ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 24 luglio 2018

Il tempo non porta sempre buoni consigli

Le capriole storiche e dottrinali di certi ex lefebvriani   


Le Barroux, 1970L'abate Dom Gérard Calvet
Mons. Marcel Lefebvre - Fondatore della Fraternità San Pio X
Mons. Guérard des Lauriers - Autore della tesi sedevacantista di Cassiciacum


Su segnalazione di un caro amico siamo andati a leggere un curioso articolo della dott.ssa Luisella Scrosati; curioso perché ci ha riportato in mente l’ardore “lefebvriano” della giovane Luisella, quasi stabilmente presente nei Priorati della Fraternità San Pio X e nelle case delle suore della Fraternità, dove Luisella insegnava ai ragazzi che non c’era di meglio che rimanere fuori dalla Chiesa ufficiale e legarsi in toto alla Fraternità, fino a diventarne sacerdoti o suore.
In questo articolo del giugno scorso, pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana, ritroviamo una Luisella – più matura – che introduce il suo scritto con l’espressione “scisma lacerante”, riferito alle consacrazioni episcopali effettuate da Mons. Lefebvre nel 1988.
Evidentemente il tempo non porta sempre buoni consigli.

L’articolo tratta in particolare dei rapporti fra Mons. Lefebvre e Dom Gérard Calvet, fondatore e abate del monastero francese, benedettino, di Le Barroux; ed è composto sulla chiave un po’ inedita di un Mons. Lefebvre che avrebbe sbagliato e di un Dom Gérard che avrebbe sempre visto giusto. Chiave inedita perché si potrà essere in disaccordo – col senno del poi - con la coerenza di Mons. Lefebvre, ma certo non si può avallare l’incoerenza e l’equivocità delle posizioni tenute da Dom Gérard nel corso della direzione del monastero “tradizionale” di Le Barroux.

La Scrosati si aggancia alla recente biografia di Dom Gérard Calvet scritta da Yves Chiron col titolo “Tourné vers le Seigneur”. Non staremo qui a considerare le interessate e in parte inesatte considerazioni presentate da Chiron, per le quali rimandiamo all’articolo scritto in proposito da Don Jean-Michel Gleize con molta più competenza e opportunamente intitolato “Tourné vers le Concile”. Ci limitiamo a considerare l’auto-revisionismo della Scrosati che ha inteso “ripercorrere le vicende che portarono alle consacrazioni del 1988”.

Secondo lei, Dom Gérard, avrebbe da sempre accettato la validità, la legittimità e il carattere non eretico del Novus Ordo Missae, promulgato da Paolo VI; di contro alla Fraternità per la quale il Novus Ordo era “ambiguo, imbevuto di uno spirito eterodosso e protestantizzante; è un vero pericolo per la fede cattolica, e ciò non solamente nella sua direzione evolutiva e negli abusi, ma in se stesso”.
In bocca alla Scrosati, il distinguo è sorprendente, sia perché qualche anno fa il suo linguaggio esprimeva un convincimento alquanto diverso, sia e soprattutto perché si tratta di una colossale inesattezza, per non dire bugia, dato che Dom Gérard, non solo non accettava il Novus Ordo, ma non accettava neanche l’intera liturgia riformata, dal momento che faceva ordinare sacerdoti i suoi monaci da quello stesso Mons. Lefebvre col quale, secondo la Scrosati, sarebbe stato in disaccordo.
Qui ci troviamo al cospetto di una deviata e deviante riscrittura della storia, a seconda della convenienza del momento.

