Presentiamo ai lettori alcune citazioni di Paolo VI, ulteriori rispetto a quelle ben note sul constatato ma non contrastato fumo di Satana nel tempio di Dio, sulla Chiesa in autodistruzione, sul culto dell’uomo etc. etc. Citazioni che si manifestano, a motivo del modernismo che ad esse soggiace, molto attuali.
“Non più il latino sarà il linguaggio principale della Messa, ma la lingua parlata. Per chi sa la bellezza, la potenza, la sacralità espressiva del latino, certamente la sostituzione della lingua volgare è un grande sacrificio: perdiamo la loquela dei secoli cristiani, diventiamo quasi intrusi e profani nel recinto letterario dell’espressione sacra, e così perderemo grande parte di quello stupendo e incomparabile fatto artistico e spirituale, ch’è il canto gregoriano. Abbiamo, sì, ragione di rammaricarci, e quasi di smarrirci: che cosa sostituiremo a questa lingua angelica? È un sacrificio d’inestimabile prezzo. E per quale ragione ? Che cosa vale di più di questi altissimi valori della nostra Chiesa? La risposta pare banale e prosaica; ma è valida; perché umana, perché apostolica. Vale di più l’intelligenza della preghiera, che non le vesti seriche e vetuste di cui essa s’è regalmente vestita; vale di più la partecipazione del popolo, di questo popolo moderno saturo di parola chiara, intelligibile, traducibile nella sua conversazione profana. Se il divo latino tenesse da noi segregata l’infanzia, la gioventù, il mondo del lavoro e degli affari, se fosse un diaframma opaco, invece che un cristallo trasparente, noi, pescatori di anime, faremmo buon calcolo a conservargli l’esclusivo dominio della conversazione orante e religiosa?” (Udienza Generale del Mercoledì, 26 novembre 1969).
Infatti poi, tolto l’ostacolo del latino – palesemente proclamato come resa linguistica della Tradizione – le chiese sono state invase da folle di fedeli devoti … La famosa preveggenza dei santi! Vien da pensare che i modernisti si portino dietro un po’ di jella, oppure che dietro vi sia qualche piano prestabilito.
• Alle origini della “misericordina”
Notiamo soltanto un criterio informatore di questo insegnamento conciliare: l’ottimismo. Cioè la Chiesa del Concilio ha guardato il mondo un po’ come Dio stesso guardò dopo la creazione la stupenda e sconfinata opera sua: vide, Iddio, dice la Scrittura, che tutte le cose da Lui create, erano bellissime. Sì, la Chiesa ha voluto oggi considerare il mondo, in tutte le sue espressioni, cosmiche, umane, storiche, culturali, sociali, eccetera, con immensa ammirazione, con grande rispetto, con materna simpatia, con generoso amore. Sì, così ogni cosa. Non già che la Chiesa abbia chiuso gli occhi sui mali dell’uomo e del mondo – il peccato soprattutto, ch’è la rovina radicale, ch’è la morte, e poi la miseria, la fame, il dolore, la discordia, la guerra, l’ignoranza, la molteplice e sempre minacciosa caducità della vita e delle cose dell’uomo -; non ha chiuso gli occhi, ma li ha guardati con accresciuto amore, come il medico guarda l’ammalato, come il Samaritano il disgraziato lasciato ferito e semivivo sul sentiero di Gerico. Ha detto bene il vostro illustre interprete: la Chiesa ha scoperto il suo volto di Madre amante e perdonante”. (Discorso al Patriziato e alla Nobiltà Romana, 13 gennaio 1966)
Si sa che prima dell’8 dicembre 1965 (giorno di chiusura del Concilio Vaticano II) la Chiesa, costantinian-temporalista e arroccata sul cumulo dei suoi privilegi, squartava ferocemente i peccatori nelle tetre cantine dei lugubri palazzi dell’Inquisizione. Lo dicono pure nei documentari della National Geographic! Dopo questa presa di coscienza, invece, lasciate da parte nella pratica quelle cosucce che sono il peccato originale e il peccato attuale, la “Chiesa” ha capito chi essa sia veramente e quindi “Chi sono io per giudicare?”
