ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 8 ottobre 2018

Scripta volant..!

Ouellet contro Viganò, ma conferma sanzioni McCarrick

Il prefetto della Congregazione dei Vescovi Ouellet, ha scritto all’arcivescovo Viganò, che l’aveva chiamato in causa direttamente. Il cardinale lo rimprovera per la sua presa di posizione nei confronti del Pontefice, ma conferma che sul conto di McCarrick erano state prese misure di vita ritirata visti i suoi comportamenti predatori. Ciononostante dal 2013 riprese a viaggiare anche a nome del nuovo Pontefice. 

                                     Il prefetto dei vescovi Ouellet

Il prefetto della Congregazione dei Vescovi, il card. Marc Ouellet, ha scritto ieri una lettera aperta all’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che l’aveva chiamato in causa direttamente con il suo secondo messaggio. La lettera è stata pubblicata sul sito di VaticanNews.


In essa il cardinale rimprovera l’arcivescovo per la sua presa di posizione nei confronti del Pontefice, a cui non risparmia elogi a non finire. La parte certamente più interessante del messaggio è quella in cui tocca alcuni punti centrali della testimonianza di mons. Viganò; in particolare l’udienza del 23 giugno 2013, in cui l’ex nunzio avrebbe detto chiaramente chi era e che cosa aveva fatto McCarrick, e come Benedetto XVI l’avesse punito; e appunto le “sanzioni” verso l’arcivescovo predatore omosessuale. 

Il punto centrale della testimonianza di mons. Viganò riguarda il colloquio del 23 giugno 2013 con il Pontefice. Scrive Ouellet: “Veniamo ai fatti. Tu dici di aver informato Papa Francesco il 23 giugno 2013 sul caso McCarrick nell’udienza che ha concesso a te, come a tanti altri rappresentanti pontifici da lui allora incontrati per la prima volta in quel giorno. Immagino l’enorme quantità di informazioni verbali e scritte che egli ha dovuto raccogliere in quell’occasione su molte persone e situazioni. Dubito fortemente che McCarrick l’abbia interessato al punto che tu vorresti far credere, dal momento che era un Arcivescovo emerito di 82 anni e da sette anni senza incarico”.

Questa obiezione avrebbe un senso, forse, se mons. Viganò avesse abbordato di sua iniziativa il tema McCarrick. Ma così non è stato. Fu il Pontefice a chiedergli “McCarrick come è?”. Al che il nunzio gli rispose dicendogli cose di una gravità e pesantezza tale che difficilmente avrebbero potuto passare inosservate, o essere dimenticate. E questo cardinale  americano lo interessava a sufficienza per chiedere di lui; e per mandarlo in Cina e altrove a suo nome, modificando quindi la situazione di proibizione dei viaggi e delle presenze pubbliche chiesta dal predecessore. Quindi questo tentativo di minimizzare l’importanza dell’incontro del 23 giugno per quanto lodevole ai fini di deresponsabilizzare il Pontefice, non funziona molto; anzi autorizza a pensare che il resoconto dell’udienza resa pubblica da Viganò sia corretto.

Ci furono sanzioni o no verso McCarrick, all’epoca di Benedetto (2009-2010 circa)? Scrive Ouellet: “Inoltre le istruzioni scritte, preparate per te dalla Congregazione per i Vescovi all’inizio del tuo servizio nel 2011, non dicevano alcunché di McCarrick, salvo ciò che ti dissi a voce della sua situazione di Vescovo emerito che doveva obbedire a certe condizioni e restrizioni a causa delle voci attorno al suo comportamento nel passato. (neretto nostro). L’ex-Cardinale, andato in pensione nel maggio 2006, era stato fortemente esortato a non viaggiare e a non comparire in pubblico, al fine di non provocare altre dicerie a suo riguardo. È falso presentare le misure prese nei suoi confronti come ‘sanzioni’ decretate da Papa Benedetto XVI e annullate da Papa Francesco”. 

Qua siamo di fronte a puri giochi verbali. Sanzioni, o restrizioni, o condizioni, chiamiamole come vogliamo, non scritte, ma verbali, nei confronti di McCarrick dunque ci furono. È una conferma importante, che sgombra il campo da un interrogativo su cui si è giostrato a non finire, specie da parte della stampa vicina al Pontefice. Non viaggiare; ma la prima cosa che McCarrick disse a Viganò incontrandolo dopo l’elezione del marzo 2013 fu di aver parlato con il Papa, e che questi gli aveva detto di andare in Cina. Quindi papa Francesco modificava le “condizioni” fissate da Benedetto XVI per McCarrick, cioè non viaggiare e non comparire in pubblico. Che cosa è più falso, presentare queste “esortazioni” come sanzioni o cercare di far credere che Francesco non abbia avuto verso McCarrick un atteggiamento diverso da quello di Benedetto XVI?

Scrive ancora Ouellet che c’erano “lettere del mio predecessore e mie che ribadivano, tramite il Nunzio Apostolico Pietro Sambi e poi anche tramite te, l’esortazione a uno stile di vita discreto di preghiera e penitenza per il suo stesso bene e per quello della Chiesa”. Dunque, anche in assenza di ordini scritti sotto forma di sanzioni, McCarrick era esortato a comportarsi come se ci fossero sanzioni reali; la vita che conduce adesso, per ordine del Vaticano, è di preghiera e penitenza. E questo avrebbe dovuto valere fino a quando Jorge Mario Bergoglio non è diventato papa: da allora – è la cronaca di questi anni, non il card. Ouellet che ce lo dice – esortazioni, condizionamenti o sanzioni sono scomparse. Però il prefetto dei Vescovi anche in questo caso conferma la testimonianza di Viganò.

Scrive ancora Ouellet: se avessimo avuto elementi più sicuri “il suo caso sarebbe stato oggetto di nuove misure disciplinari se la Nunziatura a Washington o qualunque altra fonte, ci avesse fornito delle informazioni recenti e decisive sul suo comportamento. Mi auguro come tanti che, per rispetto delle vittime ed esigenza di giustizia, l’indagine in corso negli Stati Uniti e nella Curia romana ci offra finalmente una visione critica complessiva delle procedure e delle circostanze di questo caso doloroso, affinché fatti del genere non si ripetano nel futuro”. Giustissimo. Ma questa esortazione-argomentazione non tiene conto di una serie di fattori, che la rendono molto debole, e rendono debole la posizione della Curia Romana tutta intera nella vicenda.

