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venerdì 8 giugno 2018

L’impossibilità dell’intercomunione

INTERCOMUNIONE: PERCHÉ NON SI PUÒ, PER AMORE. UN TESTO DEL PROF. KOPIEC PER STILUM CURIAE

 

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, oggi vi offriamo un articolo che il professor Kopiec ha gentilmente accettato di scrivere per Stilum Curiae in tema di intercomunione. Sono di questi giorni le notizie sulla lettera che il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ladaria, ha inviato ai vescovi tedeschi, a nome del Pontefice regnante, chiedendo loro di non pubblicare il documento in cui si consentiva di dare l’eucarestia ai coniugi non cattolici nelle coppie miste. Quindi il testo di padre Kopiec assume un valore informativo particolare.
Maksym Adam Kopiec è un sacerdote polacco dell’Ordine dei Frati Minori francescani, nato in Polonia nel 1971. È docente alla Pontificia Università Antonianum a Roma. Tra le sue pubblicazioni: “Il Logos della fede. Tra ragione, rivelazione e linguaggio” (Roma 2014); “Francescanesimo e contemporaneità” (co-editore, Roma 2014); “L’evangelizzazione nel recente magistero dei papi” (Terni 2016); “Cristianesimo e religioni. Verso un inclusivismo cristologico-trinitario” (Roma 2016); “In principio era il Verbo… Commento pastorale e spirituale – Anno A” (Terni 2016); “Umanesimi laici e Cristianesimo umanistico. La missione profetica, apologetica e dialogica della teologia” (Roma 2017); “E il Verbo era Dio… Commento pastorale e spirituale – Anno B” (Terni 2017).

Tra i vari dibattiti che infiammano la Chiesa Cattolica ai nostri giorni, ce n’è uno di primaria importanza sul tema dell’intercomunione. In particolare, la domanda se sia lecito ad un protestante accostarsi alla Comunione Eucaristica avendo partecipato alla Santa Messa con il proprio coniuge cattolico, si è imposta in maniera eclatante tra i vescovi tedeschi. Questi ultimi si sono divisi tra il sì e il no ed hanno chiamato in causa il santo padre Francesco, il quale non ha dato una risposta esaustiva, ma li ha invitati a trovare un accordo. Ci sembra importante, quindi, riprendere il discorso sulla Santa Comunione, perché si capisca bene che il fronte del “no”, non è un muro verso i protestanti, una mancanza di volontà di colloquiare con loro, di addivenire ad una nuova, auspicata unione. Il “no” in questo caso, deriva dal valore, dal senso che ha per i Cattolici la Santa Comunione e che non è condiviso dalla chiesa protestante. Non si tratta di una piccola, superficiale divergenza, ma di qualcosa che, se modificato, metterebbe in discussione le fondamenta, l’esistenza, la natura stessa della Chiesa. Questa voce non porta una particolare novità riguardo al tema dell’intercomunione, ma cerca di sistemare alcuni punti fermi riguardanti questa problematica richiamandosi ai numerosi interventi già compiuti da parte dei cardinali, vescovi, teologi e del popolo della Chiesa.

  1. San Giovanni Paolo II nella sua ultima enciclica, Ecclesia de Eucarestia, ha lasciato alla Chiesa quasi il suo testamento. Ha sottolineato il più stretto (intrinseco e inseparabile) legame tra la Chiesa e l’Eucaristia, anzi si tratta di unione: non esiste la Chiesa senza l’Eucaristia, e non è possibile celebrare e attuare efficacemente il sacrificio della redenzione – la morte e la risurrezione di Cristo, l’effusione dello Spirito Santo e il cammino escatologico della Chiesa – se non nella celebrazione vissuta nella e con la Chiesa di Cristo. Nell’Eucaristia in modo più alto si attua e manifesta la Chiesa cattolica come realtà sacramentale, cioè segno e strumento della salvezza universale. La concezione sacramentale della Chiesa ci dice che proprio essa è il Corpo mistico di Cristo. A tal punto viene la domanda: come è possibile ricevere nella Santa Comunione il Corpo eucaristico di Cristo, se uno non appartiene pienamente alla Chiesa, il Corpo mistico di Cristo costituito tale, proprio in forza dell’Eucarestia?

