ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 22 agosto 2018

Pulvis eris et in pulvere reverteris.


SCENA MUTA









L’agnello deve amare il lupo, altrimenti è un malvagio.







































https://www.maurizioblondet.it/scena-muta/

PONTI E PONTEFICI ----- Molestie: spuntano i meetoo maschi



Transfert
Si divincolano e sparano discorsi dell’odio del rancore e dell’invidia (hate speech) di cui, peraltro, sono titolari storici. Basta pensare all’Islam integralista, estremista, terrorista, ai populisti razzisti, xenobofi, fascisti, ai “Hitler Milosevic”, “Hitler Saddam”, “Hitler Gheddafi”, “Hitler Assad”, “Hitler Chavez”, ma anche prima ai negri cannibali,  ai pellerossa selvaggi. Discorsi dell’odio di classe dei dominanti che si sentono perennemente minacciati dai dominati (e quando non dai dominati, da subconsci sensi di colpa), con i quali esorcizzano e criminalizzano a favore di censure High Tech il conflitto politico e sociale chiamandolo, con classico transfert freudiano, appunto “discorso dell’odio”.

Si divincolano sotto l’incessante tramontana di fischi a loro, seguito dal robusto libeccio di applausi al governo (e chissà perché al capo dello Stato, da loro espresso e amato). Fischi e applausi uditi a Genova, ma che hanno riecheggiato in tutta Italia, rilanciando e potenziando in misura del tutto insospettata il celebre e profetico vaffa! di Beppe Grillo. Abbarbicati agli scanni parlamentari, scogli in mezzo a un mare in tempesta su cui si abbattono i marosi dell’indignazione popolare (populista?), finiscono travolti e non sanno se salvarsi  attaccandosi alla ciambella di salvataggio dell’”Unità nazionale”, lanciatagli dal presidente della Repubblica, oppure salire sul barcone di Lego con cui un  ex-primo ministro, dalla divisa sbrindellata di capitano, conta di essere accolto in qualche porto.

Ritransfert
Pensate cosa scrive Ezio Mauro a proposito del Ponte Morandi, orrore dai dominanti fatto costruire, male, in testa alla gente, in un’Italia degli orrori cementizi inflitti  da settant’anni ai dominati e al loro habitat allo scopo di renderli tutti succubi o vittime di catastrofi “naturali”, che in compenso incrementassero PIL e conti e banche.: “Un insieme fradicio e marcio di élite, baronie, vecchi partiti, istituzioni e poteri economici e finanziari forti”(Repubblica 17 agosto). Dopo una tale intemerata, chi mai oserebbe affermare che il gruppo Repubblica, ora “Stampubblica”, fosse, come sostenevano gli hate speecher,l’organo proprio di quell’ “insieme fradicio e marcio”, di quei “poteri economici e finanziari forti”?  Chi oserebbe parlare di transfert? E pensate che a ergersi a vindice di quelle macerie di materiali, corpi, vite, “Repubblica” sia l’unica testata di quel giornalone unico e schermo unico al quale siamo felicemente giunti grazie a una civiltà monopolistica e globale che, così, ci evita confusioni e contraddizioni e conflitti?



Gli invisibili
Evitando basse speculazioni e strumentali accuse a chi con la classe dominante, seppure fradicia e marcia, ha collaborato per lo sviluppo, anzi, il progresso d’Italia, l’informazione unica per ben tre giorni dal 14 agosto dell’ “incidente”, si è ben guardata di menzionare la famiglia titolare della società. Questione di  discrezione, privacy, stile di chi ce l’ha. Saggia prudenza anche. Si sarebbero potuti scatenare tra i malintenzionati, pencolanti verso il populismo, odii, rancori e invidie, tutti sentimenti contrari all’unità nazionale, agli imprenditori dello sviluppo e loro fiduciari politici. Al giornalone unico, che, prima dell’auto-lavata di capo di Mauro, si diceva di sinistra, ma qualcuno diceva che era di destra, si affianca un giornalino parimenti di destra, populisticamente parlando, ma che nella testatina si mimetizza da “comunista” . Più sbarazzino, della famiglia dei così simpatici e anticonformisti colori uniti dopo un po’ ha, sì, parlato, ma solo per porvisi a difesa, cannoneggiando  di anatemi tipo “populismo penale” chi ne pretendeva scuse e, soprattutto, ammende e riparazioni. Populisti forcaioli e giustizialisti   che avanzano accuse di malagestione del tutto arbitrarie, prima che i cento passaggi della giustizia penale, civile e amministrativa, e magari anche canonica, l’avessero accertata.