Leggete questa parte della prima testimonianza di mons. Viganò: “Parimenti, il Nunzio Sambi trasmise al Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone una Memoria di accusa contro McCarrick da parte del sacerdote Gregory Littleton della diocesi di Charlotte, ridotto allo stato laicale per violazione di minori, assieme a due documenti dello stesso Littleton, in cui raccontava la sua triste storia di abusi sessuali da parte dell’allora arcivescovo di Newark e di diversi altri preti e seminaristi. Il Nunzio aggiungeva che il Littleton aveva già inoltrato questa sua Memoria a circa una ventina di persone, fra autorità giudiziarie civili ed ecclesiastiche, di polizia ed avvocati, fin dal giugno 2006, e che era quindi molto probabile che la notizia venisse presto resa pubblica. Egli sollecitava pertanto un pronto intervento della Santa Sede. Nel redigere l’Appunto su questi documenti che come Delegato per le RR.PP. mi furono affidati il 6 dicembre 2006, scrissi per i miei superiori, il Card. Tarcisio Bertone e il Sostituto Leonardo Sandri, che i fatti attribuiti a McCarrick dal Littleton erano di tale gravità e nefandezza da provocare nel lettore sconcerto, senso di disgusto, profonda pena e amarezza e che essi configuravano i crimini di adescamento, sollecitazione ad atti turpi di seminaristi e sacerdoti, ripetuti e simultaneamente con più persone, dileggio di un giovane seminarista che cercava di resistere alle seduzioni dell’arcivescovo alla presenza di altri due sacerdoti, assoluzione del complice in atti turpi, celebrazione sacrilega dell’Eucaristia con i medesimi sacerdoti dopo aver commesso tali atti. In quel mio Appunto che consegnai quello stesso 6 dicembre 2006 al mio diretto superiore, il Sostituto Leonardo Sandri, proponevo ai miei superiori le seguenti considerazioni e linea d’azione:

Premesso che a tanti scandali nella Chiesa negli Stati Uniti, sembrava che se ne stesse per aggiungere uno di particolare gravità che riguardava un cardinale;
e che in via di diritto, trattandosi di un cardinale, in base al can. 1405 § 1, n. 2˚, “ipsius Romani Pontificis dumtaxat ius est iudicandi”;
proponevo che venisse preso nei confronti del cardinale un provvedimento esemplare che potesse avere una funzione medicinale, per prevenire futuri abusi nei confronti di vittime innocenti e lenire il gravissimo scandalo per i fedeli, che nonostante tutto continuavano ad amare e credere nella Chiesa.
Aggiungevo che sarebbe stato salutare che per una volta l’Autorità ecclesiastica avesse ad intervenire prima di quella civile e se possibile prima che lo scandalo fosse scoppiato sulla stampa. Ciò avrebbe potuto restituire un po’ di dignità ad una Chiesa così provata ed umiliata per tanti abominevoli comportamenti da parte di alcuni pastori. In tal caso, l’Autorità civile non si sarebbe trovata più a dover giudicare un cardinale, ma un pastore verso cui la Chiesa aveva già preso opportuni provvedimenti, per impedire che il cardinale abusando della sua autorità continuasse a distruggere vittime innocenti. Quel mio Appunto del 6 dicembre 2006 fu trattenuto dai miei superiori e mai mi fu restituito con un’eventuale decisione superiore al riguardo”.

E questo non bastava, secondo il card. Ouellet?

Non solo. Nell’aprile 2008, fu pubblicato una lunga denuncia in internet nel sito richardsipe.com lo “Statement for Pope Benedict XVI about the pattern of sexual abuse crisis in the United States”, di Richard Sipe, un religioso. Esso “fu trasmesso il 24 aprile dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Card. William Levada, al Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, e fu a me consegnato un mese dopo, il successivo 24 maggio 2008”, scrive Viganò. Sipe, scrive il National Catholic Register, “riportava che un certo numero di seminaristi al seminario Pontificio di St. Mary a Baltimore era andati da lui preoccupati per il comportamento dell’allora vescovo di Metuchen Theodore McCarrick”. Sipe conosceva i nomi di almeno quattro preti che avevano avuto rapporti sessuali con McCarrick. Diceva anche di aver lettere che registrano testimonianze di prima mano e testimoni oculari che riportavano che McCarrck, allora arcivescovo di Newark aveva sesso con un prete, e altre volte faceva oggetto un altro prete delle sue avances sessuali. E già nel 2006 l’allora Sostituto mons. Sandri chiedeva a un ex rettore di seminario, mons. Ramsey, notizie. Ramsey aveva scritto nel 2000 una lettera all’allora nunzio Gabriel Montalvo, che l’aveva trasmessa a Roma, in cui si denunciava il fatto che McCarrick dormisse con seminaristi. Ora il card. Ouellet definisce “voci” e “dicerie” questa mole di elementi, nel tentativo di alleggerire alcune responsabilità; antiche e recentissime. E certamente nella Congregazione che Ouellet dirige c’è molto di più, su McCarrick. Ma Ouellet non ne parla.

In conclusione. Il card. Ouellet è stato ricevuto in udienza dal Papa subito dopo la sua chiamata in causa da parte di Viganò. È ragionevole pensare che nella conversazione si sia parlato anche di questo. Da quello che possiamo capire dalla lettera aperta di Ouellet, oltre all’indignazione nei confronti dell’ex nunzio e all’elogio incondizionato del suo superiore, l’udienza del 23 giugno c’è stata, e si è parlato di McCarrick; McCarrick aveva subito delle misure restrittive nei viaggi e nella presenza pubblica da parte di Benedetto XVI; questa situazione è cambiata radicalmente a dispetto dell’avvertimento di Viganò con l’elezione di papa Francesco. Ouellet minimizza a voci e dicerie le puntuali denunce che la Santa Sede aveva, sin dal 2000 su McCarrick. E solo con Benedetto c’è stata una reazione a queste denunce, cancellata però a partire dal 2013. Non ci sembra che nei fatti le dichiarazioni del card. Ouellet smentiscano molto. Tutt’altro. 

