IL SISMOGRAFO IMPAZZITO. RISPOSTA A LUIS BADILLA, ESULE DALLA REALTÀ E DALLA VERITÀ.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, oggi purtroppo devo di nuovo occuparmi di casi personali. Un sito paravaticano ha pubblicato un articolo a firma di Luis Badilla. Ora, io non so in che bar questo ex-esule cileno allendista faccia colazione, ma gli consiglierei, amichevolmente, di cambiare. È probabile che a sua insaputa gli versino allucinogeni nel cappuccino, e non gli fanno bene. Ieri accusava di “demenzialità” la Sala Stampa Vaticana; oggi pretende di avermi trovato con una pistola fumante in mano. Il casus belli è, come al solito, la testimonianza di mons. Viganò. Vi risparmio la fatica di cliccare, e riporto quello che scrive.
(Luis Badilla) Non merita molte considerazioni. Servono poche righe. La storia che volevo raccontare è stata scritta ieri dallo stesso protagonista, l’ex vaticanista de La Stampa, Marco Tosatti, da qualche anno animatore di un blog anti-bergoglio che fra bugie, esagerazioni, montature, finti documenti inediti, grandi esperti conosciuti solo a casa loro, ogni settimana spara quel che trova o inventa contra il pontificato. Lui, da sempre, è stato un giornalista, seppure in pensione, contrario a Papa Francesco e di lui non sopporta che sia latinoamericano e gesuita. Sono cose che lo irritano.
Per molto tempo ha scritto per il portale Vatican Insider da dove è stato mandato via perché voleva fare in questa testata ciò che poi ha fatto nel suo blog, e cioè seminare odio, calunnie, divisioni, menzogne. In molti ricordano le sue menzogne durante i due Sinodi per la famiglia. Noi stessi allora abbiamo polemizzato con lui per le sue invenzioni su presunti attacchi verbali al Papa da parte di cardinali. Lo conosco bene dai tempi del viaggio di Giovanni Paolo II in Cile, molto bene, e ricordo quanto ha scritto.
Ora, ieri, in una lunga conversazione con Nicole Winfield, agenzia Ap, che ha guidato il colloquio con intelligenza e sagacità, Marco Tosatti – per vanità e protagonismo – in poche righe affonda l’intera operazione Viganò poiché confessa che è stato lui a scrivere il “papiro” cosiddetto “Testimonianza-denuncia”. Certo lui precisa che ha aiutato l’arcivescovo (“il pollo trasformato in corvo”, dice Alberto Melloni) per dare alle sue presunte rivelazioni una forma giornalistica.
Le sue parole esatte dicono in modo eufemistico: ho fatto “l’editing professionale; cioè abbiamo lavorato sulla bozza, il cui materiale era integralmente del Nunzio, per verificare che fosse scorrevole e giornalisticamente utilizzabile.”
Il “giornalisticamene utilizzabile” è tutto un programma. E’ la pallottola della pistola fumante.
Tosatti offre altri dettagli che dimostrano che si è trattata di una operazione pensata e organizzata a tavolino da diverse persone, italiane e statunitensi, inserita in un piano preciso con un “timetable” mirato (il IX Incontro mondiale delle famiglie). Includeva addirittura l’assistenza di un avvocato, consultato preventivamente due settimane fa, appartenente allo staff giuridico dell’agenzia statunitense EWTN/Catholic National Register, un tale Timothy Busch.
L’operazione includeva anche alcuni testi, da pubblicare dopo la deflagrazione dello “scoop”, destinati a convincere l’opinione pubblica – come fa lo stesso Tosati, ma anche Aldo Maria Valli e George Weigel – che Carlo Maria Viganò è un quasi santo, mite, molto umile, oggi devastato per la situazione in cui si trova, fuggiasco da possibile attentati …
Questi giornalisti, agiografi di Viganò, per completare i loro scritti dovrebbero intervistare alcuni dipendenti della Segretaria di Stato e del Governatorato, nonché della Nunziatura a Washington, su come Viganò si rapportava con i suoi collaboratori. Dovrebbero raccontare il Viganò della serie “Lei non sa chi sono io …”. Dovrebbero interrogare questi testimoni, molti in pensione e qualcuno ancora in servizio, che si sentivano urlare in faccia dal mite arcivescovo Viganò: “O fai questo o ti distruggo … Devi obbedire, tu non sai chi sono io …”
In conclusione: ora sappiamo, perché lo ha confessato l’autore vero del papiro, che Viganò ha firmato l’atto di accusa, documento da verificare dall’inizio alla fine, le 7.000 parole che lo formano, poiché così, a prima vista sembra pieno di balle, confusioni, non poche calunnie e tante falsità. Si potrebbe dire che è una fatto scontato perché il papiro contiene ricordi e accuse di Viganò ma anche ricordi e accuse di Tosatti.