Come pareva ventilare anche un malaccorto e precipitoso procuratore generale genovese. A quanto pare, populisticamente non ha voluto tenere conto delle possibili concause del crollo: il fulmine, la tormenta, un meteorite, il terremoto, Al Baghdadi, gente che ha voluto suicidarsi…..

Populismo penale
Veniva avviata, dal “populismo penale”,  addirittura la cessione del privilegio di poter aumentare i pedaggi, anno dopo anno, di oltre il doppio rispetto all’inflazione, riducendo in parallelo la manutenzione, potendo così contare su un utile netto di 10 miliardi in 10 anni di concessione. Eccessivo? Ma come potrebbe diversamente la bella famiglia Benetton aver investito nel Sud del mondo, al punto da aver reso produttivo il desolato sud dell’Argentina, una “terra del fuoco” ora popolata, anziché da arcaiche popolazioni indio improduttive, da milioni di ovini senza i quali non avreste i vostri bei maglioni colorati e neppure le belle foto di Toscani che ve li promuovono con tanto di bimbetti, anche loro antirazzisticamente di vari colori.



C’è, sempre in una delle testatine del giornalone unico, stavolta sedicente di opposizione, chi ha investito del commento-principe all’evento una penna di assoluta rinomanza, di incomparabile prestigio. Furio Colombo l’ha presa alla larga, tanto larga che di responsabilità, colpe, costruttori, manutentori, non v’è accenno. Inezie rispetto alla ciccia della storia. Un evento che ha avuto il “merito” (sic!) di aver giocato un brutto scherzo, a Autostrade? Ad Atlantia? Ai Benetton? Macchè, non divaghiamo: “ai due schieramenti (giallo e verde) costretti a distrarsi un po’ dalla caccia ai migranti… dalla manomissione su milioni di pensioni degli italiani… dall’accusa di tutti coloro che hanno governatodal progettino sul lavoro che forse provocherà solo qualche licenziamento”.

Ah, come gli è andata male al governo! “Stavano proclamando il trionfo ed è caduto il ponte di Genova”. Ah, che soddisfazione…! E poi giù con i i vaccini e la superstizione contro la scienza, l’abolizione nefanda della legge Mancino , adulti bambini che feriscono migranti. Capitreno nazisti che offendono i rom….E il ponte? E autostrade?  Colombo, come sempre, ci ha dato una lezione giornalistica: se un ponte cade, fallo cadere su chi ti sta sul piloro.



La grande grigliata di riparazione

Non solo. Sappiamo che ospitalità e accoglienza sono i nostri valori, quelli che i populisti xenofobi hanno in disprezzo e odio. E se i dirigenti della società Autostrade a Genova si sono dovuti rammaricare della mancata accoglienza delle loro scuse, che avevano pur tentato, a forza di silenzi, di far “percepire” dal popolo vissuto o morto sotto il ponte, così non è stato per la famiglia. Non erano passate che 24 ore dalla frantumazione del demenziale e osceno manufatto, tirato su - badate! - prima che Luciano Benetton cucisse il suo primo maglione, che la vita ha trionfato sulla morte, la festa sulla disperazione, l’accoglienza e l’ospitalità su populismi, esclusivismi, case, frontiere e porti chiusi, muri eretti. Ben 90 cittadini comuni di questo paese sono stati accolti e nutriti a base di pesce nella più bella villa di Cortina d’Ampezzo. La generosità dei Benetton non ha conosciuto limiti e ha compreso anche un aperitivo in piedi prima della cena seduti, con catering arrivato dal più rinomato ristorante delle Tre Venezie, il “Da Celeste” di Venegazzù.

Vigili del fuoco, parenti e volontari stavano ancora grattando i massi malamente appiccicati dall’ingegner Morandi e peggio mantenuti insieme, per rintracciare corpi ancora caldi prima che si freddassero per sempre, già questa famiglia di coraggiosi capitani veneti si affannava a superare “il fortissimo chock, il silenzio e la ritrosia” che le aveva attribuito il Corriere della Sera. Estendendo tale alleviamento della pena a una novantina di convitati, per la spesa non indifferente di 8000 euro, alla quale andava il contributo di 90 euro da ogni commensale. Senza calcolare 90 costi di viaggio e alloggio. Un primo gesto concreto per la riparazioni e la rinascita di Genova. E non venite a parlarmi di cattivo gusto, intempestività, cinismo. Non sareste che populisti trasudanti hate speech.

