Così il Papa ha tradito i cattolici cinesi
L'accordo di Bergoglio con il regime di Pechino mortifica il sacrificio di chi è morto per la fede
L'accordo di Bergoglio con il regime di Pechino mortifica il sacrificio di chi è morto per la fede
La mattina del 9 novembre alcuni funzionari dell'Ufficio Affari religiosi di Yueqing si sono presentati alla porta del vescovo di Wenzhou (provincia dello Zhejiang), il 55enne Peter Shao Zhumin e lo hanno portato via.
«Un periodo di vacanza», come usano dire in questi casi le autorità cinesi. In realtà è l'ottava volta che monsignor Shao viene arrestato da quando è stato ordinato prete nel 1999, la quinta volta solo negli ultimi due anni. In questo caso il motivo sta nella messa celebrata cinque giorni prima al cimitero di Yueqing per commemorare un altro vescovo della Chiesa «sotterranea», monsignor James Lin Xili, primo vescovo di Wenzhou morto nell'ottobre 2009 davanti ad almeno 500 fedeli in preghiera.
L'arresto di monsignor Shao è solo l'ultimo esempio di come l'accordo «provvisorio» tra Cina e Santa Sede sulla nomina dei vescovi reso pubblico lo scorso 22 settembre che ha dato carta bianca al regime, non solo non migliora ma addirittura peggiora le condizioni dei cattolici in Cina, lasciati completamente alla mercé del regime.
L'arresto del vescovo di Wenzhou è un caso isolato. Il 15 novembre a Hong Kong l'arcivescovo emerito dell'ex colonia britannica, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, ha celebrato una messa per i vescovi scomparsi Su Zhimin di Baoding (Hebei) e Cui Tai di Xuanhua (Hebei) e i preti Su Guipeng e Zhao He (Xuanhua) e Liu Honggen (Baoding). Peraltro la messa voleva commemorare una figura eroica di sacerdote, padre Wei Heping, della diocesi di Ningxia, trovato tre anni fa morto in un fiume della provincia dello Shanxi: per le autorità è suicidio ma nessuno ci crede, e ai familiari non è stato permesso leggere l'autopsia.
Come dimostra una testimonianza pubblicata da Asianews, nelle chiese cominciano inoltre ad essere appese le foto del «nuovo Mao», il presidente Xi Jinping. Ma a questo si deve aggiungere la lunga lista di chiese chiuse o rase al suolo, di croci rimosse, oltre al divieto di andare in chiesa per i minori di 18 anni. E tutto questo nel silenzio totale della Santa Sede.
Alla fine di ottobre l'84enne cardinale Zen è venuto apposta a Roma per consegnare personalmente una lunga lettera al Papa. L'arcivescovo emerito di Hong Kong è convinto che papa Francesco sia mal consigliato dai suoi collaboratori soprattutto dal segretario di Stato cardinale Pietro Parolin e che non si renda veramente conto della natura e degli obiettivi del regime comunista cinese.
I cattolici cinesi, che per decenni hanno subito durissime persecuzioni per restare fedeli al Papa e non hanno quindi accettato di aderire all'Associazione patriottica (la Chiesa ufficiale), ora si sentono abbandonati e confusi. Riconoscendo di fatto l'autorità dell'Associazione patriottica, ha voltato le spalle a tutti quegli eroi della fede che in questi settanta anni hanno versato il sangue e patito grandi sofferenze mentre vengono premiati coloro che, per debolezza o per calcolo, hanno accettato qualsiasi tipo di compromesso con il potere. Come i due vescovi cinesi che hanno partecipato al recente Sinodo sui giovani, scelti da Pechino per andare a Roma).
La confusione poi è alimentata dalla segretezza dell'accordo del 22 settembre sulla nomina dei vescovi: si sa soltanto che il processo di nomina partirà dal regime cinese e il Papa dovrà accettare o meno l'indicazione. Parlare di un vero potere di veto sembra esagerato, vista la scomunica tolta immediatamente ai sette vescovi ordinati negli ultimi anni da Pechino senza il consenso della Santa Sede. Come devono comportarsi i cattolici cinesi «sotterranei» nei confronti di preti e vescovi patriottici? Ignoto il destino dei circa 30 vescovi clandestini come monsignor Shao - che a quel che si sa non rientrano nell'accordo. L'ipotesi più accreditata, viste anche le mosse vaticane, è che questi vescovi vengano spinti anche dal Vaticano ad aderire all'Associazione patriottica o a dimettersi, contando anche sul fatto che molti di loro sono in età avanzata. Così il tradimento sarebbe perfettamente consumato.
