ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 28 agosto 2018

American graffiati..

Viganò screditato? Ecco come lui stesso risponde


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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio negli Stati Uniti che ha rivelato di aver informato papa Francesco del caso McCarrick fin dal marzo 2013, ha rilasciato una nuova dichiarazione scritta, che respinge come false alcune ricostruzioni che ora circolano con l’obiettivo di screditarlo.


La vicenda riguarda un articolo del New York Times del 2016, nel quale si sosteneva che l’allora nunzio negli Usa annullò un’indagine sui comportamenti sessuali dell’arcivescovo John Nienstedt, poi giudicato innocente dalle autorità civili.
Il NYT sostenne che nell’aprile 2014 Viganò ordinò a due vescovi ausiliari dell’arcidiocesi di St. Paul e Minneapolis di bloccare l’inchiesta su Nienstedt e di distruggere una lettera che gli avevano scritto per protestare contro la sua decisione.
Il NYT fondò la sua ricostruzione dei fatti su un memoriale di padre Dan Griffith, delegato per la protezione dei minori nell’arcidiocesi di St. Paul e Minneapolis, secondo il quale l’ordine di Viganò fu motivato dalla decisione di coprire tutto ed evitare scandali.
Riemersa ora allo scopo di screditare l’ex nunzio e minare la sua credibilità, l’accusa ha spinto Viganò a intervenire con una dichiarazione scritta, datata 26 agosto 2018, nella quale parla di falsità contro di lui.
Nella sua dichiarazione Viganò racconta di aver incontrato Neinstedt e due vescovi ausiliari – Lee A. Piché e Andrew Cozzens – il 12 aprile 2014, nella nunziatura apostolica a Washington, per discutere delle indagini in corso sull’arcivescovo, ma padre Griffith non era presente.
Durante l’incontro gli furono sottoposte alcune dichiarazioni giurate, fra le quali una che sosteneva che Nienstedt “aveva avuto una relazione con una guardia svizzera durante il suo servizio in Vaticano, circa vent’anni prima”.
Viganò spiega che “questi affidavit furono raccolti dallo studio legale Greene Espel, scelto da padre Griffith a nome dell’arcidiocesi per indagare sull’arcivescovo Nienstedt”. Aggiunge che lo studio appartiene al gruppo Lawyers for All Families, “schierato contro l’arcivescovo Nienstedt e a favore dell’approvazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso nello Stato del Minnesota”.
“Investigatori privati del Greene Espel – spiega Viganò – avevano condotto un’inchiesta in modo squilibrato e accusatorio, e ora volevano immediatamente estendere le indagini alla Guardia Svizzera Pontificia, senza aver prima ascoltato l’arcivescovo Nienstedt”. Per questo motivo il nunzio disse che gli sembrava giusto ascoltare prima Nienstedt, secondo il principio audiatur et altera pars, e i vescovi furono d’accordo.
Il vescovo Piché telefonò subito a padre Griffith, informandolo del buon esito dell’incontro e dicendo che una soluzione del caso era prossima. Ma il mattino seguente a Viganò arrivò una lettera dei due vescovi ausiliari, nella quale si diceva che il nunzio aveva suggerito di fermare l’indagine.
Sorpreso, Viganò chiamò il vescovo Pichè per chiedergli spiegazioni e gli ordinò di rimuovere la lettera dai computer e dagli archivi della diocesi. Non voleva passare come un insabbiatore. Aveva solo chiesto di ascoltare la versione di Nienstedt prima di procedere con altri provvedimenti.
Scrive infatti Viganò: “Non ho mai detto a nessuno che Greene Espel avrebbe dovuto interrompere l’inchiesta, e non ho mai ordinato di distruggere alcun documento. Ogni affermazione contraria è falsa. Tuttavia incaricai uno dei vescovi ausiliari, Lee A. Piché, di rimuovere dal computer e dagli archivi dell’arcidiocesi la lettera che asseriva falsamente che avevo suggerito che l’indagine fosse fermata. Ho insistito su questo per proteggere non solo il mio nome, ma anche quello della Nunziatura e del Santo Padre che sarebbero stati danneggiati”.
Viganò riferisce di non aver più saputo nulla fino al novembre successivo, quando, all’annuale assemblea della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, a Baltimora, incontrò nuovamente i due vescovi ausiliari, Pichè e Cozzens, i quali gli presentarono un rapporto e gli riferirono di averlo consegnato anche al cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, durante una visita a Roma.