Con queste premesse, la Scrosati introduce il punto chiave del suo articolo: nel 1988 Mons. Lefebvre consumò uno scisma. E ancora sorprende il ricordo della Luisella – preparata e istruita a sufficienza – che militava in una congregazione “scismatica” e scientemente incitava allo “scisma” gli amici, i conoscenti e i giovani che catechizzava.
Intendiamoci, è possibile che si possa cambiare idea, ma è inammissibile che ci si possa convincere – col tempo – che ciò che prima era bianco poi sia nero. Questo non significa cambiare idea, significa che: o non si era capito niente prima o non si capisce niente adesso.
Tale controversa condizione di spirito trova una riprova laddove la Scrosati ricorda che il 21 novembre 1974, Mons. Lefebvre “pronunciò una dichiarazione storica, nella quale espose la sua ferma intenzione di proseguire la formazione di futuri sacerdoti, secondo lo spirito di Ecône”.
Ora, che Mons. Lefebvre pronunciò una dichiarazione nella quale ribadiva la sua intenzione di proseguire l’opera della Chiesa di sempre, formando e ordinando sacerdoti come la Chiesa aveva fatto per due millenni, è un fatto; ma che esistesse uno “spirito di Ecône” secondo il quale Mons. Lefebvre formava dei nuovi sacerdoti, è una pura fantasia della pur un tempo preparata Luisella Scrosati.
Evidentemente, con la maturazione intellettuale, la Scrosati ha avuto modo di scoprire “spiriti” e folletti che un tempo non riusciva a vedere.

Ricordando l’iter che portò alle consacrazioni episcopali del 1988, la nostra Luisella non si accorge di incorrere in una contraddizione, scusata in parte solo dal fatto che la addebita a Dom Gérard: il quale fu prima favorevole a tale passo, perché riteneva che Mons. Lefebvre lo avrebbe fatto solo “sotto una profonda mozione dello Spirito Santo” – dice la Scrosati – e poi, dopo che Papa Wojtyla tirò fuori la scomunica, ecco che anche Dom Gérard si accodò parlando di atto scismatico.
Se la Scrosati si fosse accorta di incongruenze e di contraddizioni come questa, forse non avrebbe scritto l’articolo in questione; ma evidentemente, come i neoconvertiti si dimostrano tra i più intransigenti, così i pentiti perdono spesso di vista un minimo di coerenza.
Dom Gérard sapeva fin dall’inizio che Mons. Lefebvre sarebbe incorso nella scomunica, esattamente come ne aveva piena coscienza lo stesso Mons. Lefebvre; ma mentre quest’ultimo accettò il pesante onere per il bene della Chiesa, Dom Gérard preferì la benevolenza del Card. Ratzinger e del Papa per il bene di se stesso.
Questo era quello che la Luisella spiegava un tempo agli amici e ai conoscenti, ma evidentemente oggi, mutati gli amici e i conoscenti, ha mutato anche i vecchi convincimenti.

Vecchi convincimenti che non la facevano minimamente vacillare nel militare in una Congregazione che ella oggi ritiene scismatica e che, secondo lei, avrebbe dovuto spingere Mons. Lefebvre “a non procedere a delle ordinazioni episcopali senza mandato apostolico”.
La verità è che Mons. Lefebvre non intendeva affatto consumare uno scisma, né lo consumò, piuttosto si trovò nella necessità di dover assicurare la continuità della sua opera della Chiesa – perché questa era e continua ad essere la Fraternità San Pio X – anche a costo di morire scomunicato, come avvenne.
Ma cos’è la scomunica se non l’allontanamento dalla comunità ecclesiale della Chiesa?
E chi allora, e ancor più oggi, si è allontanato dalla Chiesa se non la gerarchia vaticana? La stessa che pretese di scomunicare Mons. Lefebvre?
Ecco perché l’atto scismatico non fu consumato da Mons. Lefebvre, ma era già stato consumato dai Papi che avevano abbandonato la Chiesa di sempre e, col Vaticano II e gli atti conseguenti, si erano inventati una nuova Chiesa centrata non più su Dio, ma sull’uomo.
La Scrosati queste cose le sapeva, ma oggi sembra essersene dimenticata, forse perché resistere all’errore e perseverare nella verità a volte si dimostra fatica immane e insopportabile.