Viene da chiedersi: E Papa Francesco dovrebbe rispondere a Marco Tosatti?
Il grande Totò direbbe: ma mi faccia il piacere.
Ci sarebbe da scrivere molto, ma non voglio tediarvi. Mi fermo su alcuni punti soltanto.
Vatican Insider. Nessuno mi ha mandato via. Ho semplicemente smesso di proporre articoli per un sito che appariva sempre più pesantemente condizionato dalla sua vicinanza con la Segreteria di Stato. Mi ricordo che una delle ultime proposte che feci riguardava la Cina, e mi si fece capire che quello era un tema delicato e di conseguenza era meglio lasciar perdere. Capisco che il mio comportamento possa sembrare strano a Badilla, che ha lavorato per decenni in quella struttura notoriamente indipendente che era la Radio Vaticana, ma è così.
La testimonianza Viganò: scrive Badilla, parlando di quello che ho detto alla collega dell’AP:
“Le sue parole esatte dicono in modo eufemistico: ho fatto “l’editing professionale; cioè abbiamo lavorato sulla bozza, il cui materiale era integralmente del Nunzio, per verificare che fosse scorrevole e giornalisticamente utilizzabile”.
Perché eufemisticamente? Questo è ciò che abbiamo fatto. Mons. Viganò ha portato una bozza, e l’abbiamo riletta insieme varie volte, eliminando alcune cose, togliendo delle digressioni, sciogliendo acronimi che per chi lavora in Vaticano sono pane quotidiano, ma che non significano nulla a un lettore comune. Giornalisticamente utilizzabile significa semplicemente: comprensibile al pubblico dei giornali. Tutto lì.
Ora da questo Badilla parte inventando una teoria su una cospirazione planetaria, in cui c’entrano gli americani, Georg Weigel, altri documenti (quali? Ce lo dica) il tutto al suono di “El Pueblo unido” e Yankee go home tanto cari al buon Badilla. Questa sarebbe la pistola fumante. A me pare che di fumante – nel senso di in cenere – ci sia solo il cervello di Badilla. Ex esule dal Cile, ma soprattutto esule effettivo dalla realtà.
Ci sono ancora due cose su cui vorrei fermarmi. La prima: sono contrario a Bergoglio, secondo Badilla, perché latino-americano e gesuita. Tanto per cominciare, Bergoglio è mezzo piemontese, la sua mamma era ligure come me; probabile che abbiamo più sangue in comune lui ed io di quanto ne abbia Badilla.
L’ultima cosa è grave, molto grave; e su questo punto consiglierei prudenza all’ex giornalista della Radio Vaticana. Scrive: “Si potrebbe dire che è un fatto scontato perché il papiro contiene ricordi e accuse di Viganò ma anche ricordi e accuse di Tosatti”.
Questa è, oltre che una totale menzogna, un’idiozia. In linea peraltro con il personaggio.
Ma l’interessante di questo sbocco di pus presente sul Sismografo (abituale, mi dice chi lo segue, a quest’ora di mattina: pressione? arteriosclerosi? farmaci?) è la sua esistenza. È – come scrivevo già ieri – il segnale di un nervosismo che sta raggiungendo livelli parossistici nella Press Band Bergoglio. Mi viene spontaneo chiedere una cosa. Posto che non sono pochi quelli che riempiono paginate di complottismo, e che però vengono chiamati per nome dal Pontefice, e hanno accesso al suo telefono e all’ultimo piano di Santa Marta, (magari anche Badilla, ma non credo, il suo livello è troppo basso) che cosa gli costa fare una domandina semplice semplice, tipo: Ma davvero Viganò le ha detto quelle cose su McCarrick? E poi venircelo a raccontare. Questa sì che sarebbe informazione, e giornalismo. Porre domande, e aspettare risposte. Non vomitare sui colleghi.
