La grande eresia. La verità è ciò che resta dopo aver tolto l’errore ciò che non può essere confutato ma oggi siamo in presenza di un apparato culturale e mediatico che premia sistematicamente la menzogna e perseguita la verità
di Francesco Lamendola
L’uomo è fatto per la verità; ha bisogno della verità; ha sete di verità: senza di essa non è uomo, è qualcosa d’altro, qualcosa di meno. Un essere umano può ingannarsi; ma un essere umano che vede la verità e la rifiuta, si abbassa, si degrada e si riduce a vivere ad un livello di esistenza sub-umano, animalesco. E un essere umano che provasse un odio per la verità, che la respingesse e la disprezzasse non in una singola circostanza, magari spinto da circostanze particolari, ma sempre e comunque; un essere umano che facesse del rifiuto e del disprezzo della verità il tratto distintivo della sua vita, oppure, il che è lo stesso, che dichiarasse la verità una mera illusione, una cosa irraggiungibile o inesistente, e dissuadesse gli altri dal cercarla, dicendo loro che non ne vale la pena, ebbenecostui sarebbe un anti-uomo, cioè una creatura che ha fatto della negazione di ciò che è specificamente umano, la sua stella polare e quasi la sua ragione di vita. In altre parole, sarebbe un demone incarnato: è il demonio, infatti, che ha fatto dell’odio per la verità la sua ragione di vita, perché la verità è luce, mentre il demonio è la creatura delle tenebre.
Gli uomini dei quali egli si impadronisce, ma con il loro assenso, sono anime perse, cioè demoni incarnati, dai quali neppure un pallido riflesso di luce sopravvive a testimoniare la loro originaria umanità. Sarebbe consolante pensare che simili creature non esistano e quanto abbiamo detto corrisponda a uno scenario teorico; sarebbe consolante, ma forse non sarebbe vero. Non possiamo escludere che esistano simili anime perse; e anche se ci piace pensare che ogni anima possa conservare, nonostante tutto, un poco della sua luce primitiva, i fatti paiono talvolta smentire una simile speranza. È pur vero che noi possiamo giudicare solo ciò che si vede, mentre c’è un Giudice la cui vista si spinge ben oltre le apparenze, e fruga sin nell’intimità più segreta dei cuori.
La verità è ciò che non può essere contraddetto, perché rende testimonianza sufficiente a provare se stesso. Conoscere la verità è il presupposto per condurre una vita degna.
Dire che gi uomini hanno sete di verità non è la stessa cosa che affermare che essi la cercano. Per cercare una cosa, bisogna essere consapevoli che quella certa cosa ci è necessaria; ma se non abbiamo una tale consapevolezza, non la cercheremo affatto, pur soffrendo per la sua mancanza. Si può soffrire per la mancanza di qualcosa, sia che si sia coscienti di tale mancanza, sia senza esserlo. Si può soffrire per un tumore senza sapere di averlo, e magari prendere delle medicine che dovrebbero eliminare i dolori, ma che ovviamente non serviranno a nulla, perché senza aver formulato una diagnosi esatta, nessuna terapia potrebbe essere efficace. Perciò la prima cosa che gli uomini dovrebbero fare, per dare una risposta alla loro inquietudine, alla loro scontentezza, alla loro frustrazione, è quella di prendere coscienza della sua vera radice: il bisogno di verità, che viene continuamente disatteso. Il bisogno di verità può essere disatteso in due modi: deliberatamente, come quando si vuol mettere a tacere una scomoda voce interiore, e si tenta di stordirsi gettandosi a capofitto in cento altre cose, nobili o ignobili, a seconda della propria indole e del proprio livello morale; oppure inconsapevolmente, quando appunto se ne ignora l’esistenza. Certo, è paradossale che un essere umano possa ignorare ciò che è specifico e caratterizzante la natura umana: sarebbe quasi come se un pesce ignorasse di avere bisogno dell’acqua per vivere, e s’illudesse, poniamo, di poter vivere anche sul terreno asciutto. Ma mentre un simile abbaglio non potrà mai capitare all’animale, che è guidato dal solo istinto, può invece capitare, e non su cose marginali, ma proprio sull’essenziale, all’essere umano, perché della condizione umana fanno parte la ragione, la volontà e il sentimento, tre cose che creano la necessità di una scelta. L’uomo è la creatura che è chiamata a scegliere, mentre l’animale non sceglie, perché l’istinto lo porta sempre verso la linea di condotta più consona alla sua conservazione. Ma se l’uomo è capace di scegliere, ciò significa che è dotato di libero arbitrio; diversamente, le sue non sarebbero scelte, ma azioni obbligate. Ora, la verità è la luce, per cui scegliere la verità equivale a scegliere la luce, mentre rifiutarla è scegliere il buio. Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza, dice Ulisse ai suoi compagni, al momento di superare le Colonne d’Ercole; cioè: siete fatti per cercare il vero.
