- ALFIE EVANS
Il Vaticano si muove, ma a Liverpool è uno scandalo
Alla fine qualcosa a Roma si è mosso. Grazie al lavoro sulla e nella Segreteria di Stato, ieri il Papa ha ricordato al Regina Coeli i casi di Alfie Evans e di Vincent Lambert (della cui vicenda parliamo a parte), accomunati dalla decisione di medici e giudici dei rispettivi paesi di metterli a morte.
Alla fine qualcosa a Roma si è mosso. Grazie al lavoro sulla e nella Segreteria di Stato, ieri il Papa ha ricordato al Regina Coeli i casi di Alfie Evans e di Vincent Lambert (della cui vicenda parliamo a parte), accomunati dalla decisione di medici e giudici dei rispettivi paesi di metterli a morte. «Affido alla vostra preghiera le persone, come Vincent Lambert, in Francia, il piccolo Alfie Evans, in Inghilterra, e altre in diversi Paesi, che vivono, a volte da lungo tempo, in stato di grave infermità, assistite medicalmente per i bisogni primari. Sono situazioni delicate, molto dolorose e complesse. Preghiamo perché ogni malato sia sempre rispettato nella sua dignità e curato in modo adatto alla sua condizione, con l’apporto concorde dei familiari, dei medici e degli altri operatori sanitari, con grande rispetto per la vita».
Certo, un modo un po’ complicato di dire che non è accettabile l’azione di forza per togliere la vita a dei disabili, però è comunque un gesto importante. Esso indica un cambiamento di atteggiamento, confermato dal comunicato del presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia, che aveva preceduto di poche ore l’appello del Papa. «Auspico fortemente che possa riaprirsi un dialogo e una collaborazione tra i genitori, comprensibilmente sconvolti dal dolore, e le autorità dell’ospedale presso cui Alfie è stato fino a oggi curato, perché insieme cerchino il bene integrale di Alfie e la cura della sua vita non sia ridotta a una controversia legale. Alfie non può essere abbandonato, Alfie deve essere amato e così i suoi genitori, fino in fondo».
Quello di Paglia è chiaramente un tentativo di correggere (in parte) le sue precedenti sciagurate uscite sapendo che all’Angelus il Papa avrebbe detto quelle parole. Ma non si deve dimenticare che su tutta la “vicenda Alfie” pesano come macigni le sue dichiarazioni in cui avallava le decisioni dei medici dell’Alder Hey Hospital e addirittura quella del giudice britannico che aveva strumentalizzato un precedente intervento del Papa per giustificare la messa a morte di Alfie.
Le parole del Papa all’Angelus invece richiamano che quella in corso è una assistenza medica per i bisogni primari, e come tale non può quindi essere sospesa né inserita alla voce “accanimento terapeutico”; così come viene condannata una qualsiasi decisione unilaterale da parte di medici e giudici. Alla fine è prevalsa dunque la linea della Segreteria di Stato, più disponibile ad ascoltare la voce di quanti chiedono di salvare Alfie, una linea che si era già palesata con l’offerta dell’ospedale Bambin Gesù per il ricovero del piccolo.
Quanto le parole del Papa potranno incidere sulla decisione odierna del giudice non sappiamo, forse non molto. Non solo perché non hanno “bucato” i media britannici ma soprattutto perché la Chiesa inglese ha dimostrato uno scandaloso disinteresse per tutto quanto sta accadendo e malgrado i continui appelli all’arcivescovo di Liverpool, Malcolm McMohan, e al cardinale Vincent Nichols.
Grazie alla presenza a Liverpool della nostra Benedetta Frigerio possiamo testimoniare che è stato impossibile mettersi in contatto non solo con l’arcivescovo ma anche con il cappellano dell’ospedale che, malgrado le continue richieste non si è mai fatto vivo neanche per portare i sacramenti. Non solo, un surreale comunicato pubblicato venerdì 13 aprile e firmato dal portavoce dell’arcidiocesi di Liverpool giustifica questa “assenza” con il fatto che gli Evans non sarebbero cattolici. Come sappiamo è una affermazione non vera ma anche volutamente menzognera, visto che addirittura il giudice aveva citato il Papa proprio in ragione dell’appartenenza degli Evans alla Chiesa cattolica. Ma anche fosse stato vero, si tratta di una affermazione sconcertante per la quale è anche difficile trovare parole adeguate per commentarla.
Sembra però che a Liverpool questa sia una situazione generale nella Chiesa: non si è potuto trovare un prete in questi giorni per far visita ad Alfie, a Tom e Kate. Lo abbiamo cercato, Benedetta Frigerio ha provato a contattarne qualcuno di persona: la risposta è stata «It’s not my job», «Non è il mio lavoro», non è il mio compito. È uno scandalo, non si può dire diversamente.
Chissà, forse se Tom e Kate fossero stati musulmani l’arcivescovo si sarebbe precipitato per testimoniare la vicinanza della Chiesa cattolica; ma forse se Tom e Kate fossero stati musulmani, i medici dell’Alder Hey Hospital non ci avrebbero neanche provato a strappare loro il figlio per metterlo a morte.
Chissà, forse se Tom e Kate fossero stati musulmani l’arcivescovo si sarebbe precipitato per testimoniare la vicinanza della Chiesa cattolica; ma forse se Tom e Kate fossero stati musulmani, i medici dell’Alder Hey Hospital non ci avrebbero neanche provato a strappare loro il figlio per metterlo a morte.
Riccardo Cascioli
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