ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 11 maggio 2018

La puzza delle pecorelle maleodoranti



Il Signore abbia pietà di te, figlio prediletto di questo occidente sazio e disperato, che nella tua agenda non hai trovato un rigo libero per fermarti davanti all’omicidio di un bambino indifeso. Non dico per provare dolore, per versare una lacrima, per imprecare contro il boia che ormai si è tolto il cappuccio perché la morte non abbia più nulla di sacro, meno ancora di santo, e sia rivestita della stessa banalità del male. Ma almeno per cinque minuti di commozione, visto come ti intenerisci davanti alla balenottera arenata sulla spiaggia, alla foca con la testa spaccata, al gabbiano inzuppato di petrolio, sempre gli stessi, che questo occidente sazio e disperato fa apparire sullo schermo magico del tuo smartphone quando vuole la tua attenzione, il tuo consenso per saziarti della sua disperazione mascherata da benessere.
Invece, non hai neppure finto di commuoverti perché Alfie, il bambino ucciso dal boia a viso scoperto, non può essere tuo figlio. I tuoi figli sono belli, intelligenti e di successo, frequentano i master negli States, studiano solo in inglese, parlano solo in inglese, mangiano e defecano solo in inglese e diventeranno manager di aziende dove si pensa solo in inglese. Non possono essere malati, i tuoi figli, non possono avere un ritardo mentale, non possono essere così indifesi da soccombere nella giungla darwiniana che è questo occidente sazio e disperato. Quel bambino steso in un letto in attesa del boia poteva essere solo figlio di due operai che, pur essendo inglesi, non sapranno mai parlare e soprattutto pensare in inglese così bene come i tuoi figli confezionati su misura dal college e dal master dove sono in lista d’attesa per diventare classe dirigente.