Oggi siamo in presenza di un apparato culturale e mediatico che premia sistematicamente la menzogna e perseguita la verità.
Ma cos’è, infine, la verità? Invece di darne una definizione teorica, proviamo a darne una empirica, desunta dall’esperienza della vita quotidiana: la verità è quello che resta dopo avere eliminato l’errore. In genere, nella nostra vita, noi procediamo proprio in questo modo. Un commissario di polizia che deve indagare su un omicidio, dopo aver fatto coscienziosamente le sue indagini, restringe la rosa dei possibili colpevoli a una ristretta cerchia di persone, quelle che materialmente ne avevano l’occasione e che avevamo anche un movente, per quanto oggettivamente discutibile; dopo di che li passa al vaglio uno per uno, verifica i loro alibi, la loro compatibilità con le circostanze dell’omicidio, e scarta, uno dopo l’altro, quelli che superano gli ulteriori controlli. Se il delitto è stato commesso da una persona mancina, bisognerà scartare tutti quelli che non sono mancini; se da un uomo alto e robusto, tutte le donne, i ragazzi e gli uomini piccoli e deboli; e così via. Alla fine, dopo aver scartato tutti quelli che non possono essere stati, si arriverà all’ultimo soggetto, quello che, per forza, deve essere stato, in quanto tutte le linee dell’indagine portano a lui, e a nessun altro. Oppure s’immagini un astronomo che sia in dubbio se ha scoperto un nuovo corpo celeste: esaminerà tutte le fotografie, controllerà gli atlanti stellari, terrà conto dell’ora, della stagione, della latitudine e della longitudine; farà i suoi bravi calcoli, verificherà le orbite dei corpi già noti; e se, alla fine, per quel debole puntino luminoso che ha visto lì dove non avrebbe dovuto esserci nulla, arriverà a scartare che possa trattarsi di una stella già conosciuta, potrà concludere di aver realmente scoperto un nuovo astro. Ebbene: lo stesso criterio si può adottare nella ricerca della verità sul piani filosofico. La verità è ciò che non può essere contraddetto, perché rende testimonianza sufficiente a provare se stesso. Se io affermassi che un certo oggetto è mio, mentre l’ho rubato, potrei essere contraddetto dal legittimo proprietario, il quale impugnerebbe la mia affermazione e adirebbe le vie legali per farsi restituire il mal tolto. E se io dicessi che quattro giorni fa mi trovavo in un certo luogo, intento a una certa cosa, mentre un conoscente mi avesse visto e riconosciuto, in quel giorno e in quell’ora, in tutt’altro luogo, anche in quel caso la mia asserzione potrebbe essere impugnata, contraddetta e smentita, e la mia verità ne uscirebbe confutata. La verità è ciò che non può essere confutato.
La verità è Dio, e Dio, per i cristiani, è Gesù Cristo, e nessun altri che Lui.
Naturalmente, c’è sempre e ci sarà sempre qualcuno disposto a ricorrere a dei mezzi sleali per contraddire la verità: ad ingaggiare dei falsi testimoni, per esempio, o a corrompere i giudici, o chiunque altro sia chiamato a decidere della verità di una certa cosa. Oppure può accadere che una persona, pur essendo in buona fede, s’inganni, e creda di avermi visto in un certo luogo e ad una certa ora, mentre mi ha semplicemente scambiato con una persona che mi somiglia; o che un professore, correggendo dei compiti, s’inganni nel giudicare che quello studente ha copiato la versione di latino, oppure ha permesso a qualcun altro di copiarla, perché nota che in essa vi sono due o tre errori identici a quelli di un altro compito: e invece, fatalità, i due studenti hanno fatto gli stessi errori per puro caso, ma nessuno dei due aveva copiato dall’altro. La verità, quindi, ha due nemici, quelli consapevoli e quelli inconsapevoli: i primi la combattono perché la odiano; i secondi la smentiscono perché si sono ingannati. La cosa è ancora più complicata quando colui che inganna e colui che rimane ingannato sono la stessa persona: perché succede anche questo, specialmente quando si è poco consapevoli di quel che si è e di quel che si fa. Quando la folla di Gerusalemme gridò a Pilato di liberare Barabba, che era un assassino, e di mandare a morte Gesù, che aveva fatto solo del bene, s’ingannò per ignoranza, e infatti Gesù stesso chiese al Padre suo di non imputarle il male che gli stavano facendo: Perdonali, perché non sanno quello che fanno. Ma Caifa, il sommo sacerdote, sapeva molto bene quel che stava facendo; infatti aveva detto: è meglio che perisca un uomo solo, e questo ancor prima di farlo arrestare. Vi è poi un terzo tipo di atteggiamento: quello di chi non nega frontalmente la verità, ma la deforma, la manipola, la addomestica per i suoi fini. Il falsario è colui che, falsificando la moneta, reca un danno assai grave alla società; ma colui che falsifica la verità perpetra un crimine molto più odioso e dalle conseguenza ancor più funeste. La moneta, infatti, riguarda la sfera materiale della vita, ma conoscere la verità è il presupposto per condurre una vita degna. Rimane il fatto che anche se esistono diverse specie di errore, il risultato è sempre lo stesso: le negazione della verità, il rifiuto della verità; cosa che è l’equivalente dell’azione di spegnere la luce e far piombare ogni cosa nelle tenebre.