Davanti ai due ausiliari Viganò esaminò il documento e vide che “conteneva ancora la falsa dichiarazione”. Quindi incaricò Piché e Cozzens di scrivere al cardinale Ouellet, presso la congregazione a Roma, per correggere la dichiarazione.
Viganò è in possesso sia della lettera inviata dai due vescovi ausiliari al cardinale Ouellet sia di una sua lettera a Ouellet.
Poi Viganò ricorda: “Proprio il giorno in cui la notizia apparve sul New York Times , il 21 luglio 2016, il Santo Padre chiese al Cardinale Parolin di telefonare al Nunzio a Washington (Christophe Pierre), ordinandogli di aprire immediatamente un’indagine sulla mia condotta, così che io potessi essere denunciato al tribunale incaricato di giudicare l’insabbiamento”.
Lo stesso giorno, ricorda Viganò, “informai la sala stampa della Santa Sede, nelle persone di padre Lombardi e Greg Burke”. Inoltre, “con l’autorizzazione del sostituto della Segreteria di Stato, l’allora arcivescovo Becciu, l’avvocato americano Jeffrey Lena, che lavorava per la Santa Sede, si recò alla Congregazione per i vescovi, dove trovò documenti che dimostrano che la mia condotta era stata assolutamente corretta”.
Lena consegnò a Viganò un rapporto scritto che lo scagionava, eppure la sala stampa vaticana non ritenne necessario rilasciare una dichiarazione a difesa del nunzio per confutare il New York Times.
In ogni caso, quando l’inchiesta ordinata da papa Francesco fu completata, “la Nunziatura rispose anche al Cardinale Parolin con un rapporto dettagliato, che ristabilì la verità e dimostrò che la mia condotta [di Viganò, ndr] era stata assolutamente corretta. Questo rapporto si trova nella Segreteria di Stato del Vaticano e nella Nunziatura di Washington”.
Conclude Viganò: “Il 28 gennaio 2017 scrissi sia all’arcivescovo Pierre sia all’arcivescovo Hebda (il successore di Nienstedt), chiedendo loro di correggere pubblicamente il memorandum Griffith. Nonostante le e-mail e le telefonate ripetute, non ho mai ricevuto risposta”.
Aldo Maria Valli
Qui di seguito l’intera dichiarazione di monsignor Viganò.

Statement by Archbishop Carlo Maria Viganò regarding the Archdiocese of St. Paul-Minneapolis
Accusations against my person appeared in the media – in July 2016, when I had already left my mission in Washington, D.C. – following the publication of a memorandum written by Father Dan Griffith, the then delegate for the protection of minors in the Archdiocese.
These accusations – alleging that I ordered the two Auxiliary Bishops of Minneapolis to close the investigation into the life of Archbishop John C. Nienstedt – are false.
Father Griffith was not present during my meeting at the Nunciature with the Archbishop and the two Auxiliaries on April 12, 2014, during which several affidavits containing accusations against Archbishop Nienstedt were handed to me.
These affidavits were collected by the firm, Greene Espel, who was retained by Father Griffith on behalf of the Archdiocese to investigate Archbishop Nienstedt. This firm belongs to the group “Lawyers for All Families,” who fought against Archbishop Nienstedt over the approval of same-sex marriage in the State of Minnesota.
In one of these affidavits, it was claimed that Archbishop Nienstedt had had an affair with a Swiss Guard during his service in the Vatican some twenty years prior.
Private investigators from the Greene Espel firm had conducted an inquiry in an unbalanced and prosecutorial style, and now wanted immediately to extend their investigation to the Pontifical Swiss Guard, without first hearing Archbishop Nienstedt.
I suggested to the bishops who came to the Nunciature on April 12, 2014, that they tell the Greene Espel lawyers that it appeared to me appropriate that Archbishop Nienstedt be heard before taking this step – audiatur et altera pars – which they had not yet done. The bishops accepted my suggestion.
But the following day, I received a letter signed by the two auxiliaries, falsely asserting that I had suggested the investigation be stopped.
I never told anyone that Greene Espel should stop the inquiry, and I never ordered any document to be destroyed. Any statement to the contrary is false.
However, I did instruct one of the auxiliary bishops, Lee A. Piché, to remove from the computer and the archdiocesan archives the letter falsely asserting that I had suggested the investigation be halted. I insisted on this not only to protect my name, but also that of the Nunciature and the Holy Father who would be unnecessarily harmed by having a false statement used against the Church.