Toh, ci sono anche i vittimi di molestie
Poi c’era quel sottotitolo in cima all’articolo. Siamo fuori tema, ma dentro al mondo delle mistificazione di tendenza, che siano a vantaggio di pontieri irresponsabili, o di manovratori che, essendo pochi ma dotati di quasi tutti i mezzi, devono inventarsi trucchi e cospirazioni per frantumare e depotenziare la società in settori che si avversano a vicenda. Avete capito che il sottotitolo si riferisce al regista Brizzi, delle cui moleste, davvero trucide, a base di pippe sparate in faccia a verginali fanciulle, il giudice ha concluso che non sono mai esistite: “Il fatto non sussiste”. Sussiste invece il fatto che le tre molestate ci avevano già provato prima con Brizzi e poi s’erano affrettate a rabbonire la vittima con anche recentissimi sms di carinerie e affettuosità.

Ma quanto ad anticlimax, come gli inglesi chiamano il contrario dell’orgasmo, “improvvisa caduta nel vieto o nel ridicolo di uno stile, situazione o argomento solenni, doccia fredda, sgonfiatura”  (Il Nuovo Ragazzini). Quale migliore definizione si potrebbe dare della notizia, di cui al momento sono informati ancora pochi perché è della notte scorsa, secondo cui la romana Santa Giovanna d’Arco, l’Antigone, la Santa Maria Goretti del Quarticciolo, la vessillifera italica del movimento Metoo delle donne molestate, è stata accusata dello stesso reato infamante di cui lei, lacrimando e giustamente sacramentando, ha dichiarato colpevole il celebre produttore erotomane di Hollywood?

E’ stato uno che 5 anni fa aveva 17 anni, dunque pure minorenne, che ha accusato la star allora trentasettenne di averlo “molestato”, insomma di essergli saltata addosso, mentre insieme erano impegnati in un film. Sarà un millantatore, un mitomane, un misogeno, sarà un vendicativo frustrato del successo sperato e mancato. Come no, possibilissimo. Lo auguriamo all’accusata e a tutto il movimento per non dover incominciare a dire che è stato tutto, il movimento dico, non le molestie, una trovata di George Soros. Solo che vorremmo vedere se al ragazzo, maschio, viene attribuita la stessa credibilità che onora qualunque donna che si ricordi dopo trent’anni che qualcuno le ha pizzicato il culo e con ciò rovini vite e carriere. Magari, di credibilità ne merita un po' di più, visto che l'eroina italiana di metoo lo ha risarcito con 300mila dollari.

Avete notato che non ho fatto nomi. Con i facebook che corrono è elementare cautela.
Pubblicato da 


Propaganda mondialista del duo Benetton-Toscani

Benetton come Chaplin ne Il Grande Dittatore, ma con gli United Colors sottobraccio.

La chiamano già "pubblicità regresso", perché non si limita a promuovere merci da acquistare, ma veicola attraverso i messaggi visivi-choc, una pericolosa propaganda di diretta emanazione della famigerata Agenda NWO. Sto parlando di Oliviero Toscani, uomo spregiudicato al limite della costante provocazione visiva   a libro paga presso i signorotti di Treviso, azionisti di Atlantia (Autostrade per l'Italia), la cui mostra  in corso a Genova (guarda caso)  è stata boicottata dai genovesi indignati e giustamente arrabbiati dopo la tragedia del Ponte Morandi.  Ricordo la sua invettiva sugli Italiani che sarebbero un popolo cattivo.
Secondo lui il popolo italiano è "frustrato" e "infelice": "Da fotografo e da uomo immagine - aggiunge - posso dire proprio questo: siamo un popolo di infelici, incattiviti. Ce l’abbiamo con la nostra condizione, secondo me è per una colpa nostra. Ma allora prendiamoci a sberle per strada, sarebbe più sano a questo punto. Che popolo cattivo… E non dico solo quello italiano, l’umanità. Ce l’abbiamo con tutti…" (intervista Corsera).
E così scopriamo che Toscani (foto sotto) ha anche la vocazione delSavonarola: tutto da bruciare, tranne le sue immagini fotografiche.