E’ questa stanchezza che porta Luisella a commettere un altro errore: “Nel frattempo Roma rispondeva di voler accelerare le nomine dei futuri vescovi, di modo che le consacrazioni potessero essere fatte entro il 15 agosto dell’anno in corso, forse per assecondare la sincera percezione di mons. Lefebvre di non essere lontano dal redde rationem (morirà infatti nel 1991)”.
Questa, la Luisella l’ha proprio tirata fuori dal cilindro; eppure è lei stessa che riferisce che Mons. Lefebvre aveva chiesto che la consacrazione si potesse svolgere il 30 giugno seguente.
Roma non accelerò, ma differì sine die e per complicare le cose impose perfino la scelta dei vescovi da consacrare. Sia la Scrosati, sia Yves Chiron, da cui la prima dice di aver attinto le informazioni, fanno apposta a dimenticare che il Card. Ratzinger e il Papa cercavano di postergare la promessa consacrazione proprio in vista del fatto che Mons. Lefebvre non è era in buona salute e sarebbe potuto crollare da un momento all’altro… e allora addio consacrazione… e addio Fraternità.
Meno male che Mons. Lefebvre, lui sì, accelerò la consacrazione, e così la Scrosati ebbe modo – un po’ di anni dopo - di abbeverarsi alla prospera Fraternità con i suoi Priorati e le sue case per suore.

A proposito di Dom Gérard, la Scrosati riferisce che il 26 giugno, quattro giorni prima delle consacrazioni egli mandò a Ecône Dom Basile per spiegare che la comunità monastica non “avrebbe accettato le consacrazioni ed anche per mostrare come l’affermazione del concilio Vaticano II sulla libertà religiosa, uno dei punti di rottura tra Lefebvre e Roma, non doveva essere considerata come un diritto all’errore”.

Nella vita si incappa spesso negli imprevisti e quando si scrive a volte la penna va più veloce del pensiero. Questo monaco di Le Barroux, Don Basile Valuet, è lo stesso che ha scritto 800 pagine per dimostrare che la libertà religiosa non sarebbe eterodossa… ora, com’è possibile pensare che costui avrebbe potuto riassumere in qualche ora la sua iperbolica tesi, così da convincere Mons. Lefebvre a non procedere alle consacrazioni?
Chi scrive tali cose: o intende dare dell’incapace a Mons. Lefebvre o intende dare dell’imbecille al lettore.
“Ma il colloquio, durato cinque ore, non sortì alcun effetto” – scrive la Scrosati.
E come poteva? - ammesso che la cosa sia vera -, visto che a Dom Basile sarebbero stati necessari alcuni mesi per presentare le ragioni della sua tesi sulla libertà religiosa?
Basti pensare che ancora oggi, a vent’anni di distanza e di esami, quella tesi non è condivisa da alcuno… tranne che dagli attuali amici di Luisella… più che conservatori, fideiussori del male che affligge la Chiesa cattolica da cinquant’anni.

Per concludere il suo articolo, la Scrosati riferisce che Dom Gérard, presente alle consacrazioni – che tuttavia disapprovava – si allontanò a metà cerimonia: “nel bel mezzo del sermone di Lefebvre, precisamente nel punto in cui il vescovo francese richiamò il messaggio delle apparizione della SS. Vergine a Quito, nelle quali si annunciava una grande apostasia che avrebbe travolto la Chiesa nel XIX e gran parte del XX secolo”; e si allontanò confidando all’amico Laurent Meunier: “La commedia è durata abbastanza, questo comizio, questi applausi, non abbiamo più nulla da fare qui, noi rientriamo”.

rNel riportare queste notizie, la Scrosati confessa implicitamente di condividere i giudizi espressi e di farli suoi. Ebbene, la Santa Vergine ha annunciato più volte che la Chiesa avrebbe attraversato un periodo in cui si sarebbe diffusa l’apostasia ad opera della gerarchia al potere, e Mons. Lefebvre, nella sua omelia per le consacrazioni del 1988,  non fece altro che ricordare questa profezia del Cielo.

Se la Scrosati e Dom Gérard hanno da ridire sulla questione, è segno che ritengono inattendibili gli avvertimenti della Madonna, non tanto per sfiducia nella Madonna stessa, quanto per la fiducia che nutrono in sé stessi: niente apostasia, niente Chiesa allo sfascio, … era Mons. Lefebvre che esagerava e che recitava la “commedia”, suscitando fragorosi “applausi” fra gli sprovveduti fedeli accorsi a migliaia ad Ecône per assistere allo “spettacolo”. Commedia e applausi che trent’anni fa indignarono Dom Gérard e che oggi indignano – tardivamente – Luisella Scrosati, illuminata com’è dalle luci abbaglianti della neo-Chiesa bergogliana.

