ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 3 settembre 2018

Follow the money!

La verità su McCarrick? Follow the money!


https://si.wsj.net/public/resources/images/BN-XP529_271ks_M_20180223144622.jpg (immagine aggiunta)
    Domanda: che cos’hanno in comune il padre Marcial Maciel e l’arcivescovo Theodore McCarrick?
Per chi si occupa di cose vaticane la riposta viene facile. Sia Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, sia il cardinale McCarrick, arcivescovo di Washington dal 2000 al 2006, sono stati purtroppo al centro di gravi vicende relative ad abusi sessuali.
Marcial Maciel nel 2006 fu sanzionato dalla Congregazione per la dottrina della fede con la pena canonica della rinuncia a ogni ministero pubblico per abusi sessuali e delitti di pedofilia continuati per decenni. Quanto a McCarrick sappiamo che, riconosciuto colpevole di abusi su seminaristi, nel luglio di quest’anno ha presentato le dimissioni dal collegio cardinalizio e papa Francesco le ha accettate.
Ma, al di là degli scandali per abusi sessuali, i due sono accomunati da un altro elemento: entrambi sono stati grandi finanziatori del Vaticano. Quando si dice “grandi” bisogna pensare a tantissimi soldi. Ed è probabilmente anche per questo che, nonostante i loro peccati, hanno goduto di parecchie protezioni.

