Migranti e caso Aquarius, Ravasi: «Ero straniero e non mi avete accolto»
La voce del Vaticano sul caso della nave Aquarius con oltre 600 migranti a bordo arriva tramite Twitter con un messaggio del cardinale Gianfranco Ravasi: «Ero straniero e non mi avete accolto (Mt 25,43) #Aquarius». Una frase dal Vangelo di Matteo cambiata in negativo. Ravasi è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
https://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/migranti_aquarius_tweet_ravasi_ero_straniero_non_mi_avete_accolto-3790353.html
La vicenda Acquarius svela più sull’immigrazione di quanto abbiano fatto anni di propaganda
La vicenda del blocco navale italiano deciso ieri dal Ministro degli Interni Matteo Salvini sta tenendo molti con il fiato sospeso.
L’azione del Governo Italiano sta mettendo a nudo in poche ore molto più di quello che i media ci hanno voluto mostrare in anni.
L’Acquarius non rischia l’ammaraggio, è perfettamente in grado di raggiungere in meno di 48 ore qualsiasi porto del Mediterraneo. Il governo italiano ha inviato due motovedette per fornire viveri e personale medico. La nave è dotata finanche di giornalisti a seguito.
Secondo le dichiarazioni dell’ambasciatore maltese in Italia, il capitano dell’imbarcazione ha deciso di non attraccare a Malta, nonostante gli fosse stato autorizzato l’accesso e piuttosto che mettere in salvo 629 naufraghi raggiungendo altri porti, preferisce restare in mare facendo zig zag tra Malta e Sicilia “in attesa di ordini” ,come verificabile https://www.marinetraffic.com/en/ais/home/centerx:15.1/centery:35.9/zoom:9
I giornali stanno dando il meglio citando Fonti del diritto toalmente a caso, che vanno dalla Costituzione, alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, al codice della navigazione, al diritto internazionale. Usate per inquadrare fattispecie specifiche imprecisate.
Va detto poi che in una cornice di incentivazione delle vittime, salta qualsiasi schema giuridico, poichè una emergenza non è più tale se viene creata sistematicamente con una impalcatura logistica e mediatica in un lungo arco temporale, è piuttosto un’agenda politica a spese di esseri umani. Il tutto condito dall’abuso di convenzioni internazionali a scopo elusivo delle leggi sull’immigrazione.
A chi si è chiesto se si possono chiudere i porti, ricordiamo che Francia e Spagna lo hanno fatto quasi un anno fa, insieme al sigillamento dei confini austriaci e nessuno ha evocato scenari apocalittici o lo ha messo in discussione. Ancora una volta, anche i regolamenti UE sull’immigrazione forniscono regole che valgono solo per la Repubblica Italiana, e dispensano tutti gli altri.
Lo scopo di un blocco navale è di sfavorire a monte le partenze con destinazione predeterminata “Italia”. Nonostante fosse stato annunciato, alcuni prevedono sbarchi copiosi. Il che significa che c’è una volontà di fondo di usare le tragedie umane a scopo strumentale e politico.
Il mistero dei misteri rimane lo stesso: chi e perchè ha stabilito che l’Italia dovesse essere l’unico hub mediterraneo di arrivo dei migranti, anche al di fuori dell’area si soccorso di competenza italiana?
Sulpicia Scenari Economici Sa Defenza
Sulpicia Scenari Economici Sa Defenza
https://sadefenza.wordpress.com/2018/06/11/la-vicenda-acquarius-svela-piu-sullimmigrazione-di-quanto-abbiano-fatto-anni-di-propaganda/
L’era dell’Aquarius
L’era dell’Aquarius
È già evidente come la vicenda dell’Aquarius, la nave attrezzata con 629 migranti soccorsi in mare e in attesa di un approdo certo, rappresenti il primo episodio di una nuova importante fase politica in materia di gestione dei flussi migratori. Il caso Aquarius sta spingendo tutti a posizionarsi e a dipingere lo scenario con toni molto forti, accuse durissime, appelli perentori su fronti opposti.
Per parte mia so che dietro al caso Aquarius ci sono sì quelle 629 vite in viaggio e in ansia, ma c’è anche una questione enorme, complessa, di fronte alla quale non ci sono soluzioni semplici. Non si mettono le brache al mondo, neanche in questa materia. Però si possono costruire punti di riferimento molto laici e ridurre i decibel delle grida, guardando avanti e calcolando il tempo che abbiamo per fare qualcosa.