Marco Tosatti
http://www.lanuovabq.it/it/ouellet-contro-vigano-ma-conferma-sanzioni-mccarrick

Ouellet attacca Viganò, ma non gli risponde. Anzi, conferma le sanzioni a carico di McCarrick

La lettera che il cardinale Marc Ouellet ha scritto a Viganò per rispondere alle osservazioni dell’ex nunzio sul caso McCarrick sta facendo scalpore. È un documento molto duro contro Viganò e carico di passione nel difendere il papa. Ma non risponde a Viganò. Anzi, conferma alcuni punti della ricostruzione dell’arcivescovo.
Qui di seguito pubblico la lettera di Ouellet, all’interno della quale ho inserito le mie brevi osservazioni (in corsivo sottolineato).
***
Caro confratello Carlo Maria Viganò, nel tuo ultimo messaggio ai media, in cui denunci Papa Francesco e la Curia romana, mi esorti a dire la verità su dei fatti che tu interpreti come un’endemica corruzione che ha invaso la gerarchia della Chiesa fino al suo più alto livello. Con il dovuto permesso pontificio, offro qui la mia personale testimonianza, come Prefetto della Congregazione per i Vescovi, sulle vicende riguardanti l’Arcivescovo emerito di Washington Theodore McCarrick e sui suoi presunti legami con Papa Francesco, che costituiscono l’oggetto della tua clamorosa pubblica denuncia così come della tua pretesa che il Santo Padre si dimetta. Scrivo questa mia testimonianza in base ai miei contatti personali e ai documenti degli archivi della suddetta Congregazione, che sono attualmente oggetto di uno studio per far luce su questo triste caso.
Consentimi di dirti innanzitutto, in piena sincerità, in forza del buon rapporto di collaborazione esistito tra noi quando eri Nunzio a Washington, che la tua attuale posizione mi appare incomprensibile ed estremamente riprovevole, non solo a motivo della confusione che semina nel popolo di Dio, ma perché le tue accuse pubbliche ledono gravemente la fama dei Successori degli Apostoli.
È il giudizio di Ouellet, che comunque non risponde alle osservazioni mosse da Viganò a proposito di McCarrick.
Ricordo di aver goduto un tempo della tua stima e della tua confidenza, ma constato che avrei perso ai tuoi occhi la dignità che mi riconoscevi, per il solo fatto di essere rimasto fedele agli orientamenti del Santo Padre nel servizio che mi ha affidato nella Chiesa. La comunione con il Successore di Pietro non è forse l’espressione della nostra obbedienza a Cristo che l’ha scelto e lo sostiene con la Sua grazia?
La comunione con il successore di Pietro è doverosa se e fino a quando il successore di Pietro si mantiene fedele alla Parola di Dio, alla legge divina, al messaggio evangelico, alla retta dottrina, e se e fino a quando la condotta morale del successore di Pietro è consona a tutto ciò. Proprio in virtù dell’obbedienza dovuta a Cristo il pastore può e deve segnalare le eventuali mancanze di Pietro. Come fece Paolo che “resistette in faccia” a Pietro perché Pietro era “reprensibile” (Epistola ai Galati).
La mia interpretazione di “Amoris Laetitia”, che tu lamenti, si inscrive in questa fedeltà alla tradizione vivente, di cui Francesco ci ha dato un esempio con la recente modifica del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla questione della pena di morte.
Affermazioni entrambe opinabili. E comunque Ouellet non sta ancora affrontando la questione McCarrick.
Veniamo ai fatti.
Ecco, forse è meglio.
Tu dici di aver informato Papa Francesco il 23 giugno 2013 sul caso McCarrick nell’udienza che ha concesso a te, come a tanti altri rappresentanti pontifici da lui allora incontrati per la prima volta in quel giorno. Immagino l’enorme quantità di informazioni verbali e scritte che egli ha dovuto raccogliere in quell’occasione su molte persone e situazioni. Dubito fortemente che McCarrick l’abbia interessato al punto che tu vorresti far credere, dal momento che era un Arcivescovo emerito di 82 anni e da sette anni senza incarico.
Ouellet può dubitare fin che vuole, ma dimentica che fu Francesco a chiedere informazioni a Viganò su McCarrick, e lo fece di punto in bianco, senza che ce ne fosse apparentemente motivo, il che significa che il caso McCarrick lo interessava eccome.
Inoltre le istruzioni scritte, preparate per te dalla Congregazione per i Vescovi all’inizio del tuo servizio nel 2011, non dicevano alcunché di McCarrick, salvo ciò che ti dissi a voce della sua situazione di Vescovo emerito che doveva obbedire a certe condizioni e restrizioni a causa delle voci attorno al suo comportamento nel passato.
Dunque Ouellet conferma: a carico di McCarrick c’erano “condizioni” e “restrizioni”. Proprio ciò che sostiene Viganò.
Dal 30 giugno 2010, da quando sono Prefetto di questa Congregazione, io non ho mai portato in udienza presso Papa Benedetto XVI o Papa Francesco il caso McCarrick, salvo in questi ultimi giorni, dopo la sua decadenza dal Collegio dei Cardinali.
Molto male, eminenza. Proprio perché qualcosa c’era, tanto che lei ne parlò a Viganò, era sua dovere portare in udienza il caso McCarrick.
L’ex-Cardinale, andato in pensione nel maggio 2006, era stato fortemente esortato a non viaggiare e a non comparire in pubblico, al fine di non provocare altre dicerie a suo riguardo. È falso presentare le misure prese nei suoi confronti come “sanzioni” decretate da Papa Benedetto XVI e annullate da Papa Francesco.
Viganò non dice che Francesco annullò le misure di Benedetto XVI. Dice che McCarrick, con Francesco papa, girava libero, parlava in pubblico e teneva a mostrarsi amico del nuovo pontefice.
Dopo il riesame degli archivi, constato che non vi sono documenti a questo riguardo firmati dall’uno o dall’altro Papa, né nota di udienza del mio predecessore, il Cardinale Giovanni-Battista Re, che desse mandato dell’obbligo dell’Arcivescovo emerito McCarrick al silenzio e alla vita privata, con il rigore di pene canoniche. Il motivo è che non si disponeva allora, a differenza di oggi, di prove sufficienti della sua presunta colpevolezza.
Non c’erano prove, ma qualcosa si sospettava, altrimenti Benedetto XVI non avrebbe preso provvedimenti.
Di qui la posizione della Congregazione ispirata alla prudenza e le lettere del mio predecessore e mie che ribadivano, tramite il Nunzio Apostolico Pietro Sambi e poi anche tramite te, l’esortazione a uno stile di vita discreto di preghiera e penitenza per il suo stesso bene e per quello della Chiesa.
Nuova conferma che qualcosa a carico di McCarrick c’era, come dice Viganò.
Il suo caso sarebbe stato oggetto di nuove misure disciplinari se la Nunziatura a Washington o qualunque altra fonte, ci avesse fornito delle informazioni recenti e decisive sul suo comportamento. Mi auguro come tanti che, per rispetto delle vittime ed esigenza di giustizia, l’indagine in corso negli Stati Uniti e nella Curia romana ci offra finalmente una visione critica complessiva delle procedure e delle circostanze di questo caso doloroso, affinché fatti del genere non si ripetano nel futuro.
È proprio ciò che chiede anche Viganò: allora perché accanirsi contro di lui?
Come può essere che quest’uomo di Chiesa, di cui oggi si conosce l’incoerenza, sia stato promosso a più riprese, sino a rivestire le altissime funzioni di Arcivescovo di Washington e di Cardinale? Io stesso ne sono assai stupito e riconosco dei difetti nel procedimento di selezione che è stato condotto nel suo caso.
Nuove conferme. Sono le stesse domande poste da Viganò.
Ma senza entrare qui nei dettagli, si deve comprendere che le decisioni prese dal Sommo Pontefice poggiano sulle informazioni di cui si dispone in quel preciso momento e che costituiscono l’oggetto di un giudizio prudenziale che non è infallibile. Mi sembra ingiusto concludere che le persone incaricate del discernimento previo siano corrotte anche se, nel caso concreto, alcuni indizi forniti da testimonianze avrebbero dovuto essere ulteriormente esaminati.