 Prima che la tragedia  genovese finisca in terza o quarta pagina, sbiadita  e già in dissolvenza in forza di altre sciagure (terremoti, bombe d'acqua, alluvioni) pronte a sovrapporsi,  è bene non dimenticare che i magliettari della premiata ditta Benetton (oggi Maletton) non saranno forse riusciti a promuovere un marchio di qualità tessile (è fuffa che dura da Natale a Santo Stefano  e le materie prime come lino e cotone non sono di buona qualità), ma si sono fatti conoscere per il mondo, grazie alla pubblicità ridondante, scandalistica e chiassosa di Toscani del quale la sottoscritta ebbe ad occuparsene in tempi non ancora sospetti nel lontano 2008 a causa di una disgustosa pubblicità apparsa sul rotocalco "Donna Moderna", legata al "gender": con la scusa di  fare una campagna sulla violenze contro lo donne, non ha trovato nulla di meglio che fare scempio dell'infanzia, inchiodandola a un destino atroce. Un bambinetto si chiama Mario, e vi compare nudo con la scritta "carnefice": certo è un maschietto e può compiere un "femminicidio" (lo chiamano così). Una bambina si chiama Anna ovvero "vittima". Certo è nata femminuccia è può essere violentata o ammazzata.  Entrambi coi corpicini nudi e sansebastianizzati da una pubblicità indecente: la sua. Ovviamente ci fu una pioggia di lettere di protesta  per richiedere l'intervento dell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria  con sede in Via Larga 15 - 20122 MI.

https://sauraplesio.blogspot.com/2008/03/oliviero-toscani-gi-le-mani-dai-bambini.html

In quel caso, la "carta di Treviso" sui minori non funzionò e i bimbi  - chissà perché - non vennero nemmeno schermati.
E comunque ecco un'antologia di immagini da lasciare ammutoliti. Il lupo Toscani perde il pelo, ma non il vizio e le querele gli servono per accrescere la fama.
A proposito di lupi, ecco il  Lupo e l'Agnello che secondo il Toscanipensiero, trovano una pacifica coesistenza, nonostante i diversi colori e razze. Oh Yeah!
I cuori battono nonostante la differenza di colori. Scene da macelleria, più che messaggio salvifico come avrebbe voluto il fotografo.
Migrazione è bello se vestono Benetton. Dopotutto gli stracci non si negano a nessuno
Non è vero che solo gli immigrati delinquono - ci racconta Toscani - in galera ci vanno tanto i bianchi che i neri. Ecco la famosa foto di "insieme in manette".
 Questa caro Toscani, è talmente volgare e disgustosa che non la vorrebbe nemmeno uno stalliere all'ippodromo. Ma tu nella volgarità ci sei sempre vissuto e campato. Anzi, ti frutta soldi.
Il meraviglioso mondo di Toscani-Benetton non vuole guerre di religione ed è per  il Pensiero religioso Unico. Se poi c'è l'Ammore....
Ognuno è come si sente. E tutti hanno il diritto di essere daltonici. Le razze non esistono e i colori nemmeno.
Angioletti bianchi e diavoletti neri, vanno educati fin dall'infanzia ad amarsi.
Meticciato è bello e occorre incoraggiare i matrimoni misti. Ce lo dice United Colors of Benetton.


Non poteva mancare il bacio Lesbo. Dopotutto si deve vendere anche a loro.

Concludendo: boicottare la mostra del prezzolato di Benetton. Se proprio non resistete alla tentazione di una mostra fotografica, fate dei selfie al vostro gatto. O prendete vostro zio, mettetegli  un saio da frate, una penna d'oca in mano e fate un clic mentre finge di scrivere su un'antica pergamena.
Intanto a Fiumicino ricordano l'uomo dal mappamondo colorato sottobraccio. 
BenettOFF amigo!  Il tuo tempo è scaduto.
Pubblicato da Nessie 

http://sauraplesio.blogspot.com/2018/08/propaganda-mondialista-del-duo-benetton.html

