SINODO. QUALCUNO TEME CHE LA SEGRETERIA POSSA CONTROLLARE COME I PADRI HANNO VOTATO. E POI…
Ci siamo occupati poco o niente del Sinodo; ce ne scusiamo con i lettori di Stilum Curiae, ma come avete visto e letto affari e notizie più urgenti sembravano premere, rispetto al diluvio di parole di quell’assemblea. Ce ne occupiamo oggi, a pochi giorni dalla votazione del documento finale, perché abbiamo incontrato un amico, un ragguardevole personaggio della Curia, che ci ha reso partecipi degli umori presenti fra vescovi e cardinali.
In realtà moltissimi sono convinti che il documento sia già pronto da tempo, nelle sue linee essenziali; “Spargeranno poi qualche frase qua e là, presa da qualche intervento, e faranno come si fa in cucina come lo zucchero a velo sulle torte”.
Certo, ci sono sempre possibilità che oltre allo zucchero a velo nel testo trovino modo di entrare sostanze meno innocue, e più sotto riportiamo quello che scrive il collega Edward Penti, del National Catholic Register, che ha più di una osservazione da fare; anche riguardo all’acronimo LGBT, fatto entrare surrettiziamente (ma da da quale manina? Questo non è mai stato chiarito) nell’Istrumentun Laboris, e difeso dal Grande Regista dei sinodi, il card. Baldisseri. Comunque, secondo il nostro amico, la maggioranza non vorrebbe che si citasse la sigla LGBT.
Poi c’è una notazione interessante, che la dice lunga sul clima libero e fraterno che si respira nella Chiesa attuale: “Si teme che la segreteria possa sapere come voteremo perché si vota con lo stesso strumento con il quale ogni mattina si registra la presenza ed esso segnala il numero del posto corrispondente al nome”. E, naturalmente, ci sarebbero conseguenze per chi votasse in maniera difforme dai desideri e dagli auspici del Vertice. La somiglianza con un’Assemblea Nazione del Popolo cinese è sempre più forte. Sarà un effetto dello scambio culturale e dell’accordo con XI Jinping?
La proposta per un Dicastero per i giovani non ha trovato consensi. “Proposta minoritaria perché già c’è un Dicastero per i laici con ufficio per i giovani. Entia non sunt multiplicanda. Potrebbe esserci il suggerimento di una Commissione permanente a livello parrocchie diocesi Santa Sede”. E questa, visto l’amore del Pontefice regnante per le commissioni, non appare un’ipotesi astrusa.
Il sentimento generale è che il Sinodo sia diventato una macchina troppo grande ed opprimente. Ci vorrebbe meno gente. Una sola persona per nazione. Una consultazione previa per posta fra i vescovi, l’assemblaggio delle varie proposte e poi la consegna del prodotto scremato ai Padri da riunire per solo 2 settimane.
Fra non pochi Padri si registrano – questo per la cronaca minuta del Sinodo, in rapporto alla tempesta di scandali che ha investito la Chiesa – perplessità sulla presenza dei cardinali Cupich, Farrel e Maradiaga. “Si parla anche del Sostituto…” ci ha detto l’amico; evidentemente hanno letto quello che ha scritto l’Espresso, e la Fede Quotidiana, che ha pubblicato la lettera dei laici di Maracaibo su mons. Pena Parra.
Secondo Edward Pentin due capitoli nella bozza del documento finale sarebbero dedicati alla Sinodalità, (cioè al modello di governo in stile Chiesa anglicana), anche se il soggetto sia stato appena sfiorato in un Sinodo che doveva essere centrato sui giovani. In pratica una “rivoluzione permanente” nella Chiesa. Se pensiamo agli antecedenti maoisti della rivoluzione permanente non c’è da stare allegri…
Invece sul tema dell’omosessualità e dell’acronimo LGBT, sponsorizzato dall’attivista James Martin sj, secondo Pentin si starebbe studiando il mondo di aggirare il problema, sostituendo l’acronimo con quello di “qualità delle relazioni umane”, e con l’esigenza di “chiarire l’antropologia”, o usando il termine “nuova antropologia”. E per creare un piccolo grimaldello, si vorrebbe proporre l’idea che il documento finale debba essere letto in continuità con l’Instrumentum Laboris, il testo di lavoro del Sinodo, che usava il termine LGBT….
Sandro Magister assicura che non dovrebbero esserci sorprese in questo campo, come ha scritto nei giorni scorsi, e forse il Pontefice, che come sappiamo è un po’ furbo, ha capito che in questo momento, con il problema dell’omosessualità clericale rampante e legata agli abusi, inserire lo sdoganamento dei rapporti omosessuali nel documento finale del Sinodo sarebbe politicamente sbagliato.
Certo è interessante notare che il card. Ouellet, l’autore della smentita-conferma a Viganò, nel suo intervento ha detto che la Chiesa deve integrare di più le donne nella vita ecclesiale per affrontare il problema del clericalismo e di un esagerato senso maschile. Clericalismo è un termine criptato – usato in questo senso dal Pontefice per primo, e poi adottato a cascata dalla corte, fino a turiferari e palafrenieri, per non dire “omosessualità”; parola che per qualche ragione sembra tabù in questo Pontificato. Chissà perché.
Marco Tosatti
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.