Altra conferma di ciò che dice Viganò.
Il prelato in causa ha saputo difendersi con grande abilità dai dubbi sollevati a suo riguardo. D’altra parte, il fatto che vi possano essere in Vaticano persone che praticano e sostengono comportamenti contrari ai valori del Vangelo in materia di sessualità, non ci autorizza a generalizzare e a dichiarare indegno e complice questo o quello e persino lo stesso Santo Padre.
Viganò può essere accusato di tutto, ma certamente non di generalizzare. Fa nomi e cognomi, li lega a circostanze, documenta e chiede risposte. Che ancora non sono arrivate.
Non occorre innanzitutto che i ministri della verità si guardino dalla calunnia e dalla diffamazione?
I ministri della verità chiedono che sia fatta luce su fatti circostanziati. Ciò non ha nulla a che fare con la calunnia.
Caro Rappresentante Pontificio emerito, ti dico francamente che accusare Papa Francesco di aver coperto con piena cognizione di causa questo presunto predatore sessuale e di essere quindi complice della corruzione che dilaga nella Chiesa, al punto di ritenerlo indegno di continuare la sua riforma come primo pastore della Chiesa, mi risulta incredibile ed inverosimile da tutti i punti di vista. Non arrivo a comprendere come tu abbia potuto lasciarti convincere di questa accusa mostruosa che non sta in piedi.
Opinioni personali di Oullet. Rispettabilissime, ma restano tali. E Ouellet intanto continua a non rispondere.
Francesco non ha avuto alcunché a vedere con le promozioni di McCarrick a New York, Metuchen, Newark e Washington. Lo ha destituito dalla sua dignità di Cardinale quando si è resa evidente un’accusa credibile di abuso sui minori. Non ho mai sentito Papa Francesco fare allusione a questo sedicente gran consigliere del suo pontificato per le nomine in America, benché Egli non nasconda la fiducia che accorda ad alcuni prelati. Intuisco che questi non siano nelle tue preferenze, né in quelle degli amici che sostengono la tua interpretazione dei fatti. Trovo tuttavia aberrante che tu approfitti dello scandalo clamoroso degli abusi sessuali negli Stati Uniti per infliggere all’autorità morale del tuo Superiore, il Sommo Pontefice, un colpo inaudito e immeritato.
Di nuovo, opinioni personali di Ouellet, che valgono come tali.
Ho il privilegio di incontrare a lungo Papa Francesco ogni settimana, per trattare le nomine dei Vescovi e i problemi che investono il loro governo. So molto bene come egli tratti le persone e i problemi: con molta carità, misericordia, attenzione e serietà, come tu stesso hai sperimentato. Leggere come concludi il tuo ultimo messaggio, apparentemente molto spirituale, prendendoti gioco e gettando un dubbio sulla sua fede, mi è sembrato davvero troppo sarcastico, persino blasfemo!
Ciò non può venire dallo Spirito di Dio.
A dire il vero, più che sarcastiche le affermazioni di Viganò sono terribilmente drammatiche. In ogni caso siamo ancora nel campo dell’opinione personale di Oullet. Il quale, dopo tante parole, non ha ancora risposto a Viganò, ma ha confermato alcuni punti sostenuti dall’ex nunzio.
Caro confratello, vorrei davvero aiutarti a ritrovare la comunione con colui che è il garante visibile della comunione della Chiesa Cattolica; capisco come delle amarezze e delle delusioni abbiano segnato la tua strada nel servizio alla Santa Sede, ma tu non puoi concludere così la tua vita sacerdotale, in una ribellione aperta e scandalosa, che infligge una ferita molto dolorosa alla Sposa di Cristo, che tu pretendi di servire meglio, aggravando la divisione e lo sconcerto nel popolo di Dio!
Qui il colpo è davvero basso, ma anche scontato: Ouellet cerca di screditare Viganò facendolo passare come uno che si è vendicato perché non ha fatto carriera. Le parole di Ouellet si commentano da sole.
Cosa posso rispondere alla tua domanda se non dirti: esci dalla tua clandestinità, pentiti della tua rivolta e torna a migliori sentimenti nei confronti del Santo Padre, invece di inasprire l’ostilità contro di lui. Come puoi celebrare la Santa Eucaristia e pronunciare il suo nome nel canone della Messa? Come puoi pregare il santo Rosario, San Michele Arcangelo e la Madre di Dio, condannando colui che Lei protegge e accompagna tutti i giorni nel suo pesante e coraggioso ministero?
Ouellet cerca qui di aggiungere pathos, ma gli riesce solo di montare in superbia. Eppure dovrebbe appartenere alla scuola dei misericordiosi, di quelli che non giudicano.
Se il Papa non fosse un uomo di preghiera, se fosse attaccato al denaro, se favorisse i ricchi a danno dei poveri, se non dimostrasse un’infaticabile energia per accogliere tutti i miseri e donare loro il generoso conforto della sua parola e dei suoi gesti, se non moltiplicasse tutti i mezzi possibili per annunciare e comunicare la gioia del Vangelo a tutti e a tutte nella Chiesa e al di là delle sue frontiere visibili, se non tendesse la mano alle famiglie, ai vecchi abbandonati, ai malati nell’anima e nel corpo e soprattutto ai giovani in cerca di felicità,
… ma tutto ciò che c’entra con le richieste di Viganò circa il caso McCarrick?…
si potrebbe forse preferirgli qualcun altro, secondo te, con atteggiamenti diplomatici o politici diversi, ma io che ho potuto conoscerlo bene, non posso mettere in questione la sua integrità personale, la sua consacrazione alla missione e soprattutto il carisma e la pace che lo abitano per la grazia di Dio e il potere del Risorto.
Bene, ne siamo tutti felici.
In risposta al tuo attacco ingiusto e ingiustificato nei fatti, caro Viganò, concludo dunque che l’accusa è una montatura politica
Politica? E perché? Quali prove porta Ouellet a sostegno?
priva di un reale fondamento che possa incriminare il Papa, e ribadisco che essa ferisce profondamente la comunione della Chiesa. Piaccia a Dio che questa ingiustizia sia rapidamente riparata e che Papa Francesco continui ad essere riconosciuto per ciò che è: un pastore insigne, un padre compassionevole e fermo, un carisma profetico per la Chiesa e per il mondo. Che Egli continui con gioia e piena fiducia la sua riforma missionaria, confortato dalla preghiera del popolo di Dio e dalla solidarietà rinnovata di tutta la Chiesa assieme a Maria, Regina del Santo Rosario.
Di nuovo: Ouellet è fuori strada. Ciò che sostiene qui non ha nulla a che fare con le questioni sollevate da Viganò. Ma, soprattutto, continua a non rispondere.
Marc Cardinale Ouellet
Prefetto della Congregazione per i Vescovi,
Festa di Nostra Signora del Santo Rosario, 7 ottobre 2018.
***
Questa dunque la lettera di Ouellet con i miei commenti. Intanto anche il Wall Street Journal, circa le lettera del cardinale, scrive: Vatican Denounces Accusation Against Pope but Confirms Key Point, ovvero Il Vaticano denuncia l’accusa contro il papa ma conferma il punto chiave(https://www.wsj.com/articles/vatican-denounces-accusation-against-pope-but-confirms-key-point-1538912551) e il punto chiave è che le sanzioni a carico di McCarrick c’erano, ma lo “Zio Ted” non le rispettava.
Non vogliamo chiamarle sanzioni? Va bene, chiamiamole in un altro modo: misure restrittive, condizioni. Al di là delle parole, Ouellet conferma: McCarrick era tenuto a un certo tipo di comportamento, che tuttavia non rispettava.
Se Ouellet volesse davvero dare un contributo alla verità dovrebbe, anziché prendersela con Viganò, fare una sola cosa: svelare che cosa c’è nei documenti conservati negli archivi della congregazione della quale è responsabile.
Aldo Maria Valli

