AVVENIRE IMPAZZITO COME IL SISMOGRAFO. FALASCA, PERCHÈ NON CHIEDI AL PAPA SE È VERO, TU CHE PUOI?
Oggi avrei voluto limitarmi a pubblicare la riflessione di mons. Athanasius Schneider sulla testimonianza di mons. Viganò. Purtroppo un editoriale di Stefania Falasca su Avvenire mi obbliga a dire un paio di cose. Cito.
“E alla fine è arrivata anche la ciliegina sulla torta di tutto l’affaire. In una lunga conversazione con l’agenzia Ap, un giornalista di un blog notoriamente anti-Bergoglio, preso da un’irrefrenabile euforia di protagonismo narcisistico, in pochi minuti ha offerto su un piatto d’argento i piedi d’argilla della maldestra operazione: ha confessato pubblicamente che è stato lui a scrivere il cartiglio della cosiddetta testimonianza-denuncia. Queste le testuali parole: «Ho fatto l’editing professionale; cioè abbiamo lavorato sulla bozza, il cui materiale era integralmente del nunzio, per verificare che fosse scorrevole e giornalisticamente utilizzabile». Insomma, un lavoro creativo per un programma «giornalisticamente utilizzabile» e che di veramente preciso ha avuto solo il meccanismo a orologeria”.
Aveva un’aria familiare, questa roba. E infatti erano le stesse scemenze apparse ieri sul Sismografo, e dovutamente confutate ieri da Stilum Curiae. Ma allora diciamo ancora una volta, in parole semplici, così che tutti capiscano. Mons. Viganò mi ha contattato un mese fa perché voleva fare un’intervista, dopo aver letto, su un sito che Falasca conosce molto bene, perché fa parte della Bergoglio Press Gang, allusioni, insinuazioni e falsità sui nunzi Montalvo e Sambi e su Benedetto XVI. Montalvo e Sambi sono morti, quindi non si possono diifendere, e Benedetto cerca di tacere il più possibile. E qui si potrebbe ben ricordare al collega responsabile il moto di Talleyrand: “Soprattuto, niente zelo”. Quando ci siamo rivisti qualche settimana più tardi, mi ha detto che invece di un’intervista aveva preparato un testo. E dal momento che voleva che fosse pubblicato, l’abbiamo riletto insieme. Il mio contributo è stato quello di suggerirgli di togliere alcune cose, di chiarire termini e situazioni che non erano agevolmente comprensibili a non addetti ai lavori, o a persone abituate a un linguaggio ecclesiastico, sciogliere acronimi, vedere che il filo del discorso filasse. Quello che si chiama editing, Stefania; quindi, mi spiace per te e per i tuoi committenti, niente di creativo. Di mio lì c’è solo questo lavoro appena descritto. Chi ha letto il documento saprà che è una testimonianza personale di qualcuno che ha vissuto degli eventi, e come tali li racconta: che cosa c’entra la creatività? O sono veri o no.
Tutto lì. Mi spiace molto non poter dire che ho scritto tutto io; e anche tu e i tuoi committenti ne sareste felici. Ma purtroppo non è così. Quanto al narciso: ne sono, grazie a Dio, perché è una cosa sana, chiedilo al tuo Patron che è esperto di queste cose – fornito come chiunque altro. Ma in questo caso mi sono limitato a rispondere a una collega che voleva fare un pezzo di colore su come era uscito il documento. Tutto lì. Un consiglio, comunque, Stefania: quando vuoi attaccare qualcuno, prenditi la pena di dare un’occhiata a quello che scrive. Avresti visto che al tuo mentore (!), Luis Badilla si era già risposto.
Capisco che la situazione sia difficile, e per cercare di creare dei diversivi dal punto centrale di questa storia tu ed altri dobbiate disperatamente arrabattarvi a cercare effetti speciali, intrighi, complotti e attaccarvi persino – questo sì che è un segno di disperazione – a un povero Cristo come il sottoscritto.
Però ci sarebbe un modo semplice semplice di uscirne. Se uno fosse un giornalista. Posto che come sappiamo tu hai familiarità con l’allora cardinale e adesso papa Bergoglio (i maligni dicono che è grazie a questo, che improvvisamente ti sei trovata editorialista su Avvenire, dalle rovine fumanti dell’andreottiana Trenta Giorni. Cattivi!), perché, posto che tu hai la possibilità di farlo, a differenza nostra, non lo vai a trovare?
Potresti chiedergli: Santo Padre, ma è vero quello che scrive qui mons. Viganò?