Riccardo Cascioli
CINA, DISPACCI. ANCORA PERSECUZIONI VERSO I CATTOLICI. PERCHÉ? IL VATICANO HA MANGIATO ERBE AMARE E TACE…
Cari Stilumcurialisti, purtroppo dalla Cina – come era prevedibile, per altro – le notizie non sono buone. E nemmeno, come vedrete dai Dispacci del M° Aurelio Porfiri, dal mondo dell’informazione cattolica. Prima di lasciarvi alla lettura dei Dispacci vorrei farvi parte di una messaggio che un amico cinese mi ha inviato.
Buon giorno. Come denunciato dal card. Zen sembra che stiano intensificando controlli a scala nazionale in nome dell’accordo voluto dal Vaticano. I fedeli cinesi si troverebbero in una situazione molto difficile. La politica sarebbe partita dal Vertice
Buon giorno. La politica condotta da Parolin nei confronti della Cina risponde a due proverbi cinesi
- 哑巴吃黄连, 有苦说不出Yǎ Bā Chī Huáng Lián, Yǒu Kǔ Shuō Bu Chū: anche se ha ingoiato Huang Lian (una pianta molto amara), un muto non riesce ad esprimerne l’amarezza. Siccome il card. Parolin, con l’intenzione di potersi approfittare dell’Autorità cinese che purtroppo è prepotente senza scrupoli, ha voluto condurre una politica a tutti i costi nei confronti di tale autorità, la Chiesa presente in Cina sta subendo la persecuzioni più brutale mai vista negli ultimi decenni e la credibilità della Chiesa universale è stata gravemente compromessa. In poche parole, la politica attuale del Vaticano per la Cina ha provocato danni enormi. Ma nei confronti di questa amarezza o sofferenza, il Vaticano come un muto non sa dire nulla, perché tutto è stato voluto da esso stesso.
- 玩火者自焚Wán Huǒ Zhě Zì Fén: chi gioca col fuoco si brucerà. Come detto prima, Parolin ha giocato al fuoco, nel senso che ha voluto applicare una politica pericolosa per la Cina, con una finta negoziazione, ai fini di potersi approfittare di una autorità che è purtroppo ancor più furba e senza scrupoli, ma ha recato soltanto dei gravi danni – pur non a se stesso – alla Chiesa universale in termine di credibilità e alla Chiesa presente in Cina in termine di sofferenza.
Se Parolin avesse consultato un saggio cinese, avrebbe potuto evitare tutto questo!
Ma il saggio cinese – che era disponibile, e forse più di uno – , aggiungiamo noi, volutamente non è stato ascoltato…
Ancora persecuzione. Ma perché?
Un articolo di Leone Grotti su tempi.it informa che la persecuzione verso i cattolici non si è attenuata neanche dopo la firma dell’accordo provvisorio. Ecco un brano dell’articolo: “Da quando è stato firmato l’accordo, la situazione dei fedeli in Cina sembra essere peggiorata. L’Ap infatti ha intensificato la sua campagna arrogante, perseguitando i sacerdoti che non vogliono piegarsi a un regime ateo e specificando nero su bianco che «la Chiesa cinese resterà indipendente» da Roma nonostante l’accordo.
A inizio mese, quattro sacerdoti della comunità sotterranea della diocesi di Zhangjiakou (Hebei) sono stati sequestrati dalla polizia, dopo essersi rifiutati di iscriversi all’Ap. La repressione viene portata avanti anche in altri modi: il primo novembre la croce dal campanile della chiesa di Shangcai (Henan) è stata distrutta, insieme alle guglie dell’edificio. La chiesa è stata sigillata e nessuno può utilizzarla come luogo di culto. Secondo AsiaNews, molti cattolici si sentono «abbandonati, dimenticati, traditi»”.
Possiamo cercare di capire le ragioni, almeno alcune: 1) Molti settori del potere cinese, come il Fronte Unito (l’organismo che coordina i partiti autorizzati in Cina ma che di fatto sono sotto il completo controllo del Partito Comunista) e la stessa Chiesa patriottica vedono nell’accordo una perdita di potere ed influenza. In Cina il potere è materia molto delicata ed importante; 2) In regioni diverse ci sono situazioni e livelli di tolleranza diversi. Quindi non sempre il potere centrale, pur volendo, è in grado di controllare ed implementare decisioni uniformemente; 3) Ci sarebbe una lotta di potere che coinvolge i livelli supremi, quindi un controllo più stretto è frutto di questo clima di tensione che noi non percepiamo all’esterno ma che secondo alcuni osservatori sarebbe vissuto dall’interno.
