ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 18 settembre 2018

Una lezione per il presente

Il coro della Cappella Sistina e una lezione da mettere a frutto


https://i1.wp.com/www.farcoro.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/12/Sistina_3-e1514579712909.jpg?fit=1151%2C765 (immagine aggiunta)
Lo scorso 7 maggio il Met Gala di New York, sotto il titolo “Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination” (ovvero “Corpi celestiali: moda e immaginazione cattolica”) ha dato vita a un vero e proprio festival del travestitismo ecclesiastico. Una nefandezza, a dirla tutta. I cui sviluppi coinvolgono niente meno che il coro della Cappella Sistina, che purtroppo a quella nefandezza prese parte.
Capire come e perché un’istituzione prestigiosa come la Cappella musicale pontificia Sistina abbia potuto partecipare al Met Gala e finire in mezzo a quel sozzume è un’impresa che, di per sé, sfida le capacità di immaginazione e comprensione di un povero cattolico qual è il sottoscritto. In ogni caso, come hanno riferito i giornali, una volta viste le foto del Gala, con tanto di monsignori accanto a cantanti e attrici in abiti succinti, i genitori dei pueri cantores hanno scritto in Vaticano chiedendo spiegazioni. E, già che c’erano, hanno parlato anche di maltrattamenti nei confronti dei giovani coristi.

Così un nuovo filone di indagine si è aggiunto a quelli, di natura amministrativa, che già da mesi riguardano il coro.
“Sono sereno”, ha fatto sapere il direttore del coro, monsignor Palombella, precisando che i reati dei quali si parla nel suo caso, comunque, non sono quelli di natura amministrativa.
Staremo a vedere. Ma come uscire da questa situazione?
Dal maestro Aurelio Porfiri abbiamo ricevuto una riflessione che completa il quadro e indica una soluzione. La proponiamo a tutti i lettori
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Dalla storia una lezione per il presente
Sto seguendo, come molti musicisti di Chiesa, le dolorose vicende che riguardano il coro della Cappella Sistina. Perché per me questo coro non è uno come gli altri: il mio venerato Maestro, cardinale Domenico  Bartolucci, ne fu direttore per più di quarant’ anni. Ho frequentato il coro per anni e per un breve periodo, sotto monsignor Liberto, ne sono stato accompagnatore. Insomma, ho un affetto per questa gloriosa istituzione.
Non so come andrà a finire la vicenda attuale. I giornali parlano di dimissioni. Io mi auguro che chi di dovere dimostri che veramente il vento in Vaticano sta cambiando e, nel caso della nomina di un nuovo Maestro (nell’immediato o in futuro), si dia spazio alle migliaia di ottimi laici musicisti di Chiesa.
So che un regolamento della Sistina dice che il direttore deve essere un sacerdote, ma tante cose sono state cambiate in Vaticano negli ultimi anni e non credo sarà un problema cambiare anche questa norma. Oramai i sacerdoti musicisti veramente preparati sono pochi e i migliori sono già anziani. I sacerdoti attuali sono il frutto dell’educazione musicale nella società e nei seminari. Non dico che non ci siano musicisti preparati anche fra i sacerdoti, ma trovo profondamente clericalista riservare a loro una posizione di privilegio per una responsabilità che non richiede una funzione sacerdotale specifica. Se il Vaticano davvero vuole combattere il clericalismo, incominci da queste cose. Parlando con decine di prelati (cardinali, vescovi, sacerdoti musicisti eccetera) in passato, anche fra i sacerdoti musicisti, non ne ho sentito uno che negasse l’evidenza: questa regola non ha più motivo di esistere. Poi in pubblico si tace, a volte per convenienza.
La storia ci insegna che il più grande musicista cattolico, il modello di tutti noi, era un laico: Giovanni Pierluigi da Palestrina (che ebbe anche una non fortunatissima esperienza alla Sistina), sposato con figli. Non serve essere un sacerdote per avvertire il senso del sacro. Anzi, troppi sacerdoti hanno creduto che alla liturgia servissero cantilene melense e sentimentalistiche, e sono stati contrastati proprio da bravi laici (oltre che da altri sacerdoti di gusti più sanamente liturgici). Questa clericalizzazione della musica liturgica (fenomeno molto italiano: all’estero queste funzioni sono svolte, spesso egregiamente, da laici) affonda le radici nel XIX secolo ed è un fenomeno che vorrò studiare.
Io non credo che il Santo Padre si offenda se a dirigere il suo coro non è un sacerdote. D’altra parte ha nominato rettore magnifico della sua Università Lateranense proprio un laico. Se clericalizziamo tutto, anche il medico, l’autista e il cuoco del Papa dovranno essere sacerdoti.
Non serve essere sacerdote per dirigere la Sistina, serve essere competente. Se il migliore di tutti, laici e sacerdoti, sarà un sacerdote, almeno si sarà operato con giustizia. Ma il migliore non può venire se si esclude a priori il 90 per cento dei contendenti.
Si parla tanto del Popolo di Dio, ma si continua ancora, malgrado le parole roboanti, a tifare per una parte sola.
Aurelio Porfiri

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