Notiamo soltanto un criterio informatore di questo insegnamento conciliare: l’ottimismo. Cioè la Chiesa del Concilio ha guardato il mondo un po’ come Dio stesso guardò dopo la creazione la stupenda e sconfinata opera sua: vide, Iddio, dice la Scrittura, che tutte le cose da Lui create, erano bellissime. Sì, la Chiesa ha voluto oggi considerare il mondo, in tutte le sue espressioni, cosmiche, umane, storiche, culturali, sociali, eccetera, con immensa ammirazione, con grande rispetto, con materna simpatia, con generoso amore. Sì, così ogni cosa. Non già che la Chiesa abbia chiuso gli occhi sui mali dell’uomo e del mondo – il peccato soprattutto, ch’è la rovina radicale, ch’è la morte, e poi la miseria, la fame, il dolore, la discordia, la guerra, l’ignoranza, la molteplice e sempre minacciosa caducità della vita e delle cose dell’uomo -; non ha chiuso gli occhi, ma li ha guardati con accresciuto amore, come il medico guarda l’ammalato, come il Samaritano il disgraziato lasciato ferito e semivivo sul sentiero di Gerico. Ha detto bene il vostro illustre interprete: la Chiesa ha scoperto il suo volto di Madre amante e perdonante”. (Discorso al Patriziato e alla Nobiltà Romana, 13 gennaio 1966)
Si sa che prima dell’8 dicembre 1965 (giorno di chiusura del Concilio Vaticano II) la Chiesa, costantinian-temporalista e arroccata sul cumulo dei suoi privilegi, squartava ferocemente i peccatori nelle tetre cantine dei lugubri palazzi dell’Inquisizione. Lo dicono pure nei documentari della National Geographic! Dopo questa presa di coscienza, invece, lasciate da parte nella pratica quelle cosucce che sono il peccato originale e il peccato attuale, la “Chiesa” ha capito chi essa sia veramente e quindi “Chi sono io per giudicare?”
• Mea culpa
“Se in noi si deve riconoscere qualche colpa per questa separazione, con umile supplica chiediamo perdono a Dio, e chiediamo perdono a quei Fratelli se ritengono di essere stati da noi offesi”. (Allocuzione di apertura della II Sessione del Concilio, 29 settembre 1963).
Da questa frase che non è stata pronunziata su un aereo, ma da un bel trono recante gli stemmi di Leone XIII, deduciamo che Fozio, Lutero e “simile lordura” (Inf. XI, 60) non erano totalmente nel torto e che un po’ ecumenismo spinto non può farci che bene
“Se in noi si deve riconoscere qualche colpa per questa separazione, con umile supplica chiediamo perdono a Dio, e chiediamo perdono a quei Fratelli se ritengono di essere stati da noi offesi”. (Allocuzione di apertura della II Sessione del Concilio, 29 settembre 1963).