Media, papolatria e mercatolatria
Un bell’articolo su “AsiaNews” di padre Bernardo Cervellera dà una visione molto critica della situazione attuale fra Cina e Vaticano. Ecco alcuni passaggi: “Ce lo aspettavamo. La notizia dell’ennesimo arresto – il quinto in due anni – di mons. Pietro Shao Zhumin, vescovo di Wenzhou, è passata sotto silenzio. Eccetto per alcuni media spagnoli e inglesi, e qualche raro sito italiano oltre ad AsiaNews, sembra che trascinare un vescovo, molto noto in Cina per la sua dirittura e il suo coraggio, a subire decine di giorni di indottrinamento come ai tempi della Rivoluzione culturale, non sia una notizia degna di nota, anzi qualcosa di fastidioso, che vale la pena far tacere. (…) Io credo che il silenzio dei media – specie dei media cattolici – nasca anzitutto dalla vergogna. Pochi mesi fa, il 22 settembre, essi hanno così tanto esaltato l’accordo fra la Cina e la Santa Sede, da dare l’impressione che d’ora in poi tutto sarebbe stato in discesa. Ammettere invece che per la Chiesa in Cina vi sono ancora molti problemi di persecuzione rappresenta uno smacco che – è comprensibile – si fa fatica a confessare. Se poi all’arresto del vescovo aggiungiamo le chiese chiuse e sigillate, le croci distrutte, le cupole rase al suolo, i santuari demoliti, il divieto attuato dalla polizia ai minori di 18 anni di andare in chiesa o partecipare al catechismo, ci si accorge che l’accordo sulle nomine dei vescovi – come abbiamo detto in passato – è buono perché evita il sorgere di vescovi scismatici, ma lascia intatta la situazione in cui l’Ap e il Fronte Unito si percepiscono i veri capi della Chiesa cattolica in Cina (e non il papa). Questo è confermato dalle lezioni che i due organismi stanno svolgendo in molte regioni della Cina, in cui a preti e vescovi ribadiscono che “nonostante l’accordo sino-vaticano”, la Chiesa deve continuare ad essere “indipendente” (dal papa e dalla Santa Sede). Purtroppo l’accordo “provvisorio”, non pubblicato e segreto, permette alla Cina di dare la propria interpretazione. Fronte unito e Ap costringono sacerdoti e vescovi ad iscriversi alla Chiesa “indipendente”, dicendo che “il papa è d’accordo con noi”, tanto che diversi cattolici sotterranei sospettano con amarezza che il Vaticano li abbia abbandonati nella tormenta. (…) (S)iccome papa Francesco è un sostenitore dell’accordo con la Cina e un coraggioso fautore del dialogo con la cultura cinese, sembra che mettere in luce le persecuzioni siano un’offesa al pontefice. A parte il fatto che papa Francesco ha sempre sottolineato che lui ama la schiettezza e non l’adulazione, egli ha sempre detto che il dialogo si fa fra due identità, non tacendo la propria e se la propria identità è fatta di martiri, non la si può nascondere. (…) Si tace su persecuzione e arresti perché è “cosa troppo piccola” a confronto della guerra dei dazi fra Cina e Usa e del futuro da superpotenza dell’Impero di Mezzo. I media e le librerie sono pieni di articoli e libri che osannano Pechino, o la sviliscono, a seconda che si parteggi per la Cina o per gli Stati Uniti. In tal caso, non ci si accorge che la libertà religiosa di un Paese è segno della sua “bontà”. Proprio papa Francesco, incontrando il 5 novembre scorso il World Congress of Mountain Jews ha detto che “la libertà religiosa è un bene sommo da tutelare, un diritto umano fondamentale, baluardo contro le pretese totalitariste”. Perciò, chi vuole davvero libertà di commercio in Cina, dovrebbe difendere anzitutto la libertà religiosa. Ne sanno qualcosa diversi grandi imprenditori cinesi che pur volendo commerciare e investire all’estero, devono obbedire alle restrizioni del governo centrale. Mons. Shao Zhumin non è dunque una “piccola cosa”, ma il segno di come la Cina si sta evolvendo”. Mi sembra che quanto detto dal sacerdote del PIME, che certamente conosce bene la Cina dal di dentro, ha bisogno di pochi commenti. Ci si può chiedere, forse, cosa si pensa di ottenere passando la realtà di quello che ancora accade nel “Paese di mezzo” sotto silenzio o demonizzando su stampa e libri coloro che, con pieno diritto, sollevano dubbi.