Il vecchio proverbio dice: chi si accontenta gode. Ma attenzione, perché il godimento di chi si accontenta della falsità dell’errore e si industria per propagarla, alla fine lascia l’amaro in bocca e porta ad una sorta di masochismo che distrugge sia la mente sia il corpo.

di Giovanni Servodio
Rivolto al Concilio

di Don Jean-Michel Gleize, FSSPX

Pubblicato sul Courrier de Rome, n° 609, aprile 2018

Traduzione tratta dal sito della Fraternità in Italia







1. Dom Gérard, fondatore e abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, ha lasciato questo mondo dieci anni fa, il 28 febbraio 2008. Ed ecco che Yves Chiron ne pubblica la prima biografia, sottotitolata «Rivolto al Signore». Derogando alla sua ordinaria riservatezza, lo storico emette in questa occasione, e a più riprese, dei gravi giudizi (1) sulla portata dell’atto delle consacrazioni episcopali, compiute da Mons. Lefebvre il 30 giugno 1988. Yves Chiron vi vede «uno scisma». Di tale scisma, afferma, Dom Gérard non comprese subito la gravità (2). Fu solo il 18 agosto successivo, con una «Dichiarazione» pubblicata nel giornale Présent, che Le Barroux cominciò a prendere ufficialmente le distanze da Écône (3). Questo allontanamento doveva accentuarsi molto rapidamente e condusse Dom Gérard ad adottare un atteggiamento diverso rispetto alle novità introdotte nella Chiesa dall’ultimo Concilio. A tal punto che accettò di concelebrare, almeno in due occasioni (4), il santo Sacrificio della Messa secondo il Novus Ordo Missæ, un nuovo rito del quale i cardinali Ottaviani e Bacci poterono affermare che «si allontana in maniera impressionante, nell’insieme come nel dettaglio» (5) dalla definizione cattolica di Messa, fissata una volta per tutte dal Concilio di Trento.


2. Sia detto incidentalmente, lo scisma è, anch’esso, un «allontanamento», proprio come l’eresia. Quali ne sono i termini? Chi si allontana da chi? La vecchia Messa dalla nuova? La nuova dalla vecchia? … Lo sguardo dello storico qui dovrebbe trovare i propri limiti – insieme alle ragioni della propria modestia. Da parte sua, uno dei testimoni della prima ora della battaglia della Tradizione, don Paul Aulagnier, qualifica come «molto severo» il libro di Yves Chiron, a causa di questi giudizi, che si ripetono «non una volta en passant, ma mille volte», ricorrendo in modo «lancinante e fastidioso» (6).
Ma chiudiamo qui la parentesi.


3. Cosa lascia dietro di sé Dom Gérard? Sicuramente una profonda e vasta influenza, esercitata da vivo sia con la parola che con gli scritti e che perdura ancora attraverso l’opera del suo monastero. Ma questa influenza ha operato, sotto tutti gli aspetti, il vero bene delle anime? Un fatto rimarrà per sempre innegabile agli occhi della Storia: fin da quando Dom Gèrard era ancora vivo, Le Barroux è stato un difensore del Concilio Vaticano II. Dom Gèrard lascia dietro di sé dei discepoli e questi discepoli sono divenuti i teologi e gli apologeti della libertà religiosa. Il principale tra loro, Padre Basilio Valuet, nel 1998 pubblicò una summa in sei volumi sull’argomento: La libertà religiosa e la Tradizione cattolica. Un caso di sviluppo dottrinale omogeneo nel Magistero autentico  (7). Nella biografia del fondatore della Fraternità San Pio X, Mons. Tissier de Mallerais evoca «l’ossessione della comunione ecclesiale e benedettina» che finirà con il «consumare poco a poco la capacità di resistenza» di Le Barroux (8). Capacità di resistere agli errori del Concilio. E di conseguenza anche alle riforme deleterie della nuova liturgia. Mons. Lefebvre aveva d’altra parte indicato questa insufficienza fatale, fin dall’indomani delle consacrazioni. «Dom Gérard», notava allora, «finora ha visto solo la liturgia e la vita monastica. Non vede chiaramente i problemi teologici del Concilio, della libertà religiosa. Non vede la malizia degli errori. Non si è mai preoccupato troppo di questo. Quello che lo interessava era la riforma liturgica, la riforma dei monasteri benedettini […] Non ha considerato abbastanza che quelle riforme che lo avevano portato a lasciare il suo monastero erano le conseguenze degli errori che si trovano nel Concilio» (9).