Non ti commuovi per un corpo malato e un’anima santa reclusi in ospedale perché i tuoi figli non possono morire come cani in un ospedale. Se muoiono, i tuoi figli muoiono uccisi dentro alla bolgia infernale di un qualsiasi Bataclan di una qualsiasi capitale del vecchio o del nuovo continente, dove la meglio gioventù di questo occidente sazio e disperato invoca il demonio cantando e ballando in suo nome e in suo onore. Se muoiono, i tuoi figli muoiono di ritorno dai bordelli camuffati da discoteche alla moda, correndo a duecento all’ora sulle macchine che tu gli hai comprato perché corrano più forte di quanto correvi tu alla loro età. Se muoiono, i tuoi figli muoiono sfigurati dall’alcol, dalla coca o dall’ultima sniffata chimica comprati con i soldi che tu gli passi per conto di questo occidente sazio e disperato. Se muoiono i tuoi figli, allora sì, piangi. Ma piangi solo perché non capisci. I tuoi figli avevano tutto, meritavano ancora di più, non potevano, non dovevano finire così. Non dovevano morire. Alfie invece sì, perché Alfie non può essere tuo figlio e di lui non te ne frega niente. E magari la domenica vai a messa. Ma vai a una messa senza Croce e, in fondo, non è colpa tua. L’hanno rimossa perché non serve più, neppure per spiegare ipocritamente la sofferenza degli altri. Non può esserci sofferenza in questo occidente sazio e disperato che finalmente ha trovato una chiesa ancora più sazia e disperata che non ha altari per i piccoli martiri come Alfie.
E il Signore abbia pietà di te, chierico sacrilego, che hai tolto dalla tua chiesa la Croce ai piedi della quale dovresti deporre i corpi dei Santi e venerarli come reliquie dell’amore di Dio e della sua sofferenza per la redenzione degli uomini. Ma tu non sai cosa fartene della santità perché non credi nella vita eterna e hai persino orrore della resurrezione. Non capisci come possano essere predilette dal Signore quelle carni malate e inutili delle quali i tuoi confratelli in camice bianco non sanno cosa fare. La tua chiesa atea, che ha contratto la stessa mortale disperazione del mondo, non ha più voglia di credere alla storiella dell’anima e del suo destino eterno. Dunque, non si occupa neppure del suo involucro, lo accompagna, nel suo maggior interesse, fino al patibolo dove il boia esegue la sentenza che le pare così pietosa da sembrare persino razionale, da apparire così ragionevole che bisogna pure trovare una spiegazione da dare in pasto al popolo.
E non è detto che tu sia necessariamente un prete o un vescovo di strada. Puoi anche portare la talare e celebrare in latino rivestito di paramenti carichi d’oro e di preziosi costati la fatica e i risparmi di generazioni che onoravano con i loro sacrifici una fede che tu non hai più. E, se sei un vescovo, esibisci volentieri il tuo anello sopra il guanto bianco e la mitra gemmata e il pastorale istoriato. Ma poi, dopo il pontificale di sapore antico, predichi in totale aura moderna che i carnefici di Alfie stanno agendo per il bene suo e di tutti gli altri Alfie che verranno.
Nel tuo gregge non c’è posto e non c’è pietà per le pecorelle zoppe. Non è più tempo di pastori che tornano lungo il loro cammino a cercare la pecora smarrita e se la caricano sulle spalle per salvarla e proteggerla. La tua chiesa sazia, disperata e atea vuole pecorelle perfette, così come questo occidente sazio, disperato e senza fede vuole figli perfetti. Le tue pecorelle parlano di miseria ma hanno schifo dei miseri, parlano di povertà ma fuggono i poveri, si inebriano degli incensi e dei discorsi sull’adorazione ma non pregano e non adorano. Si inginocchiano davanti al vitello d’oro al cospetto del quale le hai condotte tu stesso. Le tue pecorelle non peccano e, se peccano, peccano contro il mondo.
Nella tua chiesa sazia, disperata e atea non si curano le ferite dell’anima, figuriamoci quelle del corpo. È stato abolito il peccato, figuriamoci la malattia. E non è una questione di dottrina, è una questione di fede. Altrimenti tu, chierico sacrilego che fai il conservatore e persino il tradizionalista, avresti almeno detto che la vita di Alfie è nelle sole mani del Signore che l’ha creata. Invece, quando non hai dato ragione a chi teorizza l’assassinio dei malati indifesi, non hai fatto niente per difendere una piccola vittima dal carnefice. Qui non si trattava di andare a convegno con qualche dubbio sull’interpretazione di Amoris Laetitia, qui bisognava caricarsi sulle spalle una vita innocente e sottrarla ai lupi. Ma la tua chiesa sazia, disperata e atea ha solo pastori che fuggono davanti ai lupi, quando non si spartiscono il gregge col branco famelico attratto dall’odore del sangue.
E il Signore abbia pietà di te, pastore dei pastori, che il giorno dopo la morte del piccolo martire non hai alzato in pubblico una sola preghiera, neanche un amen. Come un qualsiasi figlio di questo mondo sazio, disperato e senza fede, nella scaletta del Regina Coeli non hai trovato un rigo per la commozione di rito. Quel silenzio feroce ed eloquente ha detto tutto quello che si doveva dire sui balletti messi in scena ad uso dei gonzi negli ultimi giorni di Alfie, quando ormai, ci hanno detto, “umanamente”, non c’era più nulla da fare.
Quell’”umanamente” fa orrore e grida vendetta, perché è il baluardo dietro cui ti proteggono tutti, ma proprio tutti, coloro che vogliono ancora costringersi ad applaudire uno spettacolo in cui il pastore dei pastori può avere qualche macchia, ma è sempre il pastore dei pastori. E come si può imputare indifferenza al pastore dei pastori se, a pochi giorni dalla morte di Alfie, cresima una bambina gravemente disabile? Non vedete come è buono? Le grancasse di regime ci dicono che per Alfie hai fatto “umanamente” tutto: due tweet, una pacca sulle spalle e il fantomatico lavorìo di una diplomazia che ha solo trattato la resa. Come è umano, troppo umano, quell’”umanamente” che, anche se nessuno lo vuole intendere, è segno della fede nell’uomo sostituita alla fede in Dio. Ma dove non c’è fede in Dio non ci sono miracoli, non c’è stato miracolo che salvasse Alfie.