SANTA SEDE: RISPOSTE CURIOSE E LETTERE INFUOCATE, MA ANCHE ELOQUENTI

Qualche nota sugli ultimi sviluppi della vicenda originata dal memoriale del nunzio apostolico emerito Carlo Maria Viganò, reso pubblico il 26 agosto 2018. Un comunicato della Santa Sede, una ‘lettera aperta’ del cardinal Marc Ouellet. L’ira turiferaria e di qualche monsignore contro l’arcivescovo lombardo.

Nelle ultime ore il ‘caso’ Bergoglio-Viganò ha conosciuto nuovi, pubblici sviluppi. Ieri, sabato 6 ottobre, la Santa Sede ha pubblicato un comunicato in materia (ma senza citare il nunzio emerito); oggi, domenica 7 ottobre, abbiamo invece potuto conoscere – tramite una ‘lettera aperta’ - la reazione del cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, a quanto dichiarato a suo riguardo da mons. Carlo Maria Viganò in uno scritto datato 29 settembre e apparso due giorni prima in contemporanea sul blog di Aldo Maria Valli (www.aldomariavalli.it ), su Lifesite News (area anglofona) e su Infovaticana (area ispanica).
Prima di proporre qualche osservazione su alcuni contenuti sia del comunicato della Santa Sede che della ‘lettera aperta’ del card. Ouellet, vorremmo illustrare a chi ci legge un paio di esempi clamorosi dell’ira di Santa Marta e di determinati ambienti vaticani contro Carlo Maria Viganò e chi lo fiancheggia nella sua azione di denuncia.