4. Infatti c’è un legame molto stretto tra la liturgia e la professione di fede. Dal giorno in cui perse di vista la malizia di fondo degli errori del Concilio, Dom Gérard s’impegnò sulla via che lo avrebbe portato presto o tardi a trascurare la pericolosità altrettanto profonda, per il suo stesso monastero, della nuova liturgia. Don Paul Aulagnier lo sottolinea con ragione: «Non è forse una modifica fondamentale della vita del monastero lasciarvi celebrare la nuova Messa (10)?». Per porre nella giusta prospettiva la biografia di Yves Chiron, con l’omaggio di cui è espressione, rileggiamo anche, senza cambiare una sola riga, a venticinque anni di distanza, l’Editoriale firmato dallo stesso don Paul Aulagnier, allora Superiore del Distretto di Francia della Fraternità San Pio X: «Non era forse sotto la vostra responsabilità di padre, AbbasPater», scrive rivolgendosi a Dom Gérard, di lasciare piuttosto ai vostri monaci «un esempio di fermezza, di perseveranza, di fedeltà» (11)?


5. Né la fermezza, né la perseveranza, né la fedeltà potrebbero qui essere senza fallo, perché Dom Gérard non ha visto «la malizia di questi errori», errori mortiferi del Concilio Vaticano II. «Non è un’inezia a contrapporci» diceva ancora Mons. Lefebvre parlando del Concilio. «Non basta che ci dicano: voi potete dire la vecchia Messa [è quello che afferma il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI nel 2007] ma bisogna accettare questo [questo: gli errori del Vaticano II; è quello che dice la Lettera ai vescovi di Benedetto XVI nel 2009]. No, non è questo a contrapporci. È la dottrina. È chiaro. È ciò che è grave in Dom Gérard ed è quello che lo ha perduto» (12). L’omaggio postumo richiederebbe qui un po’ di temperanza.


6. Perché questa inversione? Come è possibile che dopo aver rifiutato, nell’estate 1988, come una rottura l’insegnamento conciliare sulla libertà religiosa (13), Dom Gérard abbia finito per vedervi l’eco della Rivelazione divina? «Credo che quello che ha contribuito a perdere Dom Gérard», spiega Mons. Lefebvre, «sia la sua preoccupazione di aprirsi a tutti quelli che non sono con noi e che possono approfittare anch’essi della liturgia tradizionale. È ciò che scriveva in sostanza nella Lettera agli amici del monastero, due anni dopo il suo arrivo a Le Barroux. Noi vogliamo provare, diceva, a non avere più questo atteggiamento critico, sterile, negativo. Ci sforzeremo di aprire le porte a tutti coloro che eventualmente, pur non avendo le nostre idee, amino la liturgia per far profittare anche loro dei benefici della vita monastica. Fin da quel periodo mi ero preoccupato di quello che consideravo come un’operazione molto pericolosa. Era l’apertura della Chiesa al mondo e si è poi dovuto constatare che è stato il mondo a convertire la Chiesa. Dom Gérard si è lasciato contaminare da quest’ambiente che ha ricevuto nel suo monastero» (14). C’è una legge inscritta nel più profondo della natura umana, essendo l’uomo fatto per vivere in società. La società infatti è quell’ambiente nel quale l’uomo riceve, inevitabilmente, il proprio modo di pensare e agire, ambiente di cui può difficilmente evitare di divenire parte, ricevendo da altre parti i suoi orientamenti fondamentali.