La chiesa sazia, disperata e atea voleva tutto, tranne il miracolo. I miracoli danno fastidio alla gente per bene, persino ai fedeli perbene, figuriamoci ai fedeli di una chiesa che non crede in Dio. I miracoli contraddicono il volere della terra e sconvolgono le leggi di natura da cui le brave persone traggono conforto, i miracoli se ne fregano degli ordinamenti giudiziari che rasserenano i cultori della legalità, i miracoli mettono a soqquadro la quiete in cui deve lavorare la diplomazia nell’ossequioso rispetto dei baciapile e dei baciapantofole. Lazzaro esce dal sepolcro in cui stava da tre giorni, il figlio della vedova di Nain risorge da morte, il cieco nato torna vedere nel giorno di sabato e tutto questo dà così fastidio ai sacerdoti perbene e ai potenti perbene che Chi lo ha operato viene messo in Croce: e in quel giorno Erode e Pilato divennero amici. Uccidendo il Corpo di Cristo pensavano di averne ucciso lo Spirito, ma non sapevano di aver contribuito a erigerne il tempio imperituro dove i miracoli possono sempre avvenire perché gli uomini che vi stanno dentro professa la vera fede.
Ma, appunto, bisogna abitare nel Corpo di Cristo per credere nei miracoli e vederli compiere. Chi ti ha portato il padre il Alfie nel tentativo estremo di darti una ribalta che avevi sempre evitato con i tuoi feroci silenzi ha sbagliato tempio. Il tuo tempio è quello in cui le borse di cuoio sdrucite e le croci pettorali di ferro artatamente virili convivono volentieri con la froceria andata in scena a New York nella promiscuità dei principi di Hollywood e dei principi della chiesa. Il tuo tempio, sono parole tue di queste ore, è quello in cui “occorre impegnarsi non solo per l’incontro tra le persone, le culture e i popoli e per un’alleanza tra le civiltà, ma per vincere tutti insieme la sfida epocale di costruire una cultura condivisa dell’incontro e un civiltà globale dell’alleanza. Come un arcobaleno di colori in cui si dispiega a ventaglio la luce bianca dell’amore di Dio!”. Il tuo tempio, così ben illuminato da questo abbraccio iridato e mortale, in realtà è il luogo del Potere, dove non c’è scampo per l’innocente se non conviene che l’innocente venga salvato. Ed è vano e persino ridicolo il pietoso tentativo di contrapporre la “cattiva chiesa inglese” che nulla ha fatto per Alfie alla “buona chiesa romana” che tanto si sarebbe prodigata attraverso i suoi legati e attraverso i suoi medici, ma, “umanamente”, non poteva sperare di più. Ma la speranza, che è una virtù teologale, non ha nulla di umano.
E il Signore abbia pietà anche di te, cattolico perbene, che la domenica vai alla Messa in latino, tutti i giorni reciti il Rosario, spacchi in quattro il capello della dottrina, conosci a memoria il catechismo, naturalmente di San Pio X, nel cervello hai un emisfero riservato esclusivamente al compendio della Summa, ma non hai detto una parola e non hai compiuto un gesto mentre si consumava l’omicidio di Alfie. Perché anche a te, come al figlio prediletto dell’occidente sazio e disperato, non te ne fregava niente di un bambino che non serviva a niente. Tanto sarebbe morto comunque e tanto gli inglesi non avrebbero ceduto. Anzi, ti facevano persino un po’ ribrezzo gli straccioni che si sono messi in piazza San Pietro a chiedere l’intercessione per un bambino avviato al patibolo. Magari hai anche sussurrato alle orecchie giuste che così non si fa, che non si mette in difficoltà la diplomazia vaticana una volta avviata la macchina, che il Santo Padre avrebbe fatto tutto quello che era “umanamente” possibile.
Bisogna dirlo, il povero Alfie, da vivo, è stato proprio importuno con quel suo non voler morire neanche se lo ammazzavano. Ora che tutto è compiuto, invece, è un’altra cosa. Ora spieghi come e qualmente dottrina e diritto non possono accettare simili fatti. Sei perfetto in teoria. In teoria, appunto, ma non hai né carne né sangue. Se ti trovassi un altro Alfie tra le braccia non sapresti cosa fare, non vedresti un bambino che ha bisogno di una carezza, di un bacio, di un abbraccio, ma solo un caso di scuola su cui dissertare a giochi finiti, quando il nemico ha vinto e non ha più paura perché nessuno può più dire pubblicamente “No”. L’accademia non si è mai opposta al potere.
Sei fratello gemello del progressista che organizza efficienti ponti aerei per mandare i soccorsi alla gente che muore di fame all’altro capo del mondo perché così vuole la sua ideologia, ma a lui non gliene importa niente. Tu sei solo l’altra faccia della moneta coniata dal Potere e, per simmetrica connivenza, disquisisci di dottrina sulla vita e sulla morte, ma non ti importa nulla di chi vive e di chi muore. E magari ora ardisci anche usare il nome di quel bambino che non hai difeso quando dovevi farlo. Cammina pure sotto il suo nome, la mia strada è un’altra.
E il Signore abbia pietà di me, che non ho fatto tutto quanto avrei potuto fare e, soprattutto, non ho pregato quanto avrei potuto pregare. Se il miracolo non è avvenuto è anche per la mia poca fede, per la mia infedeltà alle ragioni del Cielo. E, ancora di più, il Signore abbia pietà di me per la fatica che provo nell’amarti figlio dell’occidente, chierico sacrilego, pastore dei pastori, cattolico perbene che stai sull’altro fronte. Il Signore abbia pietà di me e mi aiuti non cadere nella tentazione di trattenere anche solo un istante il bene mi è chiesto di darti per lasciare luogo alla maledizione. Perché, forse, è proprio quel bene che avrei dovuto gettare sulla bilancia nella speranza di farla pendere in favore di Alfie e non sono stato capace di dartelo.