<Subito dopo il papa mi chiese con tono accattivante: “Il card. McCarrick com’è?” Io gli risposi con tutta franchezza e se volete con tanta ingenuità: “Santo Padre, non so se lei conosce il card. McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i Vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti e papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi ad una vita di preghiera e di penitenza”. Il papa non fece il minimo commento a quelle mie parole tanto gravi e non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse già nota da tempo, e cambiò subito di argomento>.
Potresti chiedergli: questa conversazione corrisponde a verità? Oppure è un’invenzione?
E poi potresti dare a tutti noi la risposta, quale che sia. Contribuendo così, una volta, spargere verità intere, non mezze, quarti o frammenti ad usum delphini. Fallo, dai.
Una riflessione sulla testimonianza dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò
Scritto da Mons. Athanasius Schneider, Lunedì 27 agosto 2018
È un fatto raro ed estremamente grave nella storia della Chiesa che un vescovo accusi pubblicamente e specificamente un Papa regnante. In un documento recentemente pubblicato (il 22 agosto 2018) l’arcivescovo Carlo Maria Viganò testimonia che da cinque anni papa Francesco era a conoscenza di due fatti: che il cardinale Theodor McCarrick aveva commesso reati sessuali contro i seminaristi e contro i suoi subordinati e che sul suo conto pendevano sanzioni, che Papa Benedetto XVI gli aveva comminato per questo motivo. Inoltre, l’arcivescovo Viganò ha confermato la sua affermazione con un sacro giuramento che invoca il nome di Dio. Non c’è, quindi, nessun motivo ragionevole e plausibile per dubitare della veridicità del contenuto del documento dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò.
I cattolici di tutto il mondo, i semplici fedeli, i “piccoli”, sono profondamente scioccati e scandalizzati per casi gravi recentemente divulgati, il fatto che le autorità ecclesiastiche hanno coperto e protetto i chierici che commettevano reati sessuali contro minori e contro i loro stessi subordinati. Tale situazione storica, che la Chiesa sta vivendo ai nostri giorni, richiede una trasparenza assoluta a tutti i livelli della gerarchia della Chiesa, e in primo luogo evidentemente a nome del Papa.
È del tutto insufficiente e poco convincente che le autorità ecclesiastiche continuino a formulare appelli generali per una tolleranza zero nei casi di abusi sessuali da parte del clero e per fermare la copertura di tali casi. Ugualmente insufficienti sono le suppliche stereotipate per il perdono da parte delle autorità della Chiesa. Tali appelli per la tolleranza zero e le richieste di perdono diventeranno credibili solo se le autorità della Curia Romana metteranno le carte sul tavolo, facendo nomi e cognomi di tutti coloro che nella Curia Romana – indipendentemente dal loro rango e titolo – hanno coperto i casi di abuso sessuale su minori e subordinati.
Dal documento dell’Arcivescovo Viganò si possono trarre le seguenti conclusioni:
- Che la Santa Sede e il Papa stesso debbano iniziare a ripulire senza compromessi la Curia romana e l’episcopato da lobby e reti omosessuali.
- Che il Papa deve proclamare in modo inequivocabile la dottrina divina sul carattere gravemente peccaminoso degli atti omosessuali.
- Che dovranno essere emanate norme perentorie e dettagliate, che impediscano l’ordinazione di uomini con tendenze omosessuali.
- Che il Papa ripristini la purezza di tutta la dottrina cattolica e rimuova l’ambiguità nell’insegnamento e nella predicazione.
- Che vengano ripristinati nella Chiesa attraverso l’insegnamento papale ed episcopale e attraverso le norme pratiche dell’ascesi cristiana sempre valida: la pratica del digiuno, della penitenza corporale e ddell’abnegazione.
- Che nella Chiesa sia ristabilito lo spirito e la prassi della riparazione e dell’espiazione per i peccati commessi.
- Che abbia inizio nella Chiesa un processo di selezione sicuro e garantito di candidati all’episcopato, che siano in modo dimostrabile veri uomini di Dio; Sarebbe meglio lasciare le diocesi diversi anni senza un vescovo piuttosto che nominare un candidato che non sia un vero uomo di Dio nella preghiera, nella dottrina e nella vita morale.
- Che si crei nella Chiesa un movimento specialmente tra cardinali, vescovi e sacerdoti per rinunciare a qualsiasi compromesso e ad ogni flirt con il mondo.
Non mi sono sorpreso, quando i principali media internazionali oligarchici, che promuovono l’omosessualità e la depravazione morale, hanno cominciato a denigrare la persona dell’arcivescovo Viganò e ad insabbiare la questione centrale del suo documento.