The very day the news appeared in the New York Times, on July 21, 2016, the Holy Father asked Cardinal Parolin to phone the Nuncio in Washington, D.C. (Christophe Pierre), ordering that an investigation into my conduct be opened immediately, so that I could be reported to the tribunal in charge of judging abuse cover-up by bishops.
I informed the Vatican Press Office in the persons of Father Lombardi and Mr. Greg Burke. With the authorization of the Substitute of the Secretary of State, then-Archbishop Becciu, Mr. Jeffrey Lena – an American lawyer working for the Holy See – went to the Congregation for Bishops where he found documents proving that my conduct had been absolutely correct.
Mr. Lena handed a written report exonerating me to the Holy Father. In spite of this, the Vatican Press Office did not deem it necessary to release a statement refuting the New York Times article.
The Nunciature also responded to Cardinal Parolin with a detailed report, which restored the truth and demonstrated that my conduct had been absolutely correct.
This report is found in the Vatican Secretariat of State and at the Nunciature in Washington, DC.
On January 28, 2017, I wrote to both Archbishop Pierre and Archbishop Hebda (who had succeeded Nienstedt), asking them to publicly correct the Griffith memorandum. In spite of repeated emails and phone calls, I never heard back from them.
August 26, 2018
https://www.aldomariavalli.it/2018/08/28/vigano-screditato-ecco-come-lui-stesso-risponde/


Anteprima: Mons. Schneider interviene sul documento dell’arcivescovo Viganò

Pubblichiamo in anteprima in Italia il testo che S. E. Mons. Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria in Astana, ha scritto in sostegno al documento di S. E. Mons. Carlo Maria Viganò, pubblicato il 26 agosto scorso sul quotidiano La Verità e dai blog di Marco Tosatti e Aldo Maria Valli.
Riflessione sulla “testimonianza” dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò
pubblicata il 22 agosto 2018
È un fatto raro ed estremamente grave nella storia della Chiesa che un vescovo accusi pubblicamente e specificamente un Papa regnante. In un documento pubblicato recentemente (il 22 agosto 2018), l’arcivescovo Carlo Maria Viganò assicura che da cinque anni papa Francesco era a conoscenza di due fatti: che il cardinale Theodor McCarrick aveva commesso reati sessuali con suoi seminaristi e con suoi sottoposti, e che vi erano sanzioni nei suoi confronti imposte da papa Benedetto XVI.
L’arcivescovo Viganò ha inoltre confermato la sua dichiarazione con un giuramento sacro fatto in nome di Dio. Non c’è, quindi, nessun motivo ragionevole e plausibile per dubitare del contenuto veritiero del documento dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò.
I cattolici di tutto il mondo, i semplici fedeli, i “piccoli”, sono profondamente scioccati e scandalizzati per i gravi casi recentemente venuti alla luce in cui le autorità ecclesiastiche hanno coperto e protetto chierici che hanno commesso reati sessuali contro minori e contro i loro stessi sottoposti. Tale situazione storica, che la Chiesa sta vivendo ai nostri giorni, richiede una trasparenza assoluta a tutti i livelli della gerarchia della Chiesa e innanzi tutto, evidentemente, da parte del Papa.
È del tutto insufficiente e poco convincente che le autorità ecclesiastiche continuino a formulare appelli generali per una tolleranza zero nei casi di abusi sessuali da parte del clero e per arrestare la copertura di tali casi. Ugualmente insufficienti sono le suppliche stereotipate per il perdono da parte delle autorità della Chiesa. Tali appelli per la tolleranza zero e le richieste di perdono diventeranno credibili solo se le autorità della Curia Romana metteranno tutte le carte sul tavolo, dando nomi e cognomi di tutti quelli che nella Curia Romana – indipendentemente dal loro rango e titolo – hanno coperto i casi di abusi sessuali su minori e sottoposti.