Da questa frase che non è stata pronunziata su un aereo, ma da un bel trono recante gli stemmi di Leone XIII, deduciamo che Fozio, Lutero e “simile lordura” (Inf. XI, 60) non erano totalmente nel torto e che un po’ ecumenismo spinto non può farci che bene
• Sua Umiltà
“Questo incontro, voi tutti lo comprendete, segna un momento semplice e grande. Semplice, perché voi avete davanti un uomo come voi; egli è vostro fratello, e fra voi, rappresentanti di Stati sovrani, uno dei più piccoli, rivestito lui pure, se così vi piace considerarci, d’una minuscola, quasi simbolica sovranità temporale, quanta gli basta per essere libero di esercitare la sua missione spirituale, e per assicurare chiunque tratta con lui, che egli è indipendente da ogni sovranità di questo mondo. Egli non ha alcuna potenza temporale, né alcuna ambizione di competere con voi; non abbiamo infatti alcuna cosa da chiedere, nessuna questione da sollevare; se mai un desiderio da esprimere e un permesso da chiedere, quello di potervi servire in ciò che a Noi è dato di fare, con disinteresse, con umiltà e amore” (Discorso all’ONU, 4 ottobre 1965)
Ci mancherebbe altro che il Vicario di Dio si innalzi sui principi temporali! Bisogna essere umili e, deposta la tiara da “padre dei principi e dei re e reggitore del mondo” orpello di quella Chiesa, fare i camerieri dei poteri del mondo e chiedere pure “permesso” al Soros di turno.
“Questo incontro, voi tutti lo comprendete, segna un momento semplice e grande. Semplice, perché voi avete davanti un uomo come voi; egli è vostro fratello, e fra voi, rappresentanti di Stati sovrani, uno dei più piccoli, rivestito lui pure, se così vi piace considerarci, d’una minuscola, quasi simbolica sovranità temporale, quanta gli basta per essere libero di esercitare la sua missione spirituale, e per assicurare chiunque tratta con lui, che egli è indipendente da ogni sovranità di questo mondo. Egli non ha alcuna potenza temporale, né alcuna ambizione di competere con voi; non abbiamo infatti alcuna cosa da chiedere, nessuna questione da sollevare; se mai un desiderio da esprimere e un permesso da chiedere, quello di potervi servire in ciò che a Noi è dato di fare, con disinteresse, con umiltà e amore” (Discorso all’ONU, 4 ottobre 1965)
Ci mancherebbe altro che il Vicario di Dio si innalzi sui principi temporali! Bisogna essere umili e, deposta la tiara da “padre dei principi e dei re e reggitore del mondo” orpello di quella Chiesa, fare i camerieri dei poteri del mondo e chiedere pure “permesso” al Soros di turno.
• Catto-modaioli
“A noi preme moltissimo che questo «spirito di rinnovamento» (è così che si esprime il Concilio: Optatam totius, in fine) sia da tutti compreso e tenuto vivo. Esso risponde all’aspetto saliente del nostro tempo, ch’è tutto in rapida ed enorme trasformazione, cioè in via di produrre novità in ogni settore della vita moderna. Sorge infatti spontaneo nella mente il confronto: tutto il mondo si cambia e la religione no? non si produce fra la realtà della vita e il cristianesimo, quello cattolico specialmente, una difformità, un distacco, un’incomprensione reciproca, una mutua ostilità, l’una corre, l’altro sta fermo: come possono andare d’accordo? come può pretendere il cristianesimo d’influire oggi sulla vita? Ed ecco la ragione delle riforme intraprese dalla Chiesa, specialmente dopo il Concilio” (Udienza generale del 2 luglio 1969)
Sembra di leggere l’intervento di Kasper al Sinodo sulla Famiglia o il solito Papa Francesco che si scaglia contro i rigidi-fossilizzati-gnostici-pelagiani, ma no … Dopotutto se il mondo va verso le perversioni pian piano ci si deve adeguare. Teniamo a mente che il modernista vede nel supposti bisogni della parimenti supposta coscienza collettiva del popolo la voce di Dio, una nuova rivelazione dello Spirito Santo. Vogliamo forse opporci al popolo, che “unido jamás será vencido”?