Oggi il comune fedele non riesce a rendersi conto di quel che sta accadendo alla Chiesa; percepisce, talvolta, un certo qual puzzo di bruciato, ma non sospetta affatto la vastità e la diabolicità del complotto.
Esistono, perciò, due soli tipi di uomini: quelli che cercano di spegnere la luce e quelli che si sforzano di impedire che ciò accada, affrontando qualsiasi disagio e sacrificio, e persino offrendo la propria vita per difendere la luce della verità. Il problema della società moderna è che essa è il prodotto di forze potentissime sul piano finanziario, politico e giudiziario, più che mai interessate a spegnere la luce della verità, e a spegnerne perfino il desiderio nel cuore degli uomini. Oggi non siamo in presenza di alcune persone che si lasciano corrompere per dire ciò che è falso e per denigrare, deridere e contraddire ciò che è vero; oggi siamo in presenza di un sistema della informazione che è stato in gran parte acquistato, materialmente acquistato, dai nemici della verità; di un sistema scolastico e universitario che è stato pensato e realizzato al fine di soffocare la verità o di sminuire il suo significato; e di un apparato culturale che premia sistematicamente la menzogna e perseguita sistematicamente la verità. Siamo in presenza, cioè, di un sistema diabolico, il quale, nel suo complesso, funziona come un ordigno finalizzato alla sovversione della verità. E quando la verità non può essere aggredita frontalmente, essa viene inquinata silenziosamente e gradualmente, a piccole dosi, in modo da confondere le acque e celare le vere intenzioni degli agenti della menzogna, allo scopo di far credere al pubblico che, sì, alcune cose che si sentono dire non sono vere, però il sistema, nel suo complesso, è pur sempre attendibile, e meritevole di fiducia. Tale è la strategia che è stata applicata, all’interno della Chiesa cattolica, dai nemici della verità, cioè dai nemici di Cristo. La verità è Dio, e Dio, per i cristiani, è Gesù Cristo, e nessun altri che Lui. Ma ecco che i subdoli nemici della verità si sono introdotti nel recinto e si son dati a spargere le loro perfide teorie, mescolando verità ed errore, e inquinando la verità della Rivelazione con dottrine eretiche, dapprima sul terreno della pastorale e della liturgia, poi su quello della stessa dottrina, ma sempre in maniera abile e graduale, e, quel che più conta, facendo scendere in campo i pezzi da novanta, cioè i maggiori rappresentanti del clero, teologi, vescovi, e cardinali. Il comune fedele, pertanto, non riesce a rendersi conto di quel che sta accadendo; percepisce, talvolta, un certo qual puzzo di bruciato, ma non sospetta affatto la vastità e la diabolicità del complotto. Specialmente se ha meno di sessant’anni, cioè se è nato dopo il Concilio Vaticano II: perché, in tal caso, non può fare il confronto con la Chiesa di prima del Concilio e non può valutare, nella loro vera luce, i cosiddetti aggiornamenti pastorali, né può capire il vero significato di espressioni melliflue, ma subdole, come recepire i segni dei tempi. Se lo potesse, vedrebbe a cosa mirano quei signori: ad assuefare i fedeli a un insieme di nozioni, di prassi, di affermazioni, che non sono affatto in linea con la vera dottrina cattolica, ma che, avendo una patina esteriore di buonismo e di sentimentalismo epidermico, riescono a ingannarli e a trascinarli nell’apostasia, senza che lo sappiano e senza che neppure se rendano conto.
La verità è ciò che resta dopo aver tolto l’errore
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