Marco Tosatti
29 agosto 2018 Pubblicato da wp_7512482 12 Commenti --
VIGANÒ. ARTICOLI CHE MI RIGUARDANO, INTERVENGO PER FATTO PERSONALE. CONTRO EQUIVOCI E STRUMENTALIZZAZIONI.
Interveniamo per fatto personale. Un amico mi ha segnalato, provvidenzialmente, questo articolo, che riproduciamo.
“Sarebbe stato Marco Tosatti, il vaticanista de La verità, a convincere l’ex nunzio apostolico a Washington Carlo Maria Viganò a redigere un documento per denunciare Papa Francesco I, colpevole secondo il monsignore di avere «coperto» per cinque anni il cardinale McCarrick, poi travolto dallo scandalo degli abusi sessuali su seminaristi e giovani sacerdoti.
L’offerta di aiuto del vaticanista
È stato lo stesso Tosatti a raccontare all’agenzia di stampa Associated Press com’è andata. Tosatti ha parlato con monsignor Viganò e ascoltato il suo racconto, lo ha persuaso a renderlo pubblico e si è offerto di aiutarlo a scrivere e correggere le 11 pagine del documento che poi l’ex nunzio ha dato ai media nel giorno in cui Bergoglio rientrava da Dublino dopo il viaggio in Irlanda durante il quale ha chiesto perdono alla comunità irlandese per le gravi colpe della Chiesa cattolica in tema di pedofilia, altro scandalo questo, dopo quello americano, venuto alla luce recentemente.
Il documento scritto nel salone di casa Tosatti
Tosatti racconta che i due, lui e l’arcivescovo, si sono seduti fianco a fianco su un tavolo di legno nel salotto del giornalista e hanno lavorato per tre ore piene il 22 agosto al fine d produrre le 11 pagine che stanno colpendo duramente la Chiesa e in particolare la figura del Pontefice, peraltro il primo che abbia davvero alzato il velo sugli scandali americano e irlandese.
La telefonata per incontrarsi
Tosatti ha dichiarato all’Associated Press che Vigano, di cui non è amico ma che aveva conosciuto in precedenza, lo aveva chiamato poche settimane prima per chiedere di incontrarsi. Voleva incontrarlo per raccontargli le vicende che sono diventate la base della sua testimonianza contro il Papa. Le accuse di Viganò hanno messo in crisi il papato di cinque anni di Francesco. ma la rivelazione di Tosatti, del suo aiuto a Viganò nello scrivere il memoriale, è a sua volta clamorosa”.
Qui sotto trovate l’originale dell’articolo scritto dalla collega Nicole Winfield:
ROME (AP) — An Italian journalist who says he helped a former Vatican diplomat pen his bombshell allegation of sex abuse cover-up against Pope Francis says he persuaded the archbishop to go public after the U.S. church was thrown into turmoil by revelations in the Pennsylvania grand jury report.
Marco Tosatti said he helped Archbishop Carlo Maria Vigano write, rewrite and edit his 11-page testimony, saying the two sat side-by-side at a wooden table in Tosatti’s living room for three hours on Aug. 22.
Tosatti, a leading Italian critic of Francis, told The Associated Press that Vigano had called him a few weeks ago out of the blue asking to meet, and then proceeded to tell him the information that became the basis of the testimony.
Vigano’s document alleges that Francis knew of ex-Cardinal Theodore McCarrick’s sexual misconduct starting in 2013, but rehabilitated him from sanctions that Pope Benedict XVI had imposed. The claims have shaken Francis’ five-year papacy.
Vigano called for Francis to resign over what he said was complicity in covering up McCarrick’s crimes. There is ample evidence, however, that the Vatican under Benedict and St. John Paul II also covered up that information, and that any sanctions Benedict imposed were never enforced.
Vigano has kept largely quiet since the bombshell testimony Sunday, and his whereabouts are unknown. As a result, Tosatti’s reconstruction provides the only insight into how the document came about.