“A noi preme moltissimo che questo «spirito di rinnovamento» (è così che si esprime il Concilio: Optatam totius, in fine) sia da tutti compreso e tenuto vivo. Esso risponde all’aspetto saliente del nostro tempo, ch’è tutto in rapida ed enorme trasformazione, cioè in via di produrre novità in ogni settore della vita moderna. Sorge infatti spontaneo nella mente il confronto: tutto il mondo si cambia e la religione no? non si produce fra la realtà della vita e il cristianesimo, quello cattolico specialmente, una difformità, un distacco, un’incomprensione reciproca, una mutua ostilità, l’una corre, l’altro sta fermo: come possono andare d’accordo? come può pretendere il cristianesimo d’influire oggi sulla vita? Ed ecco la ragione delle riforme intraprese dalla Chiesa, specialmente dopo il Concilio” (Udienza generale del 2 luglio 1969)
Sembra di leggere l’intervento di Kasper al Sinodo sulla Famiglia o il solito Papa Francesco che si scaglia contro i rigidi-fossilizzati-gnostici-pelagiani, ma no … Dopotutto se il mondo va verso le perversioni pian piano ci si deve adeguare. Teniamo a mente che il modernista vede nel supposti bisogni della parimenti supposta coscienza collettiva del popolo la voce di Dio, una nuova rivelazione dello Spirito Santo. Vogliamo forse opporci al popolo, che “unido jamás será vencido”?
• Mai abrogato?
“Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II”(Allocuzione Concistoriale, 24 maggio 1976).
Benedetto XVI, si sa, nel famoso Motu Proprio ha ribaltato questa lapidaria sentenza del Predecessore. Intanto, quante persecuzioni per i sacerdoti e i fedeli legati ai riti della Tradizione della Chiesa Romana? Persecuzioni, che al netto di certo grottesco trionfalismo, non sono finite!
“Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II”(Allocuzione Concistoriale, 24 maggio 1976).
Benedetto XVI, si sa, nel famoso Motu Proprio ha ribaltato questa lapidaria sentenza del Predecessore. Intanto, quante persecuzioni per i sacerdoti e i fedeli legati ai riti della Tradizione della Chiesa Romana? Persecuzioni, che al netto di certo grottesco trionfalismo, non sono finite!
• Islamofilia ed ecumenismo del sangue
“Come esprimervi la Nostra profonda soddisfazione di incontrarvi, la Nostra gratitudine per aver voluto corrispondere al Nostro vivo desiderio di salutare, attraverso voi, le grandi comunità musulmane sparse per l’Africa, permettendoci così di esprimervi il Nostro grande rispetto per la fede che voi professate e i Nostri voti affinché ciò che è comune fra noi unisca sempre più cristiani e musulmani in una fraternità autentica? Permetteteci di confidarvi che, dal Nostro arrivo sulla terra d’Africa, Noi non abbiamo cessato di portare nella Nostra preghiera e nel Nostro cuore il destino umano e spirituale di tutti gli uomini d’Africa, nella profonda convinzione che la credenza comune di milioni di essi nell’onnipotente non poteva che attirare sull’Africa i benefici che essa può attendere dalla sua Provvidenza, dal suo Amore, e, in primo luogo, l’unità e la pace tra i figli dell’Africa. Sì, Noi siamo sicuri di essere in comunione con voi, Signori Rappresentanti dell’Islam, quando Noi imploriamo l’Altissimo di suscitare nel cuore di tutti i credenti dell’Africa il desiderio della riconciliazione, del perdono sì spesso raccomandato nel Vangelo e nel Corano, affinché sui luoghi dove infierisce ancora la guerra, cessi di risonare il terribile interrogativo di Jahvé a Caino: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida dalla terra fino a me!» (Gen. 4, 10). Questa è la grande intenzione del Nostro pellegrinaggio in questi luoghi sacri: non una manifestazione di potenza o di prestigio, ma l’umile e ardente invocazione della Pace presso i gloriosi protettori dell’Africa, testimoni dell’Amore fino al dono della loro vita. Come non assoceremmo Noi a questa testimonianza di pietà e di fedeltà dei martiri cattolici e protestanti la memoria di quei confessori della fede musulmana, la cui storia ci ricorda che sono stati i primi, nel 1848, a pagare con la vita il rifiuto di trasgredire le prescrizioni della loro religione? Che su questo suolo, impregnato del sangue versato in comune dai figli generosi delle comunità cattoliche, protestanti e musulmane dell’Uganda, si levi, per tutta l’Africa, il sole della Pace e dell’amore fraterno! Possa questo Nostro incontro con voi, Signori Rappresentanti dell’Islam, essere l’annunzio e l’inizio di una unità alla quale Dio ci chiama insieme ad operare per la sua più grande gloria e per la felicità dell’Africa” (Pellegrinaggio in Uganda, Discorso ai Signori Dignitari e Rappresentanti dell’Islam, 1° agosto 1969).