RIFLESSIONE SULLA “MODERNITA'”, E IL SUO RITARDO

Che dire? Un altro esempio, purtroppo, del rapporto degli italiani con la modernità;  l’adozione di  una modernità già un po’ arretrata,  la mancanza di conoscenze necessarie mascherata con innovazioni arditissime….
Morandi  appartiene alla generazione di Pierluigi Nervi e di Gio Ponti, le nostre archistar degli anni ’60, i virtuosi del cemento armato – e virtuosi lo erano davvero, suscitavano meraviglie  nelle riviste internazionali  realizzando in cemento ciò che in genere, all’estero, si realizzava in acciaio.
Il punto è che l’Italia  ha mancato completamente  la grande stagione delle costruzioni in vetro e ferro, che nel Regno Unito, in Francia e in Germania già era sorta dal 1830:  l’epoca delle grandi Esposizioni e degli edifici per contenerle, il Palazzo di Cristallo di Cristallo, le la Tour Eiffel,  il Ballo Excelsior.   Nessuna colpa:  ci mancava la disponibilità nazionale di carbone per gli altiforni,  non avevamo   le miniere inglesi e dell’Alsazia-Lorena;   ci     mancavano le dimensioni industriali enormi delle  loro ferriere, il gigantismo industriale che rendeva il prezzo del materiale abbordabile. La nostra piccolezza industriale ci ha mantenuto estranei a quel  clima, discutibile ma epico, e  alla sua estetica grandiosa,  in cui gli ingegneri sostituirono gli architetti e usarono il ferro per costruire padiglioni di dimensioni colossali, a volta appiattita, approfittando della leggerezza dei materiali e della loro  qualità fisiche per elevare “le cattedrali profane   di dimensioni mai più superate”, come dice Sedlmayr:  che   ne elenca la “leggerezza del tutto nuova, il carattere aereo, per cui l’edificio  poggia su articolazioni mobili, su punti”..


Palazzo di Cristallo, fatto per l’Esposizione del 1851  a Londra.

Costruzioni  immani ma  smontabili come lo fu davvero   il Palazzo di Cristallo di Londra,  di Joseph Paxton,  che finita l’esposizione, fu   smontato e rimontato a Sydenham.  Serre e mercati (le Halles)  dove “la luce entra in masse inattese”, tanto da far pensare a “chiese dove si pratica il culto della Luce”;  fabbriche contenute in un “ambiente per la prima volta unico e di proporzioni straordinariamente grandi,  quasi cosmiche”.








La serra costruita per il duca di Devonshire.

Tutto questo nasceva da uno spirito specifico. Dostojevski lo illuminò col suo genio diagnostico nel 1864: “Avrà inizio allora una nuova economia elaborata in maniera perfetta e calcolata con precisione matematica..si costruirà un palazzo di  cristallo”.   L’epica del vetro e  ferro si estese all’estero fino oltre l’art déco, basta  vedere la coerenza  stilistica della Parigi di Haussmann, dove anche l’imbocco delle stazioni del Métro è un Liberty in ferro.
Da noi, l’architettura in ferro è rara.   La Galleria di Milano,  dove essa è usata  solo  nella zona aerea dei tetti, che all’estero  caratterizzò  le prime realizzazioni, fu così sensazionale (e costosa) che venne a inaugurarla Vittorio Emanuele II.  Nessuna colpa, s’intende. Ma nel frattempo,  questa stagione epica aveva prodotto –  nel vasto Occidente –  competenze, conoscenze  e maestranze specializzate  che avevano dato i ponti sospesi e i grattacieli.






Il primo ponte in ferro, 1771.

Così,   la coscienza collettiva italiana non  ha trovato nulla di strano quando il Grattacielo Pirelli di Gio Ponti fu esaltato” “coi suoi 127 metri,  una delle più alte strutture di cemento armato d’Europa”.   Che è un po’ come dire (scusate se esagero), abbiamo costruito l’unico  caccia-bombardiere tutto in massello di quercia  d’Europa.  Perché i grattacieli si costruiscono  da un secolo  altrove in acciaio,  gabbie di putrelle.   Quello è un piccolo grattacielino, fintamente moderno.  Anche i suoi aedi ammettono che “la stabilità (resistenza al vento) in un edificio in cui il rapporto larghezza/altezza è così piccolo, era un problema senza precedenti per soluzioni in cemento armato”, problema  che “Pierluigi Nervi  risolse adottando, con una serie di accorgimenti, un sistema a gravità, concentrato nei triangoli rigidi delle due punte, coppie di piloni cavi a parete piena e nei quattro pilastri mediani ugualmente”. Insomma una geniale ed ardita soluzione per problemi  che erano dovuti al materiale improprio, e con il ferro non si sarebbero presentati.  Ma Nervi era un genio. Morandi palesemente no.






