, e grandi nuvole di polvere hanno cominciato ad infiltrarsi nelle cantine dove vive la gente. Le persone hanno cominciato ad arrivare qui in ospedale soffrendo di ipossia e scarsità di ossigeno. Poi qualcuno alla porta, un Casco Bianco, ha urlato “Gas!” ed è cominciato il panico. Le persone hanno preso a tirarsi addosso l’acqua l’una con l’altra. Sì, il video è stato filmato qui, è genuino, ma quelle che tu vedi sono persone colpite da ipossia e non da avvelenamento da gas. (…)
I Caschi Bianchi -i primi soccorritori, già leggendari in occidente, ma con alcuni risvolti interessanti nella loro stessa storia- hanno giocato un ruolo familiare durante le battaglie. Loro sono parzialmente finanziati dal Foreign Office inglese, e molti degli uffici locali impiegano uomini di Duma. (…)
Naturalmente volevamo ascoltare il loro punto di vista, ma non è stato possibile: una donna ci ha detto che tutti i membri dei caschi Bianchi hanno abbandonato il loro quartier generale e hanno scelto di evacuare con i bus organizzati dal governo verso la provincia ribelle di Idlib, insieme ai miliziani che hanno aderito alla tregua. (…)
Le mie domande sul gas hanno trovato solo una franca perplessità. Come è possibile che i rifugiati di Duma che hanno raggiunto i campi in Turchia abbiano descritto un attacco con il gas che nessuno a Duma oggi sembra ricordarsi? Mi è venuto in mente, mentre camminavo per un miglio in questi tunnel, che i cittadini di Duma vivono così isolati gli uni dagli altri e per così tanto tempo che le notizie come le intendiamo noi semplicemente per loro non hanno significato. La Siria non è una democrazia, come dico cinicamente ai miei colleghi arabi, ed è sicuramente una spietata dittatura, ma questo non dovrebbe trattenere persone felici di incontrare finalmente stranieri, dal rispondere con parole di verità. Così, cosa mi stavano davvero dicendo? (…) Un colonnello siriano in cui mi sono imbattuto davanti a uno di questi edifici mi ha chiesto se volevo vedere quanto erano profondi i tunnel. Mi sono fermato dopo oltre un miglio, e lui ha curiosamente osservato: “Questi tunnel possono arrivare lontano, fino in Gran Bretagna”. Ah sì, la signora May, mi ricordo, i cui bombardamenti sono così intimamente collegati a questi luoghi di tunnel e polvere. E anche di gas?
Debora Billi
Quello che vi hanno raccontato sulla Siria è tutto falso
17/04/2018 by stefano citrigno
17/04/2018 by stefano citrigno
Suor Guadalupe de Rodrigo, missionaria argentina dell’Istituto del Verbo Incarnato, da Aleppo smonta le fake news sulla guerra in Siria diffuse dai mass media, la cui opera di manipolazione fa credere l’opposto di ciò che realmente accade.
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