Partiamo ad esempio dalla cosa più urgente, la vita delle persone coinvolte in questo specifico caso. Se ne parla con i toni del pericolo imminente, come se si trattasse di una carretta del mare pronta a rovesciarsi dopo un S.O.S., mentre invece si tratta di un mezzo sicuro, con viveri e medicinali, in costante contatto con le autorità e con gli operatori sanitari per urgenti rifornimenti. Non è sicuramente un posto invidiabile dove trascorrere l’esistenza, ma non è peggiore di un centro di prima accoglienza sulla terraferma. Quel che è in atto è “solo” un braccio di ferro politico sulla destinazione di questo segmento del viaggio. Come ogni questione politica, la decisione è da ritenersi un argomento controverso, ma quel che è certo è che non sussiste una minaccia diretta e grave all’esistenza delle persone che stanno dentro l’Aquarius. Chi definisce la decisione del governo (che nega l’approdo in porti italiani della nave proveniente dalle acque libiche) come un’operazione spietata di gente “senza cuore”, e invita nel frattempo a guardare in faccia “gli occhi dei bambini”, punta a un importante lato emotivo che tuttavia è fuorviante se si considera che non è affatto in questione il loro salvataggio, bensì la forma che assumerà la loro accoglienza e le decisioni su chi abbia diritto a restare.
Le forze politiche che hanno composto la maggioranza parlamentare e firmato il “Contratto di governo” condividono questi elementi essenziali in materia di migrazioni: il sistema di accoglienza deve essere autenticamente europeo, non nazionale; chi richiede asilo deve farlo direttamente dai Paesi di provenienza o transito e chi ne ha diritto, direttamente da lì, deve essere già ripartito obbligatoriamente presso i 27 Stati membri dell’Unione europea e quindi integrato negli stessi.
Un problema gigantesco come le migrazioni contemporanee, in particolare nelle sue forme irregolari e illegali, non deve essere gestito solo dalla Repubblica Italiana intanto che gli altri membri della UE blindano da decenni le frontiere e i porti, inclusi quelli retti da governi sedicenti “progressisti”.
Veltroni in questi giorni ha paventato un ritorno agli anni trenta, ma ha dimenticato cosa faceva il suo governo negli anni novanta. Proprio mentre dal centrosinistra si urla alla disumanità del caso Aquarius, possiamo compulsare pagine ancora non sbiadite delle azioni di governo di quella parte, come il blocco navale anti immigrazione deciso dal governo Prodi, con “disposizioni rigide sul respingimento” in mare degli albanesi. Nell’album di famiglia della sinistra italiana c’è un’iniziativa molto più drastica di quel che accade oggi.
Certo, non lo ricorda il solito Roberto Saviano, quando intima al ministro dei trasporti di aprire i porti e twitta: «#umanitàperta #apriteiporti #Aquarius». È lo stesso Saviano che non fa una piega su come Israele gestisce le questioni di #umanitàaperta alle sue frontiere e su come bombarda i porticcioli dei pescatori palestinesi. Omissioni umanitarie.
In questo quadro mi colpisce un’osservazione del giornalista Sebastiano Caputo, che chiama in causa una delle critiche rivolte alla chiusura dei porti, ossia il fatto che si concentri sui soggetti più deboli. Dice Caputo che chiudere i porti «è un atto politico, non razzista, che mira a fermare questa orrenda tratta di esseri umani. Ora però aspettiamo da Matteo Salvini, e dai suoi colleghi al governo, un gesto altrettanto forte quando i vertici della NATO ci chiederanno di utilizzare le nostre basi militari per bombardare Paesi sovrani e appoggiare guerre “umanitarie” che alimentano quella stessa orrenda tratta di essere umani. Forti coi forti, senza doppi standard.»
Le risposte sono scritte nel futuro, e dovranno contrastare le pressioni di quelle stesse parti politiche che oggi ci accusano di razzismo ma si sono schierate con tutte le guerre imperialistiche che hanno devastato Africa e Asia negli ultimi venticinque anni.
