Una brutta copia dei professorini del ‘68? Non preti cattolici ma piccoli narcisi irresponsabili. Sta nascendo, anzi è nato da un pezzo, e ormai si sta ampiamente diffondendo un nuovo tipo antropologico: il prete postconciliare
di Francesco Lamendola
Ormai è storia quotidiana: i cattolici vanno a Messa e ne tornano rattristati, indignati, disgustati, perché il parroco di turno si è permesso di offendere senza ritegno le cose ad essi più sacre, predicando e officiando tutto il sacro rito in una maniera che non ha più nulla di cattolico. E non si tratta solo di omelie discutibili, infarcite di concetti modernisti e perciò eretici, ma anche di gravissimi abusi liturgici, di sostituzioni di parti della Messa con iniziative arbitrarie, con brani e citazioni tratti da autori non cattolici, da “preghiere” che non sono preghiere ma che riflettono un naturalismo pagano, spogliato di qualsiasi connotazione cristiana, e, soprattutto, di qualunque senso della trascendenza. Spesso i fedeli provano a parlarne con l’interessato, al termine della funzione, e il più delle volte si trovano davanti a una persona formalmente educata, almeno all’inizio, ma poi, quando si entra nel vivo del discorso, ed essi cerano di fargli comprendere l’illegittimità di quel che ha detto e fatto, ecco che costui si altera, s’inalbera, tira fuori tutta la sua supponenza e la sua aggressività, dichiara di esser padrone di officiare la Messa come meglio crede e afferma orgogliosamente di essere nel solco del vero Vangelo, sfrondato da aggiunte posteriori e da cattive abitudini contratte nel corso del tempo; inoltre, di non sentirsi affatto vincolato a un mandato, di non dover render conto ad alcuno, neanche ai suoi superiori, del suo modo di agire, e che appunto Gesù Cristo è vento a denunciare l’ipocrisia degli scribi e dei farisei, paragonando a questi ultimi, implicitamente o esplicitamente, quanti si permettono di criticarlo.
Inutile dire che, in parecchi casi, codesti neopreti tirano fuori “Francesco”, come se fosse loro cugino, per avvalorare e blindare le loro affermazioni e chiudere così la bocca all’interlocutore; ma non di rado dai loro discorsi si evince un senso d’insofferenza per la figura stessa del papa, come se anche il signore argentino di Casa Santa Marta, per loro, fosse un riformatore troppo timido e fossero perciò ben decisi ad andare avanti per la loro strada, con o senza l’autorità della Chiesa, nella precisa volontà di rinnovarla, com’essi dicono, o piuttosto di distruggerla completamente, come appare evidente a chi, trasecolato, ascolta siffatti spropositi e farneticazioni. Ed è logico che sia così: chi semina vento, raccoglie tempesta. Da cinque anni e mezzo il signore argentino non cessa un solo giorno di scandalizzare i fedeli con gesti e affermazioni bislacchi, irrituali, temerari, scandalosi e, in diversi casi, apertamente contrari alla fede cattolica, nonché fortemente lesivi del senso del sacro e del rispetto dovuto a Dio e alla Madonna, come quando dice che Gesù, durante la Passione, è brutto da fare schifo; o quando dice che Gesù, nell’episodio della donna adultera, fa un po’ lo scemo; o quando sostiene che le Persone della Santissima Trinità litigano incessantemente a porte chiuse. Inoltre ha protetto e promosso alcuni cardinali e vescovi, protagonisti di gesti e sparate ancor più sacrileghi, se possibile, dei suoi; e ha taciuto sistematicamente di fronte a chi, come il generale dei gesuiti, Sosa Abascal, dichiara l’inattendibilità dei Vangeli, nega che Gesù abbia sostenuto l’indissolubilità del matrimonio e, per soprammercato, dichiara che il diavolo non esiste; o chi, come il cardinale Braz de Aviz, afferma che lo Spirito Santo è, per i fedeli, un elemento d’instabilità; o chi, come l’arcivescovo Paglia, fa addirittura affrescare una cattedrale con un orrido dipinto inneggiante alla sodomia, che deturpa in maniera oscena anche l’immagine del divino Redentore e, non pago, si fa ritrarre in mezzo alla tuba dei peccatori impenitenti; per non dire dei suoi colpevoli silenzi circa gli abusi sessuali nell’alto clero e le sue manovre per depistare e insabbiare la ricerca della verità e la punizione, o almeno l’allontanamento, dei colpevoli.