Dal documento dell’Arcivescovo Viganò si possono trarre le seguenti conclusioni:
(1) Che la Santa Sede e lo stesso Papa inizino a ripulire senza compromessi la Curia romana e l’episcopato dalle cricche e reti omosessuali. (2) Che il Papa proclami in modo inequivocabile la dottrina Divina sul carattere gravemente peccaminoso degli atti omosessuali. (3) Che siano emanate norme perentorie e dettagliate che impediscano l’ordinazione di uomini con tendenze omosessuali. (4) Che il Papa ripristini la purezza e la genuità dell’intera dottrina cattolica nell’insegnamento e nella predicazione. (5) Che siano restaurati nella Chiesa, attraverso l’insegnamento papale ed episcopale e attraverso le norme pratiche l’ascesi cristiana sempre valida: gli esercizi di digiuno, di penitenza corporale, di abnegazione. (6) Che nella Chiesa sia restaurato lo spirito e la prassi della riparazione e dell’espiazione per i peccati commessi. (7) Che inizi nella Chiesa un processo sicuro e garantito di selezione dei candidati all’episcopato, che siano manifestamente dei veri uomini di Dio; sarebbe, perciò, meglio lasciare le diocesi diversi anni senza un vescovo piuttosto che nominare un candidato che non sia un vero uomo di Dio nella preghiera, nella dottrina e nella vita morale. (8) Che si sviluppi nella Chiesa un movimento, soprattutto tra cardinali, vescovi e sacerdoti, pronti a rinunciare a qualsiasi compromesso e ad ogni corteggiamento nei confronti del mondo.
Non ci deve sorprendere se i principali mezzi di comunicazione internazionali legati alle oligarchie, che promuovono omosessualità e depravazione morale, cominceranno a denigrare la persona dell’arcivescovo Viganò e a coprire con un velo di silenzio i punti centrali del suo documento.
Mentre si diffondeva l’eresia di Lutero e una parte considerevole del clero, e specialmente della Curia romana, erano immersi in una profonda crisi morale, papa Adriano VI si rivolse alla Dieta Imperiale di Norimberga nel 1522 con parole sorprendentemente schiette: “Sappiamo che in questa Santa Sede già da molti anni avvengono cose abominevoli, abusi nelle cose spirituali, prevaricazioni, e tutto è stato pervertito e volto in peggio. Dal capo la corruzione è passata nelle membra, dai Sommi pontefici agli inferiori. Tutti noi, prelati ed ecclesiastici abbiamo deviato, né vi fu chi facesse bene, neppure uno”.
Implacabilità e trasparenza nel rilevare e nel confessare i mali nella vita della Chiesa contribuiranno ad avviare un proficuo processo di purificazione e di rinnovamento spirituale e morale. Prima di condannare gli altri, ogni ecclesiastico con responsabilità nella Chiesa, indipendentemente dal grado e dal titolo, dovrebbe chiedersi, alla presenza di Dio, se egli stesso non abbia in qualche modo coperto degli abusi sessuali. Se si dovesse scoprire colpevole, dovrebbe dichiararlo pubblicamente, perché la Parola di Dio lo ammonisce: “Non vergognarti di riconoscere la tua colpa” (Sir 4, 26). Perché, come san Pietro, il primo Papa, scrisse, “è giunto il momento del giudizio, a partire dalla casa (della Chiesa) di Dio” (1 Pietro4, 17).
+ Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Santa Maria in Astana

Il legame Cupich-McCarrick

Il cardinal Blase Cupich premia il cardinal McCarrick, nel 2016
Un elemento interessante per comprendere qualcosa del caos che sta accadendo in America: il cardinal McCarrick, chiacchieratissimo da anni, riceve un premio, meno di due  prima di essere costretto alle dimissioni per gli abusi su seminaristi.
A darglielo è un vecchio amico, Blase Cupich, che nel frattempo ha fatto carriera, come altri amici di McCarrick, diventando cardinale con Bergoglio.
Al di là dei singoli dettagli del dossier Viganò, quello che è chiaro è un fatto: gli uomini più vicini a McCarrick, sia personalmente, sia idealmente, come Blase Cupich, William Tobin e Kevin Farrell, in questi ultimi anni sono stati tutti nominati cardinali.
E hanno continuato da una parte a predicare una nuova dottrina riguardo all’idoelogia LGBT, dall’altra a frequentare ed elogiare un omosessuale abusatore seriale.
Vedi qui:


C’era comprensibile attesa, stavolta più che mai, per le tradizionali esternazioni aeree di Bergoglio di ritorno da Dublino, dove si trovava per il IX Incontro mondiale delle famiglie (per la prima volta ufficialmente al plurale). Durante la trasferta in Irlanda, nella nottata tra sabato e domenica, è stato sganciato l’ordigno firmato da mons. Carlo Maria Viganò: il lungo e circostanziato memoriale in cui l’ex nunzio negli Sati Uniti d’America si sgrava la coscienza mettendo in fila, a disposizione del pubblico – vista l’omertà protratta delle istituzioni preposte – tutte le informazioni di prima mano collezionate durante gli anni del suo ufficio sulle turpi vicende di abusi sessuali nella chiesa americana (e non solo).