 – di Alessandro Gnocchi


Luxuria, la Comunione di Ancona e il diritto del più forte


Ad Ancona i fedeli protestano inascoltati perché è stato proibito loro il diritto di ricevere la Comunione in bocca e il vescovo fa finta di niente. A Luxuria invece la Comunione non è negata tanto che si vanta: "E' un mio diritto". Ecco come la legge del più forte domina anche nella Chiesa.


                                   Luxuria viene comunicata dal cardinal Bagnasco

La comunione non è un diritto, ma ci sono dei diritti dei fedeli sulla comunione. In epoca di dirittocrazia anche la Chiesa non poteva non essere investita dal desiderio eretto a norma arbitraria e alla violazione di quelli che sono i diritti veri. A regolamentarli, o meglio, a farli rispettare dovrebbero essere i vescovi. Ma che cosa succede quando i prelati non lo fanno? Oppure: che cosa deve fare un fedele quando si vede negato un diritto o quando, peggio ancora, un altro reclama pubblicamente come suo diritto la Comunione eucaristica senza neppure preventivare la confessione? 

Succede che vige la legge del più forte, nella quale chi fa la voce più grossa prevarica sugli altri e la giustizia viene cancellata. Due casi opposti e speculari lo dimostrano molto bene.


Ad Ancona i fedeli della Parrocchia dei salesiani di Corso Carlo Alberto le stanno provando tutte da quando il parroco, arbitrariamente, ha deciso di non distribuire più la Comunione in bocca. "La comunione verrà distribuita solo in mano", va ripetendo da qualche tempo a questa parte il sacerdote. C'è anche un video che sta girando su Facebook che lo prova. Molti fedeli che invece desiderano ricevere l'Ostia santa in bocca, e magari anche in ginocchio, hanno dapprima chiesto spiegazioni al reverendo, il quale non ne ha date, arrogandosi il diritto di decidere su queste cose. Diritto che invece, lo vedremo con i documenti appositi, non può vantare. 

Successivamente dopo alcune campagne stampa hanno intrapreso la via della denuncia canonica. Si tratta di un esposto presentato al vescovo di Ancona, Angelo Spina, che è il moderatore della liturgia, nella quale a norma dell'Istruzione Redemptionis Sacramentum si raccomandano le regole per la distribuzione dell'Ostia consacrata. Ovviamente tra le forme ammesse vi è anche quella della comunione in bocca, che resta addirittura quella privilegiata.

Ma dopo giorni di richieste pressanti il vescovo non ha risposto. Anche la Nuova BQ lo ha cercato ripetutamente e finalmente ieri lo ha trovato: "Sono impegnato, di questa vicenda si occupa il parroco", ha tagliato corto il vescovo senza darci neppure la possibilità di chiedere ragione del fatto che le leggi della Chiesa dicano l'esatto contrario. E, si badi, si tratta di leggi del 2004 non di un secolo "buio" e preconciliare. 

Ad esempio, sempre stando alla Redemptionis Sacramentum, che cita passi addirittura della Costituzione Conciliare sulla liturgia Sacrosantum Concilium, al numero 90 si legge: "«I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza dei Vescovi», e confermato da parte della Sede Apostolica". E al 91: "Nella distribuzione della santa Comunione è da ricordare che «i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli»" e ancora "non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi". 