Non mi è congeniale la postura mediatica di Salvini su questa materia, troppo attenta al possibile risvolto elettorale, come d’altro canto, sul fronte opposto, lo è quella del sindaco di Napoli De Magistris. Tuttavia le cose vanno viste nell’insieme, senza pregiudizi, e senza sconti per i signori delle pagliuzze e delle travi. Faccio un esempio che sconcerterà qualche lettore. Ricordo di aver assistito a un dibattito in TV del 2011, quando si stava per fare la guerra alla Libia. Sino a quel giorno Salvini lo conoscevo solo di viso, non lo avevo mai seguito in un confronto. Praticamente vinse a mani basse su esponenti della sinistra che si spendevano per la guerra a Gheddafi, ai quali diceva in sostanza: “ma vi rendete conto che devastando questo paese, oltre a fare decine di migliaia di morti, causerete una catastrofe migratoria dai costi umani esagerati?” E concluse con “Povera sinistra, come si è ridotta, povera sinistra”. Mi colpì moltissimo perché aveva ragionato e concluso con lucidità prevedendo gli esiti di quel disastro criminale, al quale la sinistra si consegnò totalmente, in parte complicemente e in parte stupidamente. Ricordo l’odio sparso dagli organi di informazione vicini alla sinistra: una totale demonizzazione di Gheddafi, una campagna isterica e guerrafondaia, un delirio che accompagnava le stragi, lo sterminio dei dirigenti dello stato libico, la distruzione dei potabilizzatori e delle infrastrutture, e infine l’espulsione di due milioni di africani che lavoravano in Libia. Non mi piace il frasario del Salvini di oggi, lo ribadisco, ma la sinistra è ancora incapace di un’autocritica sulle sue grandi colpe storiche di anni recenti, non imputabili a Salvini.
Le classi dirigenti francesi e britanniche negli ultimi sette anni hanno scatenato guerre che oltre ai lutti e oltre alla distruzione di interi Stati con cui noi avevamo relazioni convenienti, hanno provocato un drastico peggioramento nella gestione dei flussi migratori, e ora dicono che gestirli non è affar loro ma solo affar nostro. Non siamo di fronte a casuale o banale egoismo. Stanno invece ridisegnando la gerarchia europea, trasformando il fianco sud dell’Europa in un mondo troppo debole per farsi valere, troppo ripiegato sui suoi problemi per esigere che più a nord si paghi il prezzo delle spietate politiche di potenza.
Le classi dirigenti di Parigi e Londra hanno scelto cosa voler fare dell’Italia: il paraurti per le tragedie della globalizzazione; così come a Francoforte, Bruxelles e Berlino avevano deciso cosa fare della Grecia: il laboratorio dove sperimentare la futura ‘mezzogiornificazione’ di mezza Europa. È l’autodemolizione del sogno europeo in vista di un ordine che toglie già, ancora una volta, il velo che nascondeva ciò che non è mai venuto meno: i soliti brutali rapporti di forza guidati dalle grandi capitali dei grandi capitali.
In questa particolare congiuntura è giusto richiamare l’Europa ai suoi doveri, in tempi rapidi. L’estate è lunga.
Pino Cabtras
Fonte: http://megachip.globalist.it
Link: http://megachip.globalist.it/democrazia-nella-comunicazione/articolo/2018/06/11/l-era-dell-aquarius-2025951.html
james Henry Hammond (1807 – 1864) governatore del South Carolina (1842_1844)
“Credo fermamente”; disse, “che la schiavitù Americana non solo non è peccato, ma è espressamente comandata da Dio per bocca di Mosé, e approvata da Cristo attraverso i suoi apostoli”.
Un giorno si s coprì che Hammond aveva violentato quattro nipotine, minorenni. E alcune schiave, una delle quali poteva essere sua figlia.
Hammond was also known to have repeatedly raped two female slaves, one of whom may have been his own daughter. He raped the first slave, Sally Johnson, when she was 18 years old.[2] Such behavior was not uncommon among white men of power at the time; their mixed-race children were born into slavery and remained there unless the fathers took action to free them.[13] Later, Hammond raped Sally Johnson’s daughter, Louisa, who was a year old baby when he bought her mother; the first rape apparently occurred when Louisa was 12; she also bore several of his children.