La drammatica denuncia del prelato colpisce duramente il silenzio complice della gerarchia di fronte alla capillare rete criminale coltivata da chierici pervertiti, primo tra tutti il cardinale McCarrick, definito espressamente come un “predatore seriale”. E termina con un’implorazione all’esercizio della “parresia” tanto decantata da papa Francesco: una supplica rivolta a tutti, a partire proprio dal capo della chiesa, messo a conoscenza dei fatti sin dall’anno della sua elezione al Soglio di Pietro. “Papa Francesco sia il primo a dare il buon esempio a Cardinali e Vescovi che hanno coperto gli abusi di McCarrick e si dimetta insieme a tutti loro”, esorta mons. Viganò, che non esita a parlare di “grave, sconcertante e peccaminosa condotta di papa Francesco”, pronto ad agire “sempre in funzione del plauso dei media”. Perché di fronte a tanta sporcizia, afferma il prelato, “occorre proclamare un tempo di conversione e penitenza”.
Ebbene, stavolta è toccato alla giornalista Ana Matranga, della televisione americana CBS, chiedere in volo a Bergoglio se confermava la veridicità di quanto dichiarato dall’arcivescovo Viganò circa l’incontro personale avuto con Sua Santità nel 2013 durante il quale gli sarebbe stato riferito della condotta di McCarrick; se era vero, inoltre, che McCarrick fosse già stato pesantemente sanzionato da papa Benedetto XVI.
Così interrogato, Bergoglio si è avvalso della facoltà di non rispondere e lo ha fatto con il seguente, testuale, giro di parole: “Risponderò alla sua domanda, ma preferirei che prima parlassimo sul viaggio e poi di altri argomenti, mi sono distratto con la Stefania ma adesso rispondo. Io ho letto questa mattina quel comunicato, ho letto, e io dirò sinceramente che devo dirvi questo, a lei e a tutti coloro di voi che sono interessati. Leggete voi attentamente il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parla da se stesso. E voi avete la capacità giornalistica sufficiente per prendere le conclusioni. È un atto di fiducia. Quando passa un po’ il tempo e voi avete le conclusioni forse parlerò, ma io vorrei che la vostra maturità professionale faccia questo lavoro, vi farà bene, davvero eh”.
La risposta di Bergoglio reca con sé due messaggi impliciti, ma estremamente chiari. Primo: il dossier di mons. Viganò si commenta da solo (dunque è fatto oggetto di una delegittimazione preventiva). Secondo: comunque, da ciò che direte, cari giornalisti, sarà valutata la vostra “professionalità” (cioè, dipenderà il vostro tesserino).
Considerato che il documento in oggetto non contiene un’accusa generica, bensì nomi, cognomi e indirizzi, luoghi e circostanze, la non-risposta dell’interrogato suona piuttosto sconvolgente. Teniamo conto, per giunta, che in Irlanda Bergoglio ha chiesto ripetutamente perdono per lo scandalo degli abusi nella chiesa e per il tradimento dei pastori, assicurando ai fedeli feriti il massimo impegno nella ricerca della verità e della giustizia.
Effetto italiano. Fatto sta che l’house organ di Santa Marta ha raccolto prontamente la consegna, con avvertimento incorporato, e per la penna del papolatra Melloni (“scolaro” di Bologna, recente biografo di don Milani) ha svolto il servizio richiesto, restando ora in attesa della promozione sulla “maturità professionale”.
Per “Repubblica”, monsignor Viganò è “un vecchio prelato, furibondo per non aver fatto carriera” che cova risentimento verso il papa. Melloni parla di “gesto vendicativo ma autolesionista (se Viganò sapeva più di tutti, più di tutti ha taciuto)”. Taciuto? Ma se il suo documento elenca una serie di esternazioni rimaste inevase, donde l’extrema ratio di affidare alla stampa il resoconto completo…
A ogni buon conto, “Qualcuno – scrive Melloni – ha fatto di un pollo il Corvo”. E affonda così la sua personale arringa: “Attaccare papa Francesco alla fine del suo viaggio irlandese, a sei giorni dalla lettera al popolo di Dio, a un mese dal ritiro della berretta cardinalizia a McCarrick […] nasconde un disegno: che non ha nulla a che fare con la pedofilia, ma col tentativo di saldare l’integrismo anti-bergogliano con il fondamentalismo politico cattolico. Cioè il mondo dei tradizionalisti legati al cardinale Burke, che ha deciso di passare dai dubia alle calumniae scommettendo sulla possibilità di agire come blocco in un futuro conclave”.