Sala Nervi. “Cattedrale di Luce” in cemento.

Questo intendo per “arretrato rapporto italiano con la modernità”.    Oltretutto, il ferro costa e il cemento è economico.   E  come negare che Pier Luigi Nervi con esso emulò i miracoli delle “cattedrali di luce” delle Esposizioni e della Belle Epoque?
Ma  io da milanese mi rattristo nel vedre a Milano le successive adozioni di  “modernità architettoniche”  passate di moda, il liberty poi abbandonato,   il razionalismo, il gio-pontismo, e adesso la torre di Zaha Hadid, che sta già passando di moda  – e che fanno di Milano una città senza stile, senza coerenza   urbanistica. E questo Milano, che è la “più moderna”. Guardatevi attorno e vedete questo rapporto arretrato col la modernità, indossata come una maschera,  dovunque: in tv come nella pubblicità,  nel giornalismo arretrato;  e soprattutto grave, nella  mentalità dei politici. Il modello che tanto abbiamo avuto sotto gli occhi in questi giorni di tragedia sono i manifesti del “trasgressivo” (da quattro soldi) Oliviero Toscani  per United Colors of Benetton, attraverso i quali questi padroni del monopolio da cui ricavano rendite come nel Medio Evo i gabellieri delle strade, ci fanno  le lezioncine del moralismo politicamente corretto: non siate razzisti, non siate omofobi,  non abbiate “tabù”,  non siate  religiosi, soprattutto  non vi scandalizzate, perché in questo consiste la modernità – altrimenti siete vecchi.






Scalfarotto moderno.

La  “Modernità” di Scalfarotto che “sposa il compagno”  e si complimenta che il sindaco Sala ha fatto dipinger una stazione della MM con i colori arcobaleno; la modernità della Cirinnà, la modernità di  Delrio che si occupa dello jus soli   ma trascura i problemi del ponte Morandi.  Che,  come ha detto un ex amministratore delegato di Autostrade, “era come avere un malato gravissimo in casa, bisognoso di una badante 24 ore su 24”.  Infermieri infatti ci lavoravano giorno e notte.  Non è bastato, perché il cemento non è adatto a quell’opera, s’era per giunta usurato, era giunto al termine “naturale” del materiale.






Ponte di Sidney. I ponti a campata unica si fanno in acciaio.  E basta.  

















La Sinistra   è ormai l’incarnazione stessa di questa “modernità”  mal compresa, in ritardo,   ridotta alla “trasgressività” e all’’”Europeismo”  perché crede la UE sia la modernità invece  è   la vecchiaia,  una dittatura debole, dove è vietato mettere in discussione qualunque cosa, perché sennò crolla tutto come il Ponte Morandi. Ma non posso tacere che intravvedo la stessa “modernità in ritardo” in Beppe Grillo,il comico che si crede diventato sociologo e filosofo senza aver studiato,   anti-industriale senza aver mai visitato un’industria, pieno di illusioni “tecnologiche” su motori ad aria compressa e simili “ecologismi”,   ed ha avuto tanto successo a predicare la decrescita felice in un Meridione dove è mancata prima la crescita, magari  infelice  ma con piena occupazione, capitalisti avanzati  e lavoro qualificato.  Nessun “grillino” se la prenda – so già che mi scriveranno  furenti – ma ascolti invece e rifletta, ora che essendo al governo,  rischia di imporre scelte “avanzate” che sono arretrate e costeranno a questo paese  come il Ponte Morandi.
Io, a 74 anni, ho la triste fortuna   che non vedrò queste ulteriori modernità. Mi conforta aver rinfrescato le mie conoscenze sul degrado inarrestabile del cemento armato:  fra 60  anni al massimo tutta la “modernità” fra cui ho vissuto, dalla Sala Nervi agli orrori dei palazzinari,  non escluso il grattacelo Pirelli (ora Regione)  sarà crollata,   maceria che si sfarina,  pulvis eris et in pulvere reverteris.




Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.