Marcial Maciel è morto nel 2008. McCarrick  invece è vivo e di recente, con l’esplosivo memoriale diffuso da monsignor Carlo Maria Viganò, è al centro di mille domande. Due soprattutto: perché papa Francesco, che degli abusi di McCarrick fu avvertito da Viganò nel giugno 2013, non è intervenuto se non nel luglio di quest’anno, accettando le dimissioni del cardinale? E perché, sebbene a quanto sembra tutti sapessero della condotta morale del cardinale, il caso è esploso così tardi?
L’ipotesi è che McCarrick sia stato protetto più che dallo Spirito Santo dai milioni di dollari che mandava regolarmente al Vaticano attraverso la  Papal Foundation, fondata nel 1988 proprio da lui con il cardinale John Krol e il cardinale John O’Connor.
La Papal Foundation funziona in base a un principio semplice (https://www.thepapalfoundation.org/the-foundation/m/): “Donors can be individuals, foundations or fraternal groups. Membership starts with the pledge to give $1 million over the course of no more than ten years with a minimum donation of $100,000 per year. Those who choose to make this commitment become Stewards of Saint Peter and join a growing network of dedicated American Catholics in service to the Successor of Peter”. Ovvero: “I donatori possono essere singoli individui, fondazioni o gruppi fraterni. L’adesione inizia con l’impegno di donare un milione di dollari nel corso di non più di dieci anni, con una donazione minima di 100 mila dollari all’anno. Coloro che scelgono di prendere questo impegno diventano Stewards of Saint Peter e si uniscono a una crescente rete di fedeli cattolici americani al servizio del Successore di Pietro”.
Nel suo sito web la fondazione afferma che dal 1990 ha raccolto oltre 215 milioni di dollari. Un bel gruzzolo, molto importante per i conti della Santa Sede.
Quando nacque la Papal Foundation il Vaticano usciva con le ossa rotte dal caso Ior-Marcinkus e dallo scandalo del Banco Ambrosiano. L’idea era di coinvolgere i facoltosi laici americani, così da assicurare al papa un introito risvegliando la loro generosità. Un’ottima idea.
Nell’ambito di questa attività McCarrick si è dimostrato un formidabile raccoglitore di fondi. Come scrive Michelle Boorstein sul Washington Post (https://www.washingtonpost.com/news/acts-of-faith/wp/2018/07/31/as-rumors-of-sexual-misdeeds-swirled-cardinal-mccarrick-became-a-powerful-networker-and-fundraiser/?noredirect=on&utm_term=.51d95ac13ce0) fin dal suo arrivo a Washington, proveniente da Newark, lo “Zio Ted” si dimostrò abile nel frequentare le persone che contano e che possono donare denaro. Basti pensare che il presidente George W. Bush, all’inizio del suo mandato, nel 2001, andò per la prima volta a una cena privata proprio a casa dell’arcivescovo, anch’egli arrivato a Washington da poco.
“Vorrei essere un uomo più santo, più devoto, più fiducioso in Dio, più saggio e coraggioso”, disse l’arcivescovo durante la sua prima conferenza stampa a Washington. “Ma eccomi qua con tutti i miei difetti e tutti i miei bisogni, e lavoreremo insieme”.
I difetti si sono rivelati piuttosto gravi, ma McCarrick è stato sempre abile nel mascherarli, e comunque più di un alto rappresentante della Chiesa cattolica si è dimostrato disposto a chiudere un occhio, se non entrambi, davanti alle capacità imprenditoriali di colui che, all’apice del successo, il 21 febbraio 2001 fu creato cardinale da Giovanni Paolo II.
“La Papal Foundation è stata un motivo di forza enorme per lui in termini di rapporti con Roma”, dice Steve Schneck, capo dell’Institute for Policy Research della Catholic University of America. “Negli Stati Uniti non esiste un’organizzazione cattolica per la quale McCarrick non abbia raccolto fondi”.
Domanda di Michelle Boorstein: la popolarità di McCarrick e la sua capacità nella raccolta fondi lo hanno protetto?
Certo, il cardinale non piaceva a tutti. Alcuni lo ritenevano fintamente umile e misericordioso. Altri lo accusavano apertamente di essere arrivista e carrierista. Altri ancora dicevano che si dimostrava progressista e al passo con i tempi solo per poter raggiungere il maggior numero possibile di donatori. Comunque sia, McCarrick è riuscito a mettersi al centro di una rete di relazioni e amicizie che gli hanno consentito di proseguire indisturbato nella partica omosessuale, con una spiccata predilezione per i seminaristi.
La tattica utilizzata da McCarrick per mettersi al riparo non è nuova, ma resta sempre valida. Durante le audizioni di persone che hanno testimoniato contro di lui alcuni hanno detto che erano al corrente di voci e accuse contro l’arcivescovo, ma lo “Zio Ted” era così popolare che i possibili accusatori si autocensuravano: come andare contro un uomo tanto ammirato?
All’interno del mondo ecclesiale, poi, il curriculum di McCarrick, con la sua costante ascesa verso posizioni sempre più elevate, bloccava sul nascere ogni possibile contestazione. Come muovere osservazioni a un simile personaggio, amico di tanti potenti e omaggiato ovunque? Come mettere in discussione un uomo i cui primi passi nella carriera iniziarono sotto l’ala protettrice di due pezzi da novanta come il cardinale Spellman e il cardinale Cook? Come sollevare dubbi contro un uomo che a trentacinque anni era già presidente dell’Università Cattolica a Puerto Rico?
Una delle persone che, sia pure dopo anni, hanno trovato il coraggio di accusare McCarrick ha riferito che perfino le cene per la raccolta fondi erano utilizzate dall’illustrissimo monsignore, poi eminentissimo cardinale, come occasioni per altri tipi di raccolte. Eppure alla fine tutti, ammaliati dalla simpatia e dall’eloquio dell’anfitrione, tiravano fuori il  blocchetto degli assegni.
Una persona che lavorò a lungo con il cardinale ha riferito al Washington Post che McCarrick fece di tutto per ingraziarsi Giovanni Paolo II. Ovunque andasse papa Wojtyła, McCarrick era lì. A Cuba, in Messico, ovunque. “Cercava di farsi notare”. Per questo divenne amico del segretario del papa, Stanislaw Dziwisz. Ed ecco perché, quando Giovanni Paolo II si recò negli Usa, nel 1995, la prima tappa del viaggio fu Newark, la città della quale McCarrick allora era vescovo e dove il papa fu accolto dal presidente Clinton.
“McCarrick era un genio dello schmoozing”, ha detto il reverendo Boniface Ramsey, prete di New York che lavorò in un seminario del New Jersey quando McCarrick era vescovo lì. Schmoozing lo possiamo tradurre con “socializzare”, ma forse è meglio “arruffianarsi”.
Un altro suo punto di forza è stato quello di aver raccolto fondi per tutti, di aver aiutato tutti e di aver allacciato rapporti con tutti, conservatori e progressisti, per ogni tipo di nobile causa, comprese le politiche per prevenire gli abusi sessuali del clero.