La linea difensiva scelta da “Repubblica” e dagli altri organi di informazione schierati con Bergoglio per riempire il silenzio di costui, prevede la classificazione di Viganò come un conservatore legato ad ambienti ostili all’attuale pontificato, oltre che come soggetto affetto da radicata frustrazione e squilibrio senile. Gli stessi argomenti denigratori si ritrovano pari pari su Avvenire, dove Ognibene, si spertica in ogni lode all’operato del pontefice regnante che si distingue per “eccezionale rigore e chiarezza”.
Effetto americano. In Italia il tentativo di insabbiamento con minaccia incorporata probabilmente funzionerà alla grande, tutto verrà presto derubricato a “corvata” stagionale, e buonanotte. Il problema, a occhio, saranno gli Stati Uniti, dove i fedeli stanno soffrendo nella carne l’abominio descritto dal nunzio Viganò. Là ci sono i danni materiali, e questi danni non si contano più.
Un commento arrivato a Riscossa Cristiana la dice lunga: Cosa stiamo vivendo qui noi sinceri praticanti in America è persecuzione! Stiano nel inferno! Pregate per noi fratelli e sorelle italiani! Aiutateci!
Il sito americano prescelto da mons. Viganò per pubblicare, già tradotto, il suo dossier, è “Lifesitenews”. Il primo giornale a rilanciare la notizia nella giornata di domenica è stato il New York Times, che si è barcamenato tra la professione di fede bergogliana e la necessità di dare seguito al proprio stesso scoop sul cardinale McCarrick, che tanto lavoro era costato. Il cortocircuito ora generato dalle rivelazioni di Viganò dipende verosimilmente dal fatto che il nuovo spotlightche il NYT pensava di ritagliare su misura sul cardinale, è stato di fatto allargato a tutta una estesa e potentissima lobby gay che gli serve da habitat, da vivaio e da cintura di protezione.
La lobby omosessuale americana – a cui il NYT non andrà mai frontalmente contro – spacca sia la politica che la dottrina. È una enorme e capillare struttura di peccato dove si conduce la bella vita, si possiedono case e auto di lusso, si hanno a disposizione ninfetti per tutti i gusti. McCarrick e i suoi, animali politici oltre che animali e basta, si sono battuti per la comunione ai politici abortisti proprio in ragione della loro commistione profonda col grande potere liberal.
Ma lo scollamento con i milioni di cattolici sfregiati dal tradimento del clero non farà riassorbire tanto facilmente lo squarcio aperto dalla bomba Viganò. L’ex primo consigliere della Nunziatura negli Stati Uniti, mons. Jean Francois Lantheaume, batte un colpo sui social network, esprimendo tutto il suo appoggio al memoriale di Viganò e confermandolo almeno nella parte che lo riguarda. Verso il suo ex-capo ha parole di grande stima e venerazione.
Così il vescovo texano Strickland ha chiesto di diffondere in tutte le parrocchie della diocesi di Tyler una nota in cui afferma che le affermazioni di Viganò sono credibili e che si rende necessaria un’indagine ai più alti livelli.
Probabilmente McCarrick era l’eminenza grigia dietro le nomine di Bergoglio per spazzare via dall’America l’ala tradizionalista dell’episcopato: lo stesso Wuerl, capo dei vescovi progressisti, era stato messo a Washington da lui. Ma è evidente che, dietro questa imponente manovra di sostituzione gerarchica, si nascondeva un altrettanto imponente radicamento di quell’apparato del male che ha causato un numero ormai sterminato di vittime innocenti.
