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venerdì 26 ottobre 2018

Anche la sinistra..?

Abusi. Negli Usa altri procuratori in campo. E anche la sinistra si accorge della lobby gay

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Anche la magistratura della Virginia punta i riflettori sugli abusi sessuali commessi da esponenti del clero cattolico. L’attorney general (procuratore generale) dello Stato, Mark Herring, ha infatti annunciato che il suo ufficio sta indagando su possibili reati penali di natura sessuale commessi da sacerdoti nelle due diocesi della Virginia. Le indagini mirano inoltre a stabilire se i responsabili diocesani abbiano insabbiato o favorito i reati.

Come da parte di altre procure generali americane, anche in Virginia è stato aperto un indirizzo internet (www.virginiaclergyhotlinea.com) per raccogliere segnalazioni e denunce. Nel sito viene messo anche a disposizione un modulo da compilare e inviare alla polizia dello Stato.
Herring, come altri colleghi prima di lui, ha detto di essersi convinto a muoversi in seguito al dossier del gran giurì della Pennsylvania che ha documentato decenni di abusi nella Chiesa cattolica da parte di sacerdoti. “Come molti americani, ho letto il dossier e mi è venuta la nausea”, ha detto il procuratore. “Nausea per l’enormità del danno arrecato a tante persone e per gli sforzi fatti al fine di insabbiare. Nausea per la complicità dei vertici gerarchici che avrebbero dovuto sapere che cosa fare per difendere le vittime”.
L’inchiesta aperta in Virginia si unisce così a quelle già in corso in una decina di altri Stati che stanno lavorando per portare alla luce casi di abusi, recenti e meno recenti.
Ieri si è unito al gruppo anche Karl Racine, attorney general del Distretto di Columbia, dove si trova l’arcidiocesi di Washington, al centro dello scandalo che ha travolto l’ex cardinale Theodor McCarrick ed ha portato alle dimissioni del suo successore, il cardinale Donald Wuerl.
In quest’ultimo caso l’obiettivo del procuratore è far rispettare le leggi che regolano le organizzazioni non profit e richiedono la segnalazione di abusi sessuali. Eventuali crimini scoperti sarebbero di competenza del governo federale.
Nei giorni scorsi il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti ha aperto a sua volta un’inchiesta sugli abusi sessuali commessi per decenni dal clero cattolico nello stato della Pennsylvania su oltre un migliaio di bambini e rivelati lo scorso agosto dal rapporto del gran giurì. In questo modo, per la prima volta negli Usa è stata avviata un’indagine federale con l’accusa di abusi sessuali commessi da sacerdoti cattolici e coperti dai vescovi.
Anche il procuratore Racine ha spiegato di essere stato spinto ad agire dalla serie di fatti circostanziatiti contenuti nel rapporto del gran giurì, dal quale emerge una rete estesa di connivenze e coperture che arriva fino al Vaticano.
Nel rapporto un ruolo di primo piano ha l’ex arcivescovo di Washington Wuerl, rimasto in carica fino a quando il papa ha accettato le sue dimissioni all’inizio di questo mese.
Tra gli Stati che hanno avviato indagini figurano Illinois , Kentucky, Michigan , Missouri , Nebraska , New Jersey , New Mexico e New York.
Il procuratore Racine ha detto in un’intervista che i telefoni del suo ufficio sono bollenti a causa delle chiamate che chiedono di esaminare accuse nei confronti di sacerdoti.
Nel frattempo anche il sindaco della capitale, Muriel Bowser, ha lanciato una pagina web per le vittime o i potenziali testimoni di abusi sessuali, così che possano presentare rapporti e denunce.
Da segnalare intanto che una rivista progressista, Commonweal(https://www.commonwealmagazine.org/double-lives) dedica al fenomeno degli abusi e delle coperture un’inchiesta, firmata dall’ex editor esperto di religione di Newsweek Kenneth L. Woodward, nella quale si riconosce che l’omosessualità ha un ruolo negli scandali.
Nel suo articolo, intitolato Double Lives (Doppie vite), Woodward, nel riesaminare la vicenda dell’ex cardinale McCarrick, scrive che esponenti religiosi omosessuali non solo hanno commesso abusi, ma si sono coperti a vicenda: “Non è stato solo il clericalismo che ha permesso a McCarrick di abusare di seminaristi e giovani sacerdoti per decenni, sebbene il suo comportamento fosse ampiamente conosciuto all’interno degli ambienti della Chiesa. E non era solo la sua influenza ecclesiastica a dargli protezione. Anche le reti omosessuali avevano un ruolo. Con ‘reti’ intendo gruppi di sacerdoti gay, diocesani e religiosi, che conducono doppie vite infrangendo il voto di castità mentre ricoprono vari incarichi negli uffici della Chiesa”.
Woodward afferma inoltre che durante la sua lunga carriera, quasi quarant’anni, di esperto di religione per Newsweek ha sentito più volte parlare di abusi sessuali e di reti di protezione della lobby gay. “In genere – riferisce – i fatti venivano raccontati da uomini eterosessuali che avevano abbandonato le loro vocazioni sacerdotali proprio in seguito all’incontro con questa lobby”.
Uno dei pochi sacerdoti che in passato denunciò pubblicamente la situazione, rileva Woodward, fu don Andrew Greeley (1928 – 2013), giornalista e scrittore, che parlò di una rete omosessuale attiva nell’arcidiocesi di Chicago all’epoca del cardinale Bernadin. Woodward afferma inoltre di aver sentito parlare di reti omosessuali attive in Vaticano “e composte per lo più da italiani, che generalmente sono più rilassati in materia di omosessualità rispetto agli americani e non si sorprendono quando conoscono persone che conducono una doppia vita”.
“Non si può negare – scrive Woodwrad – che l’omosessualità abbia avuto un ruolo negli scandali degli abusi e nel loro insabbiamento. Per respingere questa accusa come omofobia bisogna essere ciechi o disonesti”.
Secondo Woodward, gli uomini attratti da altri maschi sono “naturalmente attirati” dal sacerdozio, così come dalle altre professioni e dagli altri ambienti, per esempio nel campo dello sport, che facilitano l’accesso a ragazzi e giovani uomini.
Proprio il caso McCarrick, afferma infine il giornalista, aiuta a farsi un’idea del problema. Il profilo di McCarrick non è, infatti, quello del pedofilo, perché non era attratto da bambini in età prepuberale, ma da adolescenti che adescava in seminario. Si tratta dunque di efebofilia, cioè quell’attrazione sessuale che si avverte verso ragazzi dai dodici ai diciotto anni circa.
Al termine dell’articolo Woodward, mantenendo fede al proprio orientamento progressista, attacca gli ambienti ecclesiali “tradizionalisti”. È tuttavia interessante e significativo che una testata come Commonweal abbia ospitato un intervento che denuncia apertamente il problema della lobby gay. “La trasparenza totale – scrive l’autore – forse non l’avremo mai. Ma se sono necessarie riforme strutturali per proteggere i giovani dagli abusi, gli scandali dell’estate 2018 dovrebbero essere visti come spunti per un’azione adeguata, non occasioni di inutili dimostrazioni di rabbia, shock, vergogna e disperazione. Il pericolo delle doppie vite clericali, e dei segreti che possono essere usati come armi per proteggere altri segreti, a questo punto dovrebbe essere chiaro a tutti. Finché c’è una Chiesa ci sarà anche un’ipocrisia clericale, ma possiamo e dovremmo fare di più per combatterla”.
Aldo Maria Valli
https://www.aldomariavalli.it/2018/10/25/abusi-negli-usa-altri-procuratori-in-campo-e-anche-la-sinistra-si-accorge-della-lobby-gay/
Clricalismo? No, si tratta di atti omoerotici