Tosatti, a longtime correspondent for Italian daily La Stampa but who now writes largely for more conservative blogs and newspapers, said after their initial meeting a few weeks ago, Vigano said he wasn’t prepared to go public. They had been acquaintances, not friends, and Vigano said he needed to settle some personal matters before proceeding.
But Tosatti said he called him after the Pennsylvania grand jury report published Aug. 15 alleged some 300 priests in six Pennsylvania dioceses abused more than 1,000 children over the past 70 years, and that a sequence of bishops had covered it up.
Tosatti said he told Vigano: “I think that if you want to say something, now is the moment, because everything is going upside-down in the United States. He said ‘OK.’”
The two then met at Tosatti’s Rome apartment. Initially, Tosatti thought Vigano would give him an interview, but then Vigano decided to put his thoughts on paper.
“He had prepared some kind of a draft of a document and he sat here by my side,” Tosatti told the AP from behind his desk, pointing to the wooden chair to his right. “I told him that we had to work on it really because it was not in a journalistic style.”
Tosatti said he persuaded Vigano to cut claims that couldn’t be substantiated or documented “because it had to be absolutely waterproof.” Tosatti said Vigano was “deadly serious” the whole time, and that both emerged physically and emotionally exhausted.
Tosatti said Vigano was well aware of the implications of the document and what it took for a Holy See diplomat to reveal secrets he had kept for years.
“They are brought up to die silent,” Tosatti said of Holy See diplomats. “So what he was doing, what he was going to do, was something absolutely against his nature.”
But he said Vigano felt compelled to publish out of a sense of duty to the Catholic Church and to clear his conscience.
“He enjoys a good health but 77 is an age where you start preparing yourself … he couldn’t have a clear conscience unless he spoke,” Tosatti said.
Document in hand, Tosatti then set out to find publications willing to publish it in its entirety: the small Italian daily La Verita, the English-language National Catholic Register and LifeSiteNews and the Spanish online site InfoVaticana.
All are conservative or ultraconservative media that have been highly critical of Francis’ mercy-over-morals papacy.
The English and Spanish publications translated the Italian document and all agreed on a Sunday morning embargo, coinciding with the second and final day of Francis’ trip to Ireland, where the Catholic church’s sex abuse and cover-up scandal dominated his trip.
Tosatti said Vigano didn’t tell him where he was going after the article came out, knowing that the world’s media would be clamoring to speak with him.
As Tosatti accompanied Vigano to his door, he bent down to kiss Vigano’s ring — a sign of respect for Catholic bishops.
“He tried to say ‘No.’ I told him ’It’s not for you, it’s for the role that you (play) that I do it,’” Tosatti said. “He didn’t say anything. He went away, but he was crying.”
Temo che la collega del Corriere abbia tradotto con una certa fretta e imprecisione.
Primo: non sono il vaticanista de La Verità.
Secondo: non ho convinto assolutamente nessuno a fare niente. Mons. Viganò ha preso contatto con me perché voleva far sapere delle cose pubblicamente, e voleva farlo – inizialmente – con un’intervista. Dopo il primo contatto, mi sono limitato a fargli notare che l’uscita del rapporto del Grand Jury di Pennsylvania andava a toccare i temi di cui voleva parlare, e che forse era questo il momento opportuno per la sua iniziativa.
Terzo: Tantomeno ho “persuaso” a rendere pubblico il documento. E il mio contributo è stato quello di un editing professionale; cioè abbiamo lavorato sulla bozza, il cui materiale era integralmente del Nunzio, per verificare che fosse scorrevole e giornalisticamente utilizzabile.
Quarto: Temo di dover smentire che la mia partecipazione abbia qualche cosa di clamoroso. Probabilmente se si fosse deciso di fare un’intervista, il mio apporto sarebbe stato ancora maggiore, perché avrei posto delle domande; cosa che evidentemente non poteva avvenire in un documento-testimonianza.
Quinto: la scelta del tempo di uscita è stata condizionata dal fatto che mons. Viganò desiderava che il documento fosse pubblicato, oltre che in italiano, in spagnolo e inglese. Questo ha comportato qualche giorno di attesa per le traduzioni; e da mercoledì – data in cui il testo base italiano è stato finito – a domenica mattina sono passati solo tre giorni.