Non preti cattolici, ma piccoli narcisi irresponsabili?
Da un lato, quindi, cioè dall’alto, viene l’esempio di un papa che improvvisa continuamente, che parla a braccio, e che mescola gesti e parole cattolici con gesti e con parole che sono lontanissimi, o perfino contrari, al cattolicesimo; che si presenta alla santa Messa impugnando una ferula che imita vagamente, ma oscenamente, un Crocifisso; che non s’inginocchia (se non per la lavanda dei piedi ai poveri), che non benedice e non fa il segno della croce, neanche se richiesto, per non offendere – dice lui - i non cattolici; che fa degli interi viaggi “apostolici” senza neppure nominare Gesù Cristo; che parla senza posa dei migranti e del loro diritto all’accoglienza, nonché dell’ambiente, del cambiamento climatico, dell’ecologia, ma non parla mai del peccato e meno ancora della vita eterna, del giudizio, dell’inferno e del paradiso; che proclama la liceità della Comunione ai divorziati, della Comunione ai protestanti, e si permette di cambiare, motu proprio, sia il catechismo, sia le più antiche preghiere del rito cattolico. Dall’altro lato, ai sacerdoti dei nostri giorni viene lasciata carta bianca su come fare la loro pastorale, anzi, nei seminari vengono indottrinati con corsi di autori non cattolici, viene insegnato loro a deridere la Tradizione, a farsi beffe della messa di Pio V, a ignorare o disprezzare tutto ciò che la Chiesa è stata, per secoli, prima del Concilio Vaticano II, l’unico, secondo quel che viene detto loro, degno di esser tenuto in considerazione, il solo cui fare riferimento, anzi, quello che bisogna ancora “realizzare”, perché il suo “spirito” profetico e apostolico non è stato ancor pienamente realizzato, i tradizionalisti vi si sono ferocemente opposti, e insomma c’è ancora molto da fare prima di attuare sino in fondo ciò che era nella mente di Giovanni XXIII e dei padri conciliari nel 1962-65. Abbiano parlato con dei sacerdoti di diversa età, i quali ci hanno raccontato come, nei seminari, si tenessero, fin dagli anni ’70 del secolo scorso, corsi sull’ateismo, ma neanche una lezione sul tomismo; su come venisse insegnato loro che la Chiesa deve andare incontro al mondo, farselo amico, confidare pienamente in esso, nella sua bontà, e abbandonare definitivamente ogni atteggiamento”clericale”, vale a dire tutti i suoi presupposti e i suoi principi dottrinali e morali, per superare ogni divisione mediante “l’amore”; e come gli insegnanti dessero, e diano tuttora, il pessimo esempio dello sberleffo e della derisione nei confronti di ciò che la Chiesa è stata nei lunghi secoli della sua storia, quasi che l’epoca anteriore al 1962 sia stata un unico, lungo errore, una fase che è meglio dimenticare, per poter attuare, finalmente, il “vero” Vangelo.
La neochiesa "pannellizzata" di Paglia e Bergoglio? i preti post conciliari parlano in maniera assai più simile a Emma Bonino o al defunto Marco Pannella, che a un san Pio da Pietrelcina, o un san Giovanni Bosco.