A proposito della polemica di come definire gli "abusi" commessi da sacerdoti e vescovi, si deve fare riferimento all'abc del catechismo, riguardo la valutazione di qualsiasi atto umano. Per cui definirli "abusi" è come parlare della cornice di un quadro e non del dipinto.


A proposito del tema dei cosiddetti “abusi” e della loro classificazione è necessario ricordare i “fondamentali” per la valutazione di un qualsiasi atto umano.

Dati i tempi è bene premettere che l’espressione di Gesù «Non giudicate» significa non giudicare la moralità della persona altrui, per il semplice fatto che ognuno è incompetente a valutare il deliberato consenso della volontà altrui all’atto e la piena avvertenza dell’intelligenza altrui al contenuto dell’atto – in alcuni casi è anche difficile dare un giudizio sui nostri stessi atti –. Però  la stessa espressione di Gesù «Non giudicate» non ci libera dal dovere di fare uso della intelligenza. Anzi le varie parabole di Gesù che chiamano alla responsabilità e alla prudenza sono un appello divino a usare sempre l’intelligenza, specie nella sua funzione di giudizio discretivo pratico, leggi “discernimento”, che è proprio una forma di giudizio. Questo giudizio potrà vertere non sulla persona dell’altro, ma almeno sull’azione compiuta dall’altro, su ciò che cade sotto la mia esperienza conoscitiva.

Ora, qualsiasi atto umano può essere considerato da molti punti di vista. Per amore di brevità consideriamo solo il suo aspetto morale, cioè la sua qualifica di buono (cioè adeguato all’uomo) o cattivo (cioè non adeguato all’uomo). L’atto è qualificato moralmente perché è oggetto della conoscenza e della volontà, dell’intenzione e della scelta. In particolare la moralità dell’atto consiste nella relazione tra l’atto stesso e la regola della ragione oppure, se si vuole, nel fatto che quell’atto è ordinabile al fine ultimo, ai fini intermedi o anche alle esigenze delle virtù: se l’atto è ordinabile al fine ultimo o a un fine intermedio, allora è moralmente buono; se invece non è ordinabile, allora è cattivo, cioè moralmente disordinato.

La bontà di una cosa significa la sua perfezione. Così un atto umano è buono solo se tutte le sue componenti sono buone. Tutti i fattori che concorrono a comporre un atto umano possono essere ricondotti a tre: cioè all’oggetto, al fine e alle circostanze. Quindi, la bontà morale sarà determinata dalla bontà dell’oggetto, da quella del fine e da quella delle circostanze.