Sesto: è straordinario che anche questa circostanza – il fatto che la persona che doveva fare l’intervista abbia contribuito all’editing della testimonianza – sia stata utilizzata da qualcuno in maniera strumentale cercare di gettare discredito su questa operazione di chiarezza e di coraggio compiuta da mons. Viganò. Direi che lo si può interpretate come un segno di disperazione di quanti cercano di distrarre da un silenzio e da un rifiuto di dare risposte che sta diventando molto pesante per molti cattolici.
Marco Tosatti
Parla Viganò: “Non sono il corvo e non agisco per vendetta. Voglio solo che la verità emerga”
Grazie a Dio molto bene, con grande serenità e pace di coscienza: è il premio della verità. La luce vince sempre sulle tenebre, non può essere soppressa, specialmente per chi ha fede. Perciò ho molta fiducia e speranza per la Chiesa.
Come giudica le reazioni alla pubblicazione del suo memoriale?
Come lei sa, le reazioni sono contrapposte. C’è chi non sa più dove attingere il veleno per distruggere la mia credibilità. Qualcuno ha persino scritto che sono stato ricoverato due volte con trattamento obbligatorio (TSO) per uso di droga; c’è chi si immagina cospirazioni, complotti politici, trame di ogni genere, eccetera, ma ci sono anche molti articoli di apprezzamento e ho avuto modo di vedere messaggi di sacerdoti e fedeli che mi ringraziano, perché la mia testimonianza è stata per loro un barlume di speranza nuova per la Chiesa.
Qual è la sua risposta a chi in queste ore obietta che lei avrebbe motivi di rancore personale nei confronti del papa e per questo avrebbe deciso di scrivere e diffondere il memoriale?
Forse perché sono ingenuo e portato a pensare sempre il bene per le persone, ma soprattutto riconosco che è un dono che mi ha fatto il Signore, non ho mai avuto sentimenti di vendetta o di rancore in tutti questi anni in cui sono stato messo alla prova da tante calunnie e falsità sul mio conto.
Come ho scritto all’inizio della mia testimonianza, avevo sempre creduto che la gerarchia della Chiesa avrebbe trovato in se stessa le risorse per sanare tanta corruzione. Lo scrissi anche nella mia lettera ai tre cardinali incaricati da papa Benedetto di indagare sul caso Vatileaks, lettera che accompagnava il rapporto che consegnai loro: “Molti di voi – scrissi – sapevate, ma avete taciuto. Almeno ora che avete avuto questo incarico da Benedetto abbiate il coraggio di riportare con fedeltà quanto vi è stato rivelato di tante situazioni di corruzione”.
Come ho scritto all’inizio della mia testimonianza, avevo sempre creduto che la gerarchia della Chiesa avrebbe trovato in se stessa le risorse per sanare tanta corruzione. Lo scrissi anche nella mia lettera ai tre cardinali incaricati da papa Benedetto di indagare sul caso Vatileaks, lettera che accompagnava il rapporto che consegnai loro: “Molti di voi – scrissi – sapevate, ma avete taciuto. Almeno ora che avete avuto questo incarico da Benedetto abbiate il coraggio di riportare con fedeltà quanto vi è stato rivelato di tante situazioni di corruzione”.
Perché ha deciso di far pubblicare e diffondere la sua testimonianza?
Ho parlato perché oramai la corruzione è arrivata ai vertici della gerarchia della Chiesa. Mi rivolgo ai giornalisti: perché non chiedono che fine ha fatto la cassa di documenti che, l’abbiamo visto tutti, fu consegnata a Castelgandolfo da papa Benedetto a papa Francesco? Tutto è stato inutile? Sarebbe stato sufficiente seguire il mio rapporto ed il verbale che fu fatto alla mia deposizione davanti ai tre cardinali incaricati delle indagini sul caso Vatileaks (Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi) per iniziare a fare un po’ di pulizia in Curia. Ma sapete che cosa mi rispose il cardinale Herranz quando lo chiamai da Washington, dato che era passato molto tempo da quando era stata nominata questa Commissione da papa Benedetto senza che mai fossi stato contattato? Allora ci davamo del tu e gli dissi: “Non credi che abbia anch’io qualche cosa da dire sulla questione delle mie lettere, pubblicate a mia insaputa?”. Mi rispose: “Ah, se proprio vuoi”.