L’eroismo della semplicità
Ho letto poco tempo fa un libro che rievocava la figura di padre Lido Mencarini, missionario del PIME. Questo missionario, che ha trascorso gran parte della sua vita in Hong Kong, ebbe anche un ruolo importante per salvare molti ebrei durante la seconda guerra mondiale. A Hong Kong ebbe ruoli amministrativi, che seppe svolgere con grande sagacia. Morirà nel 2007.
Io l’ho incontrato, una volta, molti anni fa. Lo visitai proprio in Hong Kong, nel suo ufficio. Ricordo ancora che mi fece delle domande sulla liturgia tridentina, che lui celebrava per la locale comunità attaccata a questa forma rituale. Lo ricordo anziano ma semplice, quella semplicità degli anziani che, malgrado le traversie della vita, riescono a mantenere il cuore puro: “i puri di cuore abiteranno nella casa del Signore”, come dice il Salmo.
Uno sguardo cristiano su Hong Kong
Il grande Divo Barsotti, dopo aver visitato Hong Kong, si chiedeva dove fosse possibile trovare Dio in questa città che sembra il trionfo del capitalismo e dell’affarismo. Eppure Dio c’ è in Hong Kong, bisogna saperlo cercare o forse cambiare il nostro sguardo. In effetti Hong Kong e così strapiena di grattacieli che sembra che in essa ci sia il tentativo dell’uomo di raggiungere il cielo senza bisogno di un dio. Eppure, a saper ben guardare, si osserva che accanto a questi enormi edifici, questi grattacieli che svettano verso il cielo, ci sono questi vicoli laterali, queste piccolissime viuzze spesso sporche e maleodoranti, certo anguste, che sembrano quasi di troppo accanto a tanta maestà e a tanto spropositato ma ordinato uso dello spazio. Eppure questi vicoli offrono un chiaroscuro, ci fanno ripensare l’idea che Hong Kong possa essere solo capitalismo trionfante, pura materia, ma introducono un’ombra laddove esiste, innaturalmente, troppa luce. Ci richiamano all’uomo corpo e anima, santo e peccatore, mortale e immortale. Insomma, Et-et. Hong Kong è enorme e minuta, spaziosa e affollata, ricca e miserabile, svettante verso il cielo e verso la terra. Hong Kong è la modernità con le sue tragedie e le sue speranze; e Dio vi si nasconde con la finezza che solo a Lui è possibile.
L’arte del negoziato
I Cinesi ci sanno fare quando si tratta di negoziare, pensiamo agli scambi commerciali. Dal libro “Pillole di Cina” di Massimo Donda prendiamo questo passaggio: “L’occidentale classifica i problemi in ordine di importanza e, solitamente, comincia a trattare sui punti di disaccordo più consistenti. La ragione di ciò è del tutto logica: se non si riesce a trovare un accordo su questi punti, non è necessario continuare a trattare perché non ci sarà accordo finale. Discutere degli altri punti sarebbe soltanto una perdita di tempo. Il cinese fa il contrario: comincia con il negoziare gli elementi secondari per creare un ambiente favorevole. Se si riesce ad accordarsi, sia pure su punti secondari, significa che è passata una certa energia. Significa che avendo impiegato tempo ed energie assieme per trovare una soluzione seppure ai problemi solo secondari le parti si impegneranno, più facilmente, ora che si conoscono, ad accettare entrambi un ragionevole compromesso anche per i punti principali. Tra i partner è nata una complicità, una prima tendenza a cercare il compromesso, quindi si possono affrontare i punti difficili. Se si comincia dalle cose più difficili nel momento in cui non ci si conosce nemmeno, come si potrà ottenere i risultati positivi?”. Certo non è campato il ragionamento Cinese, almeno nel modo in cui viene presentato da Massimo Donda. Funziona bene per gli accordi commerciali, dove tutto è negoziabile? Ma è giusto sottoporsi ad un meccanismo del genere quando ci sono in ballo principi che non sono negoziabili? Ci si deve seriamente riflettere.
Marco Tosatti
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