Hammond was also known to have repeatedly raped two female slaves, one of whom may have been his own daughter. He raped the first slave, Sally Johnson, when she was 18 years old.[2] Such behavior was not uncommon among white men of power at the time; their mixed-race children were born into slavery and remained there unless the fathers took action to free them.[13] Later, Hammond raped Sally Johnson’s daughter, Louisa, who was a year old baby when he bought her mother; the first rape apparently occurred when Louisa was 12; she also bore several of his children.
https://www.maurizioblondet.it/19162-2/
L'appello di Ferrara ai giuristi: "Il bullo Salvini va denunciato"
Botta e risposta al vetriolo. Ferrara: "Ora bisogna fermare il bullo di Stato". E Salvini: "Che tristezza, gli serve un Maalox"
Botta e risposta al vetriolo. Ferrara: "Ora bisogna fermare il bullo di Stato". E Salvini: "Che tristezza, gli serve un Maalox"
Il blocco navale fa litigare Giuliano Ferrara e Matteo Salvini.
"Avvocati e giuristi, non dormite. Denunciare Salvini: le questioni politiche vengono dopo, ora bisogna fermare il bullo di Stato", ha scritto in mattinata l'ex direttore del Foglio su Twitter sotto l'hashtag "Italia alla deriva con la nave". "Che tristezza - ha replicato il ministro dell'Interno su Twitter - un Maalox anche per Ferrara".
Un durissimo botta e risposta al vetriolo. Al centro del contendere lo scontro sul blocco navale imposto ieri da Salvini al termine dell'ennesimo fine settimana segnato dai continui sbarchi di immigrati clandestini sulle coste italiane. La chiusura dei porti si è resa necessaria dopo che sabato era stati trasbordati oltre 400 immigrati e che altri 600 stavano facendo rotta dalla Libia all'Italia senza che Malta, come suo solito, prestasse aiuto. Dall'ex presidente della Camera Laura Boldrini al numero uno di Emergency Gino Strada si sono subito schierato contro il leader della Lega. Tra i detrattori del blocco navale, anche Giuliano Ferrara si è messo ad attaccare duramente lanciando su Twitter un appello ad "avvocati e giuristi" affinché denuncino Salvini. "Le questioni politiche vengono dopo - ha cinguettato - ora bisogna fermare il bullo di Stato".
A stretto giro Salvini ha replicato al tweet dell'ex direttore del Foglio con un altro tweet. Durissimo anche quest'ultimo. "Che tristezza - ha scritto - un Maalox anche per Ferrara".
http://www.ilgiornale.it/news/politica/lappello-ferrara-ai-giuristi-bullo-salvini-va-denunciato-1539495.html#/comunali/tempo-reale/1
La Libia nelle mani dei trafficanti
ora guarda all’Italia per una svolta
Le migrazioni per la Libia e dalla Libia sono ancora un problema e, a farne le spese, è la stessa popolazione locale. “I libici vogliono che il fenomeno immigrazione venga fermato”, ci dice Jamal Adel, un ragazzo che fa parte della tribù Tebu a Kufra nel sud-est del Paese.
“Sarebbe un’ottima cosa se il nuovo ministro dell’interno Matteo Salvini riuscisse a fermare il problema migratorio”, ci dice un altro ragazzo che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza e che lavora per un organizzazione che monitora i conflitti a Sebha, una cittadina distrutta dal traffico di persone.
Il ragazzo aggiunge poi che “pochi giornali si interessano di quello che pensano i libici sul fenomeno migratorio ma, in realtà, noi vogliamo che questo fenomeno smetta perché sta danneggiando fortemente il nostro Paese”.
Mac K. B. Simpson, ganese ed esperto di migrazioni che vive a Tripoli, ci dice: “È importante che questo traffico sia fermato prima ancora che i migranti entrino in Libia”.
Per molti libici il problema è da ricercare soprattutto nelle Ong che operano nel Mediterraneo: “I trafficanti contano sulle ong, è già stato provato che collaborano. Inoltre alimentano le mafie libiche e italiane”, dice Adel.
“Le ong sono un’attrazione per i migranti”, aggiunge il ragazzo di Sebha: “Spesso chi fugge è disposto a rischiare la propria pelle solo perché sa che ci sono le ong nel Mediterraneo. Per quest’ultime, però, si tratta solamente di un business”.