7. Lefebvre sapeva bene di che cosa parlava, perché aveva ben riflettuto e la sua riflessione era approdata proprio a questa «Esposizione della situazione riguardante ciò che Roma chiama riconciliazione», stesa in vista della riunione tenuta a Le Pointet il 30 maggio 1988 (15). Di fronte all’eventualità di una reintegrazione canonica delle opere della Tradizione, aveva fatto la seguente constatazione: «Eravamo finora protetti in modo naturale, la selezione si faceva da sé data la necessità di una rottura con il mondo conciliare; ora, bisognerà fare dei controlli continui, difendersi senza tregua dagli ambienti romani, dagli ambienti diocesani. È per questo che vogliamo tre o quattro vescovi e la maggioranza nel consiglio romano. Ma fanno orecchie da mercante. Hanno accettato solo un vescovo e sotto minaccia continua, e hanno rimandato la data. Ritengono inconcepibile che li si tratti come un ambiente contaminato, dopo tutto quello che ci accordano. Dunque per noi si pone un problema morale. Bisogna assumersi il rischio di contatti con questi ambienti modernisti nella speranza di convertire qualche anima, di difendersi con la grazia di Dio e la virtù di prudenza e rimanere così uniti a Roma legalmente, secondo la lettera, dato che lo siamo in verità secondo lo spirito? O bisogna prima di tutto preservare la famiglia tradizionale per mantenere la sua coesione e il suo vigore nella fede e nella grazia considerando che il legame puramente formale con la Roma modernista non può essere messo a confronto con la protezione di questa famiglia che rappresenta ciò che resta della vera Chiesa cattolica? Che cos’è che Iddio, la SS.ma Trinità e la Vergine di Fatima ci chiedono come risposta a questa domanda?».


8. La storia non è mai stata scritta in anticipo e di rado si ripete allo stesso modo, tanto le circostanze possono essere mutevoli. Ma le leggi della natura umana non cambiano. Ne derivano sovente delle probabilità molto forti. Rimanere integro in un ambiente contaminato è molto spesso un’impresa votata al fallimento, un sogno impossibile. Fu il sogno di Dom Gérard, e fu pure il suo fallimento. Dopo aver dichiarato che il suo rifiuto dello «scisma» e la sua integrazione nella Confederazione benedettina non erano accompagnati «da alcuna contropartita dottrinale o liturgica» e che «nessun silenzio sarebbe stato imposto alla sua predicazione antimodernista» (16), Dom Gerard doveva dichiarare in capo a qualche anno: «Noi accettiamo tutto il magistero della Chiesa, di ieri, di oggi e di domani. Eccone la prova: abbiamo redatto e pubblicato nel 1993 l’opera Sì! il Catechismo della Chiesa cattolica ècattolico! in risposta a coloro che vi ravvisano l’esposizione della fede modernista della Chiesa conciliare (17). Se veramente rigettassimo quasi tutto il Concilio, ci saremmo presi la briga di difendere questo catechismo, sintesi magnifica di tutta la dottrina della Chiesa, includendo necessariamente il Concilio Vaticano II?» (18).

9. Dunque, «Che ne è di questa fedeltà?». È ancora don Paul Aulagnier a porre la questione. Perché i fatti sono lì. Dom Gérard non ha trasmesso fedelmente le tradizioni della sua famiglia monastica. La specificità della sua opera non fu «l’attaccamento alla dottrina monastica come l’avevano vissuta Padre Muard, Dom Romain Banquet e Madre Marie-Cronier», né «l’attaccamento alla liturgia tradizionale» (19). No, perché un tale attaccamento ha il dovere di escludere le novità contrarie alla fede e al culto della Santa Chiesa cattolica. Lontano allo stesso modo dall’adulazione e dall’animosità (20), lo storico ha il dovere di essere giusto e di rendere al Padre di Le Barroux ciò che merita. Il libro di Yves Chiron mette in evidenza gli aspetti belli e nobili della vita di Dom Gérard. Ma vi manca il grande rimprovero, che una Storia degna di tale nome non potrà ignorare a lungo: quello di avere alla fine abbassato la guardia davanti all’«Eresia del XX secolo».