“Stesso Dio”, “religione di pace”, etc etc … Riproposizioni raffinate o meno della solita velenosa minestra di Nostra Aetate. Ci duole notare che tutte queste umilissime preghiere, rivolte non si bene a chi, all’Africa non hanno punto giovato! Anzi, tutt’altro!
“Come esprimervi la Nostra profonda soddisfazione di incontrarvi, la Nostra gratitudine per aver voluto corrispondere al Nostro vivo desiderio di salutare, attraverso voi, le grandi comunità musulmane sparse per l’Africa, permettendoci così di esprimervi il Nostro grande rispetto per la fede che voi professate e i Nostri voti affinché ciò che è comune fra noi unisca sempre più cristiani e musulmani in una fraternità autentica? Permetteteci di confidarvi che, dal Nostro arrivo sulla terra d’Africa, Noi non abbiamo cessato di portare nella Nostra preghiera e nel Nostro cuore il destino umano e spirituale di tutti gli uomini d’Africa, nella profonda convinzione che la credenza comune di milioni di essi nell’onnipotente non poteva che attirare sull’Africa i benefici che essa può attendere dalla sua Provvidenza, dal suo Amore, e, in primo luogo, l’unità e la pace tra i figli dell’Africa. Sì, Noi siamo sicuri di essere in comunione con voi, Signori Rappresentanti dell’Islam, quando Noi imploriamo l’Altissimo di suscitare nel cuore di tutti i credenti dell’Africa il desiderio della riconciliazione, del perdono sì spesso raccomandato nel Vangelo e nel Corano, affinché sui luoghi dove infierisce ancora la guerra, cessi di risonare il terribile interrogativo di Jahvé a Caino: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida dalla terra fino a me!» (Gen. 4, 10). Questa è la grande intenzione del Nostro pellegrinaggio in questi luoghi sacri: non una manifestazione di potenza o di prestigio, ma l’umile e ardente invocazione della Pace presso i gloriosi protettori dell’Africa, testimoni dell’Amore fino al dono della loro vita. Come non assoceremmo Noi a questa testimonianza di pietà e di fedeltà dei martiri cattolici e protestanti la memoria di quei confessori della fede musulmana, la cui storia ci ricorda che sono stati i primi, nel 1848, a pagare con la vita il rifiuto di trasgredire le prescrizioni della loro religione? Che su questo suolo, impregnato del sangue versato in comune dai figli generosi delle comunità cattoliche, protestanti e musulmane dell’Uganda, si levi, per tutta l’Africa, il sole della Pace e dell’amore fraterno! Possa questo Nostro incontro con voi, Signori Rappresentanti dell’Islam, essere l’annunzio e l’inizio di una unità alla quale Dio ci chiama insieme ad operare per la sua più grande gloria e per la felicità dell’Africa” (Pellegrinaggio in Uganda, Discorso ai Signori Dignitari e Rappresentanti dell’Islam, 1° agosto 1969).
“Stesso Dio”, “religione di pace”, etc etc … Riproposizioni raffinate o meno della solita velenosa minestra di Nostra Aetate. Ci duole notare che tutte queste umilissime preghiere, rivolte non si bene a chi, all’Africa non hanno punto giovato! Anzi, tutt’altro!