Eppure pare che facesse vita piuttosto frugale. Viveva in modo semplice, dicono i testimoni. Indossava sempre il solito vecchio soprabito, e una volta, sotto Natale, i collaboratori gli regalarono una card  dei grandi magazzini Macy’s perché potesse comprarsi qualche vestito nuovo.
È stato sul finire del pontificato di Giovanni Paolo II che le voci sui comportamenti sessuali dello Zio Ted hanno incominciato a circolare con maggiore insistenza, dai seminari su su fino ai sacri palazzi romani. “Il cardinale si porta a letto i seminaristi”, si sussurrava.  Ma in questi casi c’era sempre qualcuno pronto a difenderlo dicendo: voci maligne, messe in giro dai tradizionalisti per denigrare un arcivescovo ritenuto troppo liberal.
Così anche dopo il compimento dei settantacinque anni, l’età della pensione per i vescovi, McCarrick è rimasto attivissimo, grande viaggiatore in giro per il mondo, al centro di missioni diplomatiche, come conferenziere e per raccolte di fondi.
L’autore di questo articolo ricorda di averlo conosciuto nel 2007, durante una crociera nei mari della Groenlandia organizzata dal patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo I, per sensibilizzare l’opinione sul problema del riscaldamento globale e dello scioglimento dei ghiacci. A pranzo e a cena il cardinale veniva spesso al tavolo dei giornalisti, si esprimeva benissimo in italiano e faceva battute su tutto. Aveva all’epoca settantasette anni, ma mostrava uno spirito giovanile.  Qualunque personaggio vaticano venisse citato, lui lo conosceva, e via con gli aneddoti.
Quando ricevette le sanzioni, a quanto pare solo verbali, da parte di Benedetto XVI? Qualcuno dice 2009, altri dicono 2010. In attesa di chiarimenti, è certo che, sebbene le voci a suo carico continuassero a intensificarsi, lui faceva come se niente fosse. Se ne infischiava. Sicuro di essere protetto dalle amicizie. E dai dollari.
Poi, quando tutto è precipitato, ha dato le dimissioni da cardinale e Francesco, accettandole, lo ha sospeso dall’esercizio di qualsiasi ministero pubblico, imponendogli l’obbligo di “rimanere in una casa che gli verrà indicata, per una vita di preghiera e di penitenza, fino a quando le accuse che gli vengono rivolte siano chiarite dal regolare processo canonico”.
Allora, lo Zio Ted, per tanti anni, l’ha fatta franca grazie al denaro che convogliava nella casse vaticane attraverso la Papal Foundation?
A proposito della Papal Foundation è necessario ricordare una vicenda recente e clamorosa: il primo dissidio tra la fondazione e papa Francesco.
Siamo nell’estate del 2017 quando dal papa arriva alla Papal Foundation la richiesta di stanziare una parte dei fondi a disposizione della fondazione a beneficio dell’IDI di Roma, l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, di proprietà del Vaticano,  per risanarne le disastrate casse (un crac di 845 milioni di euro, con ventiquattro rinvii a giudizio per bancarotta fraudolenta, emissione e utilizzo di fatture false, occultamento di scritture contabili, distrazione di fondi pubblici e riciclaggio).
La richiesta del papa è perentoria: 25 milioni di dollari in tre anni. Una cifra enorme, se si pensa che la fondazione in genere non elargisce mai più di 200 mila dollari a progetto.
Ecco perché, di fronte alla richiesta che arriva da Roma, all’interno della fondazione c’è una rivolta: noi, dicono i ricchi steward, aiutiamo volentieri il papa per le sue opere di carità e di aiuto alla Chiesa, ma non ci sembra giusto sovvenzionare un ospedale che in passato è stato gestito in modo pessimo.
Comunque, siccome è il papa in persona a chiedere il denaro, alla fine la fondazione versa: 8 milioni di dollari subito, altri 5 milioni nel gennaio di quest’anno. Il resto, dice il comitato, sarà inviato in seguito.
Ma il malumore è palpabile. Il presidente del comitato che si occupa della revisione dei conti prende carta e penna e scrive una relazione in cui denuncia l’anomalia di una procedura “negligente”, “viziata” e “contraria allo spirito della fondazione”. Fra l’altro, aggiunge, i primi otto milioni sono stati versati senza neppure avere una documentazione sul futuro utilizzo del denaro da parte dell’IDI. “Se nelle nostre personali carriere – aggiunge – avessimo consentito tali imprudenze, non avremmo mai raggiunto i requisiti per far parte della Papal Foundation”.
Insomma, la Papal Foundation versa i soldi obtorto collo. E chi è che spinge in tal senso? Il cardinale Donald Wuerl, successore di McCarrick come arcivescovo di Washington, nonché amico di McCarrick e presidente del consiglio di amministrazione della fondazione.
Il revisore dei conti della fondazione si dimette in segno di protesta, ma ormai il dado è tratto. Restano però i mugugni: dare i soldi all’IDI di Roma, ribadiscono i facoltosi finanziatori, significa fare un uso improprio della fondazione, che di solito si occupa di cause ben diverse e più nobili, come la lotta alla povertà e la costruzione di scuole, biblioteche e centri medici nei paesi più bisognosi.
Inoltre la Papal Foundation per la prima volta si spacca. Da un lato i vescovi membri del board, a favore della richiesta del papa, dall’altro i membri laici, nettamente contrari.
E Francesco come ha risposto? Ha annullato l’annuale udienza concessa agli amministratori della fondazione.
A questo punto la domanda è: si può immaginare che queste tensioni abbiano avuto un ruolo nel decretare la fine dell’omertà e degli appoggi di cui McCarrick ha beneficiato a lungo?
Il nome del cardinale è ovviamente sparito dall’elenco dei membri della fondazione. Ma è possibile che qualcuno, come ritorsione verso l’uso improprio delle risorse della Papal Foundation, si sia rivolto a monsignor Viganò e gli abbia chiesto di uscire allo scoperto con la notizia che il papa fin dal giugno 2013 era al corrente della condotta immorale di McCarrick?
Tutto troppo contorto? Può essere. Ma la pista merita di essere battuta.
Rod Dreher (https://www.theamericanconservative.com/dreher/sex-money-clericalism-papal-foundation/) in una ricostruzione che ha una sua logica scrive: “L’ipotesi è che Viganò stia dicendo la verità sul sesso gay, il coinvolgimento della gerarchia cattolica e un insabbiamento papale, ma che la sue rivelazioni potrebbero essere collegate a un’aspra lotta per il denaro”.
Da noi interpellato in proposito, monsignor Viganò ha dichiarato: “Nessuno dalla Papal Foundation o da ambienti vicini a essa si è mai fatto vivo con me”.
In ogni caso la vecchia regola che raccomanda, per giungere alla verità, “follow the money”, seguire i soldi, resta valida.
Aldo Maria Valli