Che cosa risponde a chi sostiene che lei sarebbe il “corvo”, o uno dei “corvi”, all’origine del caso Vatileaks?
Io il corvo? Come avete visto con la mia testimonianza, sono solito fare le cose alla luce del sole! Io all’epoca da tempo ero a Washington e certo avevo altro a cui pensare. D’altra parte è sempre stata mia abitudine immergermi completamente nella mia nuova missione. Così feci quando fui mandato in Nigeria: non leggevo più neppure le notizie italiane. Tanto che quando, dopo sei anni, fui richiamato in Segreteria di Stato da san Giovanni Paolo II mi ci volle qualche mese per rendermi conto di dove ero ripiombato, nonostante fossi stato già in Segreteria di Stato per undici anni dal 1978 al 1989.
Che cosa risponde a chi sostiene che lei sarebbe stato allontanato dal Governatorato e che anche per questo coverebbe sentimenti di rancore e volontà di vendetta?
Come già ho detto, rancore e vendetta sono sentimenti che non mi appartengono. La mia resistenza a lasciare il mio compito al Governatorato era motivata da un profondo senso di ingiustizia per una decisione che sapevo non corrispondeva alla volontà che papa Benedetto stesso mi aveva manifestato. Il cardinale Bertone pur di allontanarmi aveva commesso una serie di gravi abusi di autorità: aveva sciolto una prima commissione di tre cardinali che papa Benedetto aveva nominato per indagare sulle gravi accuse mosse da me come segretario generale e dal vice-segretario generale monsignor Giorgio Corbellini sugli abusi commessi da monsignor Paolo Nicolini; al posto di detta commissione cardinalizia aveva creato una commissione disciplinare alterando nella sua composizione quella istituzionale del Governatorato; prima ancora di creare detta commissione mi aveva convocato per comunicarmi che il Santo Padre mi aveva nominato nunzio a Washington; visto che nonostante tutto detta Commissione disciplinare aveva deciso il 16 luglio 2011 il licenziamento di monsignor Paolo Nicolini aveva annullato abusivamente detta decisione impedendo che venisse pubblicata. Così facendo mi aveva impedito di continuare nell’opera di risanamento della corruzione nella gestione del Governatorato.
Che cosa risponde a chi parla del suo “chiodo fisso” di diventare cardinale e sostiene che ora attacca il papa anche perché non ha ricevuto la porpora?
Posso affermare con tutta sincerità davanti a Dio di aver di fatto rinunciato ad essere cardinale. Dopo la mia prima lettera al cardinale Bertone, che inviai al papa perché ne facesse quello che credeva più opportuno, papa Benedetto mi chiamò e mi ricevette in udienza il 4 aprile 2011 e mi disse immediatamente queste parole: “Io credo che l’incarico in cui lei potrebbe meglio servire la Santa Sede è come presidente della Prefettura per gli affari economici al posto del cardinale Velasio De Paolis. Io ringraziai il papa per la fiducia che mi mostrava ed aggiunsi: “Santo Padre, perché non aspetta sei mesi o un anno? Perché, se lei mi promuove adesso, la squadra che ha avuto fiducia in me per sanare la situazione al Governatorato sarà immediatamente dispersa e perseguitata (come di fatto è avvenuto). Aggiunsi anche un altro argomento. Dato che il cardinale De Paolis era stato da poco incaricato di sanare la delicata situazione dei Legionari di Cristo (il cardinale De Paolis mi aveva consultato prima di accettare questo incarico), dissi al papa che era meglio che continuasse ad avere un incarico istituzionale che dava maggior autorevolezza alla sua persona e alla sua azione con i Legionari.
Al termine dell’udienza il papa mi disse di nuovo: “Io comunque resto del parere che il posto in cui lei può servire meglio la Santa Sede è come presidente della Prefettura per gli affari economici”. Il cardinale Re può confermare questa notizia. Quindi io allora ho rinunciato al cardinalato per il bene della Chiesa.
Al termine dell’udienza il papa mi disse di nuovo: “Io comunque resto del parere che il posto in cui lei può servire meglio la Santa Sede è come presidente della Prefettura per gli affari economici”. Il cardinale Re può confermare questa notizia. Quindi io allora ho rinunciato al cardinalato per il bene della Chiesa.