UNA PRECE
Circa le polemiche sulle canonizzazioni
Tempo fa un lettore del blog mi ha chiesto cosa penso al riguardo di alcune canonizzazioni sulle quali sono sorte delle polemiche. Ecco la mia risposta.
Salve,
San Dismas è venerato come santo dalla Chiesa Cattolica anche se la Sacra Scrittura ci dice che fu un ladrone e osò pure ingiuriare il Redentore Divino. Anche se per gran parte della sua vita non mostrò particolari virtù eroiche di santità, ciò nonostante tutti noi siamo certi che adesso è nella gloria dei santi, visto che è morto in grazia di Dio, pentendosi delle sue colpe poco prima di morire.
Nel Giorno del Giudizio vedremo tra i santi tante persone che a noi non sembravano “particolarmente sante”, e vedremo tra i dannati tanti altri personaggi che invece ci sembravano pii e zelanti. Solo Dio conosce davvero le nostre coscienze ed è in grado di giudicarci equamente.
Molte persone fanno cose che in sé per sé sono peccaminose o perlomeno "non opportune", ma se compiute in buone fede possono addirittura essere meritorie per la vita eterna. Lasciamo che a giudicare gli altri sia Dio, e viviamo tranquilli.
Anche se una persona viene dichiarata santa, questo non significa che noi dobbiamo condividere tutte le scelte, le idee e le azioni da lei fatte nel corso della vita terrena. Per esempio io non condivido che San Pietro, prima di essere rimproverato da San Paolo, evitava di farsi vedere in pubblico in compagnia dei cristiani non circoncisi, non condivido che San Vincenzo Ferrer abbia appoggiato per un certo periodo un antipapa, non condivido che San Giuseppe Calasanzio abbia dato la sua fiducia a una persona che poi ne abusò e gli fece passare dei guai, non condivido alcune sentenze morali di Sant'Alfonso Maria de Liguori che non sono condivise da altri dotti autori, ecc. Eppure considero sante queste persone, le amo e mi affido alla loro intercessione (specialmente di Sant'Alfonso).
Del resto, non ho mai sentito in giro che qualcuno abbia avuto un miracolo dopo aver invocato Erode, Giuda, Stalin, ecc. Mentre in genere i santi, prima di essere canonizzati, devono aver compiuto alcuni miracoli. O meglio, Dio deve aver compiuto dei miracoli per loro intercessione. Dunque, se il Signore ha ritenuto opportuno esaudire le loro preghiere di intercessione, mica posso oppormi all'operato dell'Altissimo. Dio sapeva bene che quei miracoli sarebbero stati utilizzati per innalzare agli onori degli altari certe determinate persone, eppure li ha compiuti lo stesso. Posso io criticare i decreti della Santissima Trinità? Assolutamente no! Ciò che a Lui piace, piace anche a me, ciò che Lui vuole, lo voglio anche io.
I classici manuali di Teologia insegnano che le canonizzazioni sono atti infallibili, quindi l'anima di una persona canonizzata sta sicuramente in paradiso. Ad esempio l'autorevole Padre Joachim Salaverri (1892-1979) nel trattato "De Ecclesia" del manuale "Sacrae Theologiae Summa" dice che la Chiesa rivendica l'infallibilità per i decreti solenni di canonizzazione dei Santi (ed. IV, Matriti, 1958, p. 747). Il dotto Mons. Antonio Piolanti (1911-2001) nel "Dizionario di Teologia dommatica" afferma: "[…] la canonizzazione è un giudizio definitivo, infallibile, precettivo del culto" (IV ed., Studium, 1957, p. 59). Bene, ne prendo atto e mi adeguo senza problemi, venerando come sante tutte le persone canonizzate. Se poi qualcuno crede alle assurde teorie sedevacantiste, a me queste cose non interessano e non le condivido per nulla.
Cordiali saluti in Gesù e Maria.
Cordialiter
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