CINA. COME L’EX CARD. MCCARRICK CERCÒ DI OSTACOLARE L’INCONTRO DEL CARD. ZEN CON IL PRESIDENTE BUSH.


Il M° Aurelio Porfiri è di nuovo a Hong Kong e ci ha inviato i suoi dispacci, molto interessanti e ricchi di notizie come al solito. La prima ci sembra di particolare interesse, anche perché è legata alla stretta attualità: il ruolo che l’ex cardinale McCarrick ha avuto nella questione cinese, e la sua simpatia per la Chiesa Patriottica. Non dimentichiamoci che – come racconta mons. Viganò nella sua testimonianza – il primo gesto di “riabilitazione” del cardinale predatore da parte del nuovo Pontefice fu quello di acconsentire, o addirittura di mandarlo in missione in Cina.
McCarrick e il Cardinal Zen
Mark Simon è un cattolico americano che vive in Hong Kong, molto critico verso il governo locale. Lavora nei media a livello manageriale e da quello che scrive, sembra molto ben informato su quello che accade al di qua e al di la dell’oceano. Un suo tweet, che mi è stato segnalato, ha destato la mia curiosità. Questo tweet è del 28 agosto e dice: “2006, visit with Cardinal Zen as courtesy call.  McCarrick lobbied furiously for us not to see President Bush. Later in day when Zen saw Negroponte at State Dept. we were informed by State that McCarrick thought Zen over stating case”. Cioè in una visita di cortesia con il cardinale Zen a Washington, l’allora cardinale McCarrick avrebbe agito contro questa visita cercando di impedire al Cardinale Zen di incontrare il presidente americano. Del resto Simon ha segnalato in altre occasioni i rapporti stretti di McCarrick con la Chiesa patriottica cinese. Insomma, in tutto quello che accade c’è un disegno coerente. McCarrick è stato uno dei negoziatori che si recava spesso in Cina, come anche confermato da questa intervista a lui fatta da Gianni Cardinale nel 2005. Se confermato quanto detto da Mark Simon, egli aveva sposato già prima del presente pontificato la linea che poi sembra essere prevalente da qualche anno a questa parte, “l’accordo sfavorevole” che nella mente di alcuni sembra essere la soluzione migliore per risolvere questa crisi. Ma la recente crisi che vede proprio McCarrick come protagonista, sembra per il momento aver messo in ombra il problema con la Cina.