Intanto sul quotidiano “ La Verità” del 27 agosto si commentano le prime reazioni. Con un editoriale il direttore Maurizio Belpietro si domanda come mai una bomba simile sia stata ignorata dai mass media italiani. In seconda pagina viene raccolto qualche anonimo commento all’ombra del colonnato: si teme un insabbiamento o la solita macchina del fango rivolta verso mons. Viganò. Belpietro titola: “Anziché spiegare, attaccano chi ha fatto luce”. Prosegue: “I giornalisti fan di Bergoglio non sperino di cavarsela ignorando il memoriale del monsignore o gettando ombre sulle sue intenzioni. Non importa la ragione che lo ha spinto a parlare, quel che dovrebbe contare è solo la realtà dei fatti elencati. Sono veri oppure no?”  La banale domanda che dovrebbe sorgere alla luce di queste rivelazioni choc è in realtà già coperta dal fumo amico che cerca di sviare la questione. Su diversi siti integralisti-Bergogliani già si trovano i primi epiteti di quella che sarà una lunga litania di insulti verso mons. Viganò:  cialtrone, vendicativo, carrierista, frustrato… addirittura disabile. In molti hanno il terrore che anche solo guardando i titoli di giornali o siti internet inerenti allo scandalo, possa venire meno la cieca fiducia verso il Romano Pontefice e si limitano ad esclamare “viva il Papa”.
Sempre su “La Verità” del 27/8 troviamo anche l’intervista al card. Raymond Leo Burke. E’ il primo cardinale che commenta la notizia, proprio sulla testata italiana che l’ha lanciata per prima. Il cardinale dei dubia irrisolti non ha intenzione di demordere e rincara la lunga lista dei punti di domanda gesuiticamente ignorati. Si chiede: “Se quello che c’è scritto è vero, cioè che il Papa fosse stato a conoscenza della situazione del cardinale McCarrick almeno dal 2013, allora deve affrontarla personalmente chiarendo la sua posizione. E poi c’è la questione di tutti questi alti prelati che non hanno risposto nel modo giusto alle denunce che hanno ricevuto”. Apprezzabile che un cardinale si levi per chiedere spiegazioni; che sia sempre lui a farlo toglie forza a queste iniziative.
Certo è che la lettura del memoriale di mons. Viganò lascia tutti annichiliti. Per quanto si immaginasse il degrado diffuso nelle strutture profonde della chiesa, la spaccatura del muro di omertà che lo ha sinora protetto dall’interno, e d’improvviso mette a nudo volti, vicende e responsabilità, provoca un senso di nausea, di vertigine e insieme di sollievo. Questa banda di mostri ha preso tutto quello in cui abbiamo creduto, tutto quello che ci definisce nel profondo e lo ha lordato, e profanato in ogni modo possibile. Finalmente qualcuno lo grida senza remore, chiamando i chierici alla conversione e alla penitenza e mostrando al gregge smarrito che, anche tra i pastori, la fede forse da qualche parte sopravvive ancora.
– di Elisabetta Frezza e Andrea Maccabiani
By Redazione On 27 agosto 2018 · 41 Comments



Il terremoto che sta squassando in questi giorni la Chiesa ha due epicentri: Roma e gli Stati Uniti. New York, per la precisione. Newyorkesi sono infatti il cardinale Mc Carrick, il luciferino predatore sessuale la cui scandalosa condotta e le cui potenti coperture sono all’origine dell’attuale drammatico dibattito nella Chiesa,  e il cardinale Edwin O’Brien segnalato nelle dichiarazioni di monsignor Carlo Maria Viganò come uno dei principali esponenti della lobby omosessualista esistente in Vaticano.  Se la Curia Romana è di per sé da sempre sospettata di intrighi, intrallazzi, maneggi vari, più stupore suscita il livello di corruzione diffuso tra le alte  sfere della Chiesa americana. Una Chiesa giovane, dinamica. Una Chiesa fatta interamente da immigrati. Una storia commovente di poveri venuti principalmente dall’Irlanda, e poi da altre nazioni cattoliche della vecchia Europa come l’Italia, la Polonia, la Germania. Gente che sfuggiva alla miseria dei loro Paesi d’origine, spesso anche alla persecuzione politica e religiosa. Ma anche i poveri- o i loro discendenti- non sono immuni dalle tentazioni, ed ecco che questi personaggi dai bei nomi irlandesi come Mc Carrick e O’Brien, o tedeschi come Wuerl, o nel passato lituani come Marcinkus, diventano corrotti e corruttori.  Una triste parabola. Ma a cosa la si deve? Certamente al dilagare della secolarizzazione, del diffondersi di stili di vita libertini, che possono aver attirato persone che non hanno saputo- o voluto- opporsi alle seduzioni del male. I vari Mc Carrick, che è nato nel 1930, crescono nell’America gaudente degli Happy Days, del boom del benessere, della trasgressione sessuale. L’inizio dell’attività pederastica di Mc Carrick si colloca nei favolosi Anni ’60, quelli delle rivolte studentesche, e dell’allegro post concilio con le sue innovazioni e le sue sperimentazioni pastorali. Tuttavia personaggi come questi non erano hippy, non facevano i figli dei fiori, ma astutamente facevano carriera nell’establishment ecclesiastico diventando professori nei seminari, vescovi, e infine cardinali. Il tutto mantenendo una seconda vita, tessendo trame tra “colleghi” che dovevano garantire l’impunità delle loro azioni.