LA FALASCA DANTESCA PREFIGURA PER CARLO MARIA VIGANO’ LA NONA BOLGIA INFERNALE
Il primo esempio è offerto da Stefania Falasca, turiferaria della Casa distaccata presso Avvenire. Non è la prima volta, naturalmente, che ci occupiamo di cronache e commenti della simpatica curvaiola… ma, con quel che scrive, come facciamo a trascurarla? Stavolta, in data 30 settembre, ha colto l’occasione della richiesta papale al popolo cattolico - per tutto il mese di ottobre - di recitare sia il Rosario (concludendolo con la preghiera di papa Leone XIII a San Michele Arcangelo) sia l’antifona mariana Sub tuum presidium. Sul foglio dei vertici della Cei (a pagina 21) anche la Falasca lancia il suo grido di battaglia contro le potenze infernali: mollare proprio non si può.  Introduzione esplicativa: “Michele, citato nella Bibbia nel libro di Daniele come primo dei custodi del popolo d’Israele e definito arcangelo nella lettera di Giuda e nel libro dell’Apocalisse, è colui che conduce gli altri angeli alla battaglia contro il drago, il demonio, e lo sconfigge”. E ora, fuori la spada …nel nome di Dante Alighieri: “I fatti di questa lotta sono ora sotto gli occhi di tutti: l’uso strumentale dello scandalo pedofilia, utilizzato per battaglie di potere nella Chiesa, la martellante messa in stato d’accusa del Pontefice che ad altro non richiamano se non agli scenari delle ultime bolge dell’inferno dantesco, come quelle degli scismatici e dei seminatori di discordie, e più giù ancora dei falsari della parola e dei traditori, dove in quelle plaghe, “sozzamente” piene di anime mutilate, “si paga il fio/ a quei che scommettendo acquistan carco”, che così pagano nel creare divisioni e discordie tra le persone”. 
Qui la Falasca si riferisce ai versi seguenti dell’Inferno dantesco (canto XXVII, 133-136), con il  Poeta e Virgilio che raggiungono il ponte sovrastante la nona bolgia, quella dei “seminatori di discordie” e degli scismatici. “Noi passamm’oltre (lasciammo Guido da Montefeltro), e io e ’l ducamio/ su per lo scoglio infino in su l’altr’arco/che cuopre ’l fosso in che si paga il fio/ a quei che scommettendo acquistan carco” (che sovrasta la bolgia in cui scontano la pena coloro che, dividendo, si fanno carico del grave peccato). I seminatori di discordie sono squartati e appaiono (Inferno XXVIII, 103-106) “sozzi” come il fiorentino Mosca Lamberti: “E un ch’avea l’una e l’altra man mozza/, levando i moncherin per l’aura fosca/ sì che ‘l sangue facea la faccia sozza/, gridò…”. In sostanza la pia e misericordiosa Falasca si augura che Carlo Maria Viganò e quelli che condividono modi e/o contenuti del suo memoriale – più in generale i critici di papa Francesco -scontino il loro ‘delitto’ giù giù vicino a Lucifero, nel più profondo dell’Inferno, mutilati e grondando sangue per l’eternità.

UN CHIERICO CONDANNA CARLO MARIA VIGANO’: TU SEI REO DI ALTO TRADIMENTO!
Il secondo esempio ci viene invece da una serie di appellativi con cui è etichettato Carlo Maria Viganò da un chierico vaticano (tutto fa pensare che lo sia… lo stile, le informazioni di cui sicuramente è in possesso, l’indignazione vera o finta per il memoriale, il compiacimento nel ferire, il palese rancore covato forse da tempo e trasformatosi in vero e proprio odio…) in una missiva inviata a diversi indirizzi. La missiva è scritta in spagnolo (non sappiamo se sia una scelta artificiosa): alcuni appellativi sono di immediata comprensione, altri di comprensione intuitiva, per altri ancora… cercate sul vocabolario!
Il chierico rileva che mons. Viganò, tornato a Roma da Washington, “del despecho pasó a la venganza, de la frustración a la traición”. Scrisse allora il memoriale pubblicizzato il 26 agosto 2018: “Leyendo las once páginas de su panfleto-papiro aparece todo menos las dos palabras que son la clave de su desvarío, de su locura, demencia, folía, delirio, insania, aberración, extravío, disparate, frenesí, chifladura, desatino, paranoia, sinrazón, monstruosidad”.
Carlo Maria Viganò, evidenzia il chierico, “en sus manos tiene todo un arsenal explosivo para acusar, desacreditar, infamar, denigrar, vituperar , enlodar, deshonrar, desprestigiar, poner en la picota,  estigmatizar, vilipendiar,  difamar, manchar, afrentar, criminalizar, calumniar, avergonzar, ofender, ultrajar, zaherir, despreciar, envilecer, sambenitar al más pintado”.
Perciò di Carlo Maria Viganò, continua sempre lo stesso chierico, si può dire: “Un sacerdote, un diplomático, un nuncio que traiciona al Papa es sencillamente un traidor deleznable, pérfido, ruin, protervo, execrable, bellaco, viperino, infame, detestable, repelente, infausto, fementido, desgraciado, perdido, maligno, endemoniado, infernal, satánico, diabólico”.
Conclusione, che eleva il chierico all’altezza (letteraria) di Stefania Falasca: “Carlo María Viganò ¿tú no lo sabias? Pues incluso la ignorancia no te justifica ni exime: eres reo de alta traición”. Insomma: prima lo si cattura e meglio è… un bel focherello e poi, giù, là dov’è pianto e stridor di denti.