Che cosa risponde a chi coinvolge la sua famiglia parlando di “saga” all’insegna di ingenti interessi economici?
Il 20 marzo 2013 i miei fratelli avevano preparato un comunicato per la stampa, alla cui pubblicazione io allora mi opposi per evitare di coinvolgere tutta la famiglia. Poiché ora si continua a ripetere l’accusa di mio fratello don Lorenzo, e cioè che io avrei mentito a papa Benedetto scrivendo della mia preoccupazione di dover partire perché dovevo prendermi cura di mio fratello malato, ho deciso di rendere pubblico ora il comunicato. Dalla sua lettura appare evidente come io sentissi la grave responsabilità morale di prendermi cura e di proteggere mio fratello.
Aldo Maria Valli
Chi fosse interessato ad approfondire quest’ultimo aspetto, può leggere qui il testo del comunicato che nel marzo 2013 fu redatto da alcuni dei fratelli Viganò in difesa di Carlo Maria.
Accusato di aver agito mosso da risentimento personale, l’ex nunzio a Washington, autore delle 11 pagine di memoriale contro Papa Bergoglio, si difende: «Ho parlato perché la corruzione è arrivata ai vertici della gerarchia della Chiesa»
Monsignor Viganò in una foto d’archivio |
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò rilancia il suo attacco del 26 agosto al Papa, finalizzato a ottenerne le dimissioni e lo fa con un’intervista ad Aldo Maria Valli, uno dei cinque giornalisti che hanno pubblicato il suo memoriale. Parlando da un luogo che non rivela, dove si sarebbe rifugiato per non farsi raggiungere dai media, l’ex nunzio negli USA respinge le critiche che gli sono state rivolte: in particolare quella di aver agito per vendetta nei confronti del Papa e dell’intero sistema vaticano, specie per la mancata promozione a cardinale e afferma di aver parlato solo «perché la verità emerga», ovvero la verità della copertura degli abusi del clero: «Ho parlato perché oramai la corruzione è arrivata ai vertici della gerarchia della Chiesa».
I tre cardinali che avrebbero coperto le denunce
Egli ritiene lo stesso Bergoglio responsabile di copertura degli scandali. Nel memoriale Viganò faceva il nome di decine di cardinali e vescovi tolleranti o promotori della «corruzione» e ora, nella telefonata a Valli, aggiunge al lungo elenco i tre cardinali (Julian Herranz, Jozef Tomko, Salvatore De Giorgi) che, su incarico di Benedetto XVI, indagarono nel 2012 dopo il primo Vatileaks: anche loro – egli afferma – avrebbero mancato di riportare la giusta denuncia che affidò a loro. Nella telefonata Viganò sostiene di non essere affatto mosso da risentimento e di aver rinunciato di sua iniziativa al cardinalato, che gli sarebbe stato offerto da Benedetto XVI (il Papa che lo spostò dal Governatorato alla nunziatura di Washington, provocando la sua protesta).
Francesco I «sereno» all’udienza generale
Viganò definisce calunniose le rievocazioni da parte dei media dei suoi conflitti con un fratello e una sorella per ragioni di eredità: si tratterebbe di «veleno per distruggere la mia credibilità». Intanto Papa Francesco – che i collaboratori descrivono come amareggiato ma «sereno» e per nulla intenzionato a dare le dimissioni – ha tenuto stamani l’Udienza generale in piazza San Pietro, mostrandosi nell’atteggiamento cordiale e accogliente come sempre. Ha parlato dell’incontro con le famiglie che ha avuto sabato e domenica a Dublino, ma non ha detto una sola parola sull’attacco di Viganò, calibrato per colpirlo mentre era impegnato in quella trasferta.
di Luigi Accattoli
https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_agosto_29/vaticano-vigano-nessuna-vendetta-abusi-deve-emergere-verita-11878dd4-ab65-11e8-9764-e6a99f8035d4.shtml
Nell'ansia di screditare l'autore del documento, Andrea Tornielli finisce per mollare pure Joseph Ratzinger . E attribuisce a Carlo Maria Viganò la firma (inesistente) della «Correctio filialis». ...
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