ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 3 ottobre 2018

Cesaropapismo d’impronta maoista

CINA. QUALCHE MISTIFICAZIONE, CERCANDO DI USARE WOJTYLA. POI DUE COMMENTI SERI E INTERESSANTI.

Torniamo ad occuparci di Cina, spinti da alcuni commenti che riteniamo interessanti, e dal desiderio di confutare qualche strisciante mistificazione. Cominciamo da queste ultime, in modo da lasciare poi il campo alle cose serie. La prima è un tweet del solito Antonio Spadaro, sj, Direttore de La Civiltà cattolica. Che ritwitta un brano di un articolo in cui si dice:
“Nel giugno del 1962 era morto l’arcivescovo di Cracovia, Baziak, e da mesi era aperta la ricerca di un candidato per la successione gradito sia al primate polacco, il cardinale Stefan Wyszynski, e all’autorità dello Stato. Più volte Wyszynski aveva presentato terne di nomi rifiutate dal governo comunista. Dopo due diverse terne respinte in tronco, un alto funzionario del partito comunista, Zenon Kliszko, suggerisce che venga proposto «un uomo di dialogo, come il giovane vescovo ausiliare con il quale in due settimane abbiamo risolto il caso del seminario di Cracovia»”.

Ora Zenon Klizko non può essere visto come l’immagine del mastino comunista. Tanto che così terminò la sua carriera, nel 1970, secondo Wikipedia polacca: “Nel dicembre 1970 è stato corresponsabile dell’azione pacifista a Danzica e Gdynia , a seguito della quale è stato licenziato dall’ufficio dell’Ufficio politico e dal Segretariato del Comitato centrale il 20 dicembre dello stesso anno. 7 febbraio 1971 rimosso dal Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori Uniti polacco, poi dalle autorità PZPR e dalle autorità statali”.
L’idea suggerita dall’articolo è che proprio Wojtyla sia un campione del dialogo. Tanto che si dice:
“Il primate combatteva il regime sul piano politico, Karol Wojtyla si occupò dell’ambito culturale. E così negli anni Settanta Wojtyla si fa promotore di una trattativa con le autorità per costruire una chiesa nel quartiere operaio di Nowa Huta. E quando al telefono con Wanda Poltawska si riferiva ai comunisti, l’arcivescovo di Cracovia li definiva «fratelli lontani». Lontani in quanto comunisti, ma che «restavano nostri fratelli»”. 
Ora la storia di Nowa Huta, quartiere costruito volutamente senza chiese, è quella di una lotta di anni, una vera lotta.Come potete leggere in questo sito, da cui traiamo questo brano: “La scuola elementare ha infine la meglio sulla chiesa, ma i cristiani di Nowa Huta non smettono di lottare. Negli anni la croce viene più volte rimossa e ogni volta ricostruita. La vigilia di Natale del 1959, sfidando l’inverno polacco, Wojtyła aveva celebrato all’aperto la Messa di mezzanotte. La prima di molte celebrazioni simili, che sarebbero divenute una tradizione durante il suo episcopato. «Oggi a mezzanotte – disse il futuro Giovanni Paolo II nell’omelia del Natale del 1973 – tutta la Chiesa nel mondo intero, su tutta la faccia della terra, dà di nuovo il benvenuto al Salvatore del mondo, che è nato a Betlemme. Lo saluta il Santo Padre celebrando a quest’ora la Messa di mezzanotte nella basilica di San Pietro. Lo salutano i vescovi in tutti i Paesi su ogni continente del mondo. Lo saluta la Chiesa di Cracovia qui a Nowa Huta. Noi veniamo qui per Gesù. Per Gesù noi cerchiamo un tetto»”.
Basandosi su questo articolo, che come vediamo è per non dire altro approssimativo se non tendenzioso, scrive Spadaro: “Anche Karol Wojtyla fu scelto come vescovo con il consenso del governo comunista polacco. Potrà accader in maniera simile ai prossimi vescovi cattolici cinesi”. Come se la Polonia cattolica del ‘900 fosse assimilabile alla Cina del Terzo Millennio. Da rabbrividire, se si pensa a quella che era la finezza culturale e intellettuale della Compagnia di Gesù.
Parlando di cose più serie, vi consigliamo la lettura di un commento pubblicato da “virtusinmedioveritasuna”, di cui riportiamo questo brano:
“Purtroppo c’è anche da farsi altra domanda obbligatoria: ma dando dei poteri insoliti al governo maoista, fino a che punto implicitamente viene riconosciuta qualche illusoria legittimità a un regime comunista? E come interpretare questo fatto, dal momento che il comunismo è stato condannato solemniter dal Magistero? D’altra parte, sappiamo che Napoleone dal punto di vista economico intendeva favorire la Chiesa nella proporzione in cui la Chiesa favorisse il suo governo. E qui dobbiamo soffermarci un attimo per ricordare l’espansione economica cinese, simile a un polipo terrestre i cui tentacoli si allungano senza sosta, infiltrandosi dappertutto con tenacia inarrestabile. Se la Santa Sede oggi, dipendente piuttosto dagli USA e dalla Germania,  riesce, con la sua sottomissione, ad attrarre a se i soldi di Pecchino, è possibile ipotizzare che si creerà una dipendenza sempre più stretta tra la mega-potenza orientale e lo Stato più piccolo al mondo? Se consideriamo che i settori conservatori degli Stati Uniti per certi versi puniscono la Santa Sede ritagliando o surgelando le sue contribuzioni, e la Chiesa della Germania, in dilagante crisi religiosa, minaccia di diventare sempre meno ricca, quale ruolo potrà avere l’onnipotente Repubblica di Mao nel sostenere il Vaticano? E man mano l’influenza cinese si allarghi, fino a che punto c’è da aspettarsi per un futuro conclave un discreto veto comunista? Non potrebbe essere questo concordato un primo passo per affidare la Chiesa al potere marxista?