In cosa consistono questi tre elementi dell’atto umano? Alcuni esempi ci possono aiutare a individuarli: quando do una notizia a un malato circa la sua patologia alle due di notte per rassicurarlo, l’oggetto dell’atto è “dare una notizia”, cioè “informare”, mentre “al malato”, “circa la sua patologia”, “alle due di notte” sono delle circostanze, e “per rassicurarlo” è il fine del soggetto operante, cioè l’intenzione movente. Oppure, quando senza l’altrui consenso prendo il denaro altrui per pagare una multa, allora oggetto dell’atto è “prendere la roba altrui senza il consenso dell’altro”, quindi è furto; mentre “per pagare una multa” è il fine del soggetto agente, cioè l’intenzione movente.

Quindi, l’oggetto dell’atto umano è ciò che è presentato e offerto alla deliberazione della ragione e alla scelta della volontà. L’oggetto è ciò verso cui si porta direttamente e di per sé l’atto umano. È l’obiettivo proprio e il fine intrinseco dell’atto umano. Mentre il fine del soggetto agente è il motivo, il fine estrinseco, l’intenzione soggettiva di chi agisce. Le circostanze sono degli elementi importanti che fanno come da cornice rispetto all’oggetto e al fine soggettivo dell’agente: possono riguardare il luogo e il tempo dell’atto, il modo della sua ideazione e realizzazione, le qualità personali di chi agisce o di coloro verso cui si agisce. «Concorrono ad aggravare oppure a ridurre la bontà o la malizia morale degli atti umani. Esse possono attenuare o aumentare la responsabilità di chi agisce. Le circostanze in sé non possono modificare la qualità morale degli atti stessi; non possono rendere né buona né giusta un’azione intrinsecamente cattiva», così insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica § 1754.

Quindi, il fattore che dà la specie morale all’atto è primariamente l’oggetto dell’atto, mentre secondariamente sono il fine dell’agente e le circostanze. Così nel primo esempio l’atto di informare ha un oggetto buono o indifferente; mentre nell’esempio del furto l’oggetto è cattivo. E ciò che specifica secondariamente l’atto è l’intenzione dell’agente: così nel primo esempio sarà il rassicurare, quindi un fine buono; e nell’esempio del furto è il pagare una multa, quindi anche un fine buono.

Ora, nella complessità dell’agire umano si possono dare alcuni casi nei quali tra oggetto proprio dell’atto e fine dell’agente c’è una relazione propria e diretta (es. mi sottopongo a un intervento chirurgico al fine di guarire). In questi casi la moralità specifica è determinata dall’oggetto (es. l’atto, essendo un atto terapeutico in senso proprio, è moralmente buono).

Nei casi, invece, in cui l’oggetto e il fine non sono tra loro correlati, ma sono messi in relazione solo da colui che agisce (es. assumo un farmaco per simulare una malattia; rubo per commettere adulterio), la moralità specifica degli atti esterni è duplice: sarà determinata sia dall’oggetto che dall’intenzione (es. sarò sia imprudente che simulatore; sia ladro che adultero). Mentre la moralità specifica degli atti interni sarà determinata principalmente dall’intenzione dell’agente, perché l’oggetto è voluto solo in quanto è una realizzazione concreta del fine soggettivo dell’agente.

Quanto alle circostanze, esse conferiscono all’atto umano la bontà o la malizia solo in senso secondario. Se non esprimono una relazione particolare rispetto alla regola della ragione, appartengono alla stessa specie morale dell’oggetto e, perciò, possono aggravare o attenuare la moralità in modo più o meno notevole. Sono queste le circostanze che consistono nella quantità, nella durata, nell’intensità o nel modo di esecuzione (es. fare una diagnosi con cura o con disattenzione).

Veniamo al tema oggi dibattuto: un uomo cui è stato conferito l’ordine sacro compie, abusando della sua posizione, gesti omoerotici nei confronti di un altro uomo consenziente o non consenziente. L’oggetto dell’atto umano è compiere gesti omoerotici: come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica § 2357 «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati», quindi si tratta di un oggetto cattivo. Mentre abusare della posizione che gli deriva dall’ordine sacro e la presenza o assenza del consenso dell’altro sono delle circostanze dell’atto. E in particolare sono circostanze che aggravano la malizia dell’atto stesso.

Quindi parlare di questo tema in termini di “abusi” è come voler parlare della cornice di un quadro, e non del dipinto. Se vogliamo essere realisti e usare la parresia, la schiettezza evangelica oggi tanto invocata, chiamiamo i fenomeni con il loro nome: si tratta di gesti omoerotici e quindi oggettivamente disordinati.

Infine, un principio di buon senso insegna che quando c’è mare agitato la nave sta in porto. Fuor di metafora in un contesto di turbolenza è vincente la fedeltà ai principi-guida dell’agire.

Giorgio Carbone

http://www.lanuovabq.it/it/clricalismo-no-si-tratta-di-atti-omoerotici

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