QUALCHE NOTA SUL COMUNICATO DELLA SANTA SEDE DI SABATO 6 OTTOBRE 2018
Dopo la pubblicazione delle accuse riguardanti la condotta dell’Arcivescovo Theodore Edgar McCarrick, il Santo Padre Francesco, consapevole e preoccupato per lo smarrimento che esse stanno causando nella coscienza dei fedeli, ha disposto che venga comunicato quanto segue: Notiamo che qui si ha una nuova conferma ufficiale del turbamento che il memoriale di mons. Viganò (mai citato nel comunicato) ha provocato nel mondo cattolico.
Nel settembre 2017, l’Arcidiocesi di New York ha segnalato alla Santa Sede che un uomo accusava l’allora Cardinale McCarrick di aver abusato di lui negli anni Settanta. Il Santo Padre . ha disposto in merito un’indagine previa approfondita, che è stata svolta dall’Arcidiocesi di New York e alla conclusione della quale la relativa documentazione è stata trasmessa alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Nel frattempo, poiché nel corso dell’indagine sono emersi gravi indizi, il Santo Padre ha accettato le dimissioni dell'’Arcivescovo McCarrick dal Collegio cardinalizio, ordinandogli la proibizione dell’esercizio del ministero pubblico e l’obbligo di condurre una vita di preghiera e di penitenza. Sembrerebbe che il ‘caso’ sia nato veramente solo nel settembre del 2017, su segnalazione dell’Arcidiocesi di Nuova York (dopo un articolo del New York Times).
La Santa Sede non mancherà, a tempo debito, di rendere note le conclusioni del caso che coinvolge l’Arcivescovo McCarrick. Qui c’è la conferma che la ‘strategia del silenzio’, pubblicamente scelta e giustificata da papa Francesco (con paragoni richiamanti il silenzio di Gesù davanti alla ‘multa di cani selvaggi’ e di fronte a Ponzio Pilato), è fallita. Però per una risposta esaustiva bisogna ancora attendere.
Anche in riferimento ad altre accuse portate contro l'ecclesiastico, il Santo Padre ha disposto di integrare le informazioni raccolte tramite l'investigazione previa con un ulteriore accurato studio dell'intera documentazione presente negli Archivi dei Dicasteri e Uffici della Santa Sede riguardanti l'allora Cardinale McCarrick, allo scopo di appurare tutti i fatti rilevanti, situandoli nel loro contesto storico e valutandoli con obiettività. Si ammette qui che ci sono “altre accuse” contro McCarrick. Papa Francesco ha dunque disposto di investigare ulteriormente “per appurare tutti i fatti rilevanti”, ma – e questa è una specificazione di non poco conto – “situandoli nel loro contesto storico e valutandoli con obiettività”. Situandoli nel loro contesto storico? Uno potrebbe pensare che la Santa Sede metta già le mani avanti per relativizzare, minimizzare quanto eventualmente accaduto. La contestualizzazione come grimaldello di una possibile falsa e sciagurata misericordia?
La Santa Sede è consapevole che dall'esame dei fatti e delle circostanze potrebbero emergere delle scelte che non sarebbero coerenti con l'approccio odierno a tali questioni. Tuttavia, come ha detto Papa Francesco, «seguiremo la strada della verità, ovunque possa portarci» (Filadelfia, 27 settembre 2015. Qui si prepara il terreno a conclusioni dirompenti, in parziale contraddizione con quanto detto poco prima a proposito di contestualizzazione e dunque di minimizzazione dei fatti eventualmente accaduti.
Sia gli abusi sia la loro copertura non possono essere più tollerati e un diverso trattamento per i Vescovi che li hanno commessi o li hanno coperti rappresenta infatti una forma di clericalismo mai più accettabile. Una forma di clericalismo o anche di qualcosa di peggio? Sembra ormai che il povero ‘clericalismo’ sia ormai il termine più utilizzato quando nella Chiesa avviene qualcosa di intollerabile. Troppo comodo additare il ‘clericalismo’ come l’origine principale di tutti i mali nella Chiesa: non sarà che si vuole evitare di usare termini più concreti e più crudi (che farebbero stracciare le vesti ai catto-fluidi all’interno della Chiesa)?