NOTE

1 – Per esempio, a p. 462, a proposito del discorso pronunciato da Dom Gérard a Le Barroux, domenica 2 agosto 1987, oppure alle pp. 486-487 quando riferisce della cerimonia della consacrazione, che si svolse giovedì 30 giugno 1988 ad Écône.
2 - CHIRON scrive: «Non è sicuro che il giorno delle consacrazioni Dom Gérard avesse ancora totalmente misurato la gravità dell’atto compiuto da Mons. Lefebvre» (p. 487).
3 - CHIRON, pp. 497-502.
4 - YVES CHIRON lo testimonia, p. 575-576. Il lettore potrà riferirsi ai due articoli di Michel Beaumont pubblicati nella rivista Fideliter, «La dégringolade de Dom Gérard» (numero 107 di settembre-ottobre 1995, pp. 52-55) e «Les concélébrations de Mgr Wach etde Dom Gérard» (numero 108 di novembre-dicembre 1995, pp. 42-47).
5 - CARDINALI OTTAVIANI E BACCI, Lettera di presentazione a Paolo VI del Breveesame critico del Novus Ordo Missæhttp://www.unavox.it/doc14.htm
6 DON PAUL AULAGNIER, Recensione del libro di Yves Chiron nella Rivista Item del 28 aprile 2018. - http://www.revue-item.com/13558/sur-le-livre-dyves-chiron-sur-dom-gerard/
7 – Su tale questione, il lettore potrà riferirsi ai numeri di marzo e ottobre 2014 del Courrierde Rome. PADRE BASILIO continua la sua opera ed il risultato è stato pubblicato in questi ultimi anni presso le Edizioni Artège: Quel œcuménisme? La difficulté d’unir les chrétiens(2011); L’Eglise au dèfi des religions: évangélisationconflit ou dialogue? (2013).
8 –   BERNARD TISSIER DE MALLERAIS, Mons. Marcel Lefebvre, una vita, Tabula Fati, Chieti, 2005, p. 590.
9 – MONS. LEFEBVRE, «Porrò delle condizioni ad una eventuale ripresa dei colloqui con Roma» in Fideliter n°66 di novembre-dicembre 1988, p. 14.
10 – PADRE PAUL AULAGNIER, Recensione del libro di Yves Chiron nella Rivista Item del 28 aprile 2018. - http://www.revue-item.com/13558/sur-le-livre-dyves-chiron-sur-dom-gerard/
11 – PADRE PAUL AULAGNIER, «Colui che mi ha consegnato a te è colpevole di un peccato maggiore», Editoriale pubblicato nel numero 96 della rivista Fideliter di novembre-dicembre 1993, pp. 1-6.
12 – MONS. LEFEBVRE, «Porrò le mie condizioni ad una eventuale ripresa dei colloqui con Roma» in Fideliter n° 66 di novembre-dicembre 1988, p. 14.
13 - Cfr. CHIRON, p. 462: «La nuova dottrina consiste nel lasciare l’errore pullulare col pretesto della libertà».
14 - MONS. LEFEBVRE, «Porrò le mie condizioni ad una eventuale ripresa dei colloqui con Roma» in Fideliter, n. 66 di novembre-dicembre 1988, pp. 14-15.
15 - Cfr. Fideliter numero fuori serie 29-30 giugno 1988 e Mons. Bernard Tissier de Mallerais, Mons. Marcel Lefebvreuna vita, Tabula Fati, Chieti, 2005, pp. 630-632.
16 – Dichiarazione del 18 agosto 1988, citata da Chiron, p. 498.
17 – Allusione al numero della rivista Fideliter n° 91 di gennaio-febbraio 1993, che pubblicò i due articoli «Il Catechismo della nuova età dell’uomo», pp. 3-7, di don Michel Simoulin, allora Direttore del Seminario San Pio X di Écône e «Mons. Lefebvre giudica il NuovoCatechismo», pp. 8-12, di don Alain Lorans, allora Rettore dell’Istituto Universitario San Pio X di Parigi.
18 - «Risposta a René Rémond» apparsa in Ouest France dell’11 e 12 febbraio 1995 e riprodotta in Fideliter n° 105 di maggio-giugno 1995, p. 70.
19 - Chiron, p. 646.
20 - Chiron, p. 16.


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