In mezzo alla diffusione dell’eresia di Lutero e a una profonda crisi morale di una parte considerevole del clero e specialmente della Curia romana, Papa Adriano VI° scrisse le seguenti parole incredibilmente sincere, indirizzate alla Dieta Imperiale di Norimberga del 1522: “Sappiamo che da qualche tempo molte abominazioni, abusi negli uffici ecclesiastici e violazioni dei diritti hanno avuto luogo nella Santa Sede e che tutte le cose sono state pervertite a causa di comportamenti nocivi. Dalla testa la corruzione è passata alle membra, dal Papa ai prelati: siamo tutti colpevoli, non c’è più nessuno che faccia il bene, no, nessuno”.
Spietatezza e trasparenza nel confessare e nel condannare i mali nella vita della Chiesa contribuiranno ad avviare un efficiente processo di purificazione e rinnovamento spirituale e morale. Prima di condannare gli altri, ogni prelato nella Chiesa, indipendentemente dal grado e dal titolo, dovrebbe chiedersi alla presenza di Dio, se egli stesso abbia mai in qualche modo coperto gli abusi sessuali. Se dovesse scoprirsi colpevole, dovrebbe dichiararlo pubblicamente, perché la Parola di Dio lo ammonisce: “Non vergognarti di riconoscere la tua colpevolezza” (Sir. 4:26). Perché, come san Pietro, il primo Papa, scrisse, “Infatti è giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al vangelo di Dio?” (1 Pietro 4:17).
Marco Tosatti
Pedofilia nella Chiesa, le scuse del Papa non bastano
Tutti lo sanno, ma nessuno ne parla. Anche se è un tabù riemergono regolarmente sulla stampa casi di abusi su minori perpetrati dai preti in Italia. Delitti che segnano per sempre una vita, ma rimangono impuniti. Pedofilia nella Chiesa, le scuse del Papa non bastano.
Dall'Irlanda durante il suo recente viaggio in occasione dell'incontro mondiale delle famiglie, Papa Francesco ha chiesto scusa alle vittime degli abusi perpetrarti dai sacerdoti. La Chiesa, secondo le parole del Papa, non ha saputo in passato affrontare in modo adeguato questi crimini.
Quanto è diffuso il fenomeno dei preti pedofili in Italia? Perché questi crimini non vengono puniti e soprattutto le vittime ricevono un sostegno? Sputnik Italia ne ha parlato con Francesco Zanardi, presidente della Rete di sopravvissuti alle molestie del clero in Italia "L'Abuso".
— Francesco Zanardi, riguardo all'ultimo scandalo di pedofilia nella Chiesa, cosa ne pensa della lettera di scuse di Papa Francesco?
— Per quanto riguarda le scuse di Papa Francesco, a prescindere dal fatto che le scuse non bastano, sono talmente tante queste scuse che iniziano ad essere irritanti dal punto di vista delle vittime, servirebbero dei provvedimenti più che delle scuse… Sono ormai anni che le sentiamo e diventano quasi inaccettabili.
— Lei ha fondato "L'abuso", una rete di sopravvissuti alle molestie del clero. Quali sono le vostre attività, di cosa vi occupate nello specifico?
— Iniziamo col dire che non siamo un'associazione finanziata perché in Italia nessuno finanzia un'associazione percepita contro la Chiesa, anche se poi in realtà noi non siamo affatto contro la Chiesa, poiché le vittime sono quasi tutte cattoliche. Per quanto riguarda le attività abbiamo 16 avvocati in Italia e riusciamo a dare assistenza legale gratuita alle vittime dando loro la possibilità di costruirsi una vita. Offrire un aiuto economico alle vittime dà loro la possibilità di effettuare terapie che le possano in qualche modo riabilitare. La nostra è un'associazione piuttosto grossa in quanto siamo più di 700 associati ed abbiamo creato anche una rete di auto aiuto, grazie alla quale le vittime possono conoscere altre vittime vicine a casa loro con cui passare il momento di crisi.
— Ovviamente parliamo di fortissimi traumi, una storia che le vittime si porteranno dietro tutta la vita…
— Sono dei traumi da cui generalmente si esce. Il vero problema però è che quando un bambino è molestato da un laico generalmente parte la denuncia e grazie a questo ha una buona capacità di recupero; purtroppo invece quando si è vittima di un prete, a causa della cultura dell'omertà, questi abusi emergono dopo dieci, venti o anche trent'anni! Come può immaginare, rivivere un trauma dopo trent'anni è molto più complicato e finisci per accorgerti che quell'esperienza ha profondamente condizionato i tuoi rapporti sociali e familiari. Voglio insistere sulla necessità che le denuncie vengano fatte subito non solo per evitare che ci siano altre vittime ma anche per il recupero di coloro che vittime già lo sono.