E alle anime belle le quali puntano il dito esclusivamente contro il signore argentino di Casa Santa Marta e contro la Mafia di San Gallo e un circolo di cardinali e vescovi massoni e modernisti, vorremmo ricordare che il tanto rimpianto Benedetto XVI, sia da cardinale, sia da papa, sia da papa emerito, non ha mai cessato di mescolare errori modernisti e autentiche eresie ai veri insegnamenti del Magistero; per esempio, non ha mai smesso di sostenere, e sta seguitando a farlo anche ora (ma, come ex papa, non avrebbe dovuto osservare la regola del silenzio, e smettere di vestirsi da papa, e vivere in assoluto raccoglimento e solitudine?), che non si deve cercar di convertire gli ebrei, perché essi hanno l’Antica Alleanza, la quale è ancora valida: dottrina semplicemente eretica, perché la Nuova Alleanza sostituisce e perciò abolisce l’Antica; e la Nuova Alleanza è quella realizzata da Gesù sulla croce, con la sua Passione, Morte e Resurrezione: dunque, con quanto di più sacro vi è nella sua vita e nel suo insegnamento. Giova inoltre ricordare, a quelle anime belle, che tale deviazione dottrinale non è stata affatto introdotta da Benedetto XVI, ma da Giovanni Paolo II, il quale chiamava gli ebrei “i nostri fratelli maggiori”, il che è uno sproposito e un’eresia; e, prima di lui, da Paolo VI e dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, del 28 ottobre 1965. Vale a dire che tutto il vertice della Chiesa, a partire dal Concilio, ha imboccato una strada divergente dal vero Magistero e dalla retta dottrinale, ha rinnegato gli aspetti fondamentali della fede cattolica e, con la scusa e il pretesto del “rinnovamento pastorale”, si è messo sempre più decisamente sulla strada dell’aperta apostasia. Bergoglio non ha fatto che affrettare i tempi e metterci, di suo, una buona dose di rozzezza, ignoranza e tirannica brutalità, come quando ha fatto commissariare i francescani e le francescane dell’Immacolata, senza mai formalizzare alcuna accusa precisa contro di loro e proibendo ad essi, in maniera illegittima, di celebrare la santa Messa secondo il Vetus Ordo, contravvenendo a un preciso documento del suo predecessore, la letteraSummorum Pontificum, il quale peraltro, a sua volta, non restituiva legittimità alla Messa tridentina, per il semplice fatto che tale legittimità non è mai venuta meno e nessun pontefice avrebbe mai avuto il potere di dichiararla decaduta e abolita.
I preti postconciliari sono solo la brutta copia dei professorini del ‘68 che hanno fatto del loro meglio, o del loro peggio, per rovinare una generazione di giovani.
Ora, se questi sono i papi del post concilio; se questi sono i professori dei semiari, ai nostri giorni; se questi sono la liturgia, la pastorale e il magistero, non c’è da meravigliarsi che i fedeli, sempre più spesso, siano scandalizzati da preti che officiano la Messa in maniera arbitraria, scimmiottando il rito protestante, invitando gli islamici in chiesa, proclamando che gli ebrei sono già nella verità e perciò salvi, dichiarando che chiunque si oppone all’invasione islamica dell’Europa è un razzista, indegno di essere chiamato cristiano; non c’è da stupirsi se costoro aboliscono il Credo di loro iniziativa, per sostituirlo con canzoncine sdolcinate e vagamente francescane, o se trasformano le chiese in ostelli, refettori e bivacchi per i “poveri migranti” e per i “profughi bisognosi”. Certo, potrebbero allestire mense e dormitori negli ormai vuoti saloni parrocchiali; ma vuoi mettere l’effetto che fa, vedere le antiche chiese, come la bellissima basilica di Santa Maria in Trastevere, trasformate in un ristoranti al servizio dei poveri, e i preti che, invece di pregare e parlare dell’eternità, finalmente fanno qualcosa di utile: versano la minestra e scodellano la pastasciutta? Infine, questo neoclero sta dando ragione non solo a Lutero, secondo il quale non vi è alcuna distinzione fra clero e fedeli, ma anche a Napoleone e alla sua legislazione anticlericale, secondo la quale la maggioranza dei preti e delle suore sono bocche inutili da nutrire, parassiti sociali che devono mettersimaterialmente al servizio del prossimo, o sparire. Ai preti, oggi, è stata lasciata la briglia libera di fare e improvvisare tutto quel che passa loro per la mente, purché vada nella linea di “abbattere muri” e “gettare ponti”, cioè nella linea del dialogo, dell’inclusione, della solidarietà e dell’accoglienza. Ma guai se si permettono di richiamare con fermezza la dottrina perenne: allora fioccano le scomuniche, come per don Minutella, a Palermo; oppure i commissariamenti, come per i francescani dell’Immacolata. Negli Stai Uniti, i preti che dubitano della perfetta liceità e cattolicità dei comportamenti omosessuali sono obbligati a sottoporsi a delle visite psichiatriche.
Lo scomparso prete di strada e marxista don Andrea Gallo, icona della chiesa post conciliare.
Non preti cattolici, ma piccoli narcisi irresponsabili
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