  1. Ora nel protestantesimo quale è la concezione della Chiesa? E quale è la comprensione dell’Eucarestia? Probabilmente né l’una né l’altra possiede per loro la natura sacramentale (Arcivescovo Chaput). Loro dunque sono da definire come comunità dei credenti uniti dal battesimo e dalle stesse convinzioni. Diciamo “convinzioni” perché la dottrina nella materia di fede e di costumi è soggetta all’interpretazione personale e individuale, perfino i testi della Scrittura. Anzi i dati storici non vanno mai persi (lo scisma) per poter parlare di qualsiasi comunione tra il cattolicesimo e il luteranesimo come contestazione della Chiesa nella sua natura appunto sacramentale, unica e universale.

  1. La Santa Comunione nel caso dei coniugi è espressione e attuazione dell’amore coniugale e del rapporto sponsale tra Cristo e la Sua Sposa Chiesa. Con l’accesso alla S. Comunione loro partecipano in questo vincolo d’amore indissolubile che si compie con il sacrificio di Cristo per la Sua Chiesa e lo realizza nella e con la Chiesa. Ora come i coniugi senza entrare in questa relazione tra Cristo Sposo e la Sua Sposa, attraverso il sacramento del matrimonio indissolubile, possono partecipare e vivere la relazione sponsale Cristo-Chiesa, essendone anche una autentica, coerente fedele espressione e testimonianza?

  1. Con un eventuale primo passo che ammetterebbe l’intercomunione, si apriranno inevitabilmente le altre porte per accedere alla Santa Comunione: perché non i cattolici risposati? Perché i non cristiani, che in quel momento confessano la fede cattolica e credono insieme ad Essa nell’Eucarestia? Dall’altra parte, tale fede vale solo in quel momento o dovrebbe essere stabile? Se è momentanea, allora è una fede finta. Non risulta quindi più sensato, ragionevole e autenticamente ecclesiale entrare pienamente in comunione con la Chiesa cattolica, una volta per tutte?

  1. Inoltre, con l’Eucaristia è intrinsecamente unito il sacramento dell’ordine. Con quale comprensione dell’ordinazione e del sacerdozio i protestanti si potrebbero avvicinare alla Santa Comunione non percependo nel sacerdote la presenza di Cristo realmente operante in persona del sacerdote? Chi è per loro il sacerdote cattolico? Si rende dunque, evidente la differenza dei responsabili o delle autorità religiose nella chiesa luterana e il sacerdozio sacramentale cattolico che sul piano ontologico distingue gli uni dagli altri, anche se non pochi della comunità protestante possono essere moralmente più nobili, apprezzati, intelligenti e religiosi rispetto alla persona che ha assunto il sacerdozio sacramentale nella, dalla e per la Chiesa di Cristo, e che è ministro dell’Eucarestia.