QUALCHE NOTA SULLA LETTERA DEL 7 OTTOBRE 2018 DEL CARDINALE MARC OUELLET
Oggi, domenica 7 ottobre, è la festa della Madonna del Rosario, istituita - dopo che il 7 ottobre 1571 l’armata cristiana aveva sbaragliato gli ottomani a Lepanto – da papa Pio V come festa della Madonna della Vittoria, dicitura mutata poi nell’odierna denominazione dal successore Gregorio XIII. Verso le 10.30 la Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicizzato una ‘lettera aperta’ del cardinale Marc Ouellet (con il consenso di papa Francesco) al nunzio emerito Carlo Maria Viganò, che in un passaggio di uno scritto reso noto il 27 settembre l’aveva esortato a confermare quanto gli aveva detto sull’allora cardinale McCarrick.
Questo il passaggio dello scritto di Carlo Maria ViganòVorrei fare un appello speciale al cardinale Marc Ouellet, perché con lui come nunzio ho sempre lavorato in grande sintonia e ho sempre avuto grande stima e affetto nei suoi confronti. Ricorderà quando, ormai terminata la mia missione a Washington, mi ricevette la sera nel suo appartamento a Roma per una lunga conversazione. All’inizio del pontificato di papa Francesco aveva mantenuto la sua dignità, come aveva dimostrato con coraggio quando era arcivescovo di Québec. Poi, invece, quando il suo lavoro come prefetto della Congregazione per i vescovi è stato virtualmente compromesso perché la presentazione per le nomine vescovili da due “amici” omosessuali del suo dicastero passava direttamente al papa, bypassando il cardinale, ha ceduto. Un suo lungo articolo su L’Osservatore Romano, in cui si è schierato a favore degli aspetti più controversi dell’Amoris Laetitia, ha rappresentato la sua resa. Eminenza, prima che io partissi per Washington, lei mi parlò delle sanzioni di papa Benedetto nei confronti di McCarrick. Lei ha a sua completa disposizione i documenti più importanti che incriminano McCarrick e molti in curia che li hanno coperti. Eminenza, le chiedo caldamente di voler rendere testimonianza alla verità!
Il prefetto della Congregazione per i vescovi replica oggi con una lunga lettera a Carlo Maria Viganò e, scorrendo l’immediata reazione entusiasta del Turiferario cadetto del sito bergogliano Vatican Insider, si scopre che il porporato franco-canadese, rispondendo “per le rime”, avrebbe posto “una pietra tombale sul ‘caso Viganò’ (qui traspare il compiacimento del Turiferario cadetto, che promette bene…). Se però si legge con attenzione la missiva, la realtà appare un po’ diversa: oltre alla severa e ripetuta censura - che a volte diventa non trattenuta indignazione, vera e propria invettiva - dell’agire di Viganò, oltre all’esaltazione delle virtù di papa Francesco, appaiono anche alcune ammissioni di non poco conto che inducono a ritenere che la locuzione “pietra tombale” sia al momento solo una pura e semplice illusione da Turiferario cadetto.
Quali le ammissioni di Marc Ouellet?
Veniamo ai fatti. Tu ( NdR: si rivolge a Carlo Maria Viganò) dici di aver informato Papa Francesco il 23 giugno 2013 sul caso McCarrick nell’udienza che ha concesso a te, come a tanti altri rappresentanti pontifici da lui allora incontrati per la prima volta in quel giorno. Immagino l’enorme quantità di informazioni verbali e scritte che egli ha dovuto raccogliere in quell’occasione su molte persone e situazioni. Dubito fortemente che McCarrick l’abbia interessato al punto che tu vorresti far credere, dal momento che era un Arcivescovo emerito di 82 anni e da sette anni senza incarico. Il card. Ouellet qui de facto concede che il nunzio Viganò il 23 giugno 2013 abbia informato papa Francesco sul ‘caso’ McCarrick. Però scrive che non si può pretendere che Jorge Mario Bergoglio si sia veramente interessato a quanto Viganò diceva, dato il numero di nunzi (con relative informazioni) ricevuti quel giorno e dato che il cardinale ormai era un arcivescovo emerito di 82 anni. Qui la difesa di Ouellet appare assai debole. Si può immaginare che papa Francesco non ricordi la risposta di un nunzio a una domanda da lui stesso posta su una persona precisa, nonché cardinale di Santa Romana Chiesa? Si può immaginare che, considerato l’argomento molto delicato e la sua memoria fin qui dimostratasi molto buona e selettiva, il Papa abbia dimenticato una risposta di tale tenore? Però in questo caso è solo Jorge Mario Bergoglio che può rispondere: e finora non l’ha fatto. Eppure basterebbe dire: “Sì, Carlo Maria Viganò dice il vero sull’udienza del 23 giugno 2013” oppure “No, si sbaglia o mente”…
Inoltre le istruzioni scritte, preparate per te dalla Congregazione per i Vescovi all’inizio del tuo servizio nel 2011, non dicevano alcunchè di McCarrick, salvo ciò che ti dissi a voce della sua situazione di Vescovo emerito che doveva obbedire a certe condizioni e restrizioni a causa delle voci attorno al suo comportamento nel passato. Qui il card. Ouellet riconosce di aver parlato di McCarrick al nunzio Viganò. E riconosce che McCarrick “doveva obbedire a certe condizioni e restrizioni a causa delle voci attorno al suo comportamento nel passato”. E’ evidente che le “restrizioni” potevano essere state decretate solo da papa Benedetto XVI. La forma assunta da tali “restrizioni” non è precisata: ma in sostanza il card. Ouellet dà ragione a mons. Viganò.
È falso presentare le misure prese nei suoi confronti come “sanzioni” decretate da Papa Benedetto XVI e annullate da Papa Francesco. Dopo il riesame degli archivi, constato che non vi sono documenti a questo riguardo firmati dall’uno o dall’altro Papa, né nota di udienza del mio predecessore, il Cardinale Giovanni-Battista Re, che desse mandato dell’obbligo dell’Arcivescovo emerito McCarrick al silenzio e alla vita privata, con il rigore di pene canoniche. Il motivo è che non si disponeva allora, a differenza di oggi, di prove sufficienti della sua presunta colpevolezza. Di qui la posizione della Congregazione ispirata alla prudenza e le lettere del mio predecessore e mie che ribadivano, tramite il Nunzio Apostolico Pietro Sambi e poi anche tramite te, l’esortazione a uno stile di vita discreto di preghiera e penitenza per il suo stesso bene e per quello della Chiesa. Anche qui il card. Ouellet conferma che nella sostanza, sul punto preciso, il nunzio Viganò ha detto il vero: Benedetto XVI ha deciso di adottare “misure” nei confronti di McCarrick. Formalmente non risultano come “sanzioni” in senso canonico (e dunque trasposte per iscritto in documenti ufficiali), a motivo della non disponibilità “di prove sufficienti della presunta colpevolezza” di McCarrick. In ogni caso il card. Ouellet ammette di aver esortato per iscritto (sulla falsariga del suo predecessore card. Giovanni-Battista Re) il card. McCarrick “a uno stile di vita discreto di preghiera e di penitenza”. 
Come può essere che quest’uomo di Chiesa (NdR: il card. McCarrick), di cui oggi si conosce l’incoerenza, sia stato promosso a più riprese, sino a rivestire le altissime funzioni di Arcivescovo di Washington e di Cardinale? Io stesso ne sono assai stupito e riconosco dei difetti nel procedimento di selezione che è stato condotto nel suo caso. Ma senza entrare qui nei dettagli, si deve comprendere che le decisioni prese dal Sommo Pontefice poggiano sulle informazioni di cui si dispone in quel preciso momento e che costituiscono l’oggetto di un giudizio prudenziale che non è infallibile. Mi sembra ingiusto concludere che le persone incaricate del discernimento previo siano corrotte anche se, nel caso concreto, alcuni indizi forniti da testimonianze avrebbero dovuto essere ulteriormente esaminati. Il prelato in causa ha saputo difendersi con grande abilità dai dubbi sollevati a suo riguardo. Qui il card. Ouellet riconosce che “testimonianze” sulla pessima condotta dell’allora vescovo/arcivescovo/cardinale McCarrick erano giunte in Vaticano (vedi anche la lettera di padre Ramsey nel novembre del 2001, richiamata dall’allora Sostituto Segretario di Stato Leonardo Sandri in un’altra lettera del 2006), con indizi “che avrebbero dovuto essere ulteriormente esaminati”. Ammette anche di essersi “stupito” per le promozioni ripetute di McCarrick, in ogni caso persona che sapeva difendersi “con grande abilità dai dubbi sollevati a suo riguardo”. Forse questo è un caso in cui “abilità” non fa rima con “verità”. D’accordo anche il card. Ouellet?  

. In risposta al tuo attacco ingiusto e ingiustificato nei fatti, caro Viganò, concludo dunque che l’accusa è una montatura politica… Qui il card. Ouellet si contraddice quando parla di un attacco non solo “ingiusto”(questa è una sua valutazione legittima) ma “ingiustificato nei fatti”. Allora perché in sostanza riconosce nella stessa lettera che Viganò almeno in certi punti del suo memoriale ha detto sostanzialmente il vero? L’accusa “è una montatura politica”? Almeno in parte abbiamo visto che per lo stesso Ouellet “montatura” non è. Che poi sia “politica”, il card. Ouellet ne fornisca pubblicamente le prove circostanziate. Attendiamo con curiosità: c’entreranno Trump, Bannon, Orban oppure Salvini? ‘Famiglia cosiddetta cristiana’ la soluzione già ce l’ha.    
SANTA SEDE: RISPOSTE CURIOSE E LETTERE INFUOCATE, MA ANCHE ELOQUENTI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 7 ottobre 2018 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.