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Il parroco con il velo
Succede in Germania, dove don Wolfgang Sedlmeier, sessant’anni, parroco della chiesa di Nostra Signora di Aalen (Baden-Württemberg) ha avuto l’idea di indossare una sorta di hijab subito dopo aver tenuto l’omelia per la santa messa nel giorno di Pentecoste.
Motivo? Protestare contro le affermazioni di Alice Weidel, leader del partito nazionalista Alternativa per la Germania, secondo la quale «i burqa, le ragazze con il velo e gli uomini armati di coltelli tradizionali che vivono di sussidi statali non assicureranno la nostra prosperità né la nostra crescita economica, e ancor meno la sopravvivenza del nostro stato sociale».
La Weidel sulla questione dell’identità nazionale e dei rapporti Islam non ci va mai tenera. Più volte in parlamento ha protestato contro le spese sostenute dalla Germania per l’Unione europea, la perdita di sovranità, l’apertura sconsiderata ai migranti e la mancata difesa della famiglia. In particolare, nel discorso che ha poi determinato la protesta di don Wolfgang, la rappresentante dell’AfD, rivolta ai governanti, ha detto: «La Germania da molto tempo è diventata un paese di immigrazione di mass per chi non ha alcun tipo di specializzazione, e di emigrazione per i cittadini qualificati. Cosa fate per arginare questi fenomeni? Chi dovrebbe pagare le pensioni statali in futuro? Chi le sta pagando ora? Il popolo tedesco sembra essere completamente irrilevante per voi. Vi limitate soltanto a osservare il crollo verticale della nostra nazione e talvolta abbiamo l’impressione che addirittura questa caduta vi rallegri! Ma probabilmente questo corrisponde alla vostra morale e ai vostri valori etici. La prosperità può essere assicurata solo se investiamo nella sicurezza dei nostri confini e nelle nostre generazioni future».
Si tratta, ha commentato don Wolfgang, di «osservazioni offensive che vanno contro la dignità umana e lo spirito della pentecoste». Di qui la decisione di indossare il velo islamico, in segno di solidarietà con i migranti e di protesta contro Alice Weidel.
«Condividiamo la critica al pensiero di Alice Weidel, ma siamo in disaccordo con le modalità della protesta», ha detto monsignor Gebhard Furst, vescovo di Rottenburg-Stoccarda, il quale tuttavia ha deciso di non prendere provvedimenti canonici contro il parroco visto che il velo, ha spiegato, è stato indossato non durante l’omelia, come era stato riferito in un primo tempo, ma subito dopo, e solo per alcuni istanti.
Bisogna dire che don Wolfgang, stando alle foto, più che da un velo islamico sembra avvolto da una specie di tovaglia che lo rende simile a una brutta imitazione della befana, ma forse non è il caso di sottilizzare. Ciò che conta è l’idea. La quale è stata salutata con soddisfazione dalla comunità islamica di Aalen, che ha ringraziato apertamente il parroco per il suo gesto coraggioso.
Pare che un applauso sia partito spontaneamente anche dai fedeli presenti alla messa, ma non dello stesso tenore sono stati i commenti arrivati per posta elettronica all’indirizzo della parrocchia.
Più di trecento mail hanno subissato don Wolfgang di critiche. Qualcuno gli ha dato dell’ubriaco, qualcun altro ha commentato che è ormai impossibile nutrire fiducia in una Chiesa rappresentata da simili pastori e altri ancora hanno detto che è un controsenso indossare in segno di solidarietà un simbolo, il velo, che rappresenta la sharia, ovvero un sistema normativo che spesso è usato contro i non islamici e in particolare contro i cristiani.
«Questi sono i risultati della politicizzazione della Chiesa», ha scritto un commentatore. Poi c’è chi ha dato a don Wolfgang del pagliaccio, chi ha detto che forse si tratta di preparativi in vista del carnevale e chi ha osservato che nelle foto, avvolto nel velo, il parroco sembra una nonnina.
«Per decenni – osserva un parrocchiano secondo il quale è assurdo usare il velo come simbolo in una battaglia per la tolleranza– gli immigrati musulmani immigrati in Germania legalmente non hanno indossato il velo, almeno in pubblico. Oppure lo facevano solo alcuni vecchi. Soltanto da quando in tutto il mondo è iniziato l’omicidio di massa in nome di Allah un numero sempre maggiore di giovani donne musulmane indossano il velo in pubblico. Vogliono dimostrare così che non intendono integrarsi nella nostra civiltà ebraico-cristiana. Sono loro a dividere la nostra società, non gli altri tedeschi».
Ed ecco altri commenti.
«A un ballo in maschera questo furfante vincerebbe il primo premio».
«Non c’è da stupirsi. Questi sono i risultati a partire da Nostra aetate [la dichiarazione del Concilio Vaticano II sui rapporti tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane, ndr].
«Il Signore non gli ha dato un cervello, altrimenti [il parroco] si sarebbe astenuto da tali esternazioni. Questo prete non ha ben chiaro a quale medioevo torneremo a mano a mano che l’islamizzazione progredirà fino a prendere il sopravvento».
«Il cervello di questo cosiddetto ecclesiastico sta in una parte del suo corpo che non si può nominare in presenza di signore».
Né potevano mancare i commenti che fanno riferimento al fatto che in Germania per aderire a una Chiesa occorre pagare una tassa, questione sempre molto dibattuta da quelle parti. «Signor parroco, come puoi renderti così ridicolo? Quando la Chiesa è così politicizzata, esattamente come l’Islam politico, non è più una religione, ma un’ideologia. Quando la Chiesa cattolica smette di proclamare il Vangelo è un guscio vuoto. Non è altro che un’associazione che chiede contributi (tassa di culto) e finge di essere ciò che non è».
«Quando le due grandi potenze, cioè le due grandi Chiese, quella cattolica e quella protestante, temono per il loro beneficio, ovvero per i 22 miliardi di euro che incassano ogni anno, si mettono dalla parte dei musulmani per averli come alleati nella difesa della sinecura».
«Un cristiano che sostiene la caduta della propria Chiesa non può essere normale. Ricordi che il suo stipendio è pagato dallo Stato, cioè da noi, non dalla Chiesa».
Ecco qua. Forse l’abito non fa il monaco. Ma il velo, a quanto pare, sì.
Aldo Maria Valli
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