Così, mentre gran parte del popolo semplice delle parrocchie manteneva la fede dei padri, i pastori cominciavano a puzzare sempre più di zolfo, o di Chanel n° 5 a seconda delle occasioni. Un vero e proprio tradimento da parte delle elites contro cui ora il popolo cattolico americano si sta ribellando.  Già tempo fa sulle pagine di Riscossa Alessandro Gnocchi citando il Signore degli Anelli, paragonava il tradimento di Saruman all’apostasia che sta avvenendo ai vertici della Chiesa. Rifacendoci ancora al grande maestro inglese, leggiamo quello che scriveva in una sua lettera: “E’ un mondo corrotto, il nostro, e non c’è armonia tra i nostri corpi, la nostra mente e l’anima. Tuttavia, la caratteristica di un mondo corrotto è che il meglio non si può ottenere attraverso il puro godimento, o quella che è chiamata la realizzazione di sé (che di solito è un modo elegante per definire l’autoindulgenza, nemica della realizzazione degli altri), ma attraverso la rinuncia, la sofferenza”. Parole sante, che sono state rinnegate, profanate dai nuovi Saruman clericali. La “ricerca della felicità” a tutti i costi, esplosa nel ’68, ha fatto dimenticare l’etica delle virtù, dei sacrifici, che fu l’etica su cui si costruì la Chiesa Americana.  La ricerca del godimento ad ogni costo ha portato alla corruzione, al machiavellismo, al compromesso col potere. Un esempio? Torniamo alla vicenda di Theodore Mc Carrick. Un dettaglio della sua biografia che non può non colpire è la sua nomina a Consigliere  del Center for Strategic and International Studies avvenuta nel 2007, cioè un anno dopo la sua destituzione con disonore da parte di Benedetto XVI.  Questo Centro per gli studi strategici e internazionali è un think tank americano con sede a Washington, D.C. fondato nel 1962 presso la Georgetown University, la più importante università gesuita degli Stati Uniti. Il centro conduce studi politici e analisi strategiche su questioni politiche, economiche e di sicurezza in tutto il mondo, con un focus specifico sulle questioni relative alle relazioni internazionali, al commercio, tecnologia, finanza, energia e geostrategia. Nel Report Global Go To Think Tanks della University of Pennsylvania del 2013, il Centro è classificato come il principale think tank al mondo per “Top Defense e National Security Think Tanks ed è stato anche classificato come il 4 ° miglior think tank per ” serbatoi con le idee / proposte politiche più innovative “.  Questo “centro di eccellenza” come si suol dire nomina proprio consigliere Mc Carrick dopo che era stato allontanato per indegnità dai suoi ruoli pastorali. Molto strano.  Il Centro, dalla sua fondazione,  “è stato dedicato a trovare modi per sostenere la preminenza e la prosperità americane come una forza per il bene nel mondo”, secondo il suo sito web. Un think tank bipartisan con studiosi che rappresentano punti di vista diversi in tutto lo spettro politico. Il think tank è noto per aver invitato noti esponenti della politica estera e funzionari del servizio pubblico del Congresso degli Stati Uniti e del ramo esecutivo, inclusi quelli affiliati al Partito Democratico o Repubblicano, nonché funzionari stranieri di diversa estrazione politica. È stato etichettato come un think tank “centrista” dalla US News & World Report.
Insomma, viene da chiedersi, per chi lavorava Mc Carrick? Per il bene delle anime o per qualche interesse politico? In quest’ottica di potere qualche trasgressione, qualche vizietto, è concesso e tollerato.  Così come quello del vescovo o del cardinale diventa solo un mestiere, molto simile a quello del manager.  Non una vocazione, non un servizio a Dio.
Per risanare tutto questo male che è stato fatto, occorrerà molta conversione, molta penitenza, molta rinuncia. I buoni cattolici americani sono pronti. Speriamo lo siano anche le elites della Chiesa.
di Paolo Gulisano
By Redazione On 27 agosto 2018 · 1 Comment

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