Uno dei timori dei libici è che le Nazioni unite creino altri campi per migranti in Libia, continuando questi ultimi a rimanere nel Paese. “Tante di queste organizzazioni internazionali per i diritti umani, come l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (Iom) e il Centro internazionale per lo sviluppo delle politiche migratorie (Icmpd), entrambe organizzazioni che lavorano con l’Ue, vengono nel nostro Paese per dirci di abrogare ala legge che stabilisce che l’immigrazione venga considerata un reato. Pensano di potere cambiare le nostre leggi senza il nostro consenso”, ci spiega il ragazzo di Sebha, che prosegue: “Pensano di poterci dare lezioni di diritti umani quando sono loro che causano le violazioni di questi diritti fomentano il traffico illegale di persone”.
La Libia del dopo Gheddafi
La Libia, dopo la caduta di Gheddafi, è diventata un Paese in preda all’anarchia, sotto il controllo di vari governi, milizie e tribù. Dopo la seconda guerra civile del 2014, il Paese è ufficialmente controllato da due governi: quello di accordo nazionale (Gna) a Tripoli e quello dell’Est, sotto l’Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar.
Il governo di Tripoli è controllato da Fayez al-Serraj, salito al potere grazie al sostegno della comunità internazionale, ovvero le Nazioni unite e l’Unione europea. Anche l’Italia, per cercare di risolvere il problema immigrazione, si è rivolta a Serraj, che però non riesce a controllare con forza i territori sotto il suo dominio: “Senza il finanziamento dell’Italia e l’Unione europea, probabilmente il governo di Tripoli non esisterebbe nemmeno”, ci racconta il ragazzo di Sebha.
Grazie ai soldi che riceve dal governo italiano e dall’Ue, il governo di Tripoli è in grado di pagare alcune milizie in cambio della loro lealtà. Tuttavia, il governo non ha un vero e proprio esercito e non riesce a controllare le rotte dei trafficanti che si trovano nell’ovest del Paese.
Nell’est della Libia, invece, il traffico di persone è quasi inesistente perché il generale Haftar controlla militarmente e col pugno di ferro i territori in suo possesso. “Haftar ha già detto ai migranti che devono andare via dalla Libia: userà misure drastiche per fermare il traffico di persone”, ci dice il ganese Simpson.
Il generale libico punta a controllare più zone nel sud della Libia, proprio dove il traffico inizia. Ma è difficile che riesca a conquistare la lealtà delle tribù che governano l’area del Fezzan.
“Le tribù sono leali solamente a loro stesse”, ci dice Jamal. In più, grazie ai confini aperti, in Libia sono entrati molti mercenari del Ciad che ora stanno prendendo il sopravvento in alcune tribù, specialmente in quella Tebu.
La soluzione, secondo diversi libici, sarebbe quella di collaborare con i municipi libici nell’area del sud del Fezzan affinché abbiano più risorse per fermare il fenomeno migratorio.
L’accordo tra il governo italiano e quello di Tripoli dello scorso agosto è servito a tamponare i migranti via mare, ma non quelli che arrivano in Libia. “L’accordo tra il governo di Tripoli e quello italiano per fermare gli sbarchi è stato fatto in maniera davvero poco professionale – dice Adel. Il problema risiede nel controllo dei confini tra la Libia e i Paesi africani dove i migranti entrano, non fermarli sulle coste”.
La soluzione sta quindi nel controllare i confini libici. Questo perché, una volta che i trafficanti entrano in Libia, dove regna il caos, hanno il via libera per spostarsi a proprio piacimento.
In questo si inserisce la missione italiana in Niger, ora arenata. Secondo Adel, la Francia si è opposta all’iniziativa perché vuole mantenere il controllo territoriale nel Paese. Ma non solo. Le truppe francesi, secondo il ragazzo libico, lasciano operare liberamente i trafficanti sul confine con la Libia.
“Alla Francia non interessa controllare questa crisi migratoria perché non è lei a pagarne direttamente le conseguenze, motivo per cui i militari francesi spesso lasciano passare camion pieni di migranti senza controlli sul confine libico”. La Libia continua ad essere un Paese di transito per i trafficanti, e i libici stessi sembrano ormai averne abbastanza.
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