— Ho visto che avete predisposto una mappa sul vostro sito sugli abusi in Italia, ma quanto è diffuso questo fenomeno?
— In Italia c'è un grosso problema con lo Stato e con il governo che finiscono per spalleggiare sempre la Chiesa. In Italia non è mai stata fatta una commissione di inchiesta che quantificasse l'entità del fenomeno. Noi con la nostra mappa sul sitoabbiamo tentato di quantificare il fenomeno, ma deve tener presente che raccoglie solo gli ultimi 15 anni di informazioni che sono uscite sui media. Bisogna comunque tener presente che parliamo di circa 300 preti pedofili in soli 15 anni! Secondo me anche solo aggiungendo un 20%, a esagerare, di sommerso diventerebbero veramente tanti.
— Vediamo quindi come funziona generalmente quando si scopre un caso di pedofilia nella Chiesa. Solitamente il prete non viene arrestato, denunciare è molto difficile… ma che cosa avviene in questi casi in Italia?
— Generalmente non avviene quasi niente! Adesso noi stiamo seguendo il caso particolarmente importante dei chierichetti del Papa abusati in Vaticano da Gabriele Martinelli: nonostante il caso sia avvenuto ad un metro dalle porte di casa del Papa non è successo nulla. Gabriele Martinelli non è stato sospeso e si è ripetuta la solita routine: scoppia il caso, esce quindi sui giornali, ma finita l'ondata mediatica si cerca di far finta di niente. A Malta invece abbiamo il caso di don Felix Cini che nonostante sia già stato stracondannato per abusi sui minori è in mezzo ai bambini ed è ancora prete. Questa purtroppo è la modalità della Chiesa…
Vede, irritano le parole di Bergoglio che dice di voler fare ma non ha ancora abrogato la famosa direttiva segreta del 1962, che fu scoperta nel 2004 dagli americani, in cui si spiega come gestire i casi di abusi sessuali. Perciò Bergoglio dovrebbe iniziare ad eliminare questa direttiva ed avrebbe una soluzione semplicissima per risolvere il problema: ordinare ai propri vescovi di denunciare questi casi alle autorità civili dei paesi dove avvengono. Invece non lo fa continuando a gestire invece a livello interno la questione. Se andiamo poi a vedere quali sono le sanzioni vediamo che sono la sospensione del prete o la riduzione allo stato laicale che non cambia niente poiché in questo caso pur non avendo più un pedofilo prete avremo comunque un pedofilo libero!
Alla vittima non viene data quindi alcuna possibilità di recupero e né vengono dati dei risarcimenti. Le vittime non possono così usufruire di strutture che permettano loro di riprendersi. Per tutto questo, insisto, le scuse sono veramente molto irritanti.
— Siamo quindi di fronte ad un sistema bloccato, secondo lei perché non si riesce ad interrompere questo circolo e dopo tutti questi anni non si riesce a fare niente?
— Il perché è piuttosto semplice: se la Chiesa decidesse di dare in gestione alle autorità civili il problema della pedofilia le vittime otterrebbero dei risarcimenti. Tutto ciò porterebbe a quello che è successo negli Stati Uniti dove decine di diocesi sono fallite. Un caso interessante è poi la Svizzera, dove il governo ha fatto una cosa molto intelligente e civile togliendo la prescrizione su questo tipo di reati, mettendo la Chiesa di fronte al dilemma se pagare subito le vittime o se aspettare che fosse un tribunale a dir loro quanto avrebbero dovuto pagare. Grazie a questo espediente la Chiesa in Svizzera ha proposto i risarcimenti alle vittime.
— La pedofilia nella Chiesa è un problema che si conosce ma di cui non se ne parla, secondo lei quando smetterà di essere un tabù e si comincerà ad agire realmente? Qual è il suo auspicio?
— Dove i governi si sono mossi anche la Chiesa s'è mossa, ne sono degli esempi l'Australia, gli Stati Uniti e l'Argentina. Purtroppo il grosso problema della Chiesa in Italia è il governo che non muove un dito, cosicché la Chiesa poi agisce di conseguenza. È ovvio che se lei parcheggia in divieto di sosta non va a cercare il vigile che le faccia la multa, la Chiesa fa la medesima cosa con la pedofilia: se non viene messa in riga ad affrontare questo problema difficilmente essa cambierà da sola. Siamo di fronte ad un paradosso italiano: le vittime non chiedono giustizia alla giustizia ma la chiedono al Papa… e questo dovrebbe far capire molto bene in che situazione siamo.
L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.
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