Voci su un possibile annuncio di accordo Roma-Pechino a breve
Da fonte autorevole ho sentito dire che ci sarebbero voci su possibili annunci per la situazione Cina-Vaticano nel mese di settembre. Sono solo voci, ma la fonte ha sicuramente accesso a notizie a livelli più alti di quelli a cui potrei aver accesso personalmente. Forse ora questo possibile annuncio sarà rinviato visto la tempesta in cui si trova la Chiesa per via di scandali e rivelazioni varie. Staremo a vedere.

Un piano quinquennale per incatenare le religioni
Il piano quinquennale per la sinicizzazione della Chiesa cinese, di cui ha ben parlato Padre Bernardo Cervellera in un articolo su “AsiaNews”  e su cui ho commentato sempre su “AsiaNews” in riferimento alla liturgia e alla musica sacra non fa che confermare quello che da molte parti viene detto e osservato: il governo cerca ansiosamente di controllare le religioni, tra cui la cattolica, per garantirsi quella stabilità che vedrebbe minacciata da una maggiore libertà di azione da parte di coloro che professano una fede. E ritorna sempre, nel piano e in alcune dichiarazioni, questa annosa contrapposizione fra loro e noi, Cina e occidente, una contrapposizione che ha motivi storici e che ben è stata studiata in un saggio di Perry Johansson della Università di Hong Kong. In fondo è coerente con quanto detto da Wang Zuo’an (direttore dell’ufficio per gli affari religiosi) sul giornale del partito “Qiushi”, riportato dal “Sunday Examiner” di Hong Kong : le potenze straniere devono stare alla larga dalle religioni in Cina.

Statistiche truccate?
Ci viene sempre detto che l’economia cinese è in continua crescita. Ma un articolo recente su “AsiaNews” mette in dubbio questa marcia trionfale: “L’ufficio di statistica dichiara che le aziende vengono analizzate a campione. Secondo alcuni però questa campionatura verrebbe pilotata selezionando solo le realtà industriali più virtuose. Difatti le revisioni dei campioni utilizzati non sono rese pubbliche. I numeri “truccati” riguardano i grandi gruppi industriali, le vendite al dettaglio, il consumo di elettricità e la produzione di carbone. Va detto che, anche quest’anno, l’ufficio di statistiche sta riscontrando diverse difficoltà a far quadrare i conti forniti dalle province con il calcolo complessivo del Pil”.

Perché la Cina non è cristiana? Una risposta interessante
Ho domandato al padre Jean-Pierre Charbonnier delle missioni estere di Parigi, noto sinologo, la ragione per cui la Cina non è mai divenuta una nazione cristiana. Ecco la sua risposta in una mia traduzione dall’originale inglese pubblicato in “O Clarim”: “La civiltà cinese è molto raffinata. Comprende una base forte di virtù morale e un impulso per uno sforzo di auto-perfezionamento. Manca tuttavia un senso dei limiti umani e condanna il perdono come una debolezza vergognosa. Le offese devono essere vendicate. I cinesi non vogliono perdere la faccia nel confessare i loro torti. Non hanno il senso del peccato. D’altra parte, la fede cristiana chiede di distruggere questo orgoglio. La croce di Cristo è adorata. Se il cristianesimo è stato lento a progredire in Cina, è in gran parte dovuto al comportamento non cristiano degli occidentali in Cina”. Certo non si può negare che a volte gli occidentali non siano stati esemplari nella loro testimonianza cristiana in Cina. Purtuttavia ritengo importante sottolineare la centralità dei fattori culturali che il padre Charbonnier citava in apertura.

Nostre informazioni


Le cinque organizzazioni religiose della Cina avrebbero proposto di poter esporre la bandiera della Cina sopra tutti i luoghi di culto e di promuovere cerimonie in onore della bandiera stessa anche nelle maggiori festività religiose (7 Agosto, “China Christian Daily”).
Articolo che segnala l’intensificarsi dei rapporti fra Cina e Vaticano sotto il presente pontefice anche grazie alla trasmissione di documentari sulla Chiesa Cattolica in Cina (27 agosto, “Catholic Indipendent News”).
Nell’ambito di un giro di vite senza precedenti contro gli avvocati per i diritti umani, l’università di Pechino ha espulso due avvocati di Hong Kong provocando la reazione sdegnata della Bar Association, la più grande organizzazione di professionisti del settore legale (28 Agosto, “AsiaNews”).
Intervista ad un sacerdote cinese pubblicata in Giappone sul suo desiderio per la riunificazione e le difficoltà della Chiesa in Cina (1 settembre, “The Mainichi”).
Marco Tosatti

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