Ancor più  interessante il punto 92 che entra nello specifico della distribuzione in mano: "Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli".

La Chiesa, dunque, ribadisce che quello di ricevere il Sacramento in bocca è un diritto del fedele e che la consegna sulla mano è un permessa solo a certe condizioni. Quindi, l'autorità ecclesiastica potrebbe per alcuni validi motivi proibire la distribuzione nella mano e "imporre" quella in bocca e non viceversa. Ad esempio quando c'è pericolo di profanazione. Proprio l'esatto opposto di quanto sta accadendo ad Ancona. 

Infatti recentemente proprio nela Diocesi marchigiana ignoti hanno trafugato due pissidi con ostie consacrate dal tabernacolo della chiesa di San Francesco alle Scale, costringendo il vescovo Spina ad un vibrato e sentito atto di riparazione di questo sacrilegio. 

A maggior ragione dunque, proprio a causa di questo precedente sacrilego, il vescovo avrebbe potuto imporre, anche temporaneamente, la distribuzione della comunione in bocca. Non è stato fatto. Però in una parrocchia di Ancona accade l'esatto contrario. I fedeli umiliati nelle loro richieste più semplici e sentite. Un diritto calpestato dunque, un diritto negato da un vescovo che invece dovrebbe intervenire subito. 

Dall'altro lato invece abbiamo un caso diametralmente opposto, ma che ha come comune denominatore il tema del diritto e della Santa Comunione.

Ospite della conduttrice Caterina Balivo su Rai Due a Detto, fatto, il trans Vladimiro Guadagno, in arte "Luxuria" ha raccontato del suo rapporto con la fede. E qui, curiosamente, la parola diritto è risuonata più e più volte per ribadire che in fondo anche Luxuria ha diritto di fare la comunione. Per poterlo affermare ovviamente il trans più famoso d'Italia utilizza espressioni romanticizzate e che suscitino la lacrima facile del pubblico. 

Ad esempio quando mostra la foto della sua prima Comunione e di come si allontanò dalla Chiesa perché non accettava la sua parte femminile: "Non avevo il diritto di pregare, era come se non fossi degna di essere ascoltata". Poi, grazie "a don Andrea Gallo e al Pontificato di questo Papa ho capito che ognuno di noi deve considerarsi figlio di Dio". Infatti Luxuria diede scandalo perché proprio ai funerali di don Gallo ricevette la comunione direttamente dalle mani del cardinale Angelo Bagnasco, allora presidente della Cei. 

Ma è chiaro che anche questo è un attacco al Sacramento dell'Eucarestia, perché viene ridotto a semplice premio, a puro simbolo religioso e non al corpo del Cristo. 

Così Guadagno torna a fare la Comunione su pressione di una signora che a Napoli, durante la messa la invita: "Cosa aspetti a unirti a noi? Mi ha detto che anche una come me aveva il diritto di prendere la comunione come gli altri".

E la confessione? Bazzecole. "L'ho fatto e sto meglio". E poi in chiusura: "Ognuno di noi deve avere il diritto alla fede". 

Ritorna dunque costante il riferimento al diritto per un caso quello di Luxuria in cui il pubblico scandalo delle sue affermazioni non veranno passate al vaglio di nessuno. Nessun vescovo si interrogherà sul sacrilegio di chi, personaggio pubblico, si vanta di accostarsi alla Comunione prescindendo da una conversione e dalla conseguente confessione. L'Ostia diventa uno spot, un simbolo, appunto, di cui disporre per "sentirsi meglio" e non per essere in comunione con Gesù Cristo. 

Perché allora Luxuria può parlare di diritto e, nonostante non ne abbia i requisiti, vederselo riconosciuto nella disattenzione dei pastori? E perché invece i parrocchiani di Ancona pur potendo rivendicare un sacrosanto diritto invece non vengono minimamente ascoltati? Perche ormai anche nella Chiesa vige la legge del più forte, che calpesta non solo le sensibilità, ma la devozione e la fede dei fedeli semplici, quelli che in realtà dovrebbero essere i poveri. Infatti andare contro il diktat omosessualista non porta i consensi del mondo ai pastori. Meglio avere l'odore del più forte. A quelle quattro pecorelle maleodoranti, pazienza, ci penserà qualcun altro.

Andrea Zambrano

http://www.lanuovabq.it/it/luxuria-la-comunione-di-ancona-e-il-diritto-del-piu-forte

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