Come giustificare, invece, questo “regresso” ecclesiologico a un cesaropapismo d’impronta maoista?
Insomma, è certo che i nostri fratelli cinesi rimasti fedeli al Papa per anni, dopo aver subito il peso dello stivale tirannico di Pecchino, dovranno soffrire ancora molto, e questo ci rattrista. E anche vero che desta perplessità l’ingerenza pastorale e di governo da parte delle autorità civili marxiste, avvertita nella Lettera di Papa Francesco. Il rischio peggiore, però, non sembra minacciare una porzione – tra l’altro benamata da tutti i cattolici ma piccola – della Chiesa. Con l’Accordo Provvisorio non è la stessa Sposa di Cristo che, in certo modo, viene affidata al suo  più accanito avversario?”.
E anche il blog di Sabino Paciolla, che traduce un saggio di Ines Angeli Murzaku, Professore di storia della Chiesa e direttore del programma di studi cattolici presso la Seton Hall University nel New Jersey. Ve ne riportiamo un brano, consigliandovi la lettura dell’articolo:
“Quindi, l’accordo provvisorio del 2018 è una riappacificazione nelle relazioni sino-vaticane? Il recente accordo provvisorio è un nuovo tassello nei rapporti sino-vaticani che potrebbe rivelarsi doppiamente pericoloso, a livello nazionale e universale, all’interno della Chiesa cattolica cinese e della Chiesa cattolica universale, interrompendo la lunga tradizione ecclesiastica nelle nomine episcopali. In primo luogo, a livello nazionale, potrebbe causare uno scisma e una divisione senza precedenti tra i fedeli cattolici cinesi appartenenti alla Chiesa aperta e clandestina, quella registrata dal governo, e quelli appartenenti a quella non registrata. In secondo luogo, la nomina dei vescovi da parte di un governo comunista senza mandato vaticano è una violazione della tradizione della Chiesa. Il Codice di Diritto Canonico 1382 è chiaro: ‘Il Vescovo che senza mandato pontificio consacra qualcuno Vescovo e chi da esso ricevette la consacrazione, incorrono nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica’. La Dignitatis Humanae, la Dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa, perora la causa a favore della libertà religiosa, menzionando specificamente la libertà e il mandato della Santa Sede nelle nomine dei vescovi: ‘Le comunità religiose hanno anche il diritto di non essere ostacolate, né da provvedimenti legali né da azioni amministrative da parte del governo, nella selezione, formazione, nomina e trasferimento dei propri ministri, nella comunicazione con le autorità religiose e le comunità religiose all’estero, nella costruzione di edifici a fini religiosi, nell’acquisizione e nell’utilizzo di fondi o proprietà adeguate’. Inoltre, Papa Benedetto XVI, nella sua lettera del 2007 ai vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese, dedica un’intera sezione alle nomine episcopali, intendendo la nomina dei vescovi di Roma come espressione di libertà religiosa molto diversa da come la intende Pechino. Papa Benedetto XVI ha affermato che “la nomina dei vescovi per una particolare comunità religiosa è intesa, anche nei documenti internazionali, come elemento costitutivo del pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa. La Santa Sede vorrebbe essere completamente libera di nominare i Vescovi’. L’accordo provvisorio vaticano dell’ultimo scorcio del 2018 è un buon compromesso nei rapporti sino-vaticani? La storia e la tradizione della Chiesa indicano fortemente il contrario. Infatti, come dice il proverbio, una toppa potrebbe essere migliore del buco, ma nel lungo periodo il buco potrebbe rivelarsi più giusto della toppa e questo potrebbe essere il caso dell’”accordo provvisorio” sino-vaticano del 2018”.

Oggi è il trentanovesimo giorno in cui il Pontefice regnante non ha, ancora, risposto.

Quando ha saputo che McCarrick era un uomo perverso, un predatore omosessuale seriale?

È vero, o non è vero, che mons. Viganò lo ha avvertito il 23 giugno 2013?

Joseph Fessio, sj: “Sia un uomo. Si alzi in piedi e risponda”.


Marco Tosatti
3 ottobre 2018 Pubblicato da  14 Commenti --

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