  1. Sembra che il passo dei vescovi tedeschi verso l’intercomunione faccia parte di una lunga strategia tanto della protestantizzazione della Chiesa cattolica e quindi un altro tentativo, dopo quello di “canonizzare” Lutero nel 500^ della Riforma, quanto della sociologizzazione della Chiesa con l’elogio di K. Marx nel 200^ della nascita. Questo risulta probabilmente da una forte e profonda perdita dell’identità religiosa e storica all’interno della Chiesa cattolica in Germania. Il vero, autentico, fruttuoso e onesto dialogo non si svolge attraverso i compromessi o i falsi irenismi, ma solo a partire dalla profonda identità della cattolicità a tutti i titoli. Ora si può solo presumere e fare le congetture sui motivi per cui la Chiesa in Germania ci tiene così tanto a questa unità sia con la Chiesa protestante che con la società materialista, con cui forse siamo più distanti che uniti. Comunque quanto ai propugnatori, volens nolens, si impone la domanda pratica: per quale ragione sinceramente ed autenticamente tendono a far entrare l’intercomunione nella prassi della Chiesa, trattandosi di una prassi che sconvolge la verità della fede, dato che l’Eucarestia è la forma più alta della professione di fede? È davvero poco convincente la spiegazione secondo cui si è preoccupati per l’unità della Chiesa o per la salvezza altrui oppure per l’evangelizzazione degli altri, poiché non è l’intercomunione la strada giusta per raggiungere questi obiettivi.
  2. Non sembra, per ora, molto evidente il tentativo o l’insistenza da parte dei responsabili e rappresentanti della Chiesa protestante che la Chiesa Romana faccia questo passo verso di loro. Allora i vescovi tedeschi si fanno a questo punto gli ambasciatori o i portavoce della Chiesa protestante? Perché l’iniziativa non era ancora partita evidentemente ed esplicitamente da parte dei capi delle comunità luterane?
  3. Emerge ancora un altro interrogativo: come i vescovi tedeschi e i loro sostenitori pensano di superare questi punti fermi sull’Eucarestia, in modo da poter spalancare una strada verso l’intercomunione? Finora la loro questione dell’intercomunione riguarderebbe “alcuni casi”, ma in questi casi ciò che si rende più che palese e ormai monotono è il linguaggio: “discernimento, accompagnamento, foro interno, più unità che diversità” ecc.
  4. È ovvio e qui non c’è alcuna novità se sentiamo le voci, anche da parte del Magistero, che la Santa Comunione non è un premio ma la medicina o il rimedio spirituale. Tuttavia non è l’unica medicina. E come ogni medicina viene applicata ad una data malattia, tanto che alcune medicine possono anche ulteriormente danneggiare la salute, così l’Eucarestia serve a chi nella sua sofferenza, ricevendo la Santa Comunione viene guarito. Come dice san Paolo, ad alcuni mangiare il pane del Signore e bere il suo Sangue può provocare anche il peggioramento, la condanna.
  5. Per questo, anche i luterani e i membri delle altre confessioni cristiane o perfino appartenenti alle altre tradizioni religiose, pur senza ricevere la Santa Comunione e la grazia sacramentale, non sono esclusi dagli altri mezzi di salvezza e dalla grazia salvifica, che non arriva a loro senza Cristo e senza la mediazione ecclesiale (Redemptoris missio55)
  6. Il punto più delicato, ma espresso con tutto lo spirito filiale, come in precedenza, si riferisce al Santo Padre. È ecclesialmente, dottrinalmente e pastoralmente incomprensibile, come mai il papa ha lasciato cercare e trovare la soluzione del problema che di natura entra nel depositum fidei della Chiesa all’unanimità dei vescovi di una Conferenza? È evidente che in questo caso la risposta e il chiarimento compete a lui… La missione e la vocazione del Successore di Pietro nei casi che riguardano la fede della Chiesa universale non può essere spiazzata dalla voce “democratica” del parlamento vescovile tedesco. A meno che questa mossa del santo Padre non entri nella tanto amata da lui riforma orientata al decentramento del ministero petrino. Il problema però si rende un po’ complicato, se ci si accorge di avere a che fare con le questioni dottrinali (non intese come “verità astratte a cui sono fissati i tradizionalisti”, ma come divinamente rivelate). Il decentramento non abbraccia la dottrina, e neanche la struttura che è gerarchica e non democratica. Il decentramento è auspicabile soprattutto nella vita ecclesiale: il tempoe l’ascoltodato ai vescovi, al popolo, le risposte chiare date alle loro domande e perplessità, prendere in considerazione le proposte delle nomine delle conferenze dei vescovi e del popolo, il dialogopaterno e coraggioso con chi la pensa diversamente lì dove c’è lo spazio per la diversità delle posizioni, ad esempio nelle questioni organizzative, amministrative, pastorali; in altre parole tutto ciò che esprime la sinodalità tanto affettiva quanto effettiva, d’altronde legate tra di loro. Concludendo, concedere alla Conferenza di un paese di decidere sull’intercomunione assolutamente non entra nella sinodalità che non le compete e non è per nulla cattolico. L’impossibilità dell’intercomunione è radicata nella sacramentalità della Chiesa cattolica intesa come Corpo di Cristo e “luogo” dove Dio si fa e si sacrifica nel Corpo eucaristico.


Marco Tosatti
8 giugno 2018 